denominazioni origine vini inadeguate

Secondo il presidente del Comitato vini DOC (Attilio Scienza), l’attuale disciplina sulle denominazioni di origine è inadeguata.


Denominazioni origine vini inadeguate?

Approccio attuale.

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Le fondamenta di tutto quanto sino ad oggi sostenuto in tema di denominazioni di origine (puntualmente supportato dall’intera disciplina del diritto vitivinicolo europeo ed italiano), è riconducibile all’idea che esse rappresentano una indicazione di qualità dei vini, espressa in termini oggettivi nel loro disciplinare, il quale ne individua la rispettiva tipicità

La critica.

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Invece, a parere di Attilio Scienza, attuale presidente del Comitato vini DOC (questi i punti a nosto parere maggiormente salieti del discorso, il cui riassunto più esteso è reperibile a questo link, da cui è tratto quanto qui riportiamo):

“La grande reputazione nell’antica Grecia del vino della Tracia, conosciuto come il vino di Dioniso non era legata alla vocazione per la viticoltura di quel territorio, peraltro freddo, ma ai commerci di ambra e stagno sicuramente più importanti del vino ed a un popolo di commercianti navigatori, i Focesi, che organizzavano anche la comunicazione di questo vino. … 

… In passato un vino non era famoso per le sue caratteristiche organolettiche interessanti, ma per la possibilità di essere venduto. Non a caso le grandi denominazioni nascono dove ci sono strade e porti, non per la bontà del suolo, del clima o per la capacità del produttore.

Questa è l’ambiguità del terroir di cui siamo ancora vittime – ha proseguito Scienza – nessuna denominazione attuale, né nostra né francese ha questi elementi ...

… Oggi una Doc è mito o realtà ?

Da qui dobbiamo partire per capire cosa significa oggi la vocazione.

La qualità si può fare dappertutto, è diventato un prerequisito. L’eccellenza, che vuol dire “spingere fuori”, è a latere della qualità data dal terroir e si sostanzia nei valori etici ed estetici, nel valore/onestà di chi produce e nella capacità di capirlo da parte di chi consuma.

Questo rappresenta il salto di qualità che dobbiamo dare ai contenuti di un terroir.

Le strategie per tornare ai valori orginari della vocazione del terroir sono l’autenticità, intesa come capacità di interpretare il territorio con un vino, e non è facile per nessuno.

In passato i terroir avevano un solo vino e così dovrebbe tornare ad essere: fare un solo vino e farlo bene. Oggi ci sono doc in cui si fanno 10-20 vini: solo uno è autentico gli altri servono ad allargare l’offerta per coprire tutte le occasioni di consumo. …

 

Qualche considerazione “a caldo”

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Quanto osserva Attilio Scienza rappresenta uno spunto di riflessione tanto  interessante quanto onesto , ma costituisce altresì un inquietante indizio che tutti i discorsi “filosofici” sulla tipicità dei vini e sulla loro qualità legata al territorio, che costituisce la loro denominazione protetta, siano oggi in realtà piuttosto vuoti nella loro sostanza.

Come dice Attilio Scienza, se la qualità “si può fare dappertutto” e se quella “data dal terroir si sostanzia nei valori etici ed estetici”, cosa differenzia allora un vino a denominazione (che rispetta tali criteri) con quello prodotto da una cantina che effettivamente osserva rigorosi parametri ESG (i quali non sono certo quelli attualmente previsti dal disciplinare italiano sulla sostenibilità, specie per quanto concerne gli aspetti sociali e di governance)?

Ancora: è allora più corretto l’approccio giuridico seguito negli Stati Uniti (modificato solo per effetto di un apposito accordo internazionale con l’Unione Europea), secondo cui le denominazioni vanno protette solo quando sia in concreto appurata la conoscenza della loro notorietà in capo ai consumatori?

In altre parole: se i consumatori non sono in grado di capire/percepire la qualità di un territorio, riconducibile ai criteri proposti da Attilio Scienza, che senso ha proteggerla da usurpazioni?

Infine: la protezione per le denominazioni di origine va quindi riconosciuta solo ai territori che effettivamente rispettano rigorosi ciriteri etici, da un canto, e tutelano in modo scrupoloso il territorio, dall’altro?

Se fosse così, quale sorte va allora riservata ai territori ove la biodiversità è stata seriamente pregiudicata?

 

La riforma della disciplina europea su DOP e IGP

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In tale contesto, si inserisce l’attuale riforma delle regole europee in materia di riconoscimento e tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche per i prodotti alimentari, vini (compresi quelli aromatizzati) e le bevande spiritose.

Raggiunto nel dicembre 2023 l’accordo in materia tra le istituzioni europee, il nuovo regolamento verrà emanato il prossimo anno.

 

 

… il dibattito è aperto!