“La grande reputazione nell’antica Grecia del vino della Tracia, conosciuto come il vino di Dioniso non era legata alla vocazione per la viticoltura di quel territorio, peraltro freddo, ma ai commerci di ambra e stagno sicuramente più importanti del vino ed a un popolo di commercianti navigatori, i Focesi, che organizzavano anche la comunicazione di questo vino. …
… In passato un vino non era famoso per le sue caratteristiche organolettiche interessanti, ma per la possibilità di essere venduto. Non a caso le grandi denominazioni nascono dove ci sono strade e porti, non per la bontà del suolo, del clima o per la capacità del produttore.
… Questa è l’ambiguità del terroir di cui siamo ancora vittime – ha proseguito Scienza – nessuna denominazione attuale, né nostra né francese ha questi elementi ...
… Oggi una Doc è mito o realtà ?
Da qui dobbiamo partire per capire cosa significa oggi la vocazione.
La qualità si può fare dappertutto, è diventato un prerequisito. L’eccellenza, che vuol dire “spingere fuori”, è a latere dellaqualità data dal terroir e si sostanzia nei valori etici ed estetici, nel valore/onestà di chi produce e nella capacità di capirlo da parte di chi consuma.
Questo rappresenta il salto di qualità che dobbiamo dare ai contenuti di un terroir.
Le strategie per tornare ai valori orginari della vocazione del terroir sono l’autenticità, intesa come capacità di interpretare il territorio con un vino, e non è facile per nessuno.
In passato i terroir avevano un solo vino e così dovrebbe tornare ad essere: fare un solo vino e farlo bene. Oggi ci sono doc in cui si fanno 10-20 vini: solo uno è autentico gli altri servono ad allargare l’offerta per coprire tutte le occasioni di consumo. …
Qualche considerazione “a caldo”
.
Quanto osserva Attilio Scienza rappresenta uno spunto di riflessione tanto interessante quanto onesto , ma costituisce altresì un inquietante indizio che tutti i discorsi “filosofici” sulla tipicità dei vini e sulla loro qualità legata al territorio, che costituisce la loro denominazione protetta, siano oggi in realtà piuttosto vuoti nella loro sostanza.
Come dice Attilio Scienza, se la qualità “si può fare dappertutto” e se quella “data dal terroir si sostanzia nei valori etici ed estetici”, cosa differenzia allora un vino a denominazione (che rispetta tali criteri) con quello prodotto da una cantina che effettivamente osserva rigorosi parametri ESG (i quali non sono certo quelli attualmente previsti dal disciplinare italiano sulla sostenibilità, specie per quanto concerne gli aspetti sociali e di governance)?
Ancora: è allora più corretto l’approccio giuridico seguito negli Stati Uniti (modificato solo per effetto di un apposito accordo internazionale con l’Unione Europea), secondo cui le denominazioni vanno protette solo quando sia in concreto appurata la conoscenza della loro notorietà in capo ai consumatori?
In altre parole: se i consumatori non sono in grado di capire/percepire la qualità di un territorio, riconducibile ai criteri proposti da Attilio Scienza, che senso ha proteggerla da usurpazioni?
Infine: la protezione per le denominazioni di origine va quindi riconosciuta solo ai territori che effettivamente rispettano rigorosi ciriteri etici, da un canto, e tutelano in modo scrupoloso il territorio, dall’altro?
Se fosse così, quale sorte va allora riservata ai territori ove la biodiversità è stata seriamente pregiudicata?
Intervento sul diritto vitivinicolo al corso di aggiornamento in diritto agroalimentare comparato e trasnazionale, Università di Verona, 18 dicembre 2020.
Lezioni a contratto sul diritto vitivinicolo comunitario, tenute al Master di secondo livello in diritto alimentare, Università di Torino, anno accademico 2006/2007.
ODR nella distribuzione alimentare, intervento al Laboratorio di diritto commerciale su “I nuovi canali della distribuzione alimentare: e‐commerce, social networks, smart contract”, Torino, 13 marzo 2019.
La libera circolazione di animali e carni nell’Unione Europea, tenutosi nel febbraio presso la Scuola di specializzazione in Diritto e Legislazione Veterinaria, Casalmaggiore (CR).
Le mie competenze di giurista si affiancano a quelle di sommelier (diplomi AIS e ONAV) nonché di assaggiatore di grappe (diploma ANAG), consentendomi un approccio più concreto e diretto alle tematiche del diritto vitivinicolo.
1 LE MISURE PER LA RIDUZIONE STRUTTURALE DELLE RESE DELLE UNITA’ VITATE PER VINI GENERICI
2 DOCUMENTI DI ACCOMPAGNAMENTO E REGISTRI
2.1 Il Registro telematico
2.2 Le comunicazioni telematiche
2.3 Documenti di accompagnamento che scortano il trasporto dei prodotti vitivinicoli.
2.4 Documento MVV elettronico
2.5 Alcuni approfondimenti e chiarimenti
2.6 Documenti e-AD.
2.7 Trasmissione dei documenti di accompagnamento vitivinicoli all’Ufficio ICQRF competente per il luogo di carico.
2.7.1 Trasmissione dei documenti di accompagnamento nel caso di emissione dell’MVV-E 11
2.7.2 Trasmissione e convalida dei documenti di accompagnamento mediante PEC
2.8 Esenzione dalla tenuta del registro telematico per talune tipologie di operatori
3 DICHIARAZIONE DI GIACENZA – DICHIARAZIONE DI VENDEMMIA E PRODUZIONE VINICOLA
3.1 Dichiarazione di giacenza, bilancio annuo e chiusura del registro telematico.
3.2 Dichiarazione di vendemmia e produzione vinicola
4.1 Periodo vendemmiale e delle fermentazioni – fermentazioni fuori dal periodo autorizzato (art. 10 della legge n. 238/2016)
4.2 Il quadro normativo europeo di riferimento
4.3 Operazioni di arricchimento
4.4 Mosto concentrato e mosto concentrato rettificato.
4.5 Limiti di alcuni componenti contenuti nei vini, in applicazione dell’articolo 25 della legge 12 dicembre 2016, n. 238
4.6 Divieto dell’uso dei pezzi di legno di quercia nell’elaborazione, nell’affinamento e nell’invecchiamento dei vini DOP italiani.
5 SOTTOPRODOTTI
6 CENTRI D’INTERMEDIAZIONE UVE E SUGLI STABILIMENTI DESTINATI ALLA TRASFORMAZIONE DI UVE DA TAVOLA
7 DETENZIONE DI MOSTI CON TITOLO ALCOLOMETRICO INFERIORE ALL’8% IN VOLUME – PRODUZIONE DI SUCCHI D’UVA
8 REGIME DEGLI STABILIMENTI DOVE SI EFFETTUANO LAVORAZIONI PROMISCUE
Vino sostenibile: l’Italia ha già intrapreso una propria strada per stabilirne i criteri di produzione e certificazione.
Al fine di migliorare la sostenibilità delle varie fasi del processo produttivo nel settore vitivinicolo (produzione e certificazione del vino sostenibile), mediante l’art.224-ter della legge del 18 luglio 2020 n°77 (Sostenibilita’ delle produzioni agricole) è stato istituito il sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola, inteso come l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche definite con uno specifico disciplinare di produzione (quindi si tratta di una certificazione che può applicarsi anche ai vini non a denominazione di origine).
La valutazione dell’apposito disciplinare per il vino sostenibile è damandata ad un sistema di sistema di monitoraggio della sostenibilità delle aziende della filiera vitivinicola italiana.
Compete al MIPAAF (sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) stabilire le norme attuative, compito adempiuto mediante il decreto 23/06/2021 n.288989, il quale dispone sulle seguenti materie:
A) Sistema di certificazione della filiera vitivinicola:
Il sistema di certificazione della filiera vitivinicola utilizza le modalità e la procedura del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata
B) Compiti del Comitato della sostenibilità vitivinicola (CosVi):
definizione del disciplinare della sostenibilità vitivinicola;
definizione del sistema di monitoraggio della sostenibilità della filiera vitivinicola;
individuazione degli indicatori necessari alle valutazioni della sostenibilità della filiera vitivinicola;
supporto al MIPAAF nella fase di confronto e discussione del partenariato economico e sociale sui contenuti del disciplinare.
C) Composizione del Comitato:
coordinato dal Direttore della direzione generale delle politiche internazionali e dell’Unione Europea, il comitato è composto da:
due rappresentanti del MIPAAF;
quattro rappresentanti delle Regioni e Provincie autonome;
due esperti del CREA;
un rappresentante di Accredia;
a titolo consecutivo, un rappresentante per ciascuno dei sistemi di valutazione della sostenibilità facenti parte del Gruppo di lavoro per la sostenibilità in viticoltura esistenti a livello nazionale alla data di entrata in vigore del decreto.
D) Disciplinare della sostenibilità vitivinicola
contiene l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche finalizzate a garantire il rispetto dell’ambiente, la qualità e la sicurezza alimentare, la tutela dei lavoratori e dei cittadini, un adeguato reddito agricolo.
è sottoposto a verifica ed eventuale aggiornamento con cadenza almeno annuale. In sede di prima applicazione, il disciplinare fa riferimento alle linee guida di produzione integrata per la filiera vitivinicola.
E) Adesione al Sistema di certificazione della sostenibilità vitivinicola
volontaria
può avvenire da parte di aziende singole o associate.
modalità di adesione: quelle già in uso per il Sistema di qualità nazionale della produzione integrata (SQNPI).
F) Indicatori
individuati dal CosVi
successivamente approvati con decreto del MIPAAF, sentito il ministero della Transizione Ecologica (istituito in sostituzione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare).
Per completare il sistema di certificazione del Vino sostenibile seguiranno altri due provvedimento, costituita da:
pubblicazione del disciplinare di produzione per il vino sostenibile (ove verranno indicate le modalità di produzione ed i requisiti del prodotto);
individuazione degli indicatori di monitoraggio (necessari per valutare i risultati raggiunti).
Sarà pertanto interessare come il vino sostenibile si rapporterà rispetto al vino biologico.
Trattasi invece di cosa completamente diversa rispetto al controverso tema del vino naturale.
Quanto alla ricerca in materia di sostenibilità e resilienza, si segnala il progetto Uniseco dell’Unione Europea, a cui partecipa per l’Italia il distretto del Chianti.
Emendamento 236 Proposta di regolamento Articolo 1 – punto 10 bis (nuovo) Regolamento (UE) n. 1308/2013 Articolo 94
10 bis) l’articolo 94 è sostituito dal seguente:
Articolo 94
“Articolo 94
Domande di protezione
Domande di protezione
1. Le domande di protezione di nomi in quanto denominazioni di origine o indicazioni geografiche comprendono un fascicolo tecnico contenente:
1. Le domande di protezione di nomi in quanto denominazioni di origine o indicazioni geografiche comprendono:
a) il nome di cui è chiesta la protezione;
a) il nome di cui è chiesta la protezione;
b) il nome e l’indirizzo del richiedente;
b) il nome e l’indirizzo del richiedente;
c) un disciplinare di produzione ai sensi del paragrafo 2 e
c) un disciplinare di produzione ai sensi del paragrafo 2 e
d) un documento unico riepilogativo del disciplinare di produzione di cui al paragrafo 2.
d) un documento unico riepilogativo del disciplinare di produzione di cui al paragrafo 2.
2. Il disciplinare di produzione permette agli interessati di verificare le condizioni di produzione relative alla denominazione di origine o all’indicazione geografica. Il disciplinare di produzione contiene almeno:
2. Il disciplinare di produzione permette agli interessati di verificare le condizioni di produzione relative alla denominazione di origine o all’indicazione geografica. Il disciplinare di produzione contiene almeno:
a) il nome di cui è chiesta la protezione;
a) il nome di cui è chiesta la protezione;
b) una descrizione del vino o dei vini:
b) una descrizione del vino o dei vini:
i) per quanto riguarda una denominazione di origine, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e organolettiche;
i) per quanto riguarda una denominazione di origine, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e organolettiche;
ii) per quanto riguarda una indicazione geografica, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e la valutazione o indicazione delle caratteristiche organolettiche;
ii) per quanto riguarda una indicazione geografica, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e la valutazione o indicazione delle caratteristiche organolettiche;
c) se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate nell’elaborazione del vino o dei vini nonché le relative restrizioni applicabili a detta elaborazione;
c) se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate nell’elaborazione del vino o dei vini nonché le relative restrizioni applicabili a detta elaborazione;
d) la delimitazione della zona geografica interessata;
d) la delimitazione della zona geografica interessata;
e) le rese massime per ettaro;
e) le rese massime per ettaro;
f) un’indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino o i vini sono ottenuti;
f) un’indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino o i vini sono ottenuti;
g) gli elementi che evidenziano il legame di cui al paragrafo 1, lettera a), punto i), oppure, secondo i casi, al paragrafo 1, lettera b), punto i) dell’articolo 93;
g) gli elementi che evidenziano i seguenti legami:
i) per quanto riguarda una denominazione d’origine protetta, il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto e l’ambiente geografico e gli elementi relativi ai fattori naturali e umani di detto ambiente geografico, di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera a), punto i );
ii) per quanto riguarda un’indicazione geografica protetta, il legame fra una specifica qualità, la reputazione o un’altra caratteristica del prodotto e l’origine geografica di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera b), punto i);
g bis) se del caso, il suo contributo allo sviluppo sostenibile;
h) le condizioni applicabili previste dalla legislazione unionale o nazionale oppure, se così previsto dagli Stati membri, da un’organizzazione che gestisce la designazione di origine protetta o l’indicazione geografica protetta, tenendo conto del fatto che tali condizioni devono essere oggettive, non discriminatorie e compatibili con il diritto dell’Unione;
h) le condizioni applicabili previste dalla legislazione unionale o nazionale oppure, se così previsto dagli Stati membri, da un’organizzazione che gestisce la designazione di origine protetta o l’indicazione geografica protetta, tenendo conto del fatto che tali condizioni devono essere oggettive, non discriminatorie e compatibili con il diritto dell’Unione;
i) il nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare di produzione, nonché le relative attribuzioni.
i) il nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare di produzione, nonché le relative attribuzioni.
3. La domanda di protezione relativa a una zona geografica situata in un paese terzo contiene, oltre agli elementi di cui ai paragrafi 1 e 2, gli elementi che comprovano che la denominazione è protetta nel suo paese di origine.
3. La domanda di protezione relativa a una zona geografica situata in un paese terzo contiene, oltre agli elementi di cui ai paragrafi 1 e 2, gli elementi che comprovano che la denominazione è protetta nel suo paese di origine.“
1. Introduction; 2. Oenological practices; 2.1 Free movement of wine inside the EU; 2.2 Non-tariff barriers in the trade with third countries; 2.2.1 WTO Agreements to overtake non-tariff barriers: SPS and TBT; 2.2.2 EU Agreements; 3. Protected designations of origin (PDOs) and protected geographical indications (PGIs); 3.1 Protection inside the EU; 3.2 Protection in third countries; 3.2.1 WTO Agreement: TRIPS; 3.3.2 EU Agreements; 3.3.3 EU adhesion to WIPO Agreement (the Lisbon System and the Geneva Act); 4. Final considerations.
Abstract. National rules on oenological practices respond to the need to protect human health and economic interests of consumers and producers. In international trade, however, such rules can turn into non-tariff barriers. The protection of DOs and GIs allows the safeguarding of an important economic and intangible heritage, at least from a European point of view. At an international level, however, this necessity clashes with antithetical economic interests, mainly attributable to the fact that in many non-European territories, various important European DOs and GIs have become common names that indicate certain types of foodstuffs or wines. In the WTO context, the mitigation of non-tariff barriers is entrusted to the SPS and TBT Agreements, while the protection of geographical indications to the TRIPS Agreement. However, their effectiveness has proven weak, especially TRIPS. Consequently, the European Union has concluded a series of international agreements with many third countries (both producers and consumers of wine) aimed at favouring trade in wine. In this way, on the one hand, a set of globally shared rules on oenological practices has been identified (thanks also to OIV action), and, on the other hand, numerous European DOs and GIs have obtained international recognition, thus allowing their concrete protection. EU international agreements have also contributed to increased awareness and consensus in the world on quality schemes related to the PDO and PGI systems. Unfortunately, in several cases, not all of the currently existing European geographical indications are recognised (only some of them), and this situation creates disparities.
La rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo è di per sè assicurata dal rispetto degli obblighi previsti dalla vigente legislazione del settore
Il Dipartimento delle politiche di mercato(Mipaaf) – DGPA – Divisione PAGR. IX – con note prot. n. F/2972 del 6 dicembre 2004 e n. F/349 del 3 febbraio 2005, indirizzate anche alle associazioni di categoria, ha rappresentato la posizione della Commissione UE in materia di rintracciabilità per i vini. Al riguardo la citata Commissione ha precisato che già l’Ocm vitivinicola (Regolamento CE n. 1493/99 e relativi regolamenti di applicazione) ha assicurato, nell’ambito della speciale disciplina, la rintracciabilità dei prodotti vitivinicoli. Pertanto, stante le puntuali disposizioni presenti nelle citate norme di riferimento comunitario, non sussiste una particolare necessità di prevedere ulteriori e specifici obblighi normativi in attuazione del regolamento CE n. 178/2002. Inoltre, anche il settore vitivinicolo è assoggettato al D.Lgs. n. 190/2006 (disciplina sanzionatoria per le violazioni del Reg. CE 178/2002), fatto salvo quanto disposto dall’art. 7, paragrafo 3 riguardo alla specifica disciplina del settore vitivinicolo.
Quanto alla legislazione dell’Unione Europea, le principali norme di riferimento attualmente vigenti – che costituiscono la “speciale disciplina” a cui fa riferimento il MIPAAF – sono i seguenti regolamenti della Commissione, attuativi della OCM Vino 2013:
Detta norma UNI fornisce i principi e specifica i requisiti di base per progettare ed attuare un sistema di rintracciabilità agroalimentare.
Un sistema di rintracciabilità è un’utile strumento per un’impresa operante nell’ambito della filiera agroalimentare.
Ciò serve per valorizzare particolari caratteristiche di prodotto (es. origine, caratteristiche peculiari degli ingredienti) e per soddisfare in modo efficace le aspettative del cliente, in particolare la Grande Distribuzione (GDO).
Detto sistema di certificazione – che comprende sia alimenti/bevande (quindi il vino) che mangimi – è applicabile sia ai sistemi di rintracciabilità delle filiere che a quelli delle singole aziende.
La progettazione di un sistema di rintracciabilità deve necessariamente definire i seguenti aspetti:
obiettivi del sistema di rintracciabilità
normativa e documenti applicabili al sistema di rintracciabilità
prodotti e ingredienti oggetto di rintracciabilità
posizione di ciascuna organizzazione nella catena alimentare, identificazione dei fornitori e dei clienti
Senza aggiungere nuove categorie di prodotti vitivinicoli, è stata consentita la dealcolazione (totale o parziale) di alcune di esistenti, e cioè:
“vino”,
“vino spumante”,
“vino spumante di qualità”,
“vino spumante di qualità del tipo aromatico”,
“vino spumante gassificato”,
“vino frizzante”,
“vino frizzante gassificato”
Dispone in proposito il regolamento UE/2127/2021 (art.1, comma 74), che modifica nel seguente modo l’Allegato VII, parte II al regolamento UE/1308/2013
la parte II è così modificata:
i)
è aggiunta la frase introduttiva seguente:
«Le categorie di prodotti vitivinicoli sono quelle di cui ai punti da 1) a 17). Le categorie di prodotti vitivinicoli di cui al punto 1) e ai punti da 4) a 9) possono essere sottoposte a un trattamento di dealcolizzazione totale o parziale conformemente all’allegato VIII, parte I, sezione E, dopo aver raggiunto pienamente le rispettive caratteristiche descritte in tali punti.»;
Quanto al trattamento di dealcolizzazione, il regolamento UE/2127/2021 (art.1, comma 74), modifica nel seguente modo l’Allegato VIII, al regolamento UE/1308/2013:
la parte I è così modificata:
i)
il titolo è sostituito dal seguente:
«Arricchimento, acidificazione e disacidificazione in alcune zone viticole e dealcolizzazione»;
ii)
nella sezione B, punto 7, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b)
portare il titolo alcolometrico volumico totale dei prodotti di cui al punto 6 per la produzione di vini a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta a un livello che essi determinano.»;
iii)
la sezione C è sostituita dalla seguente:
«C. Acidificazione e disacidificazione
1.
Le uve fresche, il mosto di uve, il mosto di uve parzialmente fermentato, il vino nuovo ancora in fermentazione e il vino possono essere sottoposti ad acidificazione e a disacidificazione.
2.
L’acidificazione dei prodotti di cui al punto 1 può essere effettuata soltanto entro un limite massimo, espresso in acido tartarico, di 4 g/l, ossia di 53,3 milliequivalenti per litro.
3.
La disacidificazione dei vini può essere effettuata soltanto entro un limite massimo, espresso in acido tartarico, di 1 g/l, ossia di 13,3 milliequivalenti per litro.
4.
Il mosto di uve destinato alla concentrazione può essere sottoposto a disacidificazione parziale.
5.
L’acidificazione e l’arricchimento, salvo deroga decisa dalla Commissione mediante atti delegati a norma dell’articolo 75, paragrafo 2, e l’acidificazione e la disacidificazione di uno stesso prodotto, sono operazioni che si escludono a vicenda.»;
iv)
nella sezione D, il punto 3) è sostituito dal seguente:
«3.
L’acidificazione e la disacidificazione dei vini sono effettuate solo nella zona viticola in cui sono state raccolte le uve utilizzate per l’elaborazione del vino.»;
v)
è aggiunta la sezione seguente:
«E. Processi di dealcolizzazione
È autorizzato ciascuno dei processi di dealcolizzazione sottoelencati, utilizzati singolarmente o congiuntamente con altri processi di dealcolizzazione elencati, per ridurre parzialmente o quasi totalmente il tenore di etanolo nei prodotti vitivinicoli di cui all’allegato VII, parte II, punto 1) e punti da 4) a 9):
a)
parziale evaporazione sotto vuoto;
b)
tecniche a membrana;
c)
distillazione.
I processi di dealcolizzazione utilizzati non danno luogo a difetti dal punto di vista organolettico nei prodotti vitivinicoli. L’eliminazione dell’etanolo nel prodotto vitivinicolo non deve essere effettuata in combinazione con un aumento del tenore di zuccheri nel mosto di uve.»;
Le pratiche enologiche così ammesse per la dealcolazione sono quindi le stesse previste dal Codice OIV per i trattamenti enologici per la “dealcoholisation of wines“, che sono poi le stesse consentite anche per la “Correction of the alcohol content in wines” (il Codice enologico UE regola quest’ultima nell’appendice 8 del suo allegato I, dove non vengono specificatamente individuate le techiche utilizzabili, ma si dice solo che esse possono essere utilizzabili da sole o congiuntamente).
Per contro, non potranno essere delacolate le seguenti categorie di prodotti vitivinicoli:
“vino ottenuto da uve appassite”,
“vino di uve stramature”
“vino liquoroso”.
In precedenza non era lecito nè produrre nè commercializzare il vino delacolizzato nell’Unione Europea.
Ciò perché sino all’anno 2021 il vino dealcolizzato
tutte le categorie di prodotti in questione prevedevano la presenza di un certo tenore alcolico.
Per quanto concerne la dealcolazione(parziale o totale) ora autorizzata, è neccessario che i prodotti – prima di tale processo – abbiano integrato i requisiti previsti dalla rispettiva categoria di appartenenza.
Sul piano pratico, ci si domanda come sia possibile rispettare i requisiti suddetti per i vini spumanti (a prescindere dall’origine naturale o artificiale del gas che ne determina la pressione), qualora la dealcolazione debba avvenire sul prodotto che ha “pienamente” raggiunto i requisiti previsti per la propria categoria di prodotto, i quali prevedono sempre la presenza di una pressione minima, che andrebbe poi persa durante il processo di dealcolazione.
In effetti, il tema è allo studio del gruppo di esperti degli Stati membri.
Nel Vademecum per la campagna vendemmiale 2022 (pag.17/18), il MIPAAF evidenzia poi vari ostacoli che l’attuale normativa italiana pone alla produzione di vino dealcolato/dealcolizzato, derivanti dal fatto che essa è ancora strutturata in modo coerente a quanto disponeva in precedenza la legislazione UE, che non ammetteva tali tipologie di prodotti.
Analogo discoso vale per i vini aromatizzati (disciplinati invece dal regolamento UE 251/2014), a sua volta modificato dai citato regolamento UE/2127/2021 (art.3 e seg).
I danni derivanti dal consumo di alcol rappresentano un serio problema di salute pubblica nell’UE. Nel 2016 il cancro è stato la principale causa dei decessi attribuibili all’alcol, con una percentuale del 29 %, seguito da cirrosi epatica (20 %), malattie cardiovascolari (19 %) e traumi (18 %). La Commissione aumenterà il sostegno agli Stati membri e ai portatori di interessi affinché attuino le migliori pratiche e le attività di sviluppo delle capacità per ridurre il consumo nocivo di alcol, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Tra questi, il conseguimento di una riduzione relativa di almeno il 10 % dell’uso nocivo di alcol entro il 2025. Inoltre la Commissione riesaminerà la legislazione dell’UE sulla tassazione dell’alcol e sugli acquisti transfrontalieri di prodotti alcolici da parte di privati, assicurandosi che rimanga adatta allo scopo di bilanciare gli obiettivi in materia di entrate pubbliche e di protezione della salute.
Per ridurre l’esposizione dei giovani alla promozione commerciale di alcol, la Commissione controllerà attentamente gli effetti prodotti dall’attuazione della direttiva relativa ai servizi di media audiovisivi sulle comunicazioni commerciali delle bevande alcoliche, anche sulle piattaforme di condivisione di video online. A tal fine collaborerà con gli Stati membri e con il gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (ERGA) e i portatori di interessi per incoraggiare iniziative di autoregolamentazione e coregolamentazione. La Commissione riesaminerà inoltre la sua politica di promozione delle bevande alcoliche e, in aggiunta, proporrà l’obbligo di indicare l’elenco degli ingredienti e la dichiarazione nutrizionale sulle etichette delle bevande alcoliche entro la fine del 2022, e le avvertenze sanitarie entro la fine del 2023. Sarà anche fornito sostegno agli Stati membri affinché realizzino interventi brevi sull’alcol, basati su dati concreti, presso le strutture di assistenza sanitaria di base, sul luogo di lavoro e presso i servizi sociali.
Si tratta di una revisione della versione 4.9 del 30 giugno 2020 della guida alle regole tecniche registro telematico cantina, ove sono stati corretti alcuni refusi in precenza presenti.
L’espressione “Vino naturale” “vin méthode nature” non verrà specificamente regolata dal diritto dell’Unione Europea, ma resta soggetta alla generale disciplina sull’etichettatura degli alimenti, che impone di comunicare dati veritieri e non ingannevoli.
Di conseguenza, secondo tale orientamento, tale espressione non poteva essere legittimamente usata nell’etichettatura e presentazione dei vini, nè se riferita al vino, nè se riferita al metodo di produzione.
La posizione assunta dalla Commissaria Stella Kyriakides sul vino naturale vin méthode nature significa sostanzialmente due cose:
in primo luogo, l’espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature” rappresenta un’indicazione facoltativa sull’etichetta dei vini;
in secondo luogo, detta espressione – se apposta – non deve risultare nè ingannevole, nè fuorviante per i consumatori.
Fermo allora restando che non è allora di per sè vietato indicare in etichetta l’espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature”, resta da capire quando essa sia effettivamente legittima.
La posizione assunta dalla Commissaria Stella Kyriakides sposta allora il baricentro decisionale sugli Stati membri e le rispettive autorità nazionali, chiamate a far rispettare la citata legislazione europea sulla corretta etichettutara degli alimenti.
In sostanza, in base all’attuale situazione, compete alle autorità nazionali decidere – con un approccio verosimilmente caso per caso – quando la suddetta etichettatura sia legittima o meno.
Il che significa stabilire sul piano nazionale cosa significa“Vino naturale” ovvero “vin méthode nature” ed a quali condizioni nonché con quali garanzie un vino può essere etichettato in tal modo.
Discendono allora due ulteriori conseguenze:
da un canto, in assenza di un provvedimento normativo nazionale, la legittimità di detta etichettatura può essere contestata dalle autorità amministrative di controllo dello stesso Stato in cui viene prodotto ed etichettato il vino, ivi comprese quelle eventualmente competenti ad contrastare le pratiche ingannevoli ai danni dei consumatori (il che apre la strada anche a possibili azioni inibitorie da parte delle associazioni dei consumatori);
dall’altro, la valutazione fatta dalle autorità di uno Stato membro potrebbe essere non condivisa da quelle di un altro Stato membro dell’Unione: quest’ultimo, pertanto, potrebbe opporsi all’introduzione sul proprio territorio dei vini prodotti sul territorio del primo e recanti in etichetta l’espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature”.
In altre parole, in assenza di una regolamentazione a livello europea – lo Stato membro di importazione intra-comunitaria potrebbe ritenere ingannevole espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature”, nonostante sia stata autorizzata nello Stato di produzione del vino: pertanto, invocando proprio le regole del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (che consentono di derogare al principio di libera circolazione per proteggere gli interessi dei consumatori), detto Stato potrebbe vietare la commercializzazione sul proprio territorio del vino di altro Stato membro così etichettato.
In caso di conflitto, la questione giungerebbe inevitabilmente sul tavolo della Corte di Giustizia.
Per cercare di dare una “garanzia” di contenuto all’espressione “Vino naturale” – cosa che potrebbe forse consentire di evitare che detto termine venga considerato ingannevole – sono stati elaborati alcuni disciplinari o regole di produzione (da non confondersi assolutamente con i disciplinari dei vini DOP – IGP) da parte di alcune organizzazioni di natura squisitamente privatistica, quali:
Tali regole volontarie vanno però comparate tra loro.
Se dovessero emergere significative discordanze, ciò potrebbe a sua volta costituire ragione per bloccare l’etichettatura, giacché lo stesso termine “Vino Naturale” andrebbe a contrassegnare prodotti tra loro diversi, così ingenerando confusione nei consumatori.
In primo luogo, i servizi della Commissione avevano osservato che il termine “vino naturale” non è definito dalla disciplina europea, né è incluso nella lista delle categorie di prodotti vitivinicoli di cui all’allegato VII, parte II, del regolamento UE n. 1308/2013.
Secondo detti principi, nell’Unione è consentito produrre e commercializzare vino solo se prodotto conformemente alle pratiche enologiche autorizzate, le quali “sono impiegate soltanto per consentire una buona vinificazione, una buona conservazione o un buon affinamento dei prodotti“.
A sua volta, la Commissione ha il potere di consentire una pratica enologica solo considerando:
a) le pratiche enologiche ed i metodi di analisi raccomandati e pubblicati dall’OIV e dei risultati dell’uso sperimentale di pratiche enologiche non ancora autorizzate;
b) la protezione della salute pubblica;
c) il possibile rischio che i consumatori siano indotti in errore in base alle abitudini che abbiano sviluppato sul prodotto e alle aspettative corrispondenti ed esamina se siano disponibili e utilizzabili strumenti di informazione che permettano di escludere tale rischio;
d) la salvaguardia delle caratteristiche naturali ed essenziali del vino, in modo che la composizione del prodotto non subisca modifiche sostanziali;
e) un livello minimo accettabile di protezione dell’ambiente;
f) gli altri principi fissati nell’allegato VIII al citato regolamento 1308/2013.
Di conseguenza, secondo l’originaria impostazione della Commissione, qualsiasi vino prodotto conformemente a tali disposizione può essere considerato naturale: l’uva non si trasforma “naturalmente” in vino, ma necessita – in ogni caso – di una manipolazione.
In secondo luogo, l’espressione in questione confliggerebbe con i principi in materia di etichettatura (art.120 del regolamento 1308/2013, sulle indicazioni facoltative) nonché sull’informazione dovuta ai consumatori per i prodotti alimentari (in particolare gli art. 7 e 36 del regolamento 1169/2011).
Alla luce del parere inizialmente epresso dai servizi della Commissione, l’espressione “vino naturale” o “vin méthode nature” indurrebbe il consumatore a pensare che il prodotto così designato abbia una qualità o salubrità superiore rispetto ad un altro vino privo della medesima dicitura.
Di conseguenza, siffatte espressioni creerebbero l’idea dell’esistenza di una differenza sostanziale nella composizione e natura dei vini così contrassegnati, risultando potenzialmente ingannevoli.
Alla luce di tale orientamento, dunque, le espressioni “vino naturale” o “vin méthode nature” potrebbero essere legittimanete usate solo quando verrà definita – se mai ciò accadrà, essendo per il momento la cosa esclusa – una specifica categoria di prodotti vitivinicoli ovvero verranno individuate da apposite norme le particolari qualità di siffatti vini ovvero i limiti alle tecniche di cantina attualmente lecitamente utilizzabili per produrli (e cioè i limiti alla citata legittima manipolazione, necessaria per trasformare le uve in vino).
L’intervento dei servizi della Commissione seguiva un’interrogazione fatta in sede di Parlamento Europeo, ove si domandavano chiarimenti circa una nuova normativa francese, che – secondo le notizie della stampa – avrebbe riconosciuto formalmente i “vin méthode nature”.
Inoltre, anche la Direction Générale de la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des Fraudes (DGCCRF) aveva a sua volta precisato che la menzione « vin nature » non era ritenuta conforme alla legislazione europea (art.53 del Regolamento UE 33/2018 in particolare), al contrario della menzione « vinification sans intrants ».
“il vino contenesse solo solfiti formatisi naturalmente in seguito alla fermentazione ed in concentrazioni non suoperiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini di SO2 totale”
La lettura e la comparazione delle future etichette già potrebbe forse già dare qualche immediata indicazione sul livello di “naturalità” del prodotto, fermo però restando che l’uso degli eccipienti non risulterebbe comunque indicato nelle nuove etichette.
Il convegno si è tenuto dopo che i servizi della Commissione avevano reso nota la loro posizione, ma prima delle dichiarazioni rese dalla Commissaria Stella Kyriakides.
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