Vino naturale vin méthode nature

L’espressione “Vino naturale” “vin méthode nature” non verrà specificamente regolata dal diritto dell’Unione Europea, ma resta soggetta alla generale disciplina sull’etichettatura degli alimenti, che impone di comunicare dati veritieri e non ingannevoli.


Mediante una prima comunicazione, i competenti servizi della Commissione UE (nota del 2020 emessa dalla Direzione Generale Agricoltura e Sviluppo Rurale – DG AGRI),  avevano sostenuto che l’espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature” era di per sè ingannevole nei confronti del consumatore.

Di conseguenza, secondo tale orientamento, tale espressione non poteva essere legittimamente usata nell’etichettatura e presentazione dei vini, nè se riferita al vino, nè se riferita al metodo di produzione.

Successivamente, la Commissaria   Stella Kyriakides (competente per la salute e la sicurezza alimentare, … quindi un settore diverso rispetto all’agricoltura) ha assunto una posizione più “sfumata”, affermando che tali indicazioni non verranno regolamentate dal diritto dell’Unione, ma restano soggette alle regole geneali sull’etichettaura degli alimenti (regolamento UE/1169/2011) e, comunque, non costituiscono un’indicazione qualificabile come informazione nutrizionale e sulla salute di un prodotto alimentare ai sensi del Regolamento UE/1924/2006.

Tale posizione in risposta ad una lettera aperta inviata alla Commissaria Stella Kyriakides da vari membri del Parlamento Europeo, che invitavano a definire in via regolamentare l’uso del termine “naturale” sull’etichetta degli alimenti.

La posizione assunta dalla Commissaria   Stella Kyriakides sul vino naturale vin méthode nature significa sostanzialmente due cose:

      • in primo luogo, l’espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature” rappresenta un’indicazione facoltativa sull’etichetta dei vini;
      • in secondo luogo, detta espressione – se apposta – non deve risultare nè ingannevole, nè fuorviante per i consumatori.

Fermo allora restando che non è allora di per sè vietato indicare in etichetta l’espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature”, resta da capire quando essa sia effettivamente legittima.

La posizione assunta dalla Commissaria   Stella Kyriakides sposta allora il baricentro decisionale sugli Stati membri e le rispettive autorità nazionali, chiamate a far rispettare la citata legislazione europea sulla corretta etichettutara degli alimenti.

In sostanza, in base all’attuale situazione, compete alle autorità nazionali decidere – con un approccio verosimilmente caso per caso – quando la suddetta etichettatura sia legittima o meno.

Il che significa stabilire sul piano nazionale cosa significa “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature” ed a quali condizioni nonché con quali garanzie un vino può essere etichettato in tal modo.

Discendono allora due ulteriori conseguenze:

      • da un canto, in assenza di un provvedimento normativo nazionale, la legittimità di detta etichettatura può essere contestata dalle autorità amministrative di controllo dello stesso Stato in cui viene prodotto ed etichettato il vino, ivi comprese quelle eventualmente competenti ad contrastare le pratiche ingannevoli ai danni dei consumatori (il che apre la strada anche a possibili azioni inibitorie da parte delle associazioni dei consumatori);
      • dall’altro, la valutazione fatta dalle autorità di uno Stato membro potrebbe essere non condivisa da quelle di un altro Stato membro dell’Unione: quest’ultimo, pertanto, potrebbe opporsi all’introduzione sul proprio territorio dei vini prodotti sul territorio del primo e recanti in etichetta l’espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature”.

In altre parole, in assenza di una regolamentazione a livello europea – lo  Stato membro di importazione intra-comunitaria potrebbe ritenere ingannevole espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature”,  nonostante sia stata autorizzata nello Stato di produzione del vino: pertanto, invocando proprio le regole del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (che consentono di derogare al principio di libera circolazione per proteggere gli interessi dei consumatori), detto Stato potrebbe vietare la commercializzazione sul proprio territorio del vino di altro Stato membro così etichettato.

In caso di conflitto, la questione giungerebbe inevitabilmente sul tavolo della Corte di Giustizia.

Per cercare di dare una “garanzia” di  contenuto all’espressione “Vino naturale” – cosa che potrebbe forse consentire di evitare che detto termine venga considerato ingannevole – sono stati elaborati alcuni disciplinari o regole di produzione (da non confondersi assolutamente con i disciplinari dei vini DOP – IGP) da parte di alcune organizzazioni di natura squisitamente privatistica, quali:

Tali regole volontarie vanno però comparate tra loro.

Se dovessero emergere significative discordanze, ciò potrebbe a sua volta costituire ragione per bloccare l’etichettatura, giacché lo stesso termine “Vino Naturale” andrebbe a contrassegnare prodotti tra loro diversi, così ingenerando confusione nei consumatori.

Per contro , l’etichettatura “Vino biologico” significa che il vino è conforme agli standard fissati dalla legislazione europea in materia.


Vediamo allora perché espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature” solleva perplessità sulla sua legittimità.

Tali espressioni vengono usate dai produttori che vinificano seguendo l’idea che al vino nulla deve essere aggiunto.

In primo luogo, i servizi della Commissione avevano osservato che il termine “vino naturale” non è definito dalla disciplina europea, né è incluso nella lista delle categorie di prodotti vitivinicoli di cui all’allegato VII, parte II, del regolamento UE n. 1308/2013.

Inoltre, tale espressione confliggerebbe con i principi che sorreggono le regole dell’Unione sulle pratiche enologiche (dette anche tecniche di cantina), espressi nell’ art.80 del regolamento UE sulla OCM Unica (regolamento n. 1308/2013) ed attuati nel Codice enologico comunitario.

Secondo detti principi, nell’Unione è consentito produrre e commercializzare vino solo se prodotto conformemente alle pratiche enologiche autorizzate, le quali “sono impiegate soltanto per consentire una buona vinificazione, una buona conservazione o un buon affinamento dei prodotti“.

A sua volta, la Commissione ha il potere di consentire una pratica enologica solo considerando:

a) le pratiche enologiche ed i metodi di analisi raccomandati e pubblicati dall’OIV e dei risultati dell’uso sperimentale di pratiche enologiche non ancora autorizzate;

b) la protezione della salute pubblica;

c) il possibile rischio che i consumatori siano indotti in errore in base alle abitudini che abbiano sviluppato sul prodotto e alle aspettative corrispondenti ed esamina se siano disponibili e utilizzabili strumenti di informazione che permettano di escludere tale rischio;

d) la salvaguardia delle caratteristiche naturali ed essenziali del vino, in modo che la composizione del prodotto non subisca modifiche sostanziali;

e) un livello minimo accettabile di protezione dell’ambiente;

f) gli altri principi fissati nell’allegato VIII al citato regolamento 1308/2013.

Di conseguenza, secondo l’originaria impostazione della Commissione, qualsiasi vino prodotto conformemente a tali disposizione può essere considerato naturale: l’uva non si trasforma “naturalmente” in vino, ma necessita – in ogni caso – di una manipolazione.

Il che porta a dire che ogni vino, pur essendo per forza di cose manipolato, è naturale.

In secondo luogo, l’espressione in questione confliggerebbe con i principi in materia di etichettatura (art.120 del regolamento 1308/2013, sulle indicazioni facoltative) nonché sull’informazione dovuta ai consumatori per i prodotti alimentari (in particolare gli art. 7 e 36 del regolamento 1169/2011).

Alla luce del parere inizialmente epresso dai servizi della Commissione, l’espressione  “vino naturale” o “vin méthode nature”  indurrebbe il consumatore a pensare che il prodotto così designato abbia una qualità o salubrità superiore rispetto ad un altro vino privo della medesima dicitura.

Di conseguenza, siffatte espressioni creerebbero l’idea dell’esistenza di una differenza sostanziale nella composizione e natura dei vini così contrassegnati, risultando potenzialmente ingannevoli.

Alla luce di tale orientamento, dunque, le espressioni “vino naturale” o “vin méthode nature” potrebbero essere legittimanete usate solo quando verrà definita – se mai ciò accadrà, essendo per il momento la cosa esclusa – una specifica categoria di prodotti vitivinicoli ovvero verranno individuate da apposite norme le particolari qualità di siffatti vini ovvero i limiti alle tecniche di cantina attualmente lecitamente utilizzabili per produrli (e cioè i limiti alla citata legittima manipolazione, necessaria per trasformare le uve in vino).

Allo stesso modo di quanto avviene per i vini biologici (per i quali vige un apposito regolamento dell’Unione sulle tecniche di cantina ammissibili e sul metodo di produzione dell’uva da cui sono generati).

L’intervento dei servizi della Commissione seguiva un’interrogazione fatta in sede di Parlamento Europeo, ove si domandavano chiarimenti circa una nuova normativa francese, che – secondo le notizie della stampa – avrebbe riconosciuto formalmente i “vin méthode nature”.

Inoltre, anche la Direction Générale de la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des Fraudes (DGCCRF) aveva a sua volta precisato che la menzione « vin nature » non era ritenuta conforme alla legislazione europea (art.53 del Regolamento UE 33/2018 in particolare), al contrario della menzione  « vinification sans intrants ».

Per quanto concerne l’indicazione “Vino senza solfiti aggiunti“, la Commissione aveva reso un proprio parere già nell’anno 2015, sostenendo che – in mancanza di apposite regole sull’etichettatura dei vini per quanto concerne l’indicazione dei loro ingrtedienti (che sono in arrivo per effetto della riforma della “PAC post-2020“) – tale indicazione sarebbe lecita solo se

“il vino contenesse solo solfiti formatisi naturalmente in seguito alla fermentazione ed in concentrazioni non suoperiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini di SO2 totale”


Verosimilmente, la situazione appare destinata ad evolvere anche per effetto indiretto della riforma delle regole dell’Unione sull’etichettatura dei vini, che – una volta entrata in vigore la cosidedetta PAC post-2020 – imporranno di indicare i componenti enologi usati nella vinificazione che costituiscono veri e propri “ingredienti“.

La lettura e la comparazione delle future etichette già potrebbe forse già dare qualche immediata indicazione sul livello di “naturalità” del prodotto, fermo però restando che l’uso degli eccipienti non risulterebbe comunque indicato nelle nuove etichette.


Il caso ricorda quello del “vino libero“, la cui dicitura è stata parimenti ritenuta ingannevole dall’Autorità antitrust italiana.


La propensione dei consumatori a sostenere un esborso economico a fronte dell’acquisto di un prodotto etichettato come “naturale” è stato oggetto di un interessante studio scientifico, condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Palermo.


Convegno sul vino naturale


Video convegno sul Vino Naturale

Il convegno si è tenuto dopo che i servizi della Commissione avevano reso nota la loro posizione, ma prima delle dichiarazioni rese dalla Commissaria   Stella Kyriakides.


Queste ulltime vengono invece prese in considerazione in un nostro successivo convegno.