Prosek Prosecco

Prosek Prosecco: inizia la battaglia legale in sede UE per difendere la denominazione italiana!


Prosek  Prosecco: il 23/9/2021 la Commissione europea ha pubblicato la notizia (trattasi di un atto dovuto) che la Croazia ha presentato una richiesta di protezione per il termine Prosek, che – secondo le intenzioni di tale paese – dovrebbe divenire una propria menzione tradizionale, legata a quattro proprie denominazioni di origine.

La procedura (di cui ai regolamenti UE 33 e 34 del 2019) prevede che, in seguito alla pubblicazione di tale notizia, si apre un termine di 60 giorni, entro cui gli altri Stati membri della UE (dunque il Governo italiano) ovvero soggetti privati lí residenti o aventi sede (quali il Consorzio di tutela del Prosecco) possono presentare le proprie osservazioni oppure opporsi al riconoscimento.

Successivamente la Commissione deciderà sulle opposizioni in questione: se verranno acconte, la menzione Prosek  non verrrá riconosciuta dalla UE, in caso contrario si, per cui i vini croati potranno utilizzarla.

Avverso tale decisione gli interessati potranno presentare ricorso in sede giurisdizionale dinanzi alla Corte di Giustizia.

Al momento, dunque, nulla è perduto per il Prosecco, l’esistente denominazione di origine italiana, che verrebbe danneggiata dal riconoscimento della menzione tradizionale croata, oggetto della pendente procedura dinanzi alla Commissione UE.

In effetti, la Commissione UE avrebbe potuto adesso respingere la domanda croata solo se il fascicolo non fosse stato completo, ma non avrebbe potuto decidere sul merito della domanda, dovendo attendere la presentazione di eventuali formali opposizioni (trattasi dunque di aspetti procedurali, che l’attuale polemica politica ignora verosimilmente).

Il termine Prosek è quindi inteso come una menzione tradizionale: esso  designa un metodo di produzione per un loro vino dolce da dessert.

Questo il significato della menzione tradizionale croata Prosek, come si legge nella domanda di riconoscimento:

Il «Prošek» è un vino prodotto con uve tecnologicamente sovramature e appassite che devono contenere  almeno 150° Oe (gradi Oechsle) di zucchero. Esso può essere rosso o bianco. Il colore può variare dal giallo scuro con  tonalità di oro vecchio fino a rossastro con sfumature brune. Con la  maturazione il «Prošek» sviluppa tonalità diverse a  causa dell’invecchiamento ossidativo. La fragranza è descritta come un aroma di frutta sovramatura con una lieve nota di  legno e un aroma di leggera ossidazione. Il gusto del «Prošek» è caratterizzato da una pienezza che deriva in gran parte  dall’elevato tenore di zuccheri residui (glucosio e fruttosio) e in misura minore dall’etanolo.

Tale pretesa menzione croata, però, crea sicuramente confusione con l’esistente denominazione italiana “Prosecco” (la similitudine dei termini e le assonanze sono manifeste nella coppia Prosek Prosecco).

La denominazione Prosecco trova peraltro tutela in molti Stati extra europei, proprio per effettosi accordi internazionali conclusi dalla UE per la difesa delle denominazioni di origine europee al di fuori del territorio dell’Unione.

Ma non in Australia, ove si ritiene che costituisca un termine generico. In effetti, l’accordo tra UE e tale Stato non copre il Prosecco.

Difatti, anche l’accordo di libero scambio tra UE ed Australia rischia lo stallo per tale ragione. Per i viticoltori australiani il termine Prosecco rappresenta il nome di varietà d’uva, esistente prima che l’Italia creasse la zona Prosecco DOC nel 2009 e ottenesse quindi lo status di IG.

Pure a Singapore è stato di recente negato che il termine “Prosecco” costituisca una menzione geografica.


Le norme che verosimilmente presiederanno ogni decisione sono gli articoli da 27 a 33 del regolamento della Commissione UE/33/2019.

In particolare, l’art.33 sancisce:

Omonimi

1. La registrazione della menzione per cui è presentata una domanda di protezione, interamente o parzialmente omonima di una menzione tradizionale già protetta ai sensi dell’articolo 113 del regolamento (UE) n. 1308/2013, tiene debitamente conto degli usi locali e tradizionali e dei rischi di confusione.

Una menzione omonima che induca in errore il consumatore circa la natura, la qualità o la vera origine dei prodotti vitivinicoli non è registrata, nemmeno se è esatta.

Una menzione omonima registrata può essere utilizzata esclusivamente se il nome omonimo registrato a posteriori è di fatto sufficientemente differenziato dalla menzione registrata in precedenza, tenuto conto della necessità di garantire un trattamento equo ai produttori interessati e della necessità di evitare di indurre in errore il consumatore.

2. Il paragrafo 1 si applica, mutatis mutandis, alle menzioni tradizionali protette anteriormente al 1o agosto 2009, interamente o parzialmente omonime di una denominazione di origine protetta o di una indicazione geografica protetta ovvero di un nome di varietà di uve da vino o dei suoi sinonimi elencati nell’allegato IV.

 

Merita altresì evidenziare che il precedente art.32 del regolamento UE/33/2019 regola il conflitto tra menzioni tradizionali e marchi commerciali, stabilendo al secondo comma  un principio che pare comunque significativo anche per il caso ora in questione (ove il conflitto è tra la menzione croata Prosek e la DOP italiana Prosecco):

“Un nome non è protetto come menzione tradizionale qualora, a causa della reputazione e della notorietà di un marchio commerciale, la protezione sia suscettibile di indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità, alla natura, alle caratteristiche o alla qualità del prodotto vitivinicolo”.


Per contro, se la Corazia avesse richiesto il riconoscimento del termine Prosek come una propria DOP (cosa però difficile, siccole esso  non è riconducibile ad una località geografica croata), per regolare il conflitto con l’esistente DOP italiana Prosecco si sarebbe applicato l’art.100 del Regolamento UE 1308/2013, che così sancisce:

Omonimi

1.   La registrazione del nome per cui è presentata la domanda, che è omonimo o parzialmente omonimo di un nome già registrato in conformità al presente regolamento, tiene debitamente conto degli usi locali e tradizionali e di rischi di confusione.

Un nome omonimo che induca erroneamente il consumatore a pensare che i prodotti siano originari di un altro territorio non è registrato, benché sia esatto per quanto attiene al territorio, alla regione o al luogo di cui sono effettivamente originari i prodotti.

Un nome omonimo registrato può essere utilizzato esclusivamente in condizioni pratiche tali da assicurare che il nome omonimo registrato successivamente sia sufficientemente differenziato da quello registrato in precedenza, tenuto conto della necessità di garantire un trattamento equo ai produttori interessati e della necessità di evitare l’induzione in errore il consumatore.

2.   Il paragrafo 1 si applica mutatis mutandis se il nome per il quale è presentata la domanda è interamente o parzialmente omonimo di un’indicazione geografica protetta in quanto tale secondo il diritto nazionale degli Stati membri.

3.   Il nome di una varietà di uva da vino, se contiene o è costituito da una denominazione di origine protetta o da un’indicazione geografica protetta, non può essere utilizzato nell’etichettatura dei prodotti agricoli.

Per tener conto delle pratiche esistenti in materia di etichettatura, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 227 intesi a stabilire le eccezioni a tale regola.

4.   La protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti di cui all’articolo 93 del presente regolamento lascia impregiudicate le indicazioni geografiche protette applicabili alle bevande spiritose definite all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Trattasi della stessa norma sulla cui base – in particolare venne applicato il suo terzo comma –  è stato deciso in passato il caso del Tokai friulano (in senso favorevole all’Ungheria, alla quale venne riservata l’omonima indicazione geografica Tokaj, così vietando di etichettare con tale nome il vino italiano prodotto con il vitigno Tokai, sebbene i vini dei due paesi ottenuti da tale uva avessero qualità organolettiche completamente diverse).



Il Prosecco rappresenta sicuramente un fenomeno economico di primaria importanza per il nostro paese, il cui nome solo in tempi relativamente recenti è stato tutelato come denominazione di origine, approfittando della fortuita circostanza che una località friulana (… dove tale produzione non era forse tanto tipica) portava appunto il nome geografico di “Prosecco”.

In precedenza, invece, detto termine rappresentava meramente una menzione della denominazione “Conegliano-Valdobbiadene”, il quale riceveva già una certa limitata tutela per effetto di un apposito accordo internazionale, concluso tra Italia e Francia nell’immediato secondo dopoguerra.

Prova storica di quanto siano importanti i trattati internazionali sulla tutela delle denominazioni di origine.

Dunque, anche il termine italiano Prosecco nasce in realtà come una menzione tradizionale, argomento su cui la Croazia potrebbe appellarsi.

Tuttavia, tale argomento potrebbe essere superato dalla circostanza che, successivamente, il termine Prosecco ha assunto il rango di vera e propria denominazione di origine, avendo così acquisito diritto alla relativa superiore tutela.

Con il riconoscimento della DOC “Prosecco”, la denominazione “Conegliano-Valdobbiadene” è stata contestualmente elevata alla dignità di DOCG.

Infine, a suggellare il valore di tali nostri territori vitivinicoli, è da poco intervento il loro inserimento da parte dell’UNESCO tra i beni costituenti patrimonio dell’umanità, che si affiancano così ai paesaggi di Langhe-Roero e del Monferrato.

Avv. Ermenegildo Mario Appiano

 

Avv. Ermenegildo Mario AppianoAvvocato, patrocinante in Cassazione

Professore a contratto presso l’Istituto Universitario Salesiano “Rebaudengo”, aggregato alla Pontificia Università Salesiana

Dottore di ricerca in Diritto UE

Master in Diritto Cinese

Fondatore nonché Vice-Presidente dell’Unione Giuristi della Vite e del Vino (UGIVI)

Membro del Comitato scientifico del Centro Studi sul Diritto e le Scienze dell’Agricoltura, alimentazione e ambiente (CEDISA)


Ecco una breve panoramica della mia attività scientifica nel campo del diritto vitivinicolo.


DOCENZE

AVV. ERMENEGILDO MARIO APPIANO

Docenza sul diritto vitivinicolo al Master Universitario di II Livello in “DIRITTO DEI MERCATI AGROALIMENTARI” 2020/21, attivato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino.


Docenza suDiritto vitivicolo, quadro generale e focus sulle sulle indicazioni geografiche” al Master di Marketing, Sales and Management delle industrie alimentari presso l’Università di Torino, Dipartimento di Management, anno 2020/2021.


Intervento sul diritto vitivinicolo al corso di aggiornamento in diritto agroalimentare comparato e trasnazionale, Università di Verona, 18 dicembre 2020.


Docenza sui sistemi di tracciabilità nel settore vitivinicolo al master di specializzazione della legislazione vitivinicola, organizzato da Gruppo Servizi Aziendali, Ponsacco (PI), 2021.


Docenza su passaggio generazionale nelle imprese vitivinicole al master di specializzazione della legislazione vitivinicola, organizzato da Gruppo Servizi Aziendali, Ponsacco (PI), 2020.


Docenza sul “Quadro giuridico sulla produzione e commercializzazione del vino” al Master di Marketing, Sales and Management delle industrie alimentari presso l’Università di Torino, Dipartimento di Management, anno 2019/2020.


Lezioni al corso di diritto comparato dei consumi ed alimentare presso la Scuola di Management ed Economia dell’Università di Torino, anno 2017 e 2018.


Docenza al master di specializzazione in diritto vitivinicolo organizzato da Euroconference in collaborazione con UGIVI, anni 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020.


Lezioni sulla legislazione enologica e sugli aspetti giuridici della commercializzazione del vino, nel contesto del Master Universitario in Apprendistato di Alta Formazione (Enologia: dalla vinificazione alla commercializzazione), organizzato dall’Università di Pavia (anno accademico 2015/2016 e 2016/2017)


Intervento (“L’impatto dei TTIP nel settore vitivinicolo”) al corso di diritto comparato dei consumi presso la Scuola di Management ed Economia dell’Università di Torino, anno 2016.


Lezioni sul diritto vitivinicolo comunitario, tenute al Master in diritto alimentare, Padova e Firenze, 2010.


Lezioni a contratto sul diritto vitivinicolo comunitario, tenute al Master di secondo livello in diritto alimentare, Università di Torino, anno accademico 2006/2007.


Partnership con Ascheri Academy



CONFERENZE

AVV. ERMENEGILDO MARIO APPIANO


2021

Gli accordi UE sul commercio del vino e loro inquadramento rispetto al sistema WTO: la disciplina delle pratiche enologiche, anche con riferimento all’azione di OIV, relazione al convegno “Aspetti gius-economici dell’export di vino italiano”, Castello di Grinzane Cavour, 4 luglio 2021.

Il vino naturale, webinar con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Chiedi e del Consorzio Vini d’Abruzzo, 26 febbraio 2021.

Fondamenti di diritto alimentare e vitivinicolo, webinar organizzato da Ascheri Academy, febbraio 2021.


2019

ODR nella distribuzione alimentare, intervento al Laboratorio di diritto commerciale su “I nuovi canali della distribuzione alimentare: e‐commerce, social networks, smart contract”, Torino, 13 marzo 2019.

Tutela e promozione dei vigneti storici ed eroici: il regolamento ministeriale in itinere, Pantelleria, 1 giugno 2019.


2018

Vendere e distribuire vino on-line all’estero: aspetti cruciali e profili di criticità, Quistello (MN), 24 marzo 2018.

Il paesaggio nel diritto internazionale e comunitario, Verona, Vinitaly, 15 aprile 2018.

L’attenuazione delle regole UE in materia di concorrenza applicabili agli accordi conclusi dalle organizzazioni di produttori”, Grinzane Cavour, 21 settembre 2018;

Rapporti tra mediazione e procedure di modesta entità”, intervento nell’incontro di studio “Il procedimento europeo per le controversie di modesta entità”, organizzato dalla Struttura Didattica Territoriale del Distretto della Corte di Appello di Torino, Settore Europeo, Torino, 24 settembre 2018.


2017

Sintesi su novità contenute nel Testo Unico Vino – La salvaguardia di vigneti storici ed aree di pregio paesaggistico, Castello di Grinzane Cavour

Il principio del “ne bis in idem” secondo la Corte di Strasburgo: andrà in crisi l’impianto sanzionatorio anche nel settore vitivinicolo?, Vinitaly, Verona.

“Il diritto alimentare e vitivinicolo: inquadramento generale della materia; le indicazioni geografiche e la qualità dei prodotti“, intervento al convegno “Il diritto alimentare e vitivinicolo tra la responsabilità del produttore e la tutela del consumatore”, Torino, 4 maggio 2017.

La risoluzione delle controversie on-line” scaturenti dalla vendita on-line di vino, Castello di Grinzane Cavour, 22-23 settembre 2017.


2016

Il vino biologico, Vinitaly, Verona.


2008

Il nuovo regolamento CE sulle “bevande spiritose”, Vinitaly, Verona.


2007

L’accordo UE-USA sul commercio del vino, Torino, Salone del Vino.


2003

Le controversie nel settore vitivinicolo. Conciliazione ed arbitrato come alternative alla giustizia ordinaria, convegno organizzato dalla Regione Piemonte, Torino


2001

E-commerce e distribuzione “tradizionale”: possibili conflitti, intervento in convegno organizzato dall’Unione Italiana Giuristi della Vite e del Vino in occasione della fiera ‘Vinitaly, Verona.


1999

I contratti di distribuzione nel settore vitivinicolo: problematiche antitrust, organizzato dall’Unione Italiana Giuristi della Vite e del Vino in occasione della fiera ‘Vinitaly ’99’, Verona.


1998

La libera circolazione di animali e carni nell’Unione Europea, tenutosi nel febbraio presso la Scuola di specializzazione in Diritto e Legislazione Veterinaria, Casalmaggiore (CR).



PUBBLICAZIONI

AVV. ERMENEGILDO MARIO APPIANO


I miei scritti sono spesso nati da confronti e spunti scaturiti in occasione dei convegni promossi dall’Unione Giuristi della Vite e del Vino.


Oenological practices and geographical indications protection in main international EU Agreements“, in corso di pubblicazione su Jus Vini, 1 , 2021.


“Il paesaggio nel diritto internazionale e dell’Unione Europea”, in (a cura di F. Moreschi), Il paesaggio vitivinicolo come patrimonio europeo, aspetti gius-economici, 2019, p.43.


La risoluzione delle controversie nelle vendite on line di vino”, in (a cura di O. Calliano), e-wine, 2018, p.123.


Le riforme del 2013 alla OCM Vino“, in Contratto e Impresa / Europa, 1, 2014, p.451.


Le pratiche enologiche e la tutela delle indicazioni di qualità nell’accordo UE/USA sul commercio del vino ed in altri trattati conclusi dalla Comunità”, in AA.VV., Le indicazioni di qualità degli alimenti – Diritto internazionale e europeo, Milano, 2009, p. 348.


La posizione del consumatore nella nuova OCM Vino”, in Contratto e Impresa / Europa, II, 2009, p. 993.


Il nuovo regolamento CE sulle bevande spiritose” in Contratto e Impresa / Europa, I, 2008, p. 444.


“Le pratiche enologiche e la tutela delle denominazioni d’origine nell’accordo UE/USA sul commercio del vino”, in Contratto e Impresa / Europa, 2007, p. 455.




Le mie competenze di giurista si affiancano a quelle di sommelier (diplomi AIS e ONAV) nonché di assaggiatore di grappe (diploma ANAG), consentendomi un approccio più concreto e diretto alle tematiche del diritto vitivinicolo.


Docenza su altre materie


Scritti su altre materie


Langhe real estate law advice

Langhe real estate law advice: our assistance and consultancy services for the purchase of real estate and wineries in Langhe, Roero and Monferrato


Langhe real estate law advice: why?

langhe real estate law advice

Buying a real estate property or a winery in Piedmont (Itay) or rather in the wonderful context of the Langhe, Roero and Monferrato (territories that are part of the UNESCO world heritage) can represent not only the realization of a dream, but also an interesting financial investment, which an increasing number of subjects, many of whom non-Italians, have been making in recent years.

Considering that to purchase such real estate properties it is usually necessary to invest a significant amount of money, it may be useful for the buyer to request legal advice, to assess the situation, also with a view to due diligence, and to request assistance in stipulating consequential contracts and preliminary agreements (Langhe real estate law advice).

For example, it might be useful to understand if:

    • the property is free from mortgages;
    • there are public constraints on the property, for example landscape constraints, which can limit the ways of renovating properties or greatly increase the cost; of the work;
    • the agricultural land is actually transferable or the owners of neighboring land hold special rights that allow them to acquire ownership on a preferential basis;
    • the sale contract contains clauses contrary to the interests of the buyer, for example by limiting their rights and guarantees in their favor;
    • the company assets actually correspond to what is declared by the seller;
    • which types of wines with designation of origin (DOP/IGP) can actually be produced with grapes from the vineyards subject to sale.

In addition, once a property or a farm has been purchased, it may be necessary to carry out renovations involving considerable expenses.

Also in this case, it could be useful for the new owner to seek legal and technical advice, for example in order to:

    • evaluate the content of the contracts that will be concluded with the companies that will carry out the work;
    • verify that the works are carried out correctly and in any case acquire adequate contractual guarantees in order to be able to claim compensation for damages when the works are carried out irregularly;
    • understand which restructuring interventions are allowed and which are forbidden;
    • check for the existence of subsidies and tax benefits, also in relation to the rural development plans in force in the reference area at the time of the operation;

Our  firm offers an assistance and consultancy service – both legal and technical (the latter through the use of architects, engineers, agronomists and other trusted professionals, with whom we have been collaborating for a due time, all with proven experience) – to those who want to invest in Piedmont, and even more in the Langhe, Roero and Monferrato, by purchasing a real estate property or an accommodation business or an agricultural / wine company (Langhe real estate law advice).

We can help you in the following ways:

      • verifying the situation, from a legal and technical point of view (the latter through specialized professionals connected to us);
      • analyzing the contractual texts that are proposed to you and / or processing the contracts themselves;
      • negotiating on your behalf with the sellers or companies carrying out the renovations
      • by accessing the offices of the public administration for information and the necessary bureaucratic procedures;
      • assisting you in any mediations and judicial disputes that might arise;
      • consulting you in the future management of your company, as regards the legal aspects, in particular those relating to the application of the rules of agricultural and wine law

 

The cost of our service is not standard, but “tailor-made” in the interest of the customer and it must be quantified from time to time in relation to the complexity of the foreseeable activity.

Each assignment must be approved in advance and our business can only be carried out after written acceptance of our service and the related professional fees.

For any information about our services you can contact us freely both at our email address and by phone.

We will be happy to schedule a special videoconference to get to know each other and to better understand your needs.


Buying property abroad – a guide






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Vademecum campagna vendemmiale 2021/2022

Il MIPAAF ha pubblicato il Vademecum campagna vendemmiale 2021/2022.


Il Vademecum campagna vendemmiale 2021/2022 indica i principali adempimenti a carico delle imprese vitivinicole per tale periodo.

 

CONTENUTO

1 LE MISURE PER LA RIDUZIONE STRUTTURALE DELLE RESE DELLE UNITA’ VITATE PER VINI GENERICI

2 DOCUMENTI DI ACCOMPAGNAMENTO E REGISTRI

2.1 Il Registro telematico
2.2 Le comunicazioni telematiche
2.3 Documenti di accompagnamento che scortano il trasporto dei prodotti vitivinicoli.
2.4 Documento MVV elettronico
2.5 Alcuni approfondimenti e chiarimenti
2.6 Documenti e-AD.
2.7 Trasmissione dei documenti di accompagnamento vitivinicoli all’Ufficio ICQRF competente per il luogo di carico.
2.7.1 Trasmissione dei documenti di accompagnamento nel caso di emissione dell’MVV-E 11
2.7.2 Trasmissione e convalida dei documenti di accompagnamento mediante PEC
2.8 Esenzione dalla tenuta del registro telematico per talune tipologie di operatori

3 DICHIARAZIONE DI GIACENZA – DICHIARAZIONE DI VENDEMMIA E PRODUZIONE VINICOLA

3.1 Dichiarazione di giacenza, bilancio annuo e chiusura del registro telematico.
3.2 Dichiarazione di vendemmia e produzione vinicola

4 FERMENTAZIONI – PRATICHE ENOLOGICHE

4.1 Periodo vendemmiale e delle fermentazioni – fermentazioni fuori dal periodo autorizzato (art. 10 della legge n. 238/2016)
4.2 Il quadro normativo europeo di riferimento
4.3 Operazioni di arricchimento
4.4 Mosto concentrato e mosto concentrato rettificato.
4.5 Limiti di alcuni componenti contenuti nei vini, in applicazione dell’articolo 25 della legge 12 dicembre 2016, n. 238
4.6 Divieto dell’uso dei pezzi di legno di quercia nell’elaborazione, nell’affinamento e nell’invecchiamento dei vini DOP italiani.

5 SOTTOPRODOTTI

6 CENTRI D’INTERMEDIAZIONE UVE E SUGLI STABILIMENTI DESTINATI ALLA TRASFORMAZIONE DI UVE DA TAVOLA

7 DETENZIONE DI MOSTI CON TITOLO ALCOLOMETRICO INFERIORE ALL’8% IN VOLUME – PRODUZIONE DI SUCCHI D’UVA

8 REGIME DEGLI STABILIMENTI DOVE SI EFFETTUANO LAVORAZIONI PROMISCUE

9 SOSTANZE ZUCCHERINE

10 NORME SUL VINO “BIOLOGICO

11 NORME SUGLI ALLERGENI

12 ALLEGATO

Vino sostenibile

Vino sostenibile: l’Italia ha già intrapreso una propria strada per stabilirne i criteri di produzione e certificazione.


Al fine di migliorare la sostenibilità delle varie fasi del processo produttivo nel settore vitivinicolo (produzione e certificazione del vino sostenibile), mediante l’art.224-ter della legge del 18 luglio 2020 n°77 (Sostenibilita’ delle produzioni agricole) è stato istituito il sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola, inteso  come l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche definite con uno specifico disciplinare di produzione (quindi si tratta di una certificazione che può applicarsi anche ai vini non a denominazione di origine).

La valutazione dell’apposito disciplinare per il vino sostenibile è damandata ad un sistema di sistema di monitoraggio della sostenibilità delle aziende della filiera vitivinicola italiana.

Compete al MIPAAF (sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) stabilire le norme attuative, compito adempiuto mediante il decreto 23/06/2021 n.288989, il quale dispone sulle seguenti materie:

A) Sistema di certificazione della filiera vitivinicola:

      • Il sistema di certificazione della filiera vitivinicola utilizza le modalità e la procedura del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata

B) Compiti del Comitato della sostenibilità vitivinicola (CosVi):

      • definizione del disciplinare della sostenibilità vitivinicola;
      • definizione del sistema di monitoraggio della sostenibilità della filiera vitivinicola;
      • individuazione degli indicatori necessari alle valutazioni della sostenibilità della filiera vitivinicola;
      • supporto al MIPAAF nella fase di confronto e discussione del partenariato economico e sociale sui contenuti del disciplinare.

C) Composizione del Comitato:

      • coordinato dal Direttore della direzione generale delle politiche internazionali e dell’Unione Europea, il comitato è composto da:
      • due rappresentanti del MIPAAF;
      • quattro rappresentanti delle Regioni e Provincie autonome;
      • due esperti del CREA;
      • un rappresentante di Accredia;
      • a titolo consecutivo, un rappresentante per ciascuno dei sistemi di valutazione della sostenibilità facenti parte del Gruppo di lavoro per la sostenibilità in viticoltura esistenti a livello nazionale alla data di entrata in vigore del decreto.

D) Disciplinare della sostenibilità vitivinicola

      • contiene l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche finalizzate a garantire il rispetto dell’ambiente, la qualità e la sicurezza alimentare, la tutela dei lavoratori e dei cittadini, un adeguato reddito agricolo.
      • è sottoposto a verifica ed eventuale aggiornamento con cadenza almeno annuale. In sede di prima applicazione, il disciplinare fa riferimento alle linee guida di produzione integrata per la filiera vitivinicola.

E) Adesione al Sistema di certificazione della sostenibilità vitivinicola

      • volontaria
      • può avvenire da parte di aziende singole o associate.
      • modalità di adesione: quelle già in uso per il Sistema di qualità nazionale della produzione integrata (SQNPI).

F) Indicatori

      • individuati dal CosVi
      • successivamente approvati con decreto del MIPAAF, sentito il ministero della Transizione Ecologica (istituito in sostituzione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare).

 

Per completare il sistema di certificazione del Vino sostenibile seguiranno altri due provvedimento, costituita da:

    • pubblicazione del disciplinare di produzione per il vino sostenibile (ove verranno indicate le modalità di produzione ed i requisiti del prodotto);
    • individuazione degli indicatori di monitoraggio (necessari per valutare i risultati raggiunti).


Sarà pertanto interessare come il vino sostenibile si rapporterà rispetto al vino biologico.

Trattasi invece di cosa completamente diversa rispetto al controverso tema del vino naturale.



Quanto alla ricerca in materia di sostenibilità e resilienza, si segnala il progetto Uniseco dell’Unione Europea, a cui partecipa per l’Italia il distretto del Chianti.

Uniseco EU Project


Progetto VIVA - Sostenibilità della Vitivinicultura in Italia



Nel contesto della riforma della PAC post-2020, ormai adottata, la Commissione aveva annunciato che la propria azione «consoliderà il quadro legislativo sulle indicazioni geografiche  e, ove opportuno, includerà specifici criteri di sostenibilità» (pag.14 della Cominicazione sulla strategisa “from farm to fork”).

Nel contempo il Parlamento Europeo aveva  elaborato una propria posizione che, per quanto concerne la definizione di DOP e IGP è rappresentatata dal seguente emendamento:

Emendamento 236
Proposta di regolamento
Articolo 1 – punto 10 bis (nuovo)
Regolamento (UE) n. 1308/2013
Articolo 94
10 bis)  l’articolo 94 è sostituito dal seguente:
Articolo 94 Articolo 94
Domande di protezione Domande di protezione
1.  Le domande di protezione di nomi in quanto denominazioni di origine o indicazioni geografiche comprendono un fascicolo tecnico contenente: 1.  Le domande di protezione di nomi in quanto denominazioni di origine o indicazioni geografiche comprendono:
a)  il nome di cui è chiesta la protezione; a)  il nome di cui è chiesta la protezione;
b)  il nome e l’indirizzo del richiedente; b)  il nome e l’indirizzo del richiedente;
c)  un disciplinare di produzione ai sensi del paragrafo 2 e c)  un disciplinare di produzione ai sensi del paragrafo 2 e
d)  un documento unico riepilogativo del disciplinare di produzione di cui al paragrafo 2. d)  un documento unico riepilogativo del disciplinare di produzione di cui al paragrafo 2.
2.  Il disciplinare di produzione permette agli interessati di verificare le condizioni di produzione relative alla denominazione di origine o all’indicazione geografica. Il disciplinare di produzione contiene almeno: 2.  Il disciplinare di produzione permette agli interessati di verificare le condizioni di produzione relative alla denominazione di origine o all’indicazione geografica. Il disciplinare di produzione contiene almeno:
a)  il nome di cui è chiesta la protezione; a)  il nome di cui è chiesta la protezione;
b)  una descrizione del vino o dei vini: b)  una descrizione del vino o dei vini:
i)  per quanto riguarda una denominazione di origine, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e organolettiche; i)  per quanto riguarda una denominazione di origine, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e organolettiche;
ii)  per quanto riguarda una indicazione geografica, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e la valutazione o indicazione delle caratteristiche organolettiche; ii)  per quanto riguarda una indicazione geografica, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e la valutazione o indicazione delle caratteristiche organolettiche;
c)  se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate nell’elaborazione del vino o dei vini nonché le relative restrizioni applicabili a detta elaborazione; c)  se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate nell’elaborazione del vino o dei vini nonché le relative restrizioni applicabili a detta elaborazione;
d)  la delimitazione della zona geografica interessata; d)  la delimitazione della zona geografica interessata;
e)  le rese massime per ettaro; e)  le rese massime per ettaro;
f)  un’indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino o i vini sono ottenuti; f)  un’indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino o i vini sono ottenuti;
g)  gli elementi che evidenziano il legame di cui al paragrafo 1, lettera a), punto i), oppure, secondo i casi, al paragrafo 1, lettera b), punto i) dell’articolo 93; g)  gli elementi che evidenziano i seguenti legami:
i)  per quanto riguarda una denominazione d’origine protetta, il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto e l’ambiente geografico e gli elementi relativi ai fattori naturali e umani di detto ambiente geografico, di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera a), punto i );
ii)  per quanto riguarda un’indicazione geografica protetta, il legame fra una specifica qualità, la reputazione o un’altra caratteristica del prodotto e l’origine geografica di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera b), punto i);
g bis)  se del caso, il suo contributo allo sviluppo sostenibile;
h)  le condizioni applicabili previste dalla legislazione unionale o nazionale oppure, se così previsto dagli Stati membri, da un’organizzazione che gestisce la designazione di origine protetta o l’indicazione geografica protetta, tenendo conto del fatto che tali condizioni devono essere oggettive, non discriminatorie e compatibili con il diritto dell’Unione; h)  le condizioni applicabili previste dalla legislazione unionale o nazionale oppure, se così previsto dagli Stati membri, da un’organizzazione che gestisce la designazione di origine protetta o l’indicazione geografica protetta, tenendo conto del fatto che tali condizioni devono essere oggettive, non discriminatorie e compatibili con il diritto dell’Unione;
i)  il nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare di produzione, nonché le relative attribuzioni. i)  il nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare di produzione, nonché le relative attribuzioni.
3.  La domanda di protezione relativa a una zona geografica situata in un paese terzo contiene, oltre agli elementi di cui ai paragrafi 1 e 2, gli elementi che comprovano che la denominazione è protetta nel suo paese di origine. 3.  La domanda di protezione relativa a una zona geografica situata in un paese terzo contiene, oltre agli elementi di cui ai paragrafi 1 e 2, gli elementi che comprovano che la denominazione è protetta nel suo paese di origine.

 

 

 

Rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo

La rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo è di per sè assicurata dal rispetto degli obblighi previsti dalla vigente legislazione del settore


In merito alla rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo, il MIPAAF ha da tempo assunto la seguente posizione:

Il Dipartimento delle politiche di mercato(Mipaaf) – DGPA – Divisione PAGR. IX – con note prot. n. F/2972 del 6 dicembre 2004 e n. F/349 del 3 febbraio 2005, indirizzate anche alle associazioni di categoria, ha rappresentato la posizione della Commissione UE in materia di rintracciabilità per i vini. Al riguardo la citata Commissione ha precisato che già l’Ocm vitivinicola (Regolamento CE n. 1493/99 e relativi regolamenti di applicazione) ha assicurato, nell’ambito della speciale disciplina, la rintracciabilità dei prodotti vitivinicoli. Pertanto, stante le puntuali disposizioni presenti nelle citate norme di riferimento comunitario, non sussiste una particolare necessità di prevedere ulteriori e specifici obblighi normativi in attuazione del regolamento CE n. 178/2002. Inoltre, anche il settore vitivinicolo è assoggettato al D.Lgs. n. 190/2006 (disciplina sanzionatoria per le violazioni del Reg. CE 178/2002), fatto salvo quanto disposto dall’art. 7, paragrafo 3 riguardo alla specifica disciplina del settore vitivinicolo.

Quanto alla legislazione dell’Unione Europea, le principali norme di riferimento attualmente vigenti – che costituiscono la “speciale disciplina” a cui fa riferimento il MIPAAF – sono i seguenti regolamenti della Commissione, attuativi della OCM Vino 2013:

Ciò non esclude, comunque, che le imprese adottino volontariamente ulteriori sistemi per la rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo.

Ad esempio, la certificazione UNI EN ISO 22005:2008

Detta  norma UNI fornisce i principi e specifica i requisiti di base per progettare ed attuare un sistema di rintracciabilità agroalimentare.

Un sistema di rintracciabilità è un’utile strumento per un’impresa operante nell’ambito della filiera agroalimentare.

Ciò serve per valorizzare particolari caratteristiche di prodotto (es. origine, caratteristiche peculiari degli ingredienti) e per soddisfare in modo efficace le aspettative del cliente, in particolare la Grande Distribuzione (GDO).

Detto sistema di certificazione – che comprende sia alimenti/bevande (quindi il vino) che mangimi – è applicabile sia ai sistemi di rintracciabilità delle filiere che a quelli delle singole aziende.

La progettazione di un sistema di rintracciabilità deve necessariamente definire i seguenti aspetti:
      • obiettivi del sistema di rintracciabilità
      • normativa e documenti applicabili al sistema di rintracciabilità
      • prodotti e ingredienti oggetto di rintracciabilità
      • posizione di ciascuna organizzazione nella catena alimentare, identificazione dei fornitori e dei clienti
      • flussi di materiali
      • le informazioni che devono essere gestite
      • procedure
      • documentazione
      • modalità di gestione della filiera

Si veda anche la guida predisposta da Unione Italiana Vini su rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo.

Menzioni geografiche aggiuntive

Menzioni geografiche aggiuntive vs. sotto-zone: quale differenza?


Le unità geografiche aggiuntive (che, indicate in etichetta, costituiscono le cosiddette menzioni geografiche aggiuntive) corrispondono a porzioni più delimitate del territorio di una denominazione di origine.

Lo stesso vale per le sue sotto-zone.

Sancisce al riguardo il Testo Unico Vino (art.29):

2. Solo le denominazioni di origine possono prevedere al loro interno l’indicazione di zone espressamente delimitate, comunemente denominate sottozone, che devono avere peculiarita’ ambientali o tradizionalmente note, essere designate con uno specifico nome geografico, storico-geografico o amministrativo, essere espressamente previste nel disciplinare di produzione ed essere disciplinate piu’ rigidamente.

3. I nomi geografici che definiscono le indicazioni geografiche tipiche devono essere utilizzati per contraddistinguere i vini derivanti da zone di produzione, anche comprendenti le aree a DOCG o DOC, designate con il nome geografico relativo o comunque indicativo della zona, in conformita’ della normativa nazionale e dell’Unione europea sui vini a IGP.

4. Per i vini a DOP e’ consentito il riferimento a unita’ geografiche aggiuntive, piu’ piccole della zona di produzione della denominazione, localizzate all’interno della stessa zona di produzione ed elencate in una lista, a condizione che il prodotto sia vinificato separatamente e appositamente rivendicato nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista dall’articolo 37. Tali unita’ geografiche devono essere espressamente delimitate e possono corrispondere a comuni, frazioni o zone amministrative ovvero ad aree geografiche locali definite. La lista delle unita’ geografiche aggiuntive e la relativa delimitazione devono essere indicate in allegato ai disciplinari di produzione in un apposito elenco.

Come sancito dal Consiglio di Stato (sentenza 23395/2016 nel caso “Barolo – Cannubi”), la principale differenza tra unità geografiche aggiuntive e sotto-zone consiste nella circostanza che l’introduzione di ulteriori restrizioni al disciplinare di produzione è richiesto solo per i vini realizzati all’interno delle seconde (e cioè per i vini portanti in etichetta anche il nome di una sotto-zona, oltre quello della denominazione).

Inoltre, al contrario delle unità geografiche aggiuntive, le sotto-zone di una DOP possono divenire DOP o DOCG autonome, in base a quanto dispone sempre il Testo Unico Vino (art.29):

5. Le zone espressamente delimitate o sottozone delle DOC possono essere riconosciute come DOC autonome, alle condizioni di cui all’articolo 33, comma 2, e possono essere promosse a DOCG separatamente o congiuntamente alla DOC principale.


Per quanto concerne l’indicazione della “vigna”, così dispone il Testo Unico Vino (art.34):

10. La menzione «vigna» o i suoi sinonimi, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, puo’ essere utilizzata solo nella presentazione o nella designazione dei vini a DO ottenuti dalla superficie vitata che corrisponde al toponimo o al nome tradizionale, purche’ sia rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista dall’articolo 37 e a condizione che la vinificazione delle uve corrispondenti avvenga separatamente e che sia previsto un apposito elenco tenuto e aggiornato dalle regioni mediante procedura che ne comporta la pubblicazione. La gestione dell’elenco puo’ essere delegata ai consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell’articolo 41, comma 4.

Menzioni "Vigna" della Regione Piemonte

Barolo Cannubi

Sono legittime, ma non obbligatorie, le indicazioni geografiche aggiuntive Cannubi Boschis”, “Cannubi Muscatel”, “Cannubi San Lorenzo” e “Cannubi Valletta”, previste per i vini prodotti nella collina “Cannubi” della DOCG “Barolo” (Barolo Cannubi).


Con la sentenza 23395/2016 le Sezioni Unite della Cassazione hanno posto fine al contenzioso sull’estensione del territorio della zona geografica “Cannubi” della DOCG Barolo, rendendo definitvo quanto in precedenza deciso dal Consiglio di Stato.

La Cassazione conferma (come avvenuto anche nel contenzioso sull’estensione del territorio di produzione della DOCG ASTI, definito sempre dalle Sezioni Unite  mediante la sentenza 7292/2016) che il Consiglio di Stato aveva competenza giurisizionale nel decidere la materia.

Bisogna quindi  leggere la sentenza del Consiglio di Satto per capire  i motivi del contenzioso nonché le ragioni di quanto deciso in materia.

Il punto fondamentale di quest’ultima sentenza (13.2 e 14) è il seguente:

    • fermo restando che i produttori, i cui vigneti si collocano nelle zone della collina Cannubi, hanno legittima facoltà di meglio caratterizzare i loro vini apponendo in etichetta le indicazioni geografiche aggiuntive “Cannubi Boschis”, “Cannubi Muscatel”, “Cannubi San Lorenzo” e “Cannubi Valletta
    • non sussiste invece l’obbligo per i produttori – con vigneto sito in dette più specifiche  indicazioni geografiche aggiuntive (“Cannubi Boschis”, “Cannubi Muscatel”, “Cannubi San Lorenzo” e “Cannubi Valletta”) – di utilizzarle, qualora essi vogliano indicare una menzione geografica aggiuntiva per i loro vini originati da uve provenienti da tali zone, potendo essi avvalersi della mera menzione “Cannubi

Siccome il contenzioso si è originato dalla circostanza che tale uso era invece contestato dai produttori dell’area “Cannubi” considerata in senso stretto, il Consiglio di Stato ha suggerito di meglio individuare quest’ultima, eventualmente con apposite specificazioni (cosa al momento non avvenuta, richiedendosi una modificazione del disciplinare del Barolo).

La sentenza del Consiglio di Stato risulta altresì interessante, poiché consente di individuare la differenza tra “sotto-zone” di una DOC o DOCG e le sue menzioni geografiche aggiuntive (di cui al Testo Unico Vino, art.29).

La differenza consiste essenzialmente nella circostanza che il disciplinare di produzione della denominazione, cui esse afferiscono, deve prevedere condizioni di produzione più restrittive per le sotto-zone, mentre ciò non è previsto per le indicazioni geografiche aggiuntive.


Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 23395/2016, 

sul ricorso 8796/2014 proposto da CANTINA M. DI M.B. & C. SOCIETA’ AGRICOLA S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, BO.SE. in proprio e nella qualità di legale rappresentante sia della AZIENDA AGRICOLA BO.SE. S.S. sia, insieme alla sig.ra BO.AN. – della BO. FRATELLI SERIO & BA. S.A.S., AZIENDA AGRICOLA B.G. & FIGLI S.S. DI B.M., G. ED E., in persona del sig. B.G., F.M., S.L., SC.PI.LU., TENUTA CARRETTA S.R.L., in persona del sig. G.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI GRACCHI 20, presso lo studio dell’avvocato MADDALENA FERRAIUOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO CASAVECCHIA, per delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

R.G., CERETTO S.S., C.A., A.E., C.P.E., D.G., DR.AM., PODERI EINAUDI S.R.L., COMUNE DI BAROLO;

– intimati –

CANTINE DEI MARCHESI DI BAROLO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.P. DA PALESTRINA 19, presso lo studio degli avvocati DOMENICO TOMASSETTI, DUILIO CORTASSA, MARCO PROSPERETTI, che la rappresentano e difendono, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

CANTINA M. DI M.B. & C. SOCIETA’ AGRICOLA S.S., elettivamente domiciliata e difesa come sopra;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

BO.SE. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della BO. FRATELLI S. E BA. S.P.A. e dell’AZIENDA AGRICOLA BO.SE. S.S., AZIENDA AGRICOLA B.G. & FIGLI S.S. DI B.M., F.M., S.L., SC.PI.LU., TENUTA CARRETTA S.R.L., MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI, COMUNE DI BAROLO, R.G. in proprio e nella qualità di titolare dell’AZIENDA AGRICOLA R.G., DR.AM.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4883/2013 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 03/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

uditi gli avvocati Maddalena FERRAIUOLO, Marco CASAVECCHIA, Domenico TOMASSETTI, Duilio CORTASSA, CORSINI Isabella dell’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Ta Cantina M. di M.B. & C. Società Agricola s.s. e altri undici proprietari e conduttori di terreni in Barolo, Cuneo, nella zona vinicola “(OMISSIS)”, impugnarono davanti al Tribunale amministrativo regionale del Tazio il D.M. 30 settembre 2010, recante le modifiche del disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita (OMISSIS), nella parte in cui aveva consentito che la detta denominazione potesse essere seguita da menzioni geografiche aggiuntive.

I ricorrenti ritenevano infatti ingiustificata l’estensione della menzione “(OMISSIS)” anche a zone di produzione che (OMISSIS) non sono, chiamandosi, ad esempio, “(OMISSIS)” oppure “(OMISSIS)”, e non invece, rispettivamente, “(OMISSIS) o (OMISSIS)” oppure “(OMISSIS) o (OMISSIS)”.

Nel giudizio intervennero, per l’accoglimento del ricorso, il Comune di Barolo e R.G., e per il suo rigetto la società Cantine dei Marchesi di Barolo.

Il giudice amministrativo accolse la domanda sul rilievo che le denominazioni geografiche individuate dal decreto ministeriale confondevano le denominazioni assegnate alle diverse zone, comportando confusione per il consumatore, e quindi violando la ratio della normativa comunitaria e nazionale in materia.

Il Consiglio di Stato, adito in appello dal Ministero delle politiche agricole e forestali, ricostruito il quadro normative di riferimento, segnatamente con riguardo alla disciplina delle sottozone e delle indicazioni geografiche aggiuntive nella legislazione nazionale, dettata prima dalla L. 10 febbraio 1992, n. 164, e successivamente dal D.Lgs. 8 aprile 2010, n. 61, recante tutela delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione della L. 7 luglio 2009, n. 88, art. 15, e chiarita la funzione dell’indicazione geografica aggiuntiva, ha accolto il gravame: “considerato che l’obiettivo primario” della normativa comunitaria e nazionale “è quello di evitare confusioni fra i consumatori e che lo scopo della contestata previsione del d.m. impugnato era proprio quello di evitare la confusione che si sarebbe potuta creare costringendo alcuni produttori, come le Cantine Marchesi di Barolo, ad utilizzare (necessariamente) nell’etichetta una indicazione geografica aggiuntiva ((OMISSIS)), laddove avrebbe potuto alimentare confusione fra gli operatori e (soprattutto) nei consumatori”, il giudice d’appello ha reputato che il d.m. impugnato non poteva ritenersi emanato in carenza di istruttoria o fosse illogico, come ritenuto dal TAR. Nei confronti della decisione hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di un complesso motivo, illustrato con successiva memoria, la Cantina M. di M.B. & C. Società Agricola s.s., Serio BO., l’Azienda Agricola BO.SE. s.s., BO. Fratelli Serio & Ba. s.a.s., la Azienda Agricola B.G. & Figli s.s. di B.M., G. ed E., F.M., S.L., Sc.Pi.Lu., e la Tenuta Carretta s.r.l.

Resistono con controricorso, illustrato con memoria, il Ministero delle politiche agricole e forestali e la Cantina dei Marchesi di Barolo spa, che propone ricorso incidentale condizionato.

I ricorrenti principali resistono al ricorso incidentale con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso principale viene denunciata “violazione delle norme sulla giurisdizione (art. 111 Cost., art. 362 c.p.c., D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, artt. 7, 91, 110 e ss.), eccesso di potere giurisdizionale”. I ricorrenti lamentano che il giudice d’appello abbia superato i limiti della generale giurisdizione di legittimità, estendendo la propria giurisdizione al merito della vicenda, sostituendosi alle valutazioni proprie dell’amministrazione, effettuando una comparazione tra l’interesse commerciale di un singolo soggetto e l’interesse pubblico alla corretta denominazione dei prodotti, e quindi alla corrispondenza di questa con i luoghi da essa indicati; deducono poi diniego di giurisdizione lamentando che avverso il decreto sarebbe stata dedotta anche una questione procedurale, vale a dire la mancanza dell’impulso dei produttori interessati per la modifica del disciplinare, che era stata dichiarata assorbita dal TAR ma poi non esaminata dal Consiglio di Stato, che pure, accogliendo l’impugnazione, aveva rigettato il ricorso di primo grado e confermato il decreto ministeriale opposto.

Con il ricorso incidentale condizionato la Cantine Marchesi di Barolo censura la sentenza impugnata per avere, confermando sul punto la sentenza del TAR, affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, contestata in primo grado ed in appello.

Con riguardo alla prima doglianza del ricorso principale il Collegio osserva che la valutazione della portata della nozione dell’indicazione geografica aggiuntiva, quale è dato rilevare dal decreto ministeriale impugnato, è condotta dal Consiglio di Stato alla stregua della ricostruzione normativa operata, ed i richiami a fattispecie concrete hanno valore esemplificativo, anche con riguardo alle modalità di emersione della specifica problematica.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, “le decisioni del giudice amministrativo sono viziate per eccesso di potere giurisdizionale e, quindi, sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione, laddove detto giudice, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito (riservato alla P.A.), compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’Amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità (dunque, all’esercizio di poteri cognitivi e non anche esecutivi) o esclusiva o che comunque ad essa non avrebbero potuto dare ingresso; tale sindacato è esercitabile dalla S.C. anche quando è posta in discussione la possibilità stessa, nella situazione data, di fare ricorso a quella speciale forma di giurisdizione di merito che è la giurisdizione di ottemperanza” (Cass., sez. un., 9 novembre 2011, n. 23302; 15 marzo 1999, n. 137).

Con la seconda doglianza i ricorrenti denunciano a ben vedere un’omessa pronuncia. In proposito questa Corte ha affermato che “il ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato con il quale si deduce l’omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento dei danni, può integrare motivo inerente alla giurisdizione, denunciatile ai sensi dell’art. 362 c.p.c., solo se il rifiuto della giurisdizione è giustificato dalla ritenuta estraneità della domanda alle attribuzioni giurisdizionali del giudice amministrativo, non quando si prospettino come omissioni dell’esercizio del potere giurisdizionale errori “in iudicando” o “in procedendo” (Cass. sez. un., 26 gennaio 2009, n. 1853); “il ricorso col quale venga denunciato un rifiuto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo rientra fra i motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., soltanto se il rifiuto sia stato determinato dall’affermata estraneità alle attribuzioni giurisdizionali dello stesso giudice della domanda, che non possa essere da lui conosciuta” (Cass., sez. un. 8 febbraio 2013, n. 3037).

In conclusione, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile, assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Sussistono, infine, i presupposti per dare atto, ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso principale inammissibile, assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5.000 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2016



CONSIGLIO DI STATO, in sede giurisdizionale (Sezione Terza), sentenza del 3 ottobre 2013, n.4883

sul ricorso numero di registro generale 7244 del 2012, proposto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

contro

Cantina Mascarello di Mascarello Bartolo & C. Società Agricola s.s., in persona del legale rappresentante p.t., Serio Borgogno, in proprio e quale legale rappresentante sia della Borgogno Fratelli Serio & Battista s.a.s, sia della Azienda Agricola Borgogno Serio s.s., Azienda Agricola Brezza Giacomo & Figli s.s. di Brezza Marco, Giacomo ed Enzo, in persona del legale rappresentante p.t., Amabile Drocco, titolare dell’impresa Cascina Adelaide di Amabile Drocco, Guido Damilano, titolare dell’Azienda Agricola Damilano Guido, Poderi Einaudi S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., Michelina Fontana, Luciano Sandrone, Pietro Luigi Scarzello, Tenuta Carretta S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avv. Maddalena Ferraiuolo e Marco Casavecchia, con domicilio eletto presso Maddalena Ferraiuolo in Roma, via dei Gracchi n. 20;
– Comune di Barolo, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli n. 180;

nei confronti di

Cantine dei Marchesi di Barolo S.p.a., appellante incidentale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Domenico Tomassetti, Marco Prosperetti e Duilio Cortassa, con domicilio eletto presso Domenico Tomassetti in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina n. 19;

e con l’intervento di

Giuseppe Rinaldi, in proprio e quale titolare dell’Azienda Agricola Rinaldi Giuseppe, rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Pafundi, con domicilio eletto in Roma, viale Giulio Cesare n. 14.

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II Ter, n. 5033 del 4 giugno 2012, resa tra le parti, concernente la modifica del disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita “Barolo”

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio, con appello incidentale, di Cantina Mascarello di Mascarello Bartolo & C. Società Agricola s.s., in persona del legale rappresentante p.t., Serio Borgogno, in proprio e quale legale rappresentante sia della Borgogno Fratelli Serio & Battista s.a.s, sia della Azienda Agricola Borgogno Serio s.s., Azienda Agricola Brezza Giacomo & Figli s.s. di Brezza Marco, Giacomo ed Enzo, in persona del legale rappresentante p.t., Amabile Drocco, titolare dell’impresa Cascina Adelaide di Amabile Drocco, Guido Damilano, titolare dell’Azienda Agricola Damilano Guido, Poderi Einaudi S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., Michelina Fontana, Luciano Sandrone, Pietro Luigi Scarzello, Tenuta Carretta S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.;

Vista la costituzione in giudizio, con appello incidentale, di Cantine dei Marchesi di Barolo S.p.a.;

Vista la costituzione in giudizio del Comune di Barolo e di Giuseppe Rinaldi, in proprio e quale titolare dell’Azienda Agricola Rinaldi Giuseppe;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 giugno 2013 il Cons. Dante D’Alessio e uditi per le parti gli avvocati Maddalena Ferraiuolo, Mario Sanino, Marco Prosperetti, Duilio Cortassa, Gabriele Pafundi e l’avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La Cantina Mascarello di Mascarello Bartolo & C. Società Agricola s.s., il sig. Serio Borgogno, in proprio e quale legale rappresentante sia della Borgogno Fratelli Serio & Battista s.a.s. sia della Azienda Agricola Borgogno Serio s.s., l’Azienda Agricola Brezza Giacomo & Figli s.s. di Brezza Marco, Giacomo ed Enzo, il sig. Pier Ettore Camerano, il sig. Amabile Drocco, titolare dell’impresa Cascina Adelaide di Amabile Drocco, il sig. Guido Damilano, titolare dell’Azienda Agricola Damilano Guido, Poderi Einaudi s.r.l., la sig.ra Michelina Fontana, il sig. Luciano Sandrone, il sig. Pietro Luigi Scarzello, la Tenuta Carretta s.r.l., proprietari o conduttori di terreni siti in Barolo (Cn), nella zona vinicola “Cannubi”, avevano impugnato davanti al T.A.R. per il Lazio il D.M. 30 settembre 2010, recante la modifica del disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita “Barolo”, nella parte in cui, al punto 8 dell’allegato, aveva consentito che la denominazione di origine controllata e garantita dei vini “Barolo” e “Barolo riserva” poteva essere seguita dalle menzioni geografiche aggiuntive di “Cannubi Boschis o Cannubi”, “Cannubi Muscatel o Cannubi”, “Cannubi San Lorenzo o Cannubi” e “Cannubi Valletta o Cannubi”, ritenendo ingiustificata l’estensione della menzione “Cannubi” anche alle zone di produzione che “Cannubi” non sono, chiamandosi “Boschis” (o Monghisolfo), “Muscatel”, “San Lorenzo” e “Valletta”.

1.1.- Nel giudizio erano intervenuti per l’accoglimento del ricorso anche il Comune di Barolo e Giuseppe Rinaldi, in proprio e quale titolare dell’Azienda Agricola Rinaldi Giuseppe, mentre all’accoglimento del ricorso si era opposta la società Cantine dei Marchesi di Barolo.

2.- Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, con sentenza della Sezione II Ter, n. 5033 del 4 giugno 2012, ha accolto il ricorso.

Dopo aver ricordato l’iter procedimentale che aveva portato all’emanazione dell’impugnato D.M. 30 settembre 2010, con il quale era stata approvata la modifica del disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita “Barolo”, e del successivo D.M. 26 novembre 2010, nella parte contestata meramente confermativo, il T.A.R. ha, preliminarmente, respinto alcune eccezioni in rito formulate dalla Cantine dei Marchesi di Barolo ed ha poi ritenuto fondato, nel merito, il primo motivo del ricorso, «con cui sono stati dedotti il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria ed il vizio di violazione di legge in quanto le denominazioni individuate dal provvedimento impugnato, oltre a non considerare quanto constatato dal Comune e dai privati, confonderebbero le denominazioni assegnate alle diverse zone, comportando confusione per il consumatore e, quindi, violando la ratio della normativa comunitaria e nazionale in materia».

2.1.- In particolare, dopo aver ricordato che la menzione geografica aggiuntiva ha lo scopo di esaltare maggiormente il legame tra il prodotto ed il territorio e, conseguentemente, ha la funzione di indicare in etichetta informazioni più chiare per il consumatore, il T.A.R. ha ritenuto che sussisteva una «sostanziale differenza tra il Barolo prodotto nell’area “Cannubi” tout court e quello prodotto con uve cresciute sulla stessa collina, ma nelle diverse sottozone “Boschis”, “Muscatel”, “San Lorenzo” o “Valletta”», tenuto conto che «accanto alla storicità delle denominazioni, è riconosciuto un fattore di differenza, definito “effetto suolo”, sebbene lo stesso sia poi ritenuto non significativo».

Il T.A.R. ha quindi concluso sostenendo che «gli elementi probatori forniti dai ricorrenti e dall’interventore ad adiuvandum siano prevalenti su quelli forniti dalle controparti ed idonei a dimostrare la carenza di istruttoria dell’azione amministrativa e la conseguente violazione della ratio della normativa in materia. D’altra parte, ove le sottozone fossero qualitativamente identiche, ha aggiunto il T.A.R., «non sarebbe dato comprendere l’interesse a potersi fregiare della menzione aggiuntiva “Cannubi” tout court, che nulla aggiungerebbe in termini di pregio del prodotto rispetto alle altre menzioni aggiuntive della collina Cannubi, mentre … l’eventuale pregiudizio derivante dalla indicazione “Muscatel” fuoriesce dal thema decidendum del … giudizio e potrebbe essere, ove del caso, neutralizzato attraverso la modifica del nome della specifica sottozona».

3.- Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e, con appello incidentale, la società Cantine dei Marchesi di Barolo hanno appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

All’appello si oppongono la Cantina Mascarello e gli altri proprietari dei terreni, conduttori e produttori di vino ricorrenti nel giudizio di primo grado, nonché il Comune di Barolo e Giuseppe Rinaldi, in proprio e quale titolare dell’Azienda Agricola Rinaldi Giuseppe.

4.- Prima di passare all’esame della questione centrale sollevata con il presente ricorso, devono essere respinte le questioni sollevate sulla giurisdizione del giudice amministrativo dalla appellante incidentale Cantine dei Marchesi di Barolo.

Come ha già ampiamente chiarito il T.A.R. per il Lazio, con motivazioni condivisibili, si deve ritenere che sulla questione sussista la giurisdizione del giudice amministrativo essendo stato impugnato un atto di natura amministrativa del quale è stata lamentata l’illegittimità da proprietari dei terreni, conduttori e produttori di vino che nei confronti di tale atto hanno una posizione di interesse legittimo.

Né la sentenza del T.A.R. per il Lazio può ritenersi affetta dal vizio di eccesso di giurisdizione, per gli effetti prodotti dalla decisione sulla etichettatura e sulla commercializzazione del vino, essendosi il giudice di primo grado limitato a verificare la legittimità dell’azione dell’Amministrazione.

5.- Nel merito, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e la società Cantine dei Marchesi di Barolo hanno, in primo luogo, sostenuto che la decisione del T.A.R. è stata determinata da un erroneo riferimento alla normativa dettata per la disciplina delle sottozone e delle indicazioni geografiche aggiuntive.

5.1.- In proposito, il T.A.R. per il Lazio, dopo aver sommariamente ricordato le varie fasi del procedimento che si era concluso con l’emanazione del D.M. impugnato, ha richiamato le diverse disposizioni regolanti la materia.

Innanzitutto l’art. 30 del d.lgs. n. 30 del 2005, modificato dall’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 131 del 2010, secondo cui, «salva la disciplina della concorrenza sleale, salve le convenzioni internazionali in materia e salvi i diritti di marchio anteriormente acquisiti in buona fede, è vietato, quando sia idoneo ad ingannare il pubblico o quando comporti uno sfruttamento indebito della reputazione della denominazione protetta, l’uso di indicazioni geografiche e di denominazioni di origine, nonché l’uso di qualsiasi mezzo nella designazione o presentazione di un prodotto che indichino o suggeriscano che il prodotto stesso proviene da una località diversa dal vero luogo di origine, oppure che il prodotto presenta le qualità che sono proprie dei prodotti che provengono da una località designata da un indicazione geografica».

Anche l’art. 118 bis del Reg. CE 22.10.2007 n. 1234/2007, come ricordato dal T.A.R., stabilisce che le regole relative alle denominazioni di origine, alle indicazioni geografiche ed alle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo sono basate sulla protezione dei legittimi interessi dei consumatori e dei produttori nonché sull’assicurazione del buon funzionamento del mercato comune dei prodotti interessati e sulla promozione della produzione di prodotti di qualità consentendo nel contempo misure nazionali di politica della qualità.

5.2.- La disciplina delle sottozone e delle indicazioni geografiche aggiuntive nella legislazione nazionale è stata dettata prima dalla legge n. 164 del 10 febbraio 1992 e, successivamente, dal d. lgs. 8 aprile 2010, n. 61, recante tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell’articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88.

5.3.- In particolare, l’art. 4, comma 2, del d. lgs. n. 61 del 2010 prevede che «soltanto le denominazioni di origine possono prevedere al loro interno l’indicazione di zone espressamente delimitate, comunemente denominate sottozone, che devono avere peculiarità ambientali o tradizionalmente note, essere designate con uno specifico nome geografico, storico-geografico o amministrativo, devono essere espressamente previste nel disciplinare di produzione ed essere più rigidamente disciplinate».

Anche l’art. 4, comma 3, della legge n. 164 del 1992 prevedeva che «nell’ambito di una zona di produzione possono sussistere aree più ristrette, denominate sottozone, aventi specifiche caratteristiche ambientali o tradizionalmente note, designate con specifico nome geografico o storico-geografico, anche con rilevanza amministrativa, purché espressamente previste e più rigidamente disciplinate nel disciplinare di produzione e purché vengano associate alla relativa denominazione di origine…».

5.4.- Il comma 3 dell’art. 4 del d. lgs. n. 61 del 2010 stabilisce poi che «i nomi geografici che definiscono le indicazioni geografiche tipiche devono essere utilizzati per contraddistinguere i vini derivanti da zone di produzione, anche comprendenti le aree DOCG o DOC, designate con il nome geografico relativo o comunque indicativo della zona, in conformità della normativa italiana e della UE sui vini IGP» e il successivo comma 4 prevede che «la possibilità di utilizzare nomi geografici corrispondenti a frazioni o comuni o zone amministrative definite, localizzate all’interno della zona di produzione dei vini DOCG e DOC, è consentita solo per tali produzioni, a condizione che sia espressamente prevista una lista positiva dei citati nomi geografici aggiuntivi nei disciplinari di produzione di cui trattasi ed il prodotto così rivendicato sia vinificato separatamente. Tale possibilità non è ammessa nei disciplinari che prevedono una o più sottozone, fatti salvi i casi previsti dalla preesistente normativa».

L’art. 7, comma 1 della legge n. 164 del 1992, a sua volta, prevedeva che «le menzioni geografiche che definiscono le indicazioni geografiche tipiche devono essere utilizzate per contraddistinguere i vini aventi caratteristiche derivanti da zone di produzione, anche comprendenti le aree DOCG o DOC, normalmente di ampia dimensione viticola designate con il nome geografico relativo o comunque indicativo della zona in conformità della normativa italiana e della CEE sui vini IGT. La zona di produzione di un vino IGT deve comprendere un ampio territorio viticolo che presenti uniformità ambientale e conferisca caratteristiche omogenee al vino stesso, e per il quale sussista un interesse collettivo al riconoscimento del vino in esso prodotto».

5.5.- Ricostruito il quadro normativo di riferimento, si deve anche precisare che, sebbene il D.M. impugnato sia stato emanato quando già era entrato in vigore il d. lgs. n. 61 del 2010, gran parte del procedimento che ha portato all’emanazione del D.M. si è svolto nella vigenza della legge n. 164 del 1992.

Peraltro, ai fini della presente decisione non appaiono rilevanti le modifiche apportate dal nuovo decreto legislativo alle precedenti disposizioni regolanti la materia.

In particolare non appare rilevante (per quanto sarà meglio chiarito in seguito) la circostanza che per l’identificazione di una menzione geografica aggiuntiva, ai sensi degli articoli 4 e 7 della legge n. 164 del 1992, non occorreva che questa corrispondesse necessariamente ad una circoscrizione amministrativa predefinita, ma risultava comunque necessario un preciso collegamento con il territorio di riferimento.

6.- In ogni caso, sulla base delle suindicate disposizioni, i concetti di sottozona e di indicazioni geografiche tipiche devono essere tenuti distinti, in quanto le sottozone, oltre ad essere caratterizzate da determinate peculiarità, devono essere espressamente previste nel disciplinare di produzione e devono essere più rigidamente disciplinate. Mentre possono essere utilizzati nomi geografici tipici aggiuntivi per contraddistinguere i vini derivanti da determinate aree di produzione anche in assenza di una particolare e più rigida regolamentazione contenuta nel disciplinare.

7.- L’indicazione geografica aggiuntiva ha quindi la funzione (più limitata) di indicare con più esattezza il luogo di produzione e consente una più precisa qualificazione del prodotto. Anche l’individuazione di sottozone determina, come si è detto, una più precisa indicazione del luogo di produzione, ma, a differenza dell’indicazione geografica aggiuntiva, per le sottozone il disciplinare di produzione prevede anche una diversa modalità produttiva che determina (anche per questo) una più precisa caratterizzazione del prodotto.

8.- E’ del tutto ovvio che una differenza qualitativa (più o meno marcata) può esservi anche fra vini prodotti nella stessa zona o sottozona (o con una stessa indicazione geografica aggiuntiva), potendo ogni vino distinguersi per le sue caratteristiche al sapore o all’olfatto.

9.- Ciò premesso, nella fattispecie, la questione in esame riguarda l’individuazione, nell’allegato all’impugnato D.M., di alcune indicazioni geografiche aggiuntive (“Cannubi Boschis”, “Cannubi Muscatel”, “Cannubi San Lorenzo” e “Cannubi Valletta”), previste per i vini prodotti nella collina “Cannubi”, e ciò al fine di consentire ai produttori di meglio precisare la provenienza delle uve utilizzate ed ai consumatori di conoscere con maggiore precisione dove sono raccolte le uve utilizzate per il vino.

Non risulta invece, a rigore, corretto l’uso per la suddetta classificazione del termine di sottozone, così come disciplinato nella suindicata normativa, considerato che il disciplinare di produzione del vino Barolo, oggetto del D.M. impugnato, non prevede differenze fra le produzioni nelle diverse aree in questione.

10.- Sulla base di tali premesse, la Sezione ritiene che le conclusioni raggiunte dal T.A.R., partendo dalla considerazione che ad indicazione geografica aggiuntiva corrisponde un vino diverso, anche sotto il profilo degli effetti legali, non possono essere condivise, come è stato sostenuto dagli appellanti.

11.- Nella specie la questione oggetto del ricorso è sorta perché l’utilizzo dell’indicazione geografica aggiuntiva “Cannubi Muscatel” per i vini prodotti in quella specifica area della collina dei Cannubi, secondo la società Cantine dei Marchesi di Barolo, che produce vino in prevalenza da vigneti collocati nella zona Muscatel della collina dei Cannubi, anziché costituire una indicazione ulteriore, a vantaggio del produttore e del consumatore, avrebbe potuto determinare gravi danni per il produttore e, al tempo stesso, confusione per il consumatore a causa del richiamo al termine Muscatel, che, nel gergo comune, è associato al vino moscato che ha caratteristiche notoriamente molto diverse da quelle proprie del vino barolo.

La società Cantine dei Marchesi di Barolo, che ha pacificamente utilizzato, fino alla determinazione in questione, il nome Cannubi per indicare la provenienza dalla collina Cannubi del suo barolo (per la verità in alcun casi, in passato, anche con l’aggiunta del toponimo Muscatel), ha, infatti, evidenziato agli organismi competenti che avrebbe potuto subire grave danno se fosse stata costretta ad utilizzare anche il termine Muscatel, in ragione della confusione che tale nome avrebbe potuto ingenerare negli acquirenti.

12.- In effetti, il problema posto dalla Cantine dei Marchesi di Barolo non poteva ritenersi irrilevante: perché mentre un esperto di vini non avrebbe difficoltà a comprendere le diverse tipologie di vino, la gran massa di consumatori (meno esperta) facilmente potrebbe essere indotta a ritenere che con l’indicazione aggiuntiva “muscatel” il vino prodotto potrebbe appartenere alla categoria dei moscati o comunque avere caratteristiche assimilabili a quella tipologia.

Anche il reg. CEE 3201/90, richiamato nei suoi atti dalla Cantine dei Marchesi di Barolo, aveva previsto, quali sinonimi delle varietà di vino moscato, i nomi “moscatello”, “muscat” e “muskateller”. Sempre l’appellante Cantine dei Marchesi di Barolo ricorda che Muscatel richiama il nome latino del vitigno moscato “Muscatellum”, ed ha una forte somiglianza fonetica con “Muscadelle”, una varietà di uva bianca coltivata nelle regioni francesi Bordeax e Bergerac, per la produzione di vini bianchi, sia dolci che secchi.

E’ quindi evidente l’esigenza della società Cantine dei Marchesi di Barolo di non essere costretta ad utilizzare una denominazione geografica aggiuntiva, che, senza indicare una diversa tipologia di produzione, può determinare una possibile confusione con i vini moscati, laddove hanno evidentemente diverse regole di produzione e tutt’altro mercato.

13.- Considerato che il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, come anche il T.A.R. ha riconosciuto nella sua decisione, può esercitare in materia poteri discrezionali (che ovviamente sono sindacabili davanti al giudice della legittimità per errori di fatto o per illogicità), ritiene la Sezione che non possa ritenersi viziata la determinazione impugnata che, a seguito delle valutazioni compiute dal Comitato Nazionale Vini (da ultimo nelle riunioni del 6 e 7 luglio 2010) e tenuto conto che non erano state individuate anche differenze nel disciplinare di produzione, ha ritenuto che, senza impedire agli altri produttori di poter aggiungere l’indicazione geografica aggiuntiva più specifica (fra quelle individuate), poteva essere tuttavia consentito (alla Marchesi di Barolo ed agli altri soggetti eventualmente interessati) di utilizzare (come avevano sostanzialmente sempre fatto) il più generico nome Cannubi (in alternativa al nome Cannubi Muscatel), e quindi di utilizzare, a secondo dei casi, le indicazioni geografiche aggiuntive “Cannubi Boschis o Cannubi”, “Cannubi Muscatel o Cannubi”, “Cannubi San Lorenzo o Cannubi” e “Cannubi Valletta o Cannubi.

13.1.- Tale determinazione risulta, secondo questa Sezione, ragionevole ed esente da quei vizi che erano stati denunciati nel giudizio di primo grado e che il T.A.R. ha ritenuto meritevoli di considerazione.

Il vantaggio per i produttori (e per i consumatori) determinato dall’indicazione geografica aggiuntiva non poteva, infatti, causare anche un danno (per alcuni produttori e per gran parte dei consumatori) per la possibile confusione determinata dall’utilizzo di un nome che avrebbe potuto ingenerare confusione (per la circostanza invero del tutto particolare che una delle aree della collina Cannubi è individuata con il nome Muscatel).

13.2.- Con la soluzione adottata è stata invece garantita l’esigenza di gran parte dei produttori che si collocano nelle zone della collina Cannubi di meglio caratterizzare, anche con l’indicazione geografica aggiuntiva, il loro vino senza peraltro costringere tutti i produttori di quell’area ad utilizzare necessariamente le nuove indicazioni geografica aggiuntive.

14.- Non può sottacersi che anche la soluzione adottata può non essere del tutto soddisfacente perché, mentre consente ai produttori dell’area definita Cannubi tout court (cioè di quell’area da cui ha poi preso evidentemente nome l’intera collina) e ai produttori delle altre aree suindicate (“Cannubi Boschis”, “Cannubi Muscatel”, “Cannubi San Lorenzo” e “Cannubi Valletta”) di veder evidenziata la provenienza del loro prodotto, consente anche a produttori, come le Cantine Marchesi di Barolo, di utilizzare il nome Cannubi (ritenuto evidentemente di maggior pregio), pur producendo prevalentemente in altre zone della collina.

Ma il problema, invero, determinato da circostanze del tutto particolari, può essere risolto, in una proporzionata comparazione degli interessi, non costringendo i produttori nell’area Muscatel ad utilizzare necessariamente tale nome aggiuntivo, come sostenuto dai ricorrenti in primo grado, ma con altre modalità che lo stesso Consorzio di Tutela potrebbe meglio individuare, consentendo, ad esempio, ai produttori dell’area definita Cannubi in senso stretto di utilizzare una ulteriore più specifica indicazione, ovvero prevedendo per chi, come le Cantine Marchesi di Barolo non produce, in prevalenza, nell’area Cannubi in senso stretto, di utilizzare una denominazione più generica (come “Collina dei Cannubi”).

14.1.- Inoltre, la possibilità di non utilizzare necessariamente una delle nuove indicazioni geografiche aggiuntive potrebbe essere limitata alle sole aziende che producono il loro vino nell’area individuata col nome Muscatel, per i quali si è posto uno specifico problema di confusione per i consumatori, che non sembra porsi per coloro che producono in altre aree della stessa collina alle quali sono stati assegnate le altre indicazioni geografiche tipiche prima richiamate.

15.- Non si ritiene abbia invece rilievo ai fini della soluzione della controversia la questione (che era stata pure sollevata) riguardante l’effettiva denominazione dei luoghi e la loro storicità che risulta comunque accertata, sia pure con qualche contrasto, dai competenti organismi all’esito di una complessa istruttoria.

16.- Per tutte le ragioni esposte, considerato che l’obiettivo primario delle suindicate disposizioni comunitarie e nazionali è quello di evitare confusione fra i consumatori e che lo scopo della contestata previsione del D.M. impugnato era proprio quello di evitare la confusione che si sarebbe potuta creare costringendo alcuni produttori, come le Cantine Marchesi di Barolo, ad utilizzare (necessariamente) nell’etichetta una indicazione geografica aggiuntiva (Muscatel), laddove avrebbe potuto alimentare confusione fra gli operatori e (soprattutto) nei consumatori, la Sezione ritiene che il D.M. impugnato non possa ritenersi emanato in carenza di istruttoria, come ritenuto dal T.A.R., né tantomeno possa ritenersi illogico.

17.- Né si ravvisano, nel procedimento seguito per l’emanazione del D.M. 30 settembre 2010, recante la modifica del disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita “Barolo” (né del successivo D.M. 26 novembre 2010, sul punto controverso meramente confermativo) i vizi procedimentali riproposti in appello dagli originari ricorrenti.

18.- In conclusione, l’appello deve essere accolto, con la conseguente riforma della appellata sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II Ter, n. 5033 del 4 giugno 2012.

Deve essere invece respinto l’appello incidentale proposto dalla Cantina Mascarello e dagli altri proprietari dei terreni, conduttori e produttori di vino ricorrenti nel giudizio di primo grado.

Le spese di giudizio, considerata la particolarità della questione trattata, possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della appellata sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II Ter, n. 5033 del 4 giugno 2012, respinge il ricorso di primo grado.

Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2013

Revisione regime UE indicazioni geografiche

La riforma della PAC post-2020 (PAC 2023-2027) porta una lieve revisione regime UE indicazioni geografiche


Le nuove norme sono portate dal Regolamento UE/2117/2021, che modifica i regolamenti:

    • UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli,
    • UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari,
    • (UE) n. 251/2014 concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l’etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati
    • (UE) n. 228/2013 recante misure specifiche nel settore dell’agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell’Unione

Per quanto concerne la revisione regime UE indicazioni geografiche nel settore vitivinicolo, rilevano i commi 20 e 21 dell’art.1 di detto regolamento UE/2117/2021, che così modificano le pertinenti norme del regolamento UE/1308/2013 sulla OCM Unica

l’articolo 93 è così modificato:

a)

al paragrafo 1, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:

«a)

“denominazione d’origine”, un nome, compreso un nome usato tradizionalmente, che serve a designare un prodotto di cui all’articolo 92, paragrafo 1:

i)

la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e ai suoi fattori naturali e umani;

ii)

originario di un luogo, di una regione o, in casi eccezionali, di un paese determinati;

iii)

ottenuto da uve che provengono esclusivamente da tale zona geografica;

iv)

la cui produzione avviene in detta zona geografica; e

v)

ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis.

b)

“indicazione geografica”, un nome, compreso un nome usato tradizionalmente, che identifica un prodotto:

i)

le cui qualità, notorietà o altre caratteristiche specifiche sono attribuibili alla sua origine geografica;

ii)

originario di un determinato luogo, regione o, in casi eccezionali, paese;

iii)

ottenuto con uve che provengono per almeno l’85 % esclusivamente da tale zona geografica;

iv)

la cui produzione avviene in detta zona geografica; e

v)

ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis.»;

b)

il paragrafo 2 è soppresso;

c)

il paragrafo 4 è sostituito dal seguente:

«4.   La produzione di cui al paragrafo 1, lettera a), punto iv), e lettera b), punto iv), comprende tutte le operazioni eseguite, dalla vendemmia dell’uva fino al completamento del processo di vinificazione, ad eccezione della vendemmia dell’uva non proveniente dalla zona geografica interessata di cui al paragrafo 1, lettera b), punto iii), e dei processi successivi alla produzione.»;

21)

l’articolo 94 è così modificato:

a)

al paragrafo 1, la frase introduttiva è sostituita dalla seguente:

«Le domande di protezione di nomi in quanto denominazioni d’origine o indicazioni geografiche comprendono:»;

b)

il paragrafo 2 è così modificato:

i)

la lettera g) è sostituita dalla seguente:

«g)

gli elementi che evidenziano il legame di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera a), punto i), oppure, secondo i casi, alla lettera b), punto i):

i)

per quanto riguarda una denominazione d’origine protetta, il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto e l’ambiente geografico di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera a), punto i), sebbene i dettagli riguardanti i fattori umani dell’ambiente geografico possono, se del caso, limitarsi a una descrizione del suolo, del materiale vegetale e della gestione del paesaggio, delle pratiche di coltivazione o di qualunque altro contributo umano volto al mantenimento dei fattori naturali dell’ambiente geografico di cui al tale punto;

ii)

per quanto riguarda un’indicazione geografica protetta, il legame fra una specifica qualità, la notorietà o un’altra caratteristica del prodotto e l’origine geografica di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera b), punto i);»;

ii)

sono aggiunti i commi seguenti:

«Il disciplinare può contenere una descrizione del contributo della denominazione d’origine o dell’indicazione geografica allo sviluppo sostenibile.

Se il vino o i vini possono essere parzialmente dealcolizzati, il disciplinare contiene anche una descrizione del vino o dei vini parzialmente dealcolizzati conformemente al secondo comma, lettera b), mutatis mutandis e, se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate per produrre il vino o i vini parzialmente dealcolizzati, nonché le relative restrizioni applicabili a detta produzione.»;



La revisione regime UE indicazioni geografiche era stata preannunciata dalla Commissione Europea come un’azione rientrante nella sua nuova strategia “from farm to fork” (“dal produttore al consumatore”), ispirata al più ampio orientamento del cosiddetto “green deal”.

L’idea di fondo è valorizzare i principi ambientali favorendo l’economica circolare e creando un regime alimentare sostenibile, che dovrebbe dunque divenire il fulcro dell’intero sistema

Con specifico riferimento alla riforma della legislazione dell’Unione Europea in materia di denominazioni di origine ed indicazioni geografiche (per vini, alimenti e bevande spiritose), la  Commissione aveva pertanto annunciato che la propria azione «consoliderà il quadro legislativo sulle indicazioni geografiche  e, ove opportuno, includerà specifici criteri di sostenibilità» (pag.14 della Cominicazione sulla strategisa “from farm to fork”).

 

La Commissione si proponeva infatti di promuovere una riforma che:

    • migliori la produzione sostenibile nell’ambito dei regimi di qualità (DOP e IGP);
    • perfezioni l’applicazione della normativa
    • conferisca  potere alle associazioni di produttori
    • riduca i furti via Internet
    • adatti meglio i regimi di qualità ai produttori in tutte le regioni dell’UE
    • riveda le modalità per promuovere e proteggere gli alimenti tradizionali dell’UE
    • acceleri le procedure di registrazione.

Revisione regime UE indicazioni geografiche



Conseguentemente, la Commissione UE ha adesso presentato una proposta per la riforma della disciplina in materia di IGP (Indicazioni Geografiche Protette), la quale presenta tra l’altro la caratteristica di  concernere:

      • il vino, le bevande spiritose e gli alimenti
      • i profili di sostenibilità

Proposta revisione disciplina UE su IGP



Quanto alla ricerca in materia di sostenibilità e resilienza, si segnala il progetto Uniseco dell’Unione Europea, a cui partecipa per l’Italia il distretto del Chianti.

Uniseco EU Project


Progetto VIVA - Sostenibilità della Vitivinicultura in Italia


Nel frattempo, l’Italia ha già intrapreso una propria strada per quanto concerne la sostenibilità, intesa in senso più esteso, poiché non legata ai disciplinari dei vini FDOP e IGP.

Infatti, al fine di migliorare la sostenibilità delle varie fasi del processo produttivo nel settore vitivinicolo, mediante l’art.224-ter della legge del 18 luglio 2020 n°77 (Sostenibilita’ delle produzioni agricole) è stato istituito il sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola, inteso  come l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche definite con uno specifico disciplinare di produzione.

La valutazione dell’apposito disciplinare è damandata ad un sistema di sistema di monitoraggio della sostenibilità delle aziende della filiera vitivinicola italiana.

Compete al MIPAAF (sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) stabilire le norme attuative, compito adempiuto mediante il decreto 23/06/2021 n.288989, il quale dispone sulle seguenti materie:

A) Sistema di certificazione della filiera vitivinicola:

        • Il sistema di certificazione della filiera vitivinicola utilizza le modalità e la procedura del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata

B) Compiti del Comitato della sostenibilità vitivinicola (CosVi):

        • definizione del disciplinare della sostenibilità vitivinicola;
        • definizione del sistema di monitoraggio della sostenibilità della filiera vitivinicola;
        • individuazione degli indicatori necessari alle valutazioni della sostenibilità della filiera vitivinicola;
        • supporto al MIPAAF nella fase di confronto e discussione del partenariato economico e sociale sui contenuti del disciplinare.

C) Composizione del Comitato:

        • coordinato dal Direttore della direzione generale delle politiche internazionali e dell’Unione Europea, il comitato è composto da:
            • due rappresentanti del MIPAAF;
            • quattro rappresentanti delle Regioni e Provincie autonome;
            • due esperti del CREA;
            • un rappresentante di Accredia;
            • a titolo consecutivo, un rappresentante per ciascuno dei sistemi di valutazione della sostenibilità facenti parte del Gruppo di lavoro per la sostenibilità in viticoltura esistenti a livello nazionale alla data di entrata in vigore del decreto.

D) Disciplinare della sostenibilità vitivinicola

        • contiene l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche finalizzate a garantire il rispetto dell’ambiente, la qualità e la sicurezza alimentare, la tutela dei lavoratori e dei cittadini, un adeguato reddito agricolo.
        • è sottoposto a verifica ed eventuale aggiornamento con cadenza almeno annuale. In sede di prima applicazione, il disciplinare fa riferimento alle linee guida di produzione integrata per la filiera vitivinicola.

E) Adesione al Sistema di certificazione della sostenibilità vitivinicola

        • volontaria
        • può avvenire da parte di aziende singole o associate.
        • modalità di adesione: quelle già in uso per il Sistema di qualità nazionale della produzione integrata (SQNPI).

F) Indicatori

      • individuati dal CosVi
      • successivamente approvati con decreto del MIPAAF, sentito il ministero della Transizione Ecologica (istituito in sostituzione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare).

 

Per completare il sistema di certificazione del Vino sostenibile seguiranno altri due provvedimento, costituita da:

    • pubblicazione del disciplinare di produzione per il vino sostenibile (ove verranno indicate le modalità di produzione ed i requisiti del prodotto);
    • individuazione degli indicatori di monitoraggio (necessari per valutare i risultati raggiunti).