esami analitici organolettici commissioni degustazione

Con decreto del 12 marzo 2019 il MIPAAFT ha emanato il nuovo regolamento su esami analitici organolettici commissioni degustazione


Il nuovo regolamento su esami analitici organolettici commissioni degustazione (che abroga quello precedente del 2011) costuituisce un importante tassello nel sistema dei controlli sui vini a denominazione ed indicazione geografica, oggetto di altro regolamento.

 

esami analitici organolettici commissioni degustazione

Per i decreti di nomina dei componenti le commissioni, vedere l’apposita pagina del sito MIPAAFT

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Il decreto su esami analitici organolettici commissioni degustazione disciplina altresì (suo art.19) le modalità di campionamento e di esecuzione di tali esami  per i controlli effettuati sui vini a denominazione ed indicazione geografica dopo l’immissione in commercio.

Le istruzioni per la predisposizione dei nuovi piani di controllo per i vini a denominazione di origine e indicazione geografica, in applicazione del Decreto ministeriale 2 agosto 2018 n. 7552, sono contenute nella circolare ICQRF 2168 del 12/02/2019.


DECRETO MINISTERIALE 12 marzo 2019

Disciplina degli esami analitici per i vini DOP e IGP, degli esami organolettici e dell’attività delle commissioni di degustazione per i vini DOP e del finanziamento dell’attività della commissione di degustazione di appello.

– Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 2019, n. 102.

 


IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE  ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO, DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e successive modifiche ed integrazioni, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricole comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/92, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 e, in particolare, l’art. 90 concernente controlli connessi alle denominazioni di origine, alle indicazioni geografiche e alle menzioni tradizionali protette;

Visto il regolamento delegato (UE) n. 273/2018 della Commissione dell’11 dicembre 2017 che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompagnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbligatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) n. 555/2008, (CE) n. 606/2009 e (CE) n. 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) 2015/560 della Commissione;

Visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 274/2018 della Commissione dell’11 dicembre 2017 recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbligatorie, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2015/561 della Commissione;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 11 novembre 2011 recante la disciplina degli esami analitici per i vini DOP e IGP, degli esami organolettici e dell’attività delle commissioni di degustazione per i vini DOP e del relativo finanziamento;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 13 agosto 2012 recante disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione e del decreto legislativo n. 61/2010, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo;

Visto il decreto del Capo del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari n. 9276 del 12 giugno 2014, recante Approvazione del tariffario di analisi ICQRF;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 marzo 2015, n. 293, recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivinicolo, ai sensi dell’art. 1-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giungo 2014, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino;

Visti in particolare i commi 5, 6 e 8 dell’art. 65 della citata legge 12 dicembre 2016, n. 238;

Sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale;

Ritenuto di dover adottare le disposizioni applicative di cui ai citati commi 5, 6 e 8 dell’art. 65 della citata legge 12 dicembre 2016, n. 238, concernenti la disciplina degli esami chimico-fisici per i vini DOCG, DOC e IGT, degli esami organolettici per i vini DOCG e DOC e dell’attività delle commissioni di degustazione;

Acquisito il parere del Ministero dell’economia e delle finanze con nota n. 19238 dell’8 ottobre 2018, ai fini del concerto;

Vista l’intesa intervenuta in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nella riunione del 20 dicembre 2018;

Decreta:


Art. 1. Definizioni

1. Allorché non sarà diversamente previsto per specifiche disposizioni, ai sensi del presente decreto con i seguenti termini, definizioni, abbreviazioni e/o sigle si intende:

a) «legge»: la legge 12 dicembre 2016, n. 238;
b) «Ministero» e «Ministro»: il Ministero e il Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo;
c) «regioni»: le regioni e Province autonome di Trento e Bolzano;
d) «Autorità di controllo»: il Ministero, quale Autorità nazionale competente incaricata di effettuare i controlli dell’adempimento degli obblighi di cui all’art. 90, par. 2, del regolamento (UE) n. 1306/2013, in materia di denominazioni di origine, indicazioni geografiche e menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, e di controllare, ai sensi dell’art. 146 del regolamento (UE) n. 1308/2013, l’osservanza delle norme dell’Unione europea nel settore vitivinicolo;
e) «ICQRF»: il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del Ministero, attraverso il quale si esercitano le funzioni dell’Autorità di controllo;
f) «organismo di controllo»: persona giuridica pubblica o privata a cui l’Autorità di controllo ha delegato le funzioni di controllo di cui agli articoli 64 e 65 della legge, relativamente alla verifica annuale del rispetto del disciplinare dei vini DOP e IGP, ai sensi degli articoli 24, 25 e 26 del regolamento (CE) n. 607/2009;
g) «DOP», «DO», «DOCG» e «DOC»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a denominazione di origine;
h) «IGP», «IG» e «IGT»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a indicazione geografica;
i) «SIAN»: il sistema informativo agricolo nazionale, di cui all’art. 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194, e i sistemi informativi regionali ove presenti;
l) «detentore»: l’operatore della filiera vitivinicola che detiene la partita di vino oggetto degli esami analitici e/o organolettici;
m) «registro telematico»: il registro tenuto con modalità telematiche, ai sensi del decreto ministeriale 20 marzo 2015, n. 293, nel quale, per ogni stabilimento e deposito dell’impresa, sono indicate le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli;
n) «vigilanza»: complesso delle attività, diverse dalle funzioni di controllo di cui alla lettera f), svolte dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge;
o) «Laboratorio»: i laboratori autorizzati di cui all’art. 6 ed i laboratori pubblici che operano in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025: 2005 «Criteri generali sulla competenza dei laboratori di prova e di taratura», effettuando i controlli sulla base di determinazioni analitiche accreditate dall’Ente unico di accreditamento nazionale ACCREDIA.


Art. 2. Art. 65 della legge – Esami analitici ed organolettici – Attività commissioni di degustazione – Ambito di applicazione

1. Il presente decreto stabilisce le disposizioni applicative dell’art. 65, commi 5, 6 e 8, della legge, per quanto concerne:

a) l’esecuzione degli esami analitici per i vini DOP e IGP;
b) l’esecuzione degli esami organolettici e i criteri per il riconoscimento delle commissioni di degustazione per i vini DOP;
c) le operazioni di prelievo dei campioni da destinare agli esami analitici e organolettici;
d) la comunicazione dei parametri chimico-fisici attestati da parte di un laboratorio autorizzato;
e) le modalità per la determinazione dell’analisi complementare dell’anidride carbonica per i vini frizzanti e spumanti;
f) l’attività ed il finanziamento della commissione di degustazione di appello dei vini DOP;
g) la definizione dei limiti di tolleranza consentiti tra i parametri chimico-fisici comunicati ai sensi della lettera d) e i parametri chimico-fisici riscontrati successivamente nella fase di vigilanza da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge;
h) l’esecuzione degli esami organolettici dei campioni, prelevati nella fase di vigilanza dall’Autorità di controllo o dagli organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge, di vini designati con la DOP o l’IGP, pronti per il consumo e detenuti per la vendita oppure già posti in commercio, e il relativo finanziamento.


Art. 3. Art. 65 della legge – Esami analitici ed organolettici – Attività commissioni di degustazione – Disposizioni generali

1. Ai fini della commercializzazione, dell’etichettatura e della presentazione con la DO, le relative partite di vino devono essere preventivamente sottoposte, a cura dell’organismo di controllo, ad esame analitico e ad esame organolettico, al fine di certificare la corrispondenza delle stesse partite alle caratteristiche previste dai relativi disciplinari di produzione, mediante la verifica annuale di cui all’art. 25 del reg. CE n. 607/2009, con le modalità ed i criteri stabiliti nello specifico piano dei controlli di cui all’art. 64 della legge e nel presente decreto.

2. Per le partite di vini IGT, conformemente alle disposizioni di cui all’art. 25 del regolamento CE n. 607/2009 (norma abrogata, in realtà trattasi dell’art.19 del Regolamento UE 34/2019:  n.d.r.), la verifica annuale è limitata all’esame analitico ed è effettuata, a cura dell’organismo di controllo, nel rispetto delle procedure e dei criteri stabiliti nello specifico piano dei controlli di cui all’art. 64 della legge e nel presente decreto.

3. L’esame analitico deve riguardare almeno i valori degli elementi stabiliti dall’art. 26 del reg. CE n. 607/2009 e quelli indicati negli specifici disciplinari di produzione DOCG, DOC e IGT ed è effettuato nel rispetto delle seguenti modalità e principi:

a) mediante controlli sistematici per vini DOCG;
b) mediante controlli a campione, basati su analisi dei rischi, o controlli sistematici per vini DOC, conformemente alla scelta effettuata dal gruppo dei produttori della specifica DOC di cui all’art. 95, par. 1, del reg. UE n. 1308/2013, ivi incluso il Consorzio di tutela incaricato, o in sua assenza dalla competente regione, in sede di approvazione del relativo piano dei controlli valido per il successivo triennio;
c) mediante controlli a campione, basati su analisi dei rischi, per i vini IGT, conformemente alla scelta effettuata dal gruppo dei produttori della specifica IGT di cui all’art. 95, par. 1, del reg. UE n. 1308/2013, ivi incluso il Consorzio di tutela incaricato, o in sua assenza dalla competente regione, in sede di approvazione del relativo piano dei controlli valido per il successivo triennio.

4. L’esame organolettico delle partite di vini DO, previo esame analitico di cui al comma 3, è effettuato da apposite commissioni di degustazione, nel rispetto delle seguenti modalità e principi:

a) mediante controlli sistematici per vini DOCG e per i vini DOC con produzione certificata pari o superiore a 10.000 ettolitri nell’anno precedente alla data di presentazione della richiesta di approvazione del piano dei controlli;
b) mediante controlli a campione o controlli sistematici per i vini DOC con produzione certificata inferiore a 10.000 ettolitri nell’anno precedente alla data di presentazione della richiesta di approvazione del piano dei controlli, conformemente alla scelta effettuata dal gruppo dei produttori della specifica DOC di cui all’art. 95, par. 1, del reg. UE n. 1308/2013, ivi incluso il Consorzio di tutela incaricato, o in sua assenza dalla competente regione, in sede di approvazione del relativo piano dei controlli valido per il successivo triennio.

5. La determinazione del campione di cui al comma 3, lettera c), può essere riferita:

– ad una percentuale minima del numero totale dei detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica IGT;
– ad una percentuale minima della produzione vinicola rivendicata per la specifica IGT nell’anno cui si riferisce la verifica;
– a tutti i detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica IGT, per una percentuale minima della produzione vinicola rivendicata da ciascun detentore nell’anno cui si riferisce la verifica.

Ciascuna delle opzioni di cui ai trattini precedenti deve comunque assicurare che il campione sia rappresentativo di almeno il 10% della produzione della intera IGT rivendicata nell’anno cui si riferisce la verifica.

6. La determinazione del campione di cui al comma 3, lettera b), ed al comma 4, lettera b), deve essere riferita:

ad almeno il 30% del totale dei detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica DOC, o
a tutti i detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica DOC, per una percentuale minima della produzione vinicola rivendicata da ciascun detentore nell’anno cui si riferisce la verifica.

Ciascuna delle opzioni deve comunque assicurare che il campione sia rappresentativo di almeno il 30% della produzione della intera DOC rivendicata nell’anno cui si riferisce la verifica.

7. Allorché prevista in conformità ai commi 3, 4 e 6, la positiva certificazione analitica e organolettica è condizione per l’utilizzazione della denominazione e ha validità di centottanta giorni per i vini a DOCG, di due anni per i vini a DOC, di tre anni per i vini a DOC liquorosi, per le partite allo stato sfuso. Trascorsi i predetti periodi di validità, in assenza di imbottigliamento, per le relative partite sono applicabili le seguenti condizioni:

a) entro il termine di un anno a decorrere dalla data di certificazione, i vini DOCG devono essere sottoposti ad un nuova certificazione organolettica; trascorso detto termine è da ripetere sia la certificazione analitica che quella organolettica;
b) i vini a DOC devono essere sottoposti ad un nuova certificazione analitica e organolettica.

8. Conformemente all’art. 59, comma 2, e all’art. 65, comma 5, della legge, i detentori delle partite di vino immessi nel sistema di controllo dei vini DOP e IGP di cui all’art. 64 della legge, gli enti ed organismi preposti alla gestione, alla vigilanza ed ai controlli dei vini in questione, espletano le attività e le procedure stabilite nel presente decreto tramite i servizi del SIAN, sulla base degli elementi contenuti nel «registro telematico».


Art. 4. Definizione, collocazione e identificazione della partita di vino da destinare alla certificazione analitica e organolettica

1. Per partita di vino si intende una massa omogenea di prodotto, da destinare alla verifica annuale dei requisiti previsti dal disciplinare di produzione delle specifiche DO e IGT, proveniente da un unico processo di omogeneizzazione della massa stessa e contenuta:

in un unico o più recipienti;
in piccoli recipienti (botti con capacità massima di 10 ettolitri, damigiane o altri) e in bottiglie,
collocati nello stesso stabilimento. Gli stessi recipienti devono essere identificati in conformità alle disposizioni di cui al Capo IV del regolamento UE n. 274/2018 e di cui all’art. 17 del decreto ministeriale 13 agosto 2012, così come inseriti nel «registro telematico».


Art. 5. Presentazione richiesta prelievo campione – Prelievo campione dalla relativa partita

1. Per le DOCG e per le DOC per le quali sono previsti esami analitici e organolettici sistematici, il detentore della partita che intende ottenere la certificazione presenta preventivamente apposita richiesta per via telematica, in conformità all’allegato 1, all’organismo di controllo, indicando gli elementi identificativi della stessa partita di cui all’art. 4, comma 1, come presenti nel «registro telematico». La richiesta è presentata non prima che la partita abbia raggiunto le caratteristiche minime al consumo previste dal disciplinare di produzione per la relativa tipologia regolamentata.

Fatto salvo il rispetto del termine previsto per l’immissione al consumo dallo specifico disciplinare di produzione, la predetta richiesta di prelievo può essere effettuata antecedentemente all’imbottigliamento della stessa partita. Detta possibilità è esclusa per vini spumanti e frizzanti elaborati in bottiglia.

2. Ai fini degli esami analitici per i vini IGT e degli esami analitici e organolettici dei vini DOC per i quali sono previsti controlli a campione, il prelievo è disposto dall’organismo di controllo, conformemente alle condizioni e con le modalità operative stabilite nello specifico piano dei controlli.

Limitatamente ai vini atti a diventare DOC, qualora la partita non abbia raggiunto le caratteristiche organolettiche minime al consumo previste dal disciplinare, il detentore chiede all’organismo di controllo un nuovo prelievo ai soli fini dell’esame organolettico, antecedentemente alla commercializzazione ai fini dell’immissione al consumo, avvalendosi della procedura di cui al comma 1.

3. Nel caso dei vini «novelli» e di altre tipologie di vini DO che, nel rispetto della normativa vigente e per ragioni commerciali, sono immessi al consumo entro un breve lasso di tempo a partire dalla vendemmia la richiesta di prelievo è presentata antecedentemente alla denuncia di produzione delle uve, dichiarando mediante autocertificazione che sono stati rispettati gli adempimenti tecnico-amministrativi previsti dalla normativa vigente in materia. L’organismo di controllo, una volta verificata la regolare presa in carico sul registro telematico delle partite in questione provvede ad effettuare gli opportuni controlli.

4. Il prelievo dei campioni è programmato ed effettuato a cura dell’organismo di controllo.

5. Il campionamento di ciascuna partita è effettuato dal personale ispettivo incaricato dall’organismo di controllo, di seguito denominato «prelevatore», nel rispetto delle condizioni di cui ai successivi commi.

6. Il prelevamento del campione dalla partita, così come identificata all’art. 4, comma 1, per la quale è stata dichiarata dal detentore l’uniformità qualitativa, è effettuato a sondaggio sull’intera partita, assicurando che il campione stesso sia rappresentativo dell’intera partita.

7. Nel caso dei vini spumanti elaborati in bottiglia, qualora la porzione di prodotto da aggiungere successivamente alla sboccatura non sia tale da determinare una variazione del tipo di prodotto relazionato al tenore zuccherino residuo di cui all’allegato XIV, parte A, del regolamento CE n. 607/2009, il prelievo può essere effettuato precedentemente all’operazione di sboccatura della relativa partita, mediante il prelievo degli esemplari di campione all’uopo sboccati.

8. Qualora trattasi di campione di vino spumante o di vino frizzante prodotto in recipiente chiuso (autoclave), il prelievo può essere effettuato, anche nella fase di elaborazione, prima dell’imbottigliamento, direttamente dall’autoclave, adottando apparecchiature atte a far sì che l’operazione avvenga senza perdita di pressione.

9. Per l’espletamento delle operazioni di prelievo, il prelevatore ha diritto di accedere nei locali dove è conservata la partita di vino e preliminarmente al prelievo provvede ad identificare la partita, così come individuata all’art. 4, comma 1. A tal fine, mediante apposito riscontro con gli elementi inseriti nel «registro telematico», accerta la provenienza del prodotto, la tipologia, la sua rispondenza quantitativa, nonché l’ubicazione delle partite del vino oggetto di prelievo.

10. Qualora il prelevatore, nell’espletamento dei propri compiti, rilevi una situazione di difformità tra la consistenza e gli elementi identificativi della partita rispetto a quelli risultanti dagli elementi inseriti nel «registro telematico» sospende le operazioni di prelevamento e procede secondo quanto previsto dal piano dei controlli autorizzato.

11. Effettuati gli accertamenti di cui al comma 9, il prelevatore, in caso di vini DO provvede al prelevamento del campione in sei esemplari. Tali esemplari sono così utilizzati:

a) uno è affidato al detentore della partita;
b) uno è destinato all’esame chimico-fisico;
c) uno è destinato all’esame organolettico;
d) uno è conservato per l’eventuale esame da parte della commissione di appello;
e) due sono tenuti di riserva per almeno sei mesi da parte dell’organismo di controllo, per eventuali ulteriori esami chimico-fisici e organolettici.

12. Per il prelievo del campione ai fini dell’esame analitico dei vini IGT ed ai fini della ripetizione dell’esame organolettico dei vini DOCG e dell’espletamento del solo esame analitico o del solo esame organolettico dei vini DO, il campione è prelevato in quattro esemplari.

13. La capacità dei recipienti per i singoli esemplari del campione è compresa tra 0,375 e 1 litro; gli stessi recipienti sono chiusi ermeticamente. Per i recipienti già confezionati dal produttore-imbottigliatore si procede al prelevamento delle confezioni esistenti per numero di pezzi e volume corrispondenti.

14. Sulla chiusura di ogni recipiente è apposto un sigillo cartaceo recante la dizione: «vino DOC o DOCG o IGT – campione di controllo esente da documento di accompagnamento ai sensi della vigente normativa», completato da un’ala staccabile nella quale figurano il numero e la data del verbale di prelievo, il quantitativo della partita e le firme del prelevatore e dell’incaricato dell’azienda che assiste al prelievo. Può essere utilizzato altro dispositivo alternativo al sigillo cartaceo, a condizione che ciascun esemplare di campione sia sigillato e munito di contrassegno indelebile riportante i seguenti dati identificativi, in maniera tale da essere collegato inequivocabilmente al verbale di campionamento corrispondente: numero e data del verbale di prelievo, entità della relativa partita, eventuale codice aggiuntivo.

15. Al momento del prelievo è redatto, in duplice copia, un verbale conforme al modello di cui all’allegato 2, dal quale devono risultare i seguenti elementi:

a) numero del verbale;
b) data e ora del prelevamento;
c) nominativo del prelevatore;
d) denominazione dell’azienda e relativo indirizzo;
e) nominativo del titolare dell’azienda o di un suo fiduciario, specificatamente delegato, incaricato di presenziare al prelevamento;
f) modalità di prelevamento, specificando che le stesse hanno garantito l’uniformità qualitativa di cui al comma 6;
g) descrizione della partita di vino: quantitativo, provenienza del relativo prodotto, tipologia, recipienti;
h) dichiarazione attestante che tutti gli esemplari di campione asportati e quello lasciato in custodia sono stati sigillati con l’apposizione sulle apposite ali staccabili delle firme del prelevatore e del responsabile dell’azienda o che sono stati sigillati, contrassegnati ed identificati con un sistema alternativo in conformità al comma 14;
i) indicazione relativa al numero d’ordine del prelievo della stessa partita, indicando «primo prelievo» o «prelievo per la ripetizione dell’esame organolettico di partita DOCG» o «prelievo per partita già giudicata non idonea all’esame chimico-fisico» o «prelievo per partita già giudicata rivedibile all’esame organolettico».

16. I verbali sono sottoscritti dal prelevatore e dall’incaricato dell’azienda.

17. Delle due copie del verbale, una copia è consegnata all’azienda e la seconda copia rimane all’organismo di controllo, unitamente agli esemplari di campione.

18. I campioni sono presi in carico e conservati a cura dell’organismo di controllo.

19. Fatte salve le disposizioni più restrittive previste negli specifici disciplinari di produzione, le partite di vino, dalle quali sono stati prelevati i campioni, non possono essere rimosse dal luogo e dai recipienti ove si trovano al momento del prelievo, nel periodo compreso tra il prelievo stesso e la ultimazione dell’esame analitico e organolettico o analitico, fatta eccezione per eventuali cause, relative alle operazioni di cantina o commerciali che non consentono il rispetto dei tempi per il rilascio della certificazione stabiliti nel presente decreto. In tali casi i relativi travasi o spostamenti, in ogni caso nell’ambito della zona di vinificazione delimitata dallo specifico disciplinare di produzione, sono preventivamente comunicati all’organismo di controllo ed i relativi elementi identificativi sono inseriti nel «registro telematico».


Art. 6. Esami analitici per i vini DOP e IGP e relativo procedimento – Comunicazione dei parametri chimico-fisici attestati da parte del laboratorio autorizzato – Determinazione dell’analisi complementare dell’anidride carbonica nei vini frizzanti e spumanti

1. L’esame analitico dei campioni prelevati è effettuato presso il laboratorio scelto dall’organismo di controllo, tra quelli autorizzati dal Ministero ai sensi del regolamento UE n. 1308/2013, art. 146, previo accertamento della conformità ai criteri generali stabiliti dalla norma ISO/IEC 17025. Detta scelta, tra i vari laboratori autorizzati, tiene in particolare conto dei criteri di efficienza, efficacia ed economicità.

2. Il laboratorio autorizzato comunica all’organismo di controllo, per i relativi campioni, l’attestazione dei parametri chimico-fisici riscontrati, con riferimento agli elementi stabiliti dall’art. 26 del regolamento CE n. 607/2009 ed a quelli indicati negli specifici disciplinari di produzione DO e IGT. L’organismo di controllo provvede ad inserire detta attestazione nel «registro telematico».

3. Fatto salvo che all’atto dell’immissione al consumo i vini spumanti e frizzanti DOP e IGP devono possedere un tenore di anidride carbonica (espresso in sovrappressione in bar a 20 °C) nel rispetto dei limiti previsti dagli specifici disciplinari, conformemente alla normativa di riferimento dell’Unione europea, al fine di tener conto delle eventuali fisiologiche perdite di sovrappressione che si possono verificare in fase di confezionamento, per quanto concerne l’esito della determinazione analitica complementare di cui all’art. 26, lettera a) ii), del regolamento CE n. 607/2009, le relative partite di prodotto sono da ritenere idonee anche nel caso in cui il tenore di anidride carbonica, determinato sull’apposito campione, differisce entro un limite del 10% rispetto ai predetti limiti. Nel caso di prodotto elaborato in autoclave il tenore di CO2 può essere rilevato direttamente sul vaso vinario mediante manometro tarato, corretto a 20 °C; il dato rilevato tiene conto della predetta tolleranza.

4. L’esito negativo dell’analisi comporta che la partita sia dichiarata non idonea e preclude il successivo esame organolettico per i vini DO. In tal caso l’organismo di controllo, entro tre giorni dalla data di ricevimento dell’attestazione dell’analisi di cui al comma 2, oltre ad inserire detta attestazione nel registro telematico, ne informa l’azienda interessata, tramite posta elettronica certificata.

5. Entro sette giorni dalla ricezione della comunicazione dell’esito negativo di cui al precedente comma 4, l’azienda interessata può richiedere all’organismo di controllo per la relativa partita un eventuale nuovo prelievo, ai fini della ripetizione dell’esame chimico-fisico, soltanto a condizione che la partita possa essere ancora oggetto di pratiche e trattamenti enologici ammessi dalla normativa nazionale e dell’Unione europea vigente in materia di vini DOP e IGP.

6. Eventuali ricorsi contro l’esito negativo dell’esame analitico di cui al comma 4 ed eventualmente di cui al comma 5, devono essere presentati entro sette giorni dal ricevimento della rispettiva comunicazione. Trascorso tale termine in assenza di ricorso, l’organismo di controllo comunica la non idoneità del prodotto alla azienda interessata che provvede alla riclassificazione in conformità alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.

7. In caso di presentazione del ricorso, l’ulteriore analisi è effettuata su un esemplare di campione di cui all’art. 5, comma 11, lettera e) presso un laboratorio autorizzato, diverso da quello che ha effettuato la prima analisi. In caso di esito positivo dell’analisi l’organismo di controllo provvede ad inserire la relativa attestazione nel «registro telematico». In caso di conferma dell’esito negativo, entro i termini e con le modalità di cui al comma 4, l’organismo di controllo ne dà comunicazione all’azienda interessata.


Art. 7. Esame organolettico per i vini DOP – Commissioni di degustazione: criteri di nomina, composizione

1. Sono ammessi all’esame organolettico i campioni idonei dal punto di vista analitico ai sensi dell’art. 6.

2. L’esame organolettico riguarda il colore, la limpidezza, l’odore e il sapore indicati dal disciplinare di produzione della relativa DOCG o DOC.

3. L’esame organolettico è effettuato da apposite commissioni di degustazione nominate dal competente organismo di controllo per le relative DO. Tali commissioni sono costituite da tecnici ed esperti degustatori scelti negli elenchi di cui all’art. 8, con i criteri di cui ai seguenti commi.

4. Ciascuna commissione di degustazione è composta dal presidente o dal relativo supplente e da quattro membri. Il presidente e almeno due membri devono essere tecnici degustatori.

5. Il presidente e il relativo supplente, il segretario e il relativo supplente sono nominati per un triennio.

6. Per ciascuna seduta di degustazione il segretario, sentito il presidente, costituisce la commissione scegliendo i componenti tra gli iscritti negli elenchi di cui all’art. 8, tenendo conto del criterio della comprovata esperienza professionale per la/le relativa/e denominazione/i ed assicurando comunque la rotazione dei componenti tra gli iscritti nei predetti elenchi.

7. Qualora i campioni da esaminare di una o più DO siano in numero esiguo, può essere nominata un’unica commissione di degustazione per due o più vini DO.

8. Qualora il livello delle produzioni dei vini DO esistenti sia esiguo e si verifichi una carenza degli iscritti agli elenchi dei tecnici e degli esperti degustatori di cui al successivo art. 8, tali da non consentire l’istituzione della relativa commissione di degustazione, in deroga al disposto di cui al comma 3, l’espletamento degli esami organolettici può essere affidato ad altra commissione di degustazione in ambito regionale o interregionale.


Art. 8. Criteri per la formazione degli elenchi dei tecnici degustatori e degli esperti

1. Presso le regioni interessate alla produzione di vini DO sono istituiti l’«Elenco dei tecnici degustatori» e l’«Elenco degli esperti degustatori». Gli iscritti a tali elenchi possono esercitare la propria attività per una o più DO ricadente sul territorio della relativa regione o, in caso di DO interregionali, delle relative regioni.

2. Le regioni possono delegare la funzione di cui al comma 1 alle competenti Camere di commercio.

3. Per l’iscrizione nell’elenco dei tecnici degustatori sono richiesti i seguenti requisiti:

a) possesso di uno dei titoli di studio appresso indicati:
diploma di perito agrario specializzato in viticoltura ed enologia od enotecnico;
diploma di enologo;
diploma di laurea in scienze agrarie con specializzazione nel settore enologico;
diploma di laurea in scienze delle preparazioni alimentari con specializzazione nel settore enologico;
titoli equipollenti conseguiti all’estero;
b) esercizio dell’attività di degustazione per almeno un biennio, in modo continuativo, antecedentemente alla data di presentazione della domanda per la/e denominazione/i interessata/e. Con l’espressione «… in modo continuativo, …» si intende lo svolgimento di almeno cinque prove di degustazione, in date distinte, nel corso di ciascuno dei due anni.

4. Nella domanda i richiedenti dichiarano i propri dati personali e allegano:
a) autodichiarazione relativa ai titoli di studio di cui alla lettera a) del comma 3 del presente articolo, con l’esatta indicazione della data e dell’istituto o della università presso cui gli stessi sono stati conseguiti;
b) attestazione comprovante l’esercizio dell’attività di degustatore nei modi di cui al comma 3, lettera b), rilasciata dal/i soggetto/i presso cui il tecnico degustatore ha svolto l’attività.

5. Per l’iscrizione nell’elenco degli esperti degustatori sono richiesti i seguenti requisiti:

a) partecipazione a corsi organizzati da associazioni nazionali ufficialmente riconosciute operanti nel settore enologico ed in particolare della degustazione dei vini e superamento di esami sostenuti a conclusione dei corsi stessi;
b) esercizio dell’attività di degustazione per almeno un biennio, in modo continuativo, antecedentemente alla data di presentazione della domanda per la/e denominazione/i interessata/e, presso aziende vitivinicole, enoteche e similari, consorzi di tutela e associazioni di cui alla lettera a). Con l’espressione «… in modo continuativo, …» si intende lo svolgimento di almeno cinque prove di degustazione, in date distinte, nel corso di ciascuno dei due anni.

6. Per l’iscrizione nell’elenco degli esperti degustatori, si osservano per analogia le disposizioni procedurali di cui al comma 4, fatto salvo che la documentazione da allegare alla domanda deve essere riferita ai requisiti di cui al comma 5.


Art. 9. Attività commissioni degustazione – Criteri e procedure

1. Il segretario della commissione assicura il rispetto delle procedure tecniche di degustazione, predisponendo, d’intesa col presidente, il piano di attività della commissione e cura lo svolgimento di ciascuna seduta di degustazione.

2. Il segretario della commissione di degustazione esplica le seguenti funzioni:

a) cura, nell’ambito del competente organismo di controllo, la presa in carico dei campioni mediante la loro registrazione cronologica su apposito registro di carico, nonché la conservazione dei campioni stessi;
b) convoca la commissione e, in apertura di seduta, verifica il numero legale;
c) predispone la preparazione dei campioni ai fini della degustazione, attivando tutte le misure necessarie a garantire l’anonimato degli stessi;
d) assiste alle riunioni della commissione di degustazione, ne redige i relativi verbali, comunica le risultanze all’organismo di controllo.

3. La degustazione ha luogo su campioni resi anonimi dal segretario della commissione.

4. Le commissioni sono validamente costituite con la presenza del presidente e di quattro componenti. In caso di impedimento del presidente, questi è sostituito dal relativo supplente. In caso di impedimento di uno o più componenti, gli stessi sono sostituiti da altri componenti scelti con i criteri di cui all’art. 7, comma 6. Il giudizio è espresso a maggioranza. Nel caso in cui sia impossibile sostituire un componente assente, la commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente. In tale fattispecie, in caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.

5. Nel corso di una riunione non possono essere assoggettati ad esame più di venti campioni. La stessa commissione può effettuare, nell’arco di una giornata, non più di due riunioni, previo congruo intervallo tra le stesse.

6. Per ogni campione degustato è compilata apposita scheda individuale di valutazione, secondo il modello di cui all’allegato 3 al presente decreto. Dalla scheda risulta:

a) la data della riunione della commissione;
b) il giudizio espresso, che può essere di «idoneità», di «rivedibilità», o di «non idoneità»;
c) in caso di giudizio di «rivedibilità» o di «non idoneità», l’indicazione, nelle apposite sezioni, di uno o più difetti e la relativa natura;
d) la firma del presidente e del commissario.

In caso di giudizio di «rivedibilità» o di «non idoneità» è compilata una scheda riepilogativa, conforme all’allegato 3-bis, contenente gli elementi rilevati dalle sezioni «difetti» e «natura» delle schede individuali, da firmare da parte del presidente e del segretario della commissione.

7. Nel caso di giudizio di «idoneità» l’organismo di controllo inserisce la certificazione positiva per la relativa partita nel registro telematico.

8. Nei casi di giudizio di «rivedibilità» e di «non idoneità», la comunicazione all’interessato è effettuata dall’organismo di controllo, a mezzo posta elettronica certificata, entro cinque giorni dall’emanazione del giudizio e contiene le motivazioni tecniche del giudizio.

9. Qualora il campione risulti «rivedibile», l’interessato può richiedere, previa effettuazione delle pratiche enologiche ammesse, una nuova campionatura per il definitivo giudizio entro il termine massimo di sessanta giorni dalla comunicazione. In tal caso deve essere ripetuta anche l’analisi chimico-fisica. Per il prelievo dei nuovi campioni, per l’espletamento dell’analisi chimico-fisica e dell’esame organolettico valgono gli stessi termini e condizioni previsti per la prima campionatura. In caso di nuovo giudizio di «rivedibilità», il medesimo è da considerare di «non idoneità».

10. Trascorso il termine stabilito dal comma 9, la partita per la quale non sia stata richiesta nuova campionatura è da considerare «non idonea» e l’organismo di controllo effettua entro cinque giorni la relativa comunicazione alla ditta interessata e inserisce detta attestazione di «non idoneità» nel registro telematico.

11. Qualora il campione sia giudicato «non idoneo», l’interessato può presentare ricorso alla commissione di appello di cui al successivo art. 13, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.

12. Nel caso di mancato ricorso o di conferma del giudizio di «non idoneità» da parte della commissione di appello, l’interessato provvede alla riclassificazione della relativa partita di vino in conformità alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.


Art. 10. Termini del procedimento dell’esame analitico e dell’esame organolettico

1. Il procedimento relativo all’esame analitico del campione si conclude, con il rilascio dell’idoneità chimico-fisica, entro cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data di presa in carico del campione stesso da parte del laboratorio autorizzato.

2. L’intero procedimento dell’esame analitico ed organolettico del campione si conclude, con la certificazione della relativa partita da parte dell’organismo di controllo, dalla data di ricevimento della richiesta di prelievo:

a) entro dodici giorni lavorativi per i vini novelli;
b) entro quindici giorni lavorativi per tutti gli altri vini.

3. Il procedimento relativo al solo esame organolettico dei vini DO, nei casi previsti dal presente decreto, si conclude con la certificazione della corrispondente partita da parte dell’organismo di controllo, dalla data di ricevimento della richiesta di prelievo:

a) entro sette giorni lavorativi per i vini novelli;
b) entro dieci giorni lavorativi per tutti gli altri vini.


Art. 11. Procedimento di appello – disposizioni generali

1. Il ricorso avverso il giudizio di «non idoneità» pronunciato dalle commissioni di degustazione è proposto dall’interessato alla Commissione di appello per i vini DO, istituita presso la segreteria del Comitato nazionale vini DOP e IGP – Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo – Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca – Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – Ufficio PQAI IV, via XX Settembre, 20 – 00187 Roma – PEC saq4@pec. politicheagricole.it

2. Il ricorso, da redigere in conformità al modello di cui all’allegato 4, è depositato presso l’organismo di controllo che, entro sette giorni, lo trasmette, a spese dell’interessato, alla Commissione di appello unitamente ad un campione del vino giudicato «non idoneo», all’uopo accantonato e custodito presso il predetto organismo di controllo, trasmettendo altresì, per via telematica, copia del ricorso e la relativa documentazione di «non idoneità» e il certificato di analisi chimico-fisica, nonché il recapito di posta elettronica certificata dell’istante ai fini della comunicazione di cui all’art. 13, comma 3.


Art. 12. Composizione e durata della Commissione di appello

1. La Commissione è composta da un presidente, da un segretario, dai rispettivi supplenti, e da quattro membri nominati dal Ministero, secondo i criteri di cui al comma 2, e dura in carica tre anni.

2. Il presidente e il relativo supplente sono scelti dal Ministero tra esperti di chiara fama nel settore vitivinicolo; il segretario e due supplenti sono designati tra i funzionari del Ministero; i quattro membri sono scelti dal segretario, per ciascuna seduta di degustazione, a rotazione nell’ambito di un elenco di dodici tecnici degustatori in possesso dei requisiti di cui all’art. 8, comma 3, depositato presso la segreteria del Comitato di cui all’art. 40 della legge. Detti tecnici degustatori sono designati come segue dai rispettivi enti ed organismi:

tre componenti dalla Conferenza delle regioni e province autonome;
tre componenti dal Comitato di cui all’art. 40 della legge;
tre componenti dall’Associazione enologi enotecnici italiani;
tre membri dalla Federazione nazionale dei consorzi di tutela dei vini DOP e IGP.

3. Il presidente ed i membri designati di cui al comma 2 non possono contemporaneamente essere membri delle commissioni di degustazione di primo grado. Detto incarico è incompatibile con il ruolo svolto a qualsiasi titolo presso gli «organismi di controllo» delle DOP o IGP dei vini.


Art. 13. Compiti e funzionamento della Commissione di appello

1. La Commissione di appello esplica la propria attività con la presenza di cinque componenti compreso il presidente. Nel caso in cui sia impossibile sostituire un componente assente, la commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente; in tal caso, ai fini dell’espressione del giudizio di cui al comma 2, in caso di parità prevale il giudizio del presidente.

2. Per ogni campione degustato, il presidente e i componenti della commissione di appello redigono una scheda individuale, conforme al modello riportato nell’allegato 5, sottoscritta dal presidente e dal commissario. Dalla scheda di degustazione individuale deve risultare il giudizio di «idoneità» o di «non idoneità»; in tale ultimo caso deve risultare l’indicazione, nelle apposite sezioni, di uno o più difetti e la relativa natura. Il giudizio definitivo della Commissione di appello è espresso a maggioranza. In caso di giudizio di «non idoneità» è compilata una scheda riepilogativa, conforme al modello riportato nell’allegato 5-bis, contenente gli elementi rilevati dalle sezioni «difetti» e «natura» delle schede individuali, da firmare da parte del presidente e del segretario della commissione.

3. L’esito del giudizio definitivo della Commissione di appello è comunicato, a cura del segretario, entro tre giorni a mezzo di posta elettronica certificata alla ditta interessata e all’organismo di controllo.

In caso di giudizio di «non idoneità», alla predetta comunicazione è allegata la scheda riepilogativa di cui al comma 2. In caso di giudizio di «idoneità» l’organismo di controllo inserisce la certificazione positiva per la relativa partita nel registro telematico.

4. Nel caso di conferma del giudizio di «non idoneità», l’interessato provvede alla riclassificazione della relativa partita di vino in conformità alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.

Art. 14. Funzioni del presidente e del segretario della Commissione di appello

1. Salvo quanto stabilito agli articoli 15 e 16, il presidente ed il segretario della Commissione di appello esercitano le analoghe funzioni rispettivamente previste per il presidente e per il segretario delle commissioni di degustazione all’art. 9.


Art. 15. Registro e verbali della Commissione di appello

1. Il registro di presa in carico dei ricorsi e dei campioni è tenuto dal competente Ufficio del Ministero ove opera la Commissione tramite i servizi del SIAN.

2. Il verbale della seduta di degustazione, oltre a contenere la data della riunione e l’individuazione dei partecipanti, riporta il giudizio conclusivo espresso per ciascun campione degustato e, in caso di «non idoneità», il relativo motivo, nonché il numero attribuito a tale campione in fase di anonimizzazione. Il verbale è sottoscritto dal segretario e dal presidente.


Art. 16. Costi per gli esami analitici e per il funzionamento delle commissioni di degustazione e della Commissione di appello

1. I costi per il prelievo dei campioni, per l’espletamento dell’esame analitico e per il funzionamento delle commissioni di degustazione sono posti a carico dei soggetti che richiedono la certificazione delle relative partite. L’ammontare di tali costi e le modalità di pagamento al competente organismo di controllo sono stabilite per ciascuna DO o IGT nel prospetto tariffario predisposto dal medesimo organismo di controllo ed approvato dal Ministero contestualmente al piano dei controlli, in conformità alle previsioni di cui all’art. 64 della legge.

2. Ai sensi dell’art. 65, comma 7, della legge, i costi per il funzionamento della commissione di appello sono posti a carico dei soggetti che ne richiedono l’operato e fissati, per singola riunione della commissione, o per due riunioni nella stessa giornata, in 1.300.00 euro.

3. La commissione si riunisce con cadenza mensile, in presenza di almeno cinque richiedenti ed al massimo dieci richiedenti per seduta di degustazione. Nella stesso giorno possono tenersi due sedute di degustazione con un intervallo di almeno un’ora tra ciascuna seduta. Il calendario annuale delle riunioni è preventivamente pubblicato sul sito internet del Ministero www.politicheagricole.it

In base alle domande pervenute, il segretario della commissione convoca la riunione. Qualora non si raggiunga il numero di cinque domande, la riunione viene posticipata al mese successivo.

4. Le domande di appello devono pervenire al Ministero, corredate delle ricevute di versamento della tariffa pro-quota stabilita, per ciascun ricorrente, in euro 260,00. Detto versamento è da effettuare sul capitolo 3584, capo 17°, dell’entrata del bilancio dello Stato.

Le richieste eventualmente eccedenti al numero di venti sono esaminate nella successiva riunione.

5. La tariffa è aggiornata almeno ogni tre anni, con decreto del Ministro di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base del costo effettivo del servizio.

6. La partecipazione dei commissari alle riunioni della commissione di appello non dà luogo a compensi ed i rimborsi per i fuori sede sono relativi esclusivamente alle spese di viaggio, vitto e alloggio.


Art. 17. Ripetizione degli esami analitici e/o organolettici in caso di assemblaggio e dolcificazione di partite DO

1. Fatte salve le limitazioni connesse all’indicazione in etichetta della menzione «riserva», della menzione «gran selezione» e dell’annata di produzione delle uve di cui all’art. 31, rispettivamente commi 3, 6 e 12, della legge e fatte salve le misure più restrittive stabilite dagli specifici disciplinari di produzione, in caso di assemblaggio di partite già certificate della medesima tipologia di DO, appartenenti o meno alla stessa annata, per la partita coacervata deve essere prodotta, a cura del detentore entro tre giorni lavorativi dalla data di effettuazione dell’assemblaggio, per via telematica, all’organismo di controllo apposita autocertificazione, corredata dall’attestazione dell’enologo di cui alla legge n. 129/1991, o di altro tecnico abilitato, responsabile del processo di assemblaggio, sulla conformità della partita assemblata ai parametri chimico – fisici stabiliti dall’art. 26 del regolamento CE n. 607/2009 e di quelli previsti dallo specifico disciplinare di produzione.

2. Fatte salve le misure più restrittive stabilite dagli specifici disciplinari di produzione, per le partite di vini DO che successivamente alla certificazione sono state oggetto della pratica di dolcificazione, si applicano le seguenti disposizioni:

a) la partita ottenuta dalla dolcificazione deve rientrare nell’ambito di uno dei tipi di prodotto relazionati al tenore zuccherino residuo previsti dallo specifico disciplinare;
b) la partita deve essere sottoposta ad un nuovo esame analitico; a tal fine può essere seguita l’analoga procedura di autocertificazione prevista al comma 1;
c) nel caso in cui l’entità della dolcificazione della partita sia tale da determinare una variazione del tipo di prodotto relazionato al tenore zuccherino residuo, tenendo conto dei limiti stabiliti dalla vigente normativa dell’Unione europea e nazionale, la stessa partita, oltre ad essere sottoposta ad un nuovo esame analitico con le modalità di cui alla lettera b), deve essere sottoposta ad un nuovo esame organolettico.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono applicabili soltanto nei casi in cui non sia scaduta la validità della certificazione, così come stabilita all’art. 3, comma 7, delle singole partite DO destinate all’assemblaggio o alla dolcificazione; altrimenti sono applicabili le ordinarie disposizioni in materia di esami analitici ed organolettici previste dal presente decreto.


Art. 18. Campioni di vini DOP e IGP pronti per il consumo, detenuti per la vendita o posti in commercio, prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge – Riscontro con precedente certificazione analitica e definizione dei limiti di tolleranza dei parametri chimico-fisici, ai sensi dell’art. 65, comma 5, lettera f, della legge

1. Al fine di assicurare il riscontro fra i parametri chimico-fisici dei campioni di vini DOP e IGP pronti per il consumo, detenuti o posti in commercio, prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri Organi di controllo nel settore agro-alimentare, nell’ambito della loro attività istituzionale, con i parametri della precedente certificazione analitica della relativa partita, rilasciata in conformità alle disposizioni di cui ai precedenti articoli sono stabiliti i seguenti criteri e tolleranze:

a) il riscontro è effettuato con la certificazione analitica inserita nel «registro telematico»;
b) in conformità alla disposizione di etichettatura di cui all’art. 54, par. 1, comma 3, del regolamento CE n. 607/2009, sono consentite le seguenti tolleranze del titolo alcolometrico volumico effettivo:
– nella misura di ± 0,5% vol per i vini diversi da quelli di cui al successivo trattino;
– nella misura di ± 0,8% vol per i vini immagazzinati in bottiglie per oltre tre anni;
– nella misura di ± 0,8 % vol per i vini spumanti, i vini spumanti di qualità, i vini frizzanti, i vini liquorosi e i vini di uve stramature;
c) per le finalità del presente decreto, le tolleranze di cui al primo e terzo trattino della lettera b) sono applicabili anche nei riguardi dei campioni prelevati, dalle predette Autorità di controllo, dalle partite di vino non confezionate.

2. Per i campioni di vini DOP o IGP prelevati nella fase di vigilanza da parte dei Consorzi di tutela ai sensi dell’art. 41 della legge, i parametri chimico-fisici accertati sono riscontrati con i parametri minimi o massimi stabiliti dagli specifici disciplinari, fatte salve le tolleranze di cui al comma 1, lettera b) e fermi restando gli adempimenti connessi alla collaborazione con l’Autorità di controllo.

3. Per le partite di vini DOP o IGP che, in conformità al relativo piano dei controlli, non sono state sottoposte ad esami analitici, i parametri chimico-fisici accertati sui campioni prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge, sono riscontrati con i parametri minimi o massimi stabiliti dagli specifici disciplinari, fatte salve le tolleranze di cui al comma 1, lettera b).


Art. 19. Campioni di vini DOP e IGP pronti per il consumo, detenuti per la vendita o posti in commercio, prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge – Esecuzione degli esami organolettici e relativo finanziamento, ai sensi dell’art. 65, comma 8, della legge

1. Fatte salve le disposizioni vigenti che stabiliscono le modalità con le quali effettuare il prelevamento dei vini, anche in relazione a specifiche finalità, ciascun singolo campione di vini denominati con il nome di una DOP o di una IGP, comprende, almeno, in vista dell’esecuzione dell’esame organolettico, tre esemplari, ciascuno di volume compreso tra 0,375 e 1 litro, il primo dei quali è riservato all’esame di prima istanza, il secondo alla revisione dell’esame stesso, se richiesta dall’interessato, ed il terzo è riservato all’eventuale perizia disposta dall’Autorità giudiziaria.

2. Ai fini del comma 1, è consentito che, nel caso del prelevamento di vini confezionati, l’esemplare sia costituito da più recipienti in confezioni originali di volume nominale conforme a quanto previsto dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 12, fino al raggiungimento del volume minimo.

3. Gli esemplari di cui al comma 1 sono rispettivamente contrassegnati con la dicitura «esemplare per l’esecuzione dell’esame organolettico di prima istanza», «esemplare a disposizione per l’eventuale esecuzione dell’esame organolettico di revisione» ed «esemplare a disposizione per l’esecuzione dell’esame organolettico eventualmente disposto dall’Autorità giudiziaria» e ne è fatta menzione nel verbale di prelevamento.

4. Fatte salve le disposizioni del presente articolo, l’esame organolettico di prima istanza e, se richiesto, di revisione, dei campioni per i quali l’esito dell’esame chimico-fisico è conforme ai parametri del disciplinare, è effettuato dalle commissioni di degustazione conformemente alle disposizioni di cui agli articoli 7 e 8, nonché dell’art. 9 esclusi i commi da 7 a 12.

5. Le disposizioni di cui al comma 4 sono applicabili anche per i campioni di vini IGP, fatto salvo che per l’espletamento dell’esame organolettico di detti campioni sono da ritenersi autorizzate le commissioni di degustazione nominate per le DOP presenti sul medesimo territorio, in ambito regionale o interregionale.

6. Il responsabile del Laboratorio cui sono stati consegnati i campioni, prelevati dall’Autorità di controllo o di altri organi di controllo o dai consorzi di tutela, invia i campioni medesimi, se richiesto dalle stesse autorità o consorzi, alle competenti commissioni di degustazione, che li prendono in carico, curando le necessarie annotazioni sull’apposito registro previsto dall’art. 9, comma 2, lettera a).

7. E’ consentito, nel corso di una stessa seduta di degustazione, l’esame congiunto di campioni di vini DOP e di vini IGP, purché i campioni dei vini IGP siano tutti esaminati all’inizio oppure alla fine della riunione in modo consecutivo, senza che sia alternato l’esame di campioni di vini DOP.

8. Dalla scheda di valutazione dei vini IGP risulta il giudizio della commissione di degustazione, che può essere di «idoneità» oppure di «non idoneità». Ai fini del presente articolo, nel caso dei vini DOP, il giudizio di «rivedibilità» equivale al giudizio di «non idoneità».

9. L’esito dell’esame organolettico è comunicato dalla commissione di degustazione al responsabile del Laboratorio richiedente, per il seguito di competenza.

10. Fatte salve le disposizioni vigenti in materia di accertamenti tramite analisi di campioni, nel caso in cui l’esame organolettico di prima istanza e, se richiesto, di revisione, si concluda con un giudizio di «non idoneità», le spese di funzionamento della commissione di degustazione sono poste a carico del soggetto responsabile della partita sottoposta a prelevamento o dell’imbottigliatore, nel caso dei prodotti confezionati, nella misura determinata dal decreto n. 9276 del 12 giugno 2014, citato in premessa.

11. Il responsabile del Laboratorio, nel comunicare l’esito delle analisi al soggetto responsabile della partita sottoposta a prelevamento o all’imbottigliatore, indica che le spese di cui al comma 10 sono versate direttamente agli organismi di controllo di cui all’art. 64 della legge, previa emissione della relativa fattura.


Art. 20. Disposizioni particolari e transitorie

1. Fatta salva la possibilità di accreditarsi al SIAN per l’utilizzo del registro telematico, per i detentori esonerati dall’obbligo della tenuta del registro telematico, ai sensi dell’art. 58, comma 2 della legge, le informazioni utili per l’applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto sono acquisite dall’organismo di controllo attraverso la dichiarazione di giacenza, la dichiarazione di produzione, la documentazione di accompagnamento dei prodotti vitivinicoli e altra documentazione giustificativa.

2. Gli obblighi relativi alla presentazione, tramite l’inserimento nel registro telematico, delle richieste, dichiarazioni e attestazioni di cui al presente decreto, nei tempi ivi previsti, possono essere assolti dal detentore mediante la trasmissione all’organismo di controllo della predetta documentazione, nonché delle informazioni utili per la verifica del carico e dello scarico, del documento di accompagnamento, della comunicazione di avvenuto imbottigliamento delle relative partite. Restano comunque fermi gli obblighi di aggiornamento del registro telematico nei termini di cui al decreto 20 marzo 2015, n. 293.

3. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto il Ministero effettua la verifica sull’implementazione delle disposizioni dello stesso decreto e, se del caso, con decreto ministeriale, sentita la Conferenza Stato-Regioni, adotta le misure atte a migliorare la funzionalità e l’efficienza del sistema degli esami analitici e/o organolettici dei vini DOP e IGP posto in essere. Da detta verifica e relativo provvedimento ministeriale sono escluse le disposizioni relative al finanziamento della commissione di appello di cui all’art. 16.


Art. 21. Clausola di invarianza finanziaria

1. All’attuazione del presente decreto si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


Art. 22. Entrata in vigore. Abrogazione precedente norma

1. Il presente decreto entra in vigore a decorrere dal 1° aprile 2019.

2. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto 11 novembre 2011 richiamato in premessa.

Il presente decreto è trasmesso all’organo di controllo ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


ALLEGATI

Pratiche commerciali sleali filiera agricola alimentare

L’Unione Europea ha adottato la direttiva sulle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare (pratiche commerciali sleali filiera agricola alimentare)


Parlamento Europeo e Consiglio hanno emanato la direttiva del 17 aprile 2019, n.633, sulle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare.

Ecco il testo:

25.4.2019

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 111/59


IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 43, paragrafo 2,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

visto il parere del Comitato delle regioni (2),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),

considerando quanto segue:

(1)

Nella filiera agricola e alimentare sono comuni squilibri considerevoli nel potere contrattuale tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari. È probabile che tali squilibri nel potere contrattuale comportino pratiche commerciali sleali nel momento in cui partner commerciali più grandi e potenti cerchino di imporre determinate pratiche o accordi contrattuali a proprio vantaggio relativamente a un’operazione di vendita. Tali pratiche possono ad esempio: discostarsi nettamente dalle buone pratiche commerciali, essere in contrasto con i principi di buona fede e correttezza ed essere imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte, imporre un trasferimento ingiustificato e sproporzionato del rischio economico da un partner commerciale alla sua controparte, oppure imporre un significativo squilibrio di diritti e doveri a uno dei partner commerciali. Alcune pratiche potrebbero essere manifestatamente sleali anche quando entrambe le parti le accettano. È opportuno introdurre, nell’Unione, un livello minimo di tutela rispetto alle pratiche commerciali sleali per ridurne la frequenza, in quanto possono avere un effetto negativo sul tenore di vita della comunità agricola. L’approccio di armonizzazione minima della presente direttiva consente agli Stati membri di adottare o mantenere norme nazionali che vanno al di là delle pratiche commerciali sleali elencate nella presente direttiva.

(2)

Dal 2009 tre pubblicazioni della Commissione (la comunicazione della Commissione del 28 ottobre 2009 sul migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa, la comunicazione della Commissione del 15 luglio 2014 per affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese, e la relazione della Commissione del 29 gennaio 2016 sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese) si sono incentrate sul funzionamento della filiera alimentare, comprese le pratiche commerciali sleali che vi sono attuate. La Commissione ha suggerito gli elementi specifici da includere preferibilmente in eventuali quadri di gestione, su base nazionale e volontaria, riguardanti le pratiche commerciali sleali attuate nella filiera alimentare. Non essendo tali elementi entrati tutti a far parte del quadro giuridico o dei regimi di gestione volontaria degli Stati membri, il verificarsi di tali pratiche è rimasto al centro del dibattito politico nell’Unione.

(3)

Nel 2011, il Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare, guidato dalla Commissione, ha approvato una serie di principi di buone prassi nelle relazioni verticali nella filiera alimentare, concordati dalle organizzazioni che rappresentano la maggioranza degli operatori della filiera alimentare. Tali principi sono diventati la base per l’iniziativa della filiera avviata nel 2013.

(4)

Nella sua risoluzione del 7 giugno 2016 sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare (4) il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare una proposta relativa a un quadro giuridico dell’Unione in materia di pratiche commerciali sleali. Nelle sue conclusioni del 12 dicembre 2016 sul rafforzamento della posizione degli agricoltori nella filiera alimentare e sulla lotta contro le pratiche commerciali sleali, il Consiglio ha invitato la Commissione ad avviare tempestivamente una valutazione d’impatto al fine di proporre un quadro legislativo dell’Unione o misure non legislative per affrontare le pratiche commerciali sleali. La Commissione ha preparato una valutazione d’impatto, preceduta da una consultazione pubblica aperta e da consultazioni mirate. Inoltre, durante il processo legislativo la Commissione ha fornito informazioni che dimostrano come i grandi operatori rappresentino una percentuale considerevole del valore complessivo della produzione.

(5)

Nella filiera agricola e alimentare operano diversi soggetti, a livelli diversi delle fasi di produzione, trasformazione, marketing, distribuzione e vendita al dettaglio dei prodotti agricoli e alimentari. Per questi prodotti, tale filiera è di gran lunga il più importante canale di transito «dal produttore al consumatore». Gli operatori commercializzano i prodotti agricoli e alimentari, segnatamente i prodotti agricoli primari, inclusi quelli della pesca e dell’acquacoltura, elencati nell’allegato I del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e i prodotti non elencati in tale allegato ma trasformati per uso alimentare a partire dai prodotti elencati in tale allegato.

(6)

Che il rischio commerciale sia implicito in qualunque attività economica è un dato di fatto, ma la produzione agricola è caratterizzata anche da un’estrema incertezza dovuta sia alla dipendenza dai processi biologici sia all’esposizione ai fattori meteorologici. Tale incertezza è aggravata dal fatto che i prodotti agricoli e alimentari sono più o meno deperibili e stagionali. In un contesto di politica agricola decisamente più orientato al mercato rispetto al passato, proteggersi dalle pratiche commerciali sleali è ora più importante per gli operatori presenti nella filiera agricola e alimentare.

(7)

In particolare è probabile che tali pratiche commerciali sleali abbiano un impatto negativo sul tenore di vita della comunità agricola. Tale impatto è ritenuto sia diretto, in quanto riguarda i produttori agricoli e le loro organizzazioni in qualità di fornitori, che indiretto, poiché le conseguenze delle pratiche commerciali sleali che avvengono nella filiera agricola e alimentare si ripercuotono «a cascata» con effetti negativi sui produttori primari in tale filiera.

(8)

Nella maggior parte degli Stati membri, anche se non in tutti, esistono norme nazionali specifiche che tutelano i fornitori dalle pratiche commerciali sleali attuate nei rapporti tra imprese lungo la filiera agricola e alimentare. Anche quando è possibile fare affidamento sul diritto contrattuale o su iniziative di autoregolamentazione, il timore di ritorsioni commerciali nei confronti di un denunciante, così come i rischi finanziari associati al contrasto di tali pratiche, limitano di fatto l’utilità tali mezzi di ricorso previsti. Di conseguenza, alcuni Stati membri che dispongono di norme specifiche in materia di pratiche commerciali sleali affidano l’applicazione di tali norme alle autorità amministrative. Laddove esistono, tuttavia, le norme degli Stati membri contro le pratiche commerciali sleali sono caratterizzate da notevoli differenze tra uno Stato membro e l’altro.

(9)

Il numero e le dimensioni degli operatori variano tra una fase e l’altra della filiera agricola e alimentare. È probabile che le differenze nel potere contrattuale, che corrispondono alla dipendenza economica del fornitore dall’acquirente, portino gli operatori più grandi a imporre agli operatori più piccoli pratiche commerciali sleali. Un approccio dinamico, basato sulle dimensioni relative del fornitore e dell’acquirente in termini di fatturato, dovrebbe fornire agli operatori che ne hanno maggiormente bisogno una maggiore tutela contro le pratiche commerciali sleali. Le pratiche commerciali sleali sono dannose soprattutto per le imprese di dimensioni medio-piccole (PMI) presenti nella filiera agricola e alimentare. Anche le imprese più grandi delle PMI ma con un fatturato annuale non superiore a 350 000 000 EUR dovrebbero essere tutelate dalle pratiche commerciali sleali, onde evitare che il costo di tali pratiche sia trasferito ai produttori agricoli. L’effetto a cascata sui produttori agricoli sembra essere particolarmente significativo per le imprese il cui fatturato annuale arriva a un massimo di 350 000 000 EUR. La tutela dei fornitori intermedi di prodotti agricoli ed alimentari, inclusi i prodotti trasformati, può servire anche a evitare una diversione degli scambi dai produttori agricoli e dalle loro associazioni, che producono prodotti trasformati, verso fornitori non tutelati.

(10)

Della tutela garantita dalla presente direttiva dovrebbero beneficiare i produttori agricoli e le persone fisiche e giuridiche che forniscono prodotti agricoli e alimentari, comprese le organizzazioni di produttori, riconosciute o meno, e le associazioni di organizzazioni di produttori, riconosciute o meno, in funzione del loro potere contrattuale relativo. Tali organizzazioni di produttori e associazioni di organizzazioni di produttori comprendono le cooperative. Tali produttori e persone sono particolarmente vulnerabili alle pratiche commerciali sleali e meno in grado di farvi fronte senza subirne un impatto negativo sulla loro sostenibilità economica. Per quanto riguarda le categorie di fornitori che dovrebbero essere tutelati ai sensi della presente direttiva, va rilevato che parte rilevante delle cooperative composte da agricoltori sono imprese più grandi delle PMI ma con un fatturato annuale non superiore a 350 000 000 EUR.

(11)

Nella presente direttiva dovrebbero rientrare le transazioni commerciali indipendentemente dal fatto che siano effettuate tra imprese oppure tra imprese e autorità pubbliche, dato che queste ultime dovrebbero essere vincolate al rispetto delle stesse norme quando acquistano prodotti agricoli e alimentari. La presente direttiva si dovrebbe applicare a tutte le autorità pubbliche che agiscono quali acquirenti.

(12)

È opportuno tutelare i fornitori nell’Unione non solo dalle pratiche commerciali sleali attuate da acquirenti che sono nello stesso Stato membro dell’acquirente o in uno Stato membro diverso da quello dell’acquirente, ma anche contro pratiche commerciali sleali attuate da acquirenti stabiliti al di fuori dell’Unione. Tale tutela potrebbe evitare eventuali conseguenze indesiderate, quali la scelta del luogo di stabilimento sulla base delle norme applicabili. Anche i fornitori stabiliti al di fuori dell’Unione dovrebbero beneficiare della tutela da pratiche commerciali sleali qualora vendano prodotti agricoli e alimentari nell’Unione. Non solo tali fornitori sono probabilmente altrettanto vulnerabili rispetto a pratiche commerciali sleali, ma un ambito di applicazione più ampio potrebbe evitare la diversione indesiderata degli scambi verso fornitori non tutelati, che vanificherebbe la tutela dei fornitori nell’Unione.

(13)

L’ambito di applicazione della presente direttiva dovrebbe comprendere alcuni servizi accessori alla vendita di prodotti agricoli e alimentari.

(14)

La presente direttiva dovrebbe applicarsi al comportamento commerciale degli operatori più grandi rispetto agli operatori con un minor potere contrattuale. Un’approssimazione adeguata del potere contrattuale relativo è il fatturato annuale dei diversi operatori. Pur essendo un’approssimazione, questo criterio consente agli operatori di poter prevedere i propri diritti e obblighi ai sensi della presente direttiva. Un limite massimo dovrebbe impedire che la tutela sia accordata a operatori che non sono vulnerabili o lo sono considerevolmente meno rispetto alle controparti o ai concorrenti più piccoli. La presente direttiva stabilisce pertanto categorie di operatori della filiera definite sulla base del fatturato, in base alle quali è accordata la tutela.

(15)

Poiché le pratiche commerciali sleali possono verificarsi in qualsiasi fase della vendita di un prodotto agricolo o alimentare, prima, durante o dopo un’operazione di vendita, gli Stati membri dovrebbero far sì che la presente direttiva si applichi a questo tipo di pratiche indipendentemente dal momento in cui si verificano.

(16)

Nel decidere se una particolare pratica commerciale è da considerarsi sleale è importante ridurre il rischio che il ricorso ad accordi equi tra le parti, volti a creare efficienza, venga limitato. È quindi opportuno operare una distinzione tra le pratiche che sono previste in termini chiari ed univoci negli accordi di fornitura o in accordi successivi fra le parti e pratiche messe in atto dopo l’inizio dell’operazione, senza essere state preventivamente concordate, in modo tale da vietare unicamente le modifiche unilaterali e retroattive apportate alle condizioni chiare ed univoche pertinenti dell’accordo di fornitura. Alcune pratiche commerciali sono però considerate sleali per loro stessa natura e non dovrebbero essere soggette alla libertà contrattuale delle parti.

(17)

I ritardi di pagamento dei prodotti agricoli e alimentari, compresi i ritardi di pagamenti per prodotti deperibili, e gli annullamenti di ordini di prodotti deperibili con un breve preavviso incidono negativamente sulla sostenibilità economica del fornitore, senza fornire alcuna forma di beneficio compensativo. Tali pratiche dovrebbero pertanto essere vietate. In tale contesto, ai fini della presente direttiva è opportuno prevedere una definizione di prodotti agricoli e alimentari deperibili. Le definizioni utilizzate negli atti dell’Unione connessi alla legislazione alimentare hanno obiettivi diversi, ad esempio la salute e la sicurezza alimentare, e pertanto non sono appropriate ai fini della presente direttiva. Un prodotto dovrebbe essere considerato deperibile se si può presumere che diventerà inadatto alla vendita entro 30 giorni dall’ultima fase della raccolta, produzione o trasformazione da parte del fornitore, indipendentemente dall’ulteriore trasformazione del prodotto dopo la vendita e dal fatto che esso sia trattato dopo la vendita conformemente ad altre norme, in particolare quelle in materia di sicurezza alimentare. I prodotti deperibili sono generalmente utilizzati o venduti rapidamente. Non sono compatibili con la correttezza delle transazioni commerciali i pagamenti per prodotti deperibili effettuati a oltre 30 giorni dalla consegna, oppure oltre 30 giorni dopo il termine di un periodo di consegna convenuto in cui i prodotti sono consegnati periodicamente, oppure oltre 30 giorni dopo la data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere. Al fine di garantire una maggiore tutela agli agricoltori e alla loro liquidità, i fornitori di altri prodotti agricoli e alimentari non dovrebbero dover aspettare i pagamenti oltre 60 giorni dalla consegna, oppure oltre 60 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui i prodotti sono consegnati periodicamente, oppure oltre 60 giorni dalla data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere.

Tali limiti dovrebbero applicarsi solo ai pagamenti connessi alla vendita di prodotti agricoli e alimentari e non ad altri pagamenti, quali i pagamenti supplementari versati da una cooperativa ai propri membri. Conformemente alla direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), dovrebbe anche essere possibile considerare la data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere per un periodo di consegna concordato, ai fini della presente direttiva, la data di emissione della fattura, oppure la data della sua ricezione da parte dell’acquirente.

(18)

Le disposizioni stabilite dalla presente direttiva in merito ai ritardi di pagamento costituiscono norme specifiche per il settore agricolo e alimentare in relazione alle disposizioni sui periodi di pagamento definite nella direttiva 2011/7/UE. Le disposizioni stabilite dalla presente direttiva in merito ai ritardi di pagamento non dovrebbero ripercuotersi su accordi relativi a clausole di ripartizione del valore ai sensi dell’articolo 172 bis del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Al fine di salvaguardare lo svolgimento regolare del programma destinato alle scuole di cui all’articolo 23 del regolamento (UE) n. 1308/2013, le disposizioni stabilite dalla presente direttiva in merito ai ritardi di pagamento non dovrebbero applicarsi a pagamenti effettuati da un acquirente (ossia richiedente dell’aiuto) a un fornitore nel quadro del programma destinato alle scuole. Tenendo conto del fatto che per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria dare priorità all’assistenza sanitaria in modo da trovare un equilibrio tra le esigenze dei singoli pazienti e le risorse finanziarie rappresenta una sfida, queste disposizioni non dovrebbero applicarsi nemmeno agli enti pubblici ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE.

(19)

Le uve e il mosto per la produzione di vino hanno specifiche caratteristiche in quanto le uve sono raccolte solo nel corso di un periodo dell’anno molto limitato, ma sono utilizzate per produrre vino che in alcuni casi sarà venduto solo molti anni dopo. Al fine di rispondere a tale situazione specifica, le organizzazioni di produttori e le organizzazioni interprofessionali hanno tradizionalmente sviluppato per la fornitura di tali prodotti contratti tipo. Tali contratti tipo prevedono specifici termini di pagamento a rate. Poiché sono utilizzati dai fornitori e dagli acquirenti nell’ambito di accordi pluriennali, tali contratti tipo non si limitano pertanto a fornire ai produttori agricoli la sicurezza di relazioni di vendita durature, ma contribuiscono anche alla stabilità della filiera. Qualora detti contratti tipo siano stati elaborati da parte di organizzazioni di produttori, organizzazioni interprofessionali o associazioni di organizzazioni di produttori riconosciute e siano stati resi vincolanti da uno Stato membro entro il 1o gennaio 2019 ai sensi dell’articolo 164 del regolamento (UE) n. 1308/2013 («estensione») oppure qualora l’estensione dei contratti tipo sia rinnovata da uno Stato membro senza che ai termini di pagamento siano apportate modifiche significative svantaggiose per i fornitori di uve e mosto, le disposizioni stabilite dalla presente direttiva in merito ai ritardi di pagamento non dovrebbero applicarsi ai contratti tra fornitori di uve e mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti. Gli Stati membri hanno l’obbligo di notificare alla Commissione i relativi accordi di organizzazioni di produttori, organizzazioni interprofessionali e associazioni di organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi dell’articolo 164, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1308/2013.

(20)

Un preavviso di annullamento per prodotti deperibili inferiore a 30 giorni dovrebbe essere considerato sleale in quanto il fornitore non sarebbe in grado di trovare uno sbocco alternativo per tali prodotti. Tuttavia, nel caso di prodotti in determinati settori, anche un preavviso di annullamento più breve potrebbe comunque lasciare ai fornitori tempo sufficiente per vendere i prodotti altrove oppure utilizzarli essi stessi. È pertanto opportuno consentire agli Stati membri di prevedere, per questi settori, preavvisi di annullamento più brevi in casi debitamente giustificati.

(21)

Gli acquirenti più forti non dovrebbero modificare unilateralmente condizioni contrattuali concordate, ad esempio eliminando dal listino prodotti coperti da un accordo di fornitura. Ciò non dovrebbe tuttavia applicarsi a situazioni in cui tra il fornitore e l’acquirente esiste un accordo che stipuli espressamente la possibilità che l’acquirente specifichi in un momento successivo un elemento specifico della transazione relativamente a ordini futuri. Ciò potrebbe riguardare ad esempio le quantità ordinate. Un accordo non è necessariamente concluso in un momento preciso per tutti gli aspetti della transazione tra il fornitore e l’acquirente.

(22)

Fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari dovrebbero poter negoziare liberamente operazioni di vendita, compresi i prezzi. Tali negoziati comprendono anche pagamenti per servizi forniti dall’acquirente al fornitore, quali l’inserimento in listino, il marketing e la promozione. Qualora tuttavia un acquirente imponga al fornitore pagamenti non connessi a una specifica operazione di vendita, tale pratica dovrebbe essere ritenuta sleale ed essere vietata dalla presente direttiva.

(23)

Anche se non dovrebbe sussistere alcun obbligo di ricorrere a contratti scritti, il loro uso nella filiera agricola e alimentare può contribuire a evitare determinate pratiche commerciali sleali. Pertanto, e al fine di tutelare i fornitori da tali pratiche sleali, è opportuno che i fornitori o le loro associazioni abbiano il diritto di richiedere una conferma scritta delle condizioni di un accordo di fornitura quando tali condizioni siano già state concordate. In questi casi il rifiuto di un acquirente di confermare per iscritto le condizioni dell’accordo di fornitura dovrebbe essere ritenuta una pratica commerciale sleale e dovrebbe essere vietata. Inoltre gli Stati membri potrebbero individuare, condividere e promuovere le migliori pratiche in materia di conclusione di contratti a lungo termine, al fine di rafforzare il potere contrattuale dei produttori nella filiera agricola e alimentare.

(24)

La presente direttiva non armonizza le norme relative all’onere della prova applicabili nei procedimenti dinanzi alle autorità nazionali di contrasto, né la definizione di accordi di fornitura. Le norme relative all’onere della prova e la definizione di accordi di fornitura sono pertanto quelle stabilite dal diritto nazionale degli Stati membri.

(25)

A norma della presente direttiva, i fornitori dovrebbero poter denunciare determinate pratiche commerciali sleali. Le ritorsioni commerciali da parte degli acquirenti contro i fornitori che esercitano i propri diritti, o la minaccia di ricorrervi, ad esempio eliminando prodotti dal listino, riducendo le quantità dei prodotti ordinati oppure interrompendo determinati servizi forniti dall’acquirente al fornitore, quali il marketing o le promozioni sui prodotti del fornitore, dovrebbero essere vietate e considerate come pratiche commerciali sleali.

(26)

Normalmente è l’acquirente a farsi carico dei costi dell’immagazzinamento, dell’esposizione, dell’inserimento in listino di prodotti agricoli e alimentari, o della messa a disposizione sul mercato. La presente direttiva dovrebbe pertanto vietare che a un fornitore sia imposto un pagamento a favore dell’acquirente o di una terza parte per tali servizi, a meno che il pagamento sia stato concordato in termini chiari e univoci al momento della conclusione dell’accordo di fornitura o in eventuali accordi successivi tra l’acquirente e il fornitore. Qualora tale pagamento sia stato concordato, dovrebbe fondarsi su stime oggettive e ragionevoli.

(27)

Affinché i contributi di un fornitore ai costi della promozione, del marketing o della pubblicità dei prodotti agricoli e alimentari, comprese l’esposizione promozionale nei punti vendita e le campagne di vendita, siano considerati equi, è opportuno che siano concordati in termini chiari e univoci al momento della conclusione dell’accordo di fornitura o in eventuali accordi successivi tra l’acquirente e il fornitore. In caso contrario, dovrebbero essere vietati dalla presente direttiva. Qualora tale contributo sia stato concordato, dovrebbe fondarsi su stime oggettive e ragionevoli.

(28)

Gli Stati membri dovrebbero designare autorità di contrasto al fine di garantire l’efficace applicazione dei divieti previsti dalla presente direttiva. Tali autorità dovrebbero essere in grado di agire di propria iniziativa o sulla base di denunce presentate dalle parti vittime di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare, di denunce provenienti da informatori, o sulla base di denunce anonime. Un’autorità di contrasto potrebbe ritenere che non vi siano motivi sufficienti per dare seguito a una denuncia. Tale conclusione potrebbe essere dovuta anche a priorità amministrative. Nel caso in cui l’autorità di contrasto ritenga di non essere in grado di dare priorità a una denuncia, dovrebbe informarne il denunciante indicandone le motivazioni. Quando un denunciante chiede che la sua identità rimanga riservata per paura di ritorsioni commerciali, le autorità di contrasto dello Stato membro dovrebbero adottare opportuni provvedimenti.

(29)

Se uno Stato membro dispone di più di un’autorità di contrasto, dovrebbe designare un unico punto di contatto al fine di facilitare una cooperazione efficace tra le autorità di contrasto e la cooperazione con la Commissione.

(30)

I fornitori potrebbero avere più facilità a presentare denunce all’autorità di contrasto del proprio Stato membro, ad esempio per motivi linguistici. Ciononostante, in termini di esecuzione, potrebbe risultare più efficace presentare una denuncia all’autorità di contrasto dello Stato membro in cui è stabilito l’acquirente. Ai fornitori dovrebbe essere lasciata la scelta dell’autorità a cui desiderano rivolgere le denunce.

(31)

Le denunce da parte di organizzazioni di produttori, altre organizzazioni di fornitori e associazioni di tali organizzazioni, organizzazioni rappresentative comprese, possono servire a tutelare le identità dei singoli membri dell’organizzazione che si ritengono colpiti da pratiche commerciali sleali. Altre organizzazioni che hanno un interesse legittimo a rappresentare i fornitori dovrebbero anche avere il diritto di presentare denunce, su richiesta di un fornitore e nel suo interesse, a condizione che dette organizzazioni siano persone giuridiche indipendenti senza scopo di lucro. Le autorità di contrasto degli Stati membri dovrebbero pertanto essere in grado di ricevere e dar seguito alle denunce presentate da tali entità, salvaguardando nel contempo i diritti processuali dell’acquirente.

(32)

Al fine di garantire l’efficace applicazione del divieto di pratiche commerciali sleali, le autorità di contrasto designate dovrebbero disporre di tutte le risorse e le competenze necessari.

(33)

Le autorità di contrasto degli Stati membri dovrebbero disporre dei poteri e delle competenze necessari a condurre indagini. Il conferimento di tali poteri alle autorità non comporta l’obbligo di utilizzarli in ciascuna indagine che esse effettuano. I poteri delle autorità di contrasto dovrebbero ad esempio consentire loro di raccogliere efficacemente informazioni fattuali; esse dovrebbero altresì avere il potere di ordinare, se del caso, la cessazione di una pratica vietata.

(34)

Eventuali elementi deterrenti, quali il potere di imporre o avviare procedimenti, per esempio procedimenti giurisdizionali per l’imposizione di sanzioni pecuniarie e altre sanzioni altrettanto efficaci, e la pubblicazione dei risultati delle indagini, compresa la pubblicazione di informazioni relative all’acquirente che ha commesso la violazione, possono favorire un cambiamento dei comportamenti e soluzioni tra le parti in fase di precontenzioso e, pertanto, dovrebbero essere parte integrante dei poteri conferiti alle autorità di contrasto. Le sanzioni pecuniarie possono essere particolarmente effettive e dissuasive. Tuttavia, dovrebbe spettare all’autorità di contrasto decidere quali dei suoi poteri eserciterà in ciascuna indagine e se imporrà o avvierà un procedimento per l’imposizione di una sanzione pecuniaria o un’altra sanzione altrettanto efficace.

(35)

L’esercizio dei poteri conferiti alle autorità di contrasto ai sensi della presente direttiva dovrebbe essere soggetto a opportune salvaguardie, che soddisfino gli standard dei principi generali del diritto dell’Unione e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, tra cui il rispetto dei diritti della difesa dell’acquirente.

(36)

La Commissione e le autorità di contrasto degli Stati membri dovrebbero collaborare strettamente per garantire un approccio comune in merito all’applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva. In particolare, le autorità di contrasto dovrebbero fornirsi assistenza reciproca, ad esempio scambiandosi informazioni e dando supporto alle indagini che hanno una dimensione transfrontaliera.

(37)

Per favorire un contrasto efficace, la Commissione dovrebbe contribuire all’organizzazione di riunioni periodiche tra le autorità di contrasto degli Stati membri in cui sia possibile scambiarsi informazioni pertinenti, migliori pratiche, nuovi sviluppi, pratiche di contrasto e raccomandazioni relative all’applicazione delle disposizioni stabilite dalla presente direttiva.

(38)

Per agevolare questo tipo di scambi, la Commissione dovrebbe creare sito Internet pubblico che contenga riferimenti alle autorità nazionali di contrasto, comprese informazioni sulle misure nazionali di recepimento della presente direttiva.

(39)

Poiché la maggior parte degli Stati membri dispone già di norme nazionali in materia di pratiche commerciali sleali, ancorché discordanti, è opportuno usare lo strumento della direttiva per introdurre un livello minimo di tutela disciplinato dal diritto dell’Unione. In tal modo gli Stati membri dovrebbero poter integrare le norme pertinenti nel loro ordinamento giuridico nazionale così da rendere possibile l’istituzione di regimi coerenti. Si dovrebbe lasciare agli Stati membri la possibilità di mantenere o introdurre nel loro territorio norme nazionali più rigorose che prevedano un livello più alto di tutela dalle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese lungo la filiera agricola e alimentare, rispettando i limiti imposti dal diritto dell’Unione applicabile al funzionamento del mercato interno, a condizione che tali norme siano proporzionate.

(40)

Gli Stati membri dovrebbero anche poter mantenere o introdurre norme nazionali volte a contrastare le pratiche commerciali sleali che non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, rispettando i limiti imposti dal diritto dell’Unione applicabile al funzionamento del mercato interno, a condizione che tali norme siano proporzionate. Tali norme nazionali potrebbero andare al di là della presente direttiva, ad esempio per quanto riguarda le dimensioni di acquirenti e fornitori, la tutela degli acquirenti, il ventaglio di prodotti interessati nonché il ventaglio di servizi. Esse potrebbero altresì andare al di là del numero e del tipo di pratiche commerciali sleali vietate elencate nella presente direttiva.

(41)

Tali norme nazionali si applicherebbero parallelamente a misure di gestione volontarie, quali i codici di condotta nazionali o l’iniziativa sulla catena di approvvigionamento. Il ricorso a volontario a risoluzioni alternative delle controversie tra acquirenti e fornitori è espressamente incoraggiato, fatto salvo il diritto del fornitore di presentare una denuncia o di rivolgersi a giudici competenti in materia civile.

(42)

È opportuno che la Commissione abbia una visione d’insieme dell’attuazione della presente direttiva negli Stati membri. Essa, inoltre, dovrebbe essere in grado di valutare l’efficacia della presente direttiva. A tal fine, le autorità di contrasto degli Stati membri dovrebbero presentarle relazioni annuali. Tali relazioni dovrebbero, se del caso, fornire informazioni quantitative e qualitative in merito a denunce, indagini e decisioni adottate. È opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione in modo da garantire condizioni uniformi di esecuzione dell’obbligo di presentare relazioni. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (7).

(43)

Ai fini di un’efficace attuazione della politica riguardante le pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, è opportuno che la Commissione riesamini l’applicazione della presente direttiva e presenti una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Tale riesame dovrebbe valutare, in particolare, l’efficacia delle misure nazionali tese a combattere le pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare nonché l’efficacia della cooperazione tra le autorità di contrasto. Il riesame dovrebbe inoltre soffermarsi su un’eventuale giustificazione, in futuro, della tutela, oltre che dei fornitori, anche degli acquirenti di prodotti agricoli e alimentari lungo la filiera. La relazione dovrebbe essere corredata, se del caso, delle proposte legislative.

(44)

Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire stabilire un livello minimo di tutela da parte dell’Unione armonizzando le misure divergenti in materia di pratiche commerciali sleali degli Stati membri, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma, a motivo della portata e dei suoi effetti, possono essere conseguiti meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Oggetto e ambito di applicazione

1.   Allo scopo di contrastare le pratiche che si discostano nettamente dalle buone pratiche commerciali, sono contrarie ai principi di buona fede e correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte, la presente direttiva definisce un elenco minimo di pratiche commerciali sleali vietate nelle relazioni tra acquirenti e fornitori lungo la filiera agricola e alimentare e stabilisce norme minime concernenti l’applicazione di tali divieti, nonché disposizioni per il coordinamento tra le autorità di contrasto.

2.   La presente direttiva si applica a determinate pratiche commerciali sleali attuate nella vendita di prodotti agricoli e alimentari:

a)

da parte di fornitori con un fatturato annuale pari o inferiore a 2 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 2 000 000 EUR;

b)

da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 2 000 000 EUR e 10 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 10 000 000 EUR;

c)

da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 10 000 000 EUR e 50 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 50 000 000 EUR;

d)

da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 50 000 000 EUR e 150 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 150 000 000 EUR;

e)

da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 150 000 000 EUR e 350 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 350 000 000 EUR.

Il fatturato annuale dei fornitori e degli acquirenti di cui al primo comma, lettere da a) a e) è da intendersi in conformità delle parti pertinenti dell’allegato della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (8), in particolare degli articoli 3, 4 e 6, comprese le definizioni di «impresa autonoma», «impresa associata», «impresa collegata», e altre questioni relative al fatturato annuale.

In deroga al primo comma, la presente direttiva si applica in relazione alle vendite di prodotti agricoli e alimentari da parte di fornitori con un fatturato annuale pari o inferiore a 350 000 000 EUR ad acquirenti che siano autorità pubbliche.

La presente direttiva si applica alle vendite in cui il fornitore o l’acquirente, o entrambi, sono stabiliti nell’Unione.

Nella misura in cui vi è fatto esplicito riferimento all’articolo 3, la presente direttiva si applica anche ai servizi forniti dall’acquirente al fornitore.

La presente direttiva non si applica agli accordi tra fornitori e consumatori.

3.   La presente direttiva si applica ai contratti di fornitura conclusi dopo la data di applicazione delle misure di recepimento della presente direttiva ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma.

4.   Gli accordi di fornitura conclusi prima della data di pubblicazione delle misure che recepiscono la presente direttiva in conformità dell’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, sono resi conformi alla presente direttiva entro 12 mesi da tale data di pubblicazione.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

1)   «prodotti agricoli e alimentari»: i prodotti elencati nell’allegato I del TFUE e i prodotti non elencati in tale allegato, ma trasformati per uso alimentare a partire dai prodotti elencati in tale allegato;

2)   «acquirente»: qualsiasi persona fisica o giuridica, indipendentemente dal luogo di stabilimento di tale persona, o qualsiasi autorità pubblica nell’Unione che acquista prodotti agricoli e alimentari; il termine «acquirente» può includere un gruppo di tali persone fisiche e giuridiche;

3)   «autorità pubblica»: autorità nazionali, regionali o locali, organismi di diritto pubblico o le associazioni costituite da una o più di tali autorità o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico;

4)   «fornitore»: qualsiasi produttore agricolo o persona fisica o giuridica, indipendentemente dal suo luogo di stabilimento, che vende prodotti agricoli e alimentari. Il termine «fornitore» può includere un gruppo di tali produttori agricoli o un gruppo di tali persone fisiche e giuridiche, come le organizzazioni di produttori, le organizzazioni di fornitori e le associazioni di tali organizzazioni;

5)   «prodotti agricoli e alimentari deperibili»: i prodotti agricoli e alimentari che per loro natura o nella fase della loro trasformazione potrebbero diventare inadatti alla vendita entro 30 giorni dalla raccolta, produzione o trasformazione.

Articolo 3

Divieto di pratiche commerciali sleali

1.   Gli Stati membri provvedono affinché almeno tutte le seguenti pratiche commerciali sleali siano vietate:

a)

l’acquirente versa al fornitore il corrispettivo a lui spettante,

i)

se l’accordo di fornitura comporta la consegna dei prodotti su base regolare:

per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre 30 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate oppure dopo oltre 30 giorni dalla data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere per il periodo di consegna in questione, a seconda di quale delle due date sia successiva;

per gli altri prodotti agricoli e alimentari, dopo oltre 60 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate oppure dopo oltre 60 giorni dalla data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere per il periodo di consegna in questione, a seconda di quale delle due date sia successiva;

ai fini dei periodi di pagamento di cui al presente punto, si considera che i periodi di consegna convenuti non superino comunque un mese;

ii)

se l’accordo di fornitura non comporta la consegna dei prodotti su base regolare:

per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre 30 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 30 giorni dalla data in cui è stabilito l’importo da corrispondere a seconda di quale delle due date sia successiva;

per gli altri prodotti agricoli e alimentari, dopo oltre 60 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 60 giorni dalla data in cui è stabilito l’importo da corrispondere, a seconda di quale delle due date sia successiva;

Fatti salvi i punti i) e ii) della presente la lettera, se l’acquirente stabilisce l’importo da corrispondere:

i periodi di pagamento di cui al punto i) decorrono a partire dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate; e

i periodi di pagamento di cui al punto ii) decorrono a partire dalla data di consegna;

b)

l’acquirente annulla ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili con un preavviso talmente breve da far ragionevolmente presumere che il fornitore non riuscirà a trovare un’alternativa per commercializzare o utilizzare tali prodotti; per preavviso breve si intende sempre un preavviso inferiore a 30 giorni; in casi debitamente giustificati e in determinati settori gli Stati membri possono stabilire periodi di durata inferiore a 30 giorni;

c)

l’acquirente modifica unilateralmente le condizioni di un accordo di fornitura di prodotti agricoli e alimentari relative alla frequenza, al metodo, al luogo, ai tempi o al volume della fornitura o della consegna dei prodotti agricoli e alimentari, alle norme di qualità, ai termini di pagamento o ai prezzi oppure relative alla prestazione di servizi nella misura in cui vi è fatto esplicito riferimento al paragrafo 2;

d)

l’acquirente richiede al fornitore pagamenti che non sono connessi alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari del fornitore;

e)

l’acquirente richiede che il fornitore paghi per il deterioramento o la perdita, o entrambi, di prodotti agricoli e alimentari che si verificano presso i locali dell’acquirente o dopo che tali prodotti sono divenuti di sua proprietà, quando tale deterioramento o perdita non siano stati causati dalla negligenza o colpa del fornitore;

f)

l’acquirente rifiuta di confermare per iscritto le condizioni di un accordo di fornitura tra l’acquirente e il fornitore per il quale quest’ultimo abbia richiesto una conferma scritta; ciò non si applica quando l’accordo di fornitura riguardi prodotti che devono essere consegnati da un socio di un’organizzazione di produttori, compresa una cooperativa, all’organizzazione di produttori della quale il fornitore è socio, se lo statuto di tale organizzazione di produttori o le regole e decisioni previste in detto statuto o ai sensi di esso contengono disposizioni aventi effetti analoghi alle disposizioni dell’accordo di fornitura;

g)

l’acquirente acquisisce, utilizza o divulga illecitamente segreti commerciali del fornitore ai sensi della direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio (9);

h)

l’acquirente minaccia di mettere in atto, o mette in atto, ritorsioni commerciali nei confronti del fornitore quando quest’ultimo esercita i diritti contrattuali e legali di cui gode, anche presentando una denuncia alle autorità di contrasto o cooperando con le autorità di contrasto durante un’indagine;

i)

l’acquirente chiede al fornitore il risarcimento del costo sostenuto per esaminare i reclami dei clienti relativi alla vendita dei prodotti del fornitore, benché non risultino negligenze o colpe da parte del fornitore;

Il divieto di cui al primo comma, lettera a), è fatto salvo:

le conseguenze dei ritardi di pagamento e i mezzi di ricorso di cui alla direttiva 2011/7/UE, che si applicano, in deroga ai periodi di pagamento stabiliti nella suddetta direttiva, sulla base dei periodi di pagamento di cui alla presente direttiva;

la possibilità che un acquirente e un fornitore concordino una clausola di ripartizione del valore ai sensi dell’articolo 172 bis del regolamento (UE) n. 1308/2013.

Il divieto di cui al primo comma, lettera a) non si applica ai pagamenti:

effettuati da un acquirente a un fornitore quando tali pagamenti siano effettuati nel quadro del programma destinato alle scuole a norma dell’articolo 23 del regolamento (UE) n. 1308/2013;

effettuati da enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria a norma dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE;

nell’ambito di contratti di fornitura tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti, a condizione che:

i)

i termini di pagamento specifici delle operazioni di vendita siano inclusi nei contratti tipo resi vincolanti dallo Stato membro a norma dell’articolo 164 del regolamento (UE) n. 1308/2013 prima del 1o gennaio 2019 e che tale estensione dei contratti tipo sia rinnovata dallo Stato membro a decorrere da tale data senza modificare sostanzialmente i termini di pagamento a danno dei fornitori di uve o mosto; e

ii)

che i contratti di fornitura tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti siano pluriennali o lo diventino.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché almeno tutte le seguenti pratiche commerciali siano vietate, a meno che non siano state precedentemente concordate in termini chiari ed univoci nell’accordo di fornitura o in un altro accordo successivo tra il fornitore e l’acquirente:

a)

l’acquirente restituisce al fornitore prodotti agricoli e alimentari rimasti invenduti, senza corrispondere alcun pagamento per tali prodotti invenduti o senza corrispondere alcun pagamento per il loro smaltimento, o entrambi;

b)

al fornitore è richiesto un pagamento come condizione per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’inserimento in listino dei suoi prodotti agricoli e alimentari, o per la messa a disposizione sul mercato;

c)

l’acquirente richiede al fornitore di farsi carico, in toto o in parte, del costo degli sconti sui prodotti agricoli e alimentari venduti dall’acquirente come parte di una promozione;

d)

l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi della pubblicità, effettuata dall’acquirente, dei prodotti agricoli e alimentari;

e)

l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi del marketing, effettuato dall’acquirente, dei prodotti agricoli e alimentari;

f)

l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi del personale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita dei prodotti del fornitore.

Gli Stati membri provvedono affinché la pratica commerciale di cui al primo comma, lettera c) sia vietata a meno che, prima di una promozione avviata dall’acquirente, quest’ultimo ne specifichi il periodo e indichi la quantità prevista dei prodotti agricoli e alimentari da ordinare a prezzo scontato.

3.   Se l’acquirente richiede un pagamento nelle situazioni di cui al paragrafo 2, primo comma, lettere b), c), d), e) o f), l’acquirente fornisce al fornitore, qualora questi ne faccia richiesta, una stima per iscritto dei pagamenti unitari o dei pagamenti complessivi a seconda dei casi e, per le situazioni di cui al paragrafo 2, primo comma, lettere b), d), e) e f), fornisce anche una stima, per iscritto, dei costi per il fornitore e i criteri alla base di tale stima.

4.   Gli Stati membri provvedono affinché i divieti di cui ai paragrafi 1 e 2 costituiscano disposizioni imperative prioritarie, applicabili a tutte le situazioni che rientrano nel campo di applicazione di tali divieti, qualunque sia la legge altrimenti applicabile al contratto di fornitura tra le parti.

Articolo 4

Autorità di contrasto designate

1.   Ogni Stato membro designa una o più autorità incaricate di applicare i divieti di cui all’articolo 3 a livello nazionale («autorità di contrasto») e informa la Commissione di tale designazione.

2.   Se uno Stato membro designa più di una autorità di contrasto nel suo territorio, designa un unico punto di contatto sia per la cooperazione tra autorità di contrasto sia per la cooperazione con la Commissione.

Articolo 5

Denunce e riservatezza

1.   I fornitori possono presentare denunce all’autorità di contrasto dello Stato membro in cui essi sono stabiliti oppure all’autorità di contrasto dello Stato membro in cui è stabilito l’acquirente sospettato di avere attuato una pratica commerciale vietata. L’autorità di contrasto a cui è presentata la denuncia è competente per applicare i divieti di cui all’articolo 3.

2.   Le organizzazioni di produttori, altre organizzazioni di fornitori e le associazioni di tali organizzazioni hanno il diritto di presentare una denuncia su richiesta di uno o più dei loro membri o, se del caso, su richiesta di uno o più dei soci delle rispettive organizzazioni membro, qualora tali membri si ritengano vittime di una pratica commerciale vietata. Altre organizzazioni che hanno un interesse legittimo a rappresentare i fornitori hanno il diritto di presentare denunce su richiesta di un fornitore, e nell’interesse di tale fornitore, a condizione che dette organizzazioni siano persone giuridiche indipendenti senza scopo di lucro.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché, qualora il denunciante lo richieda, l’autorità di contrasto adotti le misure necessarie per tutelare adeguatamente l’identità del denunciante o dei membri o fornitori di cui al paragrafo 2 e per tutelare adeguatamente qualunque altra informazione la cui divulgazione, secondo il denunciante, sarebbe lesiva degli interessi del denunciante o di quei membri o fornitori. Il denunciante specifica le informazioni per le quali chiede un trattamento riservato.

4.   Gli Stati membri provvedono affinché l’autorità di contrasto che riceve la denuncia informi il denunciante, entro un periodo di tempo ragionevole dal ricevimento della denuncia, di come intende dare seguito alla denuncia.

5.   Gli Stati membri provvedono affinché, se ritiene che non vi siano ragioni sufficienti per agire a seguito della denuncia, l’autorità di contrasto informi il denunciante dei motivi della sua decisione entro un periodo di tempo ragionevole dal ricevimento della denuncia.

6.   Gli Stati membri provvedono affinché, se ritiene che vi siano ragioni sufficienti per agire a seguito della denuncia, l’autorità di contrasto avvii, conduca e concluda un’indagine sulla denuncia entro un periodo di tempo ragionevole.

7.   Gli Stati membri fanno in modo che, una volta accertata la violazione dei divieti di cui all’articolo 3, l’autorità di contrasto imponga all’acquirente di porre fine alla pratica commerciale vietata.

Articolo 6

Poteri dell’autorità di contrasto

1.   Gli Stati membri provvedono affinché tutte le autorità di contrasto nazionali dispongano delle risorse e delle competenze necessarie per assolvere i propri doveri e conferiscono loro i poteri seguenti:

a)

il potere di avviare e condurre indagini di propria iniziativa o a seguito di una denuncia;

b)

il potere di chiedere agli acquirenti e ai fornitori di fornire tutte le informazioni necessarie al fine di condurre indagini sulle pratiche commerciali vietate;

c)

il potere di effettuare ispezioni in loco, senza preavviso, nel quadro delle indagini, in conformità delle norme e delle procedure nazionali;

d)

il potere di adottare decisioni in cui accerta la violazione dei divieti di cui all’articolo 3 e impone all’acquirente di porre fine alla pratica commerciale vietata; l’autorità può astenersi dall’adottare una siffatta decisione qualora tale decisione rischi di rivelare l’identità del denunciante o qualsiasi altra informazione la cui divulgazione, secondo il denunciante stesso, potrebbe essere lesiva dei suoi interessi, e a condizione che egli abbia specificato quali sono tali informazioni conformemente all’articolo 5, paragrafo 3;

e)

il potere di imporre o avviare procedimenti finalizzati all’imposizione di sanzioni pecuniarie e altre sanzioni di pari efficacia e provvedimenti provvisori, nei confronti dell’autore della violazione, in conformità delle norme e procedure nazionali;

f)

il potere di pubblicare regolarmente le decisioni adottate ai sensi delle lettere d) ed e).

Le sanzioni di cui al primo comma, lettera e), sono efficaci, proporzionate e dissuasive e tengono conto della natura, della durata, della frequenza e della gravità della violazione.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché l’esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 sia soggetto a opportune tutele riguardo ai diritti della difesa, conformemente ai principi generali del diritto dell’Unione e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, compreso nei casi in cui il denunciante chiede il trattamento riservato delle informazioni a norma dell’articolo 5, paragrafo 3.

Articolo 7

Risoluzione alternativa delle controversie

Fatto salvo il diritto dei fornitori di presentare denunce a norma dell’articolo 5, e fatti salvi i poteri delle autorità di contrasto di cui all’articolo 6, gli Stati membri possono promuovere il ricorso volontario a meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie efficaci e indipendenti, quali la mediazione, allo scopo di risolvere le controversie tra fornitori e acquirenti relative all’attuazione di pratiche commerciali sleali.

Articolo 8

Cooperazione tra autorità di contrasto

1.   Gli Stati membri provvedono affinché le autorità di contrasto cooperino efficacemente tra loro e con la Commissione e affinché si prestino reciproca assistenza nelle indagini che presentano una dimensione transfrontaliera.

2.   Le autorità di contrasto si riuniscono almeno una volta all’anno per discutere dell’applicazione della presente direttiva sulla base delle relazioni annuali di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Le autorità di contrasto discutono delle migliori pratiche, dei nuovi casi e degli ultimi sviluppi nell’ambito delle pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare e scambiano informazioni, in particolare sulle misure di attuazione che hanno adottato ai sensi della presente direttiva e sulle rispettive pratiche di contrasto. Le autorità di contrasto possono adottare raccomandazioni volte a promuovere l’applicazione coerente della presente direttiva e a potenziare il contrasto. La Commissione agevola lo svolgimento di tali riunioni.

3.   La Commissione istituisce e gestisce un sito web che consenta lo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto e la Commissione, in particolare per quanto riguarda le riunioni annuali. La Commissione crea un sito web pubblico che riporta i recapiti delle autorità di contrasto designate e i link ai siti web delle autorità di contrasto nazionali o di altre autorità degli Stati membri che a loro volta contengono informazioni sulle misure di recepimento della presente direttiva di cui all’articolo 13, paragrafo 1.

Articolo 9

Norme nazionali

1.   Per garantire un più alto livello di tutela, gli Stati membri possono mantenere o introdurre norme nazionali volte a contrastare le pratiche commerciali sleali più rigorose di quelle previste nella presente direttiva, a condizione che esse siano compatibili con le norme relative al funzionamento del mercato interno.

2.   La presente direttiva lascia impregiudicate le norme nazionali finalizzate a contrastare le pratiche commerciali sleali che non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva, a condizione che esse siano compatibili con le norme relative al funzionamento del mercato interno.


Nota all’art.9

Per quanto concerne l’Italia, prima che venisse attuata la direttiva mediante il D. Lgs. 198/2021, le pratiche sleali nel settore agricolo erano:


Articolo 10

Relazioni

1.   Gli Stati membri provvedono affinché le loro autorità di contrasto pubblichino una relazione annuale sulle loro attività che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, che, tra l’altro, indichi il numero delle denunce ricevute e il numero delle indagini da esse aperte o concluse nel corso dell’anno precedente. Per ogni indagine conclusa, la relazione contiene un’illustrazione sommaria del caso, l’esito dell’indagine e, se del caso, la decisione presa, nel rispetto degli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 5, paragrafo 3.

2.   Entro il 15 marzo di ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sulle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare. Tale relazione contiene, in particolare, tutti i dati pertinenti riguardanti il contrasto e l’applicazione delle norme ai sensi della presente direttiva nello Stato membro interessato nel corso dell’anno precedente.

3.   La Commissione può adottare atti di esecuzione che stabiliscano:

a)

le norme relative alle informazioni necessarie ai fini dell’applicazione del paragrafo 2;

b)

le disposizioni riguardanti la gestione delle informazioni da inviare dagli Stati membri alla Commissione e le norme sul contenuto e sulla forma di tali informazioni;

c)

le modalità relative alla trasmissione o alla messa a disposizione delle informazioni e dei documenti agli Stati membri, alle organizzazioni internazionali, alle autorità competenti dei paesi terzi o al pubblico, fermi restando la protezione dei dati personali e i legittimi interessi dei produttori agricoli e delle imprese alla tutela dei segreti aziendali.

Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 11, paragrafo 2.

Articolo 11

Procedura di comitato

1.   La Commissione è assistita dal comitato per l’organizzazione comune dei mercati agricoli istituito dall’articolo 229 del regolamento (UE) n. 1308/2013. Tale comitato è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.

Articolo 12

Valutazione

1.   Entro il 1o novembre 2025, la Commissione procede a una prima valutazione della presente direttiva e presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione in cui espone le principali conclusioni di tale valutazione. Tale relazione è corredata, se del caso, da proposte legislative.

2.   Tale valutazione esamina almeno i seguenti aspetti:

a)

l’efficacia delle misure attuate a livello nazionale volte a contrastare le pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare;

b)

l’efficacia della cooperazione tra le autorità di contrasto competenti e, se del caso, i modi in cui è possibile migliorare tale cooperazione.

3.   Per la relazione di cui al paragrafo 1, la Commissione si basa anzitutto sulle relazioni annuali di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Se necessario, la Commissione può chiedere agli Stati membri informazioni aggiuntive, comprese informazioni sull’efficacia delle misure attuate a livello nazionale e sull’efficacia della cooperazione e dell’assistenza reciproca.

4.   Entro il 1o novembre 2021, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione intermedia sullo stato del recepimento e dell’attuazione.

Articolo 13

Recepimento

1.   Entro il 1o maggio 2021, gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarvisi. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali misure.

Gli Stati membri applicano le suddette misure entro il 1o novembre 2021.

Le misure adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

2.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 14

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il quinto giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Articolo 15

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Strasburgo, il 17 aprile 2019

Per il Parlamento europeo

Il presidente

A. TAJANI

Per il Consiglio

Il presidente

G. CIAMBA


(1)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165.

(2)  GU C 387 del 25.10.2018, pag. 48.

(3)  Posizione del Parlamento europeo del 12 marzo 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 9 aprile 2019.

(4)  GU C 86 del 6.3.2018, pag. 40.

(5)  Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU L 48 del 23.2.2011, pag. 1).

(6)  Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671).

(7)  Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).

(8)  Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).

(9)  Direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti (GU L 157 del 15.6.2016, pag. 1).



Entro il 10 maggio 2021 gli Stati membri erano tenuti ad la direttiva UE/2019/633 sulle pratiche commerciali sleali filiera agricola alimentare, in modo da tutelare in modo adeguato le imprese agricole.

L’Italia ha provveduto mediante il decreto legislativo 8 novembre 2021, n.198.


 

Enoturismo

Enoturismo: pubblicato il decreto attuativo.


Il MIPAAFT ha pubblicato il  decreto su enoturismo, e cioè le linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio della attività enoturistica.

Tale attività è disciplinata dalla legge 205 del 27 dicembre 2017 (art.1, commi da 502 a 505), che così dispone:

“502. Con il termine « enoturismo » si intendono tutte le attivita’ di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine.
.
503.  Allo svolgimento dell’attivita’ enoturistica si applicano le disposizioni fiscali di cui all’articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413. Il regime forfettario dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’articolo 5, comma 2, della legge n. 413 del 1991 si applica solo per i produttori agricoli di cui agli articoli 295 e seguenti della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006.
.
504.  Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo, adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualita’, con particolare riferimento alle produzioni vitivinicole del territorio, per l’esercizio dell’attivita’ enoturistica.
505.  L’attivita’ enoturistica e’ esercitata, previa presentazione al comune di competenza della segnalazione certificata di inizio attivita’ (SCIA), ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in conformita’ alle normative regionali, sulla base dei requisiti e degli standard disciplinati dal decreto di cui al comma 504″.

 

 

Va ricordato che il Testo Unico Vino:

    • consente che “i consorzi di tutela di cui al comma 4, anche in collaborazione con enti e organismi pubblici e privati, possono favorire e promuovere attivita’ di promozione dell’enoturismo” (art.40, comma 11);
    • modifica la disciplina delle “strade del vino” (art.87), consentendo alle aziende agricole la somministrazione di produzioni agroalimentari tradizionali e delle produzioni designate con denominazione di origine protetta (DOP) o indicazione geografica protetta (IGP) della regione di appartenza (art.87)

Vendemmia turistica


 

Legislazione vitivinicola

Produzione e commercio vino sono oggetto di minuziosa regolamentazione già a livello comunitario, sulla quale si fonda poi tutta la copiosa normativa nazionale (legislazione vitivinicola).


La legislazione vitivinicola europea (la quale condiziona fortemente la legislazione vitivinicola italiana, così come quella degli altri Stati membri dell’Unione) discende dall’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) per il vino, che sussiste nel più ampio contesto della Politica Comune Agricola (una delle competenze originarie della Comunità Europea).


Grazie a queste norme, su tutto il terriorio dell’Unione Europea:

  • i vini italiani possono essere facilmente commercializzati
  • le nostre denominazioni di origine trovano efficace protezione

In assenza invece di tali norme, tutto ciò non sarebbe possibile.

 


DIRITTO UNIONE EUROPEA 

(legislazione vitivinicola europea)

 

Normativa principale (regolamento “base”):

Regolamento UE n.1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla “OCM Unica” (all’interno del testo, bisogna individuare le norme applicabili ai prodotti vitivinicoli), come modificato dal regolamento UE/2127/2021) per effetto della riforma della PAC 2023/2027 (“PAC post-2020”)

Regolamento UE/2126/2021) sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune, che dal 1/1/2023 abroga e sostituisce il regolamento UE 1306/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla medesima materia.
.
Regolamento UE/2125/2021 sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (il quale abroga e sostituisce i regolamenti UE/1305/2013 e UE/1307/2013 sulla medesima materia)
.

*  Norme di attuazione per la OCM Vino:

Regolamento UE n.555/2008 della Commissione, concernente i programmi di sostegno, agli scambi con i paesi terzi, il potenziale produttivo ed i controlli nel settore vitivinicolo

Regolamento delegato UE 273/2018, concernente (anche) lo schedario viticolo, le dichiarazioni obbligatorie e le informazioni per il controllo del mercato, i documenti che scortano il trasporto dei prodotti e la tenuta dei registri nel settore vitivinicolo. Tale regolamento fra l’altro abroga il previgente regolamento UE n. 436/2009 della Commissione.

Regolamento 934/2019 della Commissione, recante il  Codice Enologico (che abroga il precedente regolamento UE n.606/2009)

Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione.   Tale regolamento abroga il regolamento UE n.607/2009 della Commissione.

Regolamento di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, del 17 ottobre 2018. , recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le modifiche del disciplinare di produzione, il registro dei nomi protetti, la cancellazione della protezione nonché l’uso dei simboli, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un idoneo sistema di controlli

Si tenga conto che detti regolamenti subiscono modificazioni con una certa frequenza, per cui ne va preso in considerazione il testo consolidato, vigente nel momento che interessa.


Per effetto dei poteri che le sono stati delegati mediante la riforma della PAC nel 2013, la Commissione ha quindi adottato i regolamenti delegati ed esecutivi per l’attuazione delle norme previste dal regolamento sulla OCM Unica.

Cronologicamente, ciò è avvenuto nel seguente modo:

 

Nel 2015 sono  stati pubblicati i due regolamenti concernenti il regime delle autorizzazioni agli impianti viticoli: il 560/2015 (regolamento delegato) ed il 561/2015 (regolamento esecutivo). Essi sono poi stati abrogati a fine 2017, venendo rispettivamente sostituiti dal regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

Nel 2016 ha invece fatto seguito l’emanazione di altri due regolamenti, aventi ad oggetto i programmi di sostegno al settore vitivinicolo:

  • il Regolamento di esecuzione (UE) 2016/1150 della Commissione, del 15 aprile 2016, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo;
  • il Regolamento delegato (UE) 2016/1149 della Commissione, del 15 aprile 2016, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo e che modifica il regolamento (CE) n. 555/2008 della Commissione.

 

A fine 2017 sono intervenute nuove modificazioni alla legislazione attuativa del regolamento base, portate dai già citati regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

 

Agli inizi del 2019 sono stati pubblicati i seguenti regolamenti:

  • Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione;
  • Regolamento di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, del 17 ottobre 2018, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le modifiche del disciplinare di produzione, il registro dei nomi protetti, la cancellazione della protezione nonché l’uso dei simboli, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un idoneo sistema di controlli.

 

Norme apposite vigono per il vino biologico (regolamento di Parlamento e Consiglio .n.848/2018, art.18 e 35 nonché Allegato II, parte VI, la cui disciplina è andata a sostituire quella contenuta nel regolamento della Commissione n.203/2012) ed  i vini aromatizzati (regolamento del Consiglio e del Parlamento Europeo n.251/2014).


Procedura legislativa EU per riforma DOP-IGP



 

DIRITTO ITALIANO

(legislazione vitivinicola italia)

 
* Leggi ed atti equivalenti

Testo Unico Vino“, nel quale sono confluiti i seguenti provvedimenti, ora abrogati di conseguenza:

 


* Decreti del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf)

 

Per orientarsi, è bene distinguere tra:

 

30 novembre 2011, Approvazione dei  disciplinari di produzione dei vini DOP e IGP consolidati e dei relativi fascicoli tecnici

13 agosto 2012, Disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo.

7 novembre 2012 – Procedura a livello nazionale per la presentazione e l’esame delle domande di protezione delle DOP e IGP dei vini e di modifica dei disciplinari, ai sensi del Regolamento CE n. 1234/2007 e del decreto legislativo n. 61/2010. (Gazz. Uff. 24 novembre 2012, n.275).

26 ottobre 2015, Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (UE) della Commissione n.436/2009, inerenti la dichiarazione vendemmia e produzione vinicola.

19 febbraio 2015, n.1213, Conversione in autorizzazione dei diritti reimpianto vigneto.

15 dicembre 2015, n.12272,  Sistema di autorizzazione per gli impianti viticoli,  poi modificato dal D.M. 935 del 13 febbraio 2018 (che, fra l’altro, ha introdotto un quantro comma all’art.10, per evitare speculazioni nell’uso delle autorizzazioni stesse, in particolare i trasferimenti tra Regioni)

23 dicembre 2015, Aspetti procedurali per il rilascio dell’autorizzazione per l’etichettatura transitoria dei vini DOP e IGP.


Per quanto concerne i prelievi dei campioni da analizzare, la disciplina è quella portata dal DPR del 26 marzo 1989, n.327



Decreti MIPAAF su settore vitivinicolo

Circolari AGEA su settore vitivinicolo



Il rispetto di dette disposizioni consente la tracciabilità/rintracciabilità nel settore vitivinicolo.




legislazione vitivinicolA

Brexit tutela denominazioni Regno Unito

La tutela di DOP e IGP nel Regno Unito in seguito alla Brexit : una disciplina vaga e debole (Brexit tutela denominazioni Regno Unito)



BREXIT - Accordo di cooperazione economica tra UE e Regno Unito

BREXIT - Accordo di recesso



Mediante un accordo concluso la vigilia di Natale, è stata scongiurato che il Regno Unito uscisse dall’Unione Europea senza alcun accordo per regolare i successivi rapporti tra i due ordinamenti giuridici (la cosiddetta “Hard Brexit”).

Tuttavia, in materia di tutela delle denominazioni di origine ed indicazioni geografiche, l’accordo tra UE e Regno Unito è decisamente scarno.

Stabilisce infatti l’Accordo tra UE e Regno Unito (art. IP.57):

Noting the relevant provisions of any earlier bilateral agreement between the United Kingdom of the one part and the European Union and European Atomic Energy Community of the other part, the Parties may jointly use reasonable endeavours to agree rules for the protection and effective domestic enforcement of their geographical indications.

Quindi nessun concreto impegno viene assunto dal Regno Unito per tutelare le DOP e IGP europee (e viceversa): le Parti si sono solo impegnate ad impegnarsi per concordare in futuro eventuali regole in materia (” … may jointly use reasonable endeavours to agree rules for the protection …”).

La portata della tutela è allora quella discendente dall’accordo TRIPS (art.22, 23 e 24), cui aderiscono sia il Regno Unito che l’Unione Europea.

Inoltre, nel Regno Unito le DOP e IGP europee troveranno tutela sulla base dei mezzi previsti dalla legge locale.

In altre parole, il Regno Unito regolerà autonomamente la tutela delle denominazioni di origine sul proprio territorio, secondo la propria disciplina nazionale.

Il problema di fondo è che gli Accordi TRIPS sono poco efficaci, sopratutto poiché non vengono individuate quali sono le indicazioni geografiche che devono ricevere protezione.

Di conseguenza, negli ultimi venti anni l’Unione Europea ha concluso una rete di appositi accordi internazionali con molti altri Stati – fra cui: U.S.A, Canada, Sud Africa, Cile, Australia, Giappone, Cina) – per vedere protette sul loro territorio le nostre DOP e IGP.

In tali accordi vengono specificamente individuate quali sono le indicazioni geografiche di ciascuna parte che l’altra deve proteggere.

Esattamente ciò che manca nell’accordo commerciale appena concluso tra UE e Regno Unito!

Nell’accordo commerciale post-Brexit, un’apposita sezione (Parte 2, Titolo V) è dedicata alla proprietà intellettuale, disciplinata mediante 57 articoli: di essi, solo l’ultimo tratta le indicazioni geografiche, nello scarno e vago modo che si è sopra trascritto.

Il problema – costituito dalla mancata individuazione delle indicazioni geografiche da proteggere – nemmeno è superabile per effetto dell’Accordo di Lisbona concluso in sede WIPO (World Intellectual Property Organization), poiché ad esso attualmente non aderisce il Regno Unito, ma la sola Unione Europea.

L’accordo commerciale post-Brexit si applicherà in via provvisoria, sino al momento in cui interverrà la ratifica da parte dei competenti organi nazionali.

Il Parlamento del Regno Unito e quello dell’Unione Europea si sono espressi in senso favorevole, il primo il 30/12/2020 ed il secondo il 28/4/2021.


BREXIT - Circolari Agenzia delle Dogane


brexit-tutela-denominazioni-regno-unito

Brexit tutela denominazioni Regno Unito

Brexit tutela denominazioni Regno Unito

decreto consorzi tutela vini

ll decreto ministeriale 18/7/2018 regola la costituzione e la gestione dei consorzi tutela vini a denominazione ed indicazione geografica (decreto consorzi tutela vini), dando così attuazione al Testo Unico Vino.


DECRETO MINISTERIALE 18 luglio 2018.

Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche dei vini (decreto consorzi tutela vini).

  • pubblicato nella Gazz. Uff. 5 ottobre 2018, n. 232.
  • emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE

ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della commissione del 14 luglio 2009 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (di seguito denominata «Legge»);

Visto l’art. 41 della Legge, concernente disposizioni generali sui consorzi di tutela per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche protette;

Visto in particolare l’art. 41, comma 4, lettere a) e b) il quale prevede la possibilità per il consorzio di tutela di contribuire a migliorare il coordinamento dell’immissione sul mercato della denominazione tutelata, la definizione di piani di miglioramento della qualità del prodotto nonché di organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione ed alla commercializzazione della denominazione tutelata;

Visto inoltre l’art. 41, comma 5 il quale dispone che il consorzio di tutela svolge l’attività di vigilanza, prevalentemente nella fase del commercio, sotto il coordinamento dell’ICQRF ed in raccordo con le regioni, avvalendosi, per lo svolgimento di tale attività, di agenti vigilatori ai quali è attribuita la qualifica di pubblica sicurezza;

Visto altresì il comma 7 del citato art. 41 che prevede l’individuazione delle procedure e delle modalità in base alle quali il consorzio di tutela riconosciuto garantisce una corretta e trasparente informazione sulle funzioni svolte ai sensi dell’art. 41, comma 4, a tutti i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione tutelata;

Visto inoltre il comma 8 del citato art. 41 il quale prevede la determinazione dei criteri e delle modalità per richiedere, da parte del consorzio di tutela riconosciuto ad esercitare le funzioni di cui all’art. 41, comma 4, ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione tutelata al momento della loro immissione al sistema di controllo, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201;

Visto l’art. 41, comma 12, il quale prevede l’emanazione di un decreto nel quale siano stabilite le condizioni per consentire ai consorzi di svolgere le attività di promozione, valorizzazione tutela, vigilanza, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini per i quali risultano incaricati;

Visto altresì l’art. 41, comma 12, ultimo periodo della Legge, il quale dispone che siano individuate le cause di incompatibilità degli organi amministrativi dei consorzi di tutela, comprese altresì le cause di incompatibilità relative agli incarichi dirigenziali svolti presso i consorzi di tutela;

Visto l’art. 39 della Legge che prevede la possibilità per i consorzi di tutela, in particolari annate climatiche, di formulare alle regioni proposte relative all’attuazione della gestione delle produzioni;

Visto l’art. 44 della Legge ed in particolare il comma 9, il quale prevede che il consorzio di tutela rappresentativo ai sensi dell’art. 41, comma 4 rilascia l’autorizzazione all’utilizzo del riferimento ad una DOP o IGP tutelata, nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di prodotti composti, elaborati o trasformati;

Visto l’art. 82 della Legge che stabilisce che siano comminate sanzioni nei confronti del consorzio di tutela autorizzato che non ottemperi alle prescrizioni ed agli obblighi che derivano dal decreto di riconoscimento;

Visti l’art. 90 della Legge ed in particolare il comma 3 il quale prevede l’applicazione, fino all’emanazione dei decreti applicativi della legge, delle disposizioni dei decreti attuativi emanati ai sensi della preesistente normativa nazionale e dell’Unione europea che non siano in contrasto con le materie disciplinate dalla legge e dalla normativa europea;

Visto l’art. 91 della Legge che disciplina, in particolare, al comma 1, lettera c) l’abrogazione del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61;

Considerato che l’art. 41 della Legge non disciplina il riconoscimento dei consorzi di tutela delle sottozone dei vini DOP e ritenuto, tuttavia, opportuno prevedere un periodo transitorio di un anno per consentire la cessazione degli incarichi conferiti ai consorzi predetti, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo citato;

Considerato che la vigilanza sui consorzi di tutela dei vini è esercitata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi del decreto dipartimentale n. 7422 del 12 maggio 2010 recante disposizioni generali in materia di verifica delle attività attribuite ai consorzi di tutela;

Ritenuto opportuno disciplinare compiutamente le modalità di riconoscimento e conferimento dell’incarico a svolgere le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini;

Ritenuto inoltre necessario disciplinare l’attività di vigilanza svolta dal consorzio di tutela ai sensi dell’art. 41, comma 1, lettera e) e comma 4, lettera e) della Legge da espletare prevalentemente nella fase di mercato nonché disciplinare le modalità di rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 44;

Ritenuto altresì opportuno disciplinare le modalità per i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione per accedere alle informazioni relative ai costi sostenuti dal consorzio incaricato a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, secondo criteri di trasparenza e chiarezza nonché di stabilire le disposizioni in base alle quali richiedere il contributo di avviamento ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione al momento della loro immissione al sistema di controllo della denominazione stessa;

Ritenuto necessario, inoltre, disciplinare le modalità per approvare le proposte dei consorzi di tutela, avanzate alle regioni ai sensi dell’art. 39 della Legge;

Visto il parere favorevole della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano reso nella seduta del 19 aprile 2018;

Decreta:


Art. 1. Definizioni

Ai fini del presente decreto si intendono:

a) Legge: la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino;
b) Decreto legislativo: il decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61 recante la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell’art. 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88;
c) Decreto dipartimentale: il decreto dipartimentale 12 maggio 2010, n. 7422 recante le disposizioni generali in materia di verifica delle attività attribuite ai consorzi di tutela;
d) DIQPAI: il Dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare e dell’ippica del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – ufficio PQAI IV;
e) ICQRF: il Dipartimento dell’ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari;
f) PREF: la Direzione generale della prevenzione e del contrasto alle frodi agro-alimentari dell’ICQRF;
g) VICO: la Direzione generale per il riconoscimento degli organismi di controllo e di certificazione e tutela del consumatore dell’ICQRF;
h) Piano: lo strumento adottato dai consorzi in applicazione dell’art. 41, comma 4, lettera b), della legge, al fine di regolare l’offerta allo scopo di migliorare e stabilizzare il funzionamento del mercato comune dei vini, comprese le uve, i mosti e vini da cui sono ottenuti.


Art. 2. Disposizioni generali

1. I consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini sono costituiti ai sensi dell’art. 2602 e ss. del codice civile fra i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge.

2. Il consorzio di tutela, riconosciuto ed incaricato con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, svolge le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge, ovvero, qualora dimostri la rappresentatività nella compagine sociale del consorzio di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento della produzione di competenza dei vigneti dichiarati a DOP o IGP, calcolata sulla base del quantitativo rivendicato e/o certificato, negli ultimi due anni, inteso come media, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC, può svolgere anche le funzioni di cui all’art. 41, comma 4.

3. Le percentuali di rappresentanza relative alla produzione di competenza dei vigneti iscritti nello schedario viticolo indicate al precedente comma sono determinate considerando la produzione oggetto di lavorazione di una qualsiasi fase della filiera (viticoltura, vinificazione ed imbottigliamento), fatto salvo il divieto di considerare più di una volta il prodotto originato dalle uve ottenute dai medesimi vigneti iscritti.

4. Il 66% della produzione di cui al precedente comma 2 deve essere composto per almeno il 33% da prodotto certificato ed imbottigliato.


Art. 3. Statuto

1. Il consorzio di tutela che intende ottenere il riconoscimento ministeriale trasmette al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali lo statuto che deve contenere, ai fini dell’approvazione, fatte salve le previsioni del codice civile:

a) il nome della denominazione per la quale il consorzio opera;
b) le modalità per l’ammissione al consorzio, garantendo espressamente l’accesso, senza discriminazione, in maniera singola o associata, esclusivamente ai viticoltori, ai vinificatori ed agli imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge, della DO o della IG tutelata;
c) gli obblighi degli associati, le modalità per la loro esclusione e/o l’esercizio della facoltà di recesso, che deve essere sempre consentita;
d) l’individuazione e le funzioni degli organi sociali (Assemblea, Consiglio di amministrazione, Presidente, Organo di controllo);
e) norme per la nomina dell’organo di controllo che, se costituito in forma collegiale deve prevedere che almeno un membro effettivo ed uno supplente siano scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili; se costituito in forma monocratica, deve prevedere che il sindaco unico sia scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro;
f) modalità di nomina dei componenti degli organi sociali secondo i criteri di rappresentanza fissati dall’art. 41 della Legge e dal presente decreto nonché le norme di funzionamento degli organi medesimi;
g) norme relative alle modalità di voto e rappresentanza delle diverse categorie della filiera all’interno del consorzio;
h) norme che garantiscano l’autonomia decisionale in tutte le istanze consortili, nel caso in cui il consorzio operi per più DO ed IG;
i) norme per il componimento amichevole nella forma dell’arbitrato – anche irrituale – delle eventuali controversie che dovessero insorgere tra i soci ovvero tra i soci e il consorzio e tutte le controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci, ovvero nei loro confronti, o che abbiano per oggetto la validità di delibere assembleari.


Art. 4. Rappresentanza all’interno del consorzio di tutela per lo svolgimento delle funzioni i cui all’art. 41, comma 1 della Legge

1. Per ottenere il riconoscimento ministeriale e poter quindi perseguire le finalità di cui all’art. 41, comma 1, lettere da a) ad e), il consorzio di tutela deve essere rappresentativo di almeno il 35 per cento dei viticoltori e di almeno il 51 per cento, per cento della produzione di competenza dei vigneti dichiarati a DOP o IGP, calcolata sulla base del quantitativo rivendicato e/o certificato, negli ultimi due anni, inteso come media, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC.

2. Il 51% della produzione di cui al precedente comma 1 deve essere composto per almeno il 25% da prodotto certificato ed imbottigliato.

3. Nel caso in cui il riconoscimento sia richiesto da un consorzio di tutela per più denominazioni, così come previsto dall’art. 41, comma 2 della Legge, la percentuale di rappresentanza, così come individuata al precedente comma 1, deve sussistere per ciascuna denominazione protetta per la quale il consorzio di tutela è incaricato.


Art. 5. Rappresentanza all’interno del consorzio di tutela per lo svolgimento delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge

1. Il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi del precedente art. 4 ed incaricato con decreto ministeriale a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge, che intende esercitare nell’interesse della DO o IG per il quale risulta incaricato e nei confronti di tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG, anche non aderenti, le funzioni di cui all’art. 41, comma 4, è tenuto a dimostrare la rappresentatività nella compagine sociale di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento, inteso come media, della produzione rivendicata e/o certificata, di competenza dei vigneti dichiarati a DO o IG negli ultimi due anni, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC.

2. Nel caso in cui le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della legge siano esercitate da un consorzio di tutela per più denominazioni, così come previsto dall’art. 41, comma 2 della citata Legge, la percentuale di rappresentanza, così come individuata al precedente comma 1, deve sussistere per ciascuna denominazione protetta per la quale il consorzio è incaricato.


Art. 6. Gestione delle attività dei consorzi di tutela

1. Le attività di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, sono svolte dal consorzio di tutela incaricato nel rispetto dei principi e delle modalità di seguito indicati.

2. Ai sensi di quanto previsto dall’art. 39, comma 1 e comma 2, della Legge, al fine di salvaguardare e tutelare la qualità del prodotto a DO o IG e contribuire ad un migliore coordinamento dell’immissione sul mercato della DO o IG tutelata, il consorzio di tutela formula alle regioni proposte relative all’attuazione della gestione delle produzioni, fatto salvo quanto già eventualmente disciplinato dalle regioni in conformità alla Legge.

3. Le proposte avanzate dal consorzio di tutela, ai sensi del precedente comma 2, devono essere adottate in sede di assemblea ordinaria, dopo aver dato ampia diffusione della citata proposta agli utilizzatori inseriti nel sistema di controllo della denominazione.

4. La regione, su proposta del consorzio di tutela adottata ai sensi del precedente comma 3 ed acquisito il parere delle organizzazioni rappresentative della filiera regionale, fissa con provvedimento regionale gli strumenti di gestione delle produzioni di cui all’art. 39 della Legge. Il provvedimento regionale deve essere adottato entro trenta giorni dal ricevimento della proposta, in coerenza con gli obiettivi proposti con l’intervento del consorzio di tutela e comunque, ad eccezione della riduzione della resa massima di vino classificabile come DO, prima dell’inizio della campagna vendemmiale.

5. Il consorzio di tutela al fine di organizzare e coordinare le attività delle categorie della filiera interessate alla produzione ed alla commercializzazione della denominazione tutelata può adottare e presentare un «Piano» nel rispetto dei principi di cui all’art. 167 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e di quanto disposto dai successivi commi 6 e 7 del presente articolo. Il Piano non può in alcun caso riguardare la fissazione dei prezzi.

6. La proposta di Piano di cui al precedente comma, elaborata previa consultazione dei rappresentanti di categoria della denominazione interessata, e dopo ampia diffusione agli utilizzatori inseriti nel sistema di controllo della denominazione, può essere presentata dal consorzio di tutela soltanto ove approvata in sede di assemblea da almeno l’85 per cento dei soci iscritti al consorzio di tutela e da almeno il 51 per cento dei soggetti viticoltori che rappresentano almeno il 66 per cento della produzione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG, intesi come media negli ultimi due anni. Le modalità di voto sono quelle di cui all’art. 8. La proposta di Piano è presentata dal consorzio al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – DIQPAI e contestualmente inviata per conoscenza alle regioni nel cui territorio ricade la DO o IG oggetto del Piano.

7. Il DIQPAI decide sulla proposta di Piano entro tre mesi dalla presentazione della proposta. In mancanza di una decisione espressa la proposta di Piano si intende rigettata. Il Piano di produzione approvato dal DIQPAI è vincolante per tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG tutelata dal consorzio di tutela, anche non aderenti. Il provvedimento è pubblicato sul sito Internet del Ministero e notificato alla commissione europea, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013. Il Piano ha una durata di tre anni dalla data di pubblicazione, salva la sua revisione nel triennio con il medesimo procedimento di approvazione ove intervengano modifiche nei presupposti o nelle prospettive di mercato. Alla scadenza del Piano il consorzio di tutela può presentare una nuova proposta di Piano.

8. La denominazione è tutelata ai sensi dell’art. 103 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 e dell’art. 90, par. 1, del Regolamento (UE) n. 1306/2013 ed il consorzio di tutela incaricato, ai sensi dell’art. 41 della Legge, può esercitare e promuovere ogni azione avanti a qualsiasi organo e qualsiasi giurisdizione, sia nazionale che internazionale, per la tutela e la salvaguardia della denominazione.


Art. 7. Attività di vigilanza dei consorzi di tutela

1. L’attività di vigilanza, di cui all’art. 41, comma 1, lettera e) e comma 4, lettera e) della Legge, è svolta dal consorzio di tutela in collaborazione e sotto il coordinamento dell’ICQRF, prevalentemente nella fase del commercio, attraverso la definizione di un programma di vigilanza, che ha durata triennale, salvo modifiche.

2. L’attività di vigilanza di cui al precedente comma 1 consiste nelle seguenti azioni:

a. nella verifica che le produzioni tutelate rispondano ai requisiti previsti dai disciplinari di produzione. Tali attività di verifica sono espletate solo successivamente all’avvenuta certificazione;
b. nella vigilanza operata sui prodotti similari, prodotti e/o commercializzati sul territorio dell’Unione europea che, con false indicazioni sull’origine, la specie, la natura e le qualità specifiche dei prodotti medesimi, possano ingenerare confusione nei consumatori e recare danno alle produzioni DO e IG.
c. per il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41, comma 4, nella vigilanza sull’utilizzo del riferimento ad una DO o IG nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto composto, elaborato o trasformato, da parte dei soggetti che ha autorizzato ai sensi dell’art. 44 della Legge.

3. Il consorzio di tutela in nessun modo può effettuare verifiche sull’attività svolta dagli organismi di controllo né può svolgere attività di autocontrollo sulle produzioni.

4. Il coordinamento delle attività di cui al precedente comma 2 è affidato all’ufficio territoriale dell’ICQRF territorialmente competente per ogni singola DO o IG.

5. Nell’ipotesi in cui l’area di produzione della DO o IG ricada su un territorio di competenza di più uffici territoriali dell’ICQRF, l’ufficio competente al coordinamento dell’attività di vigilanza di cui al precedente comma 1 è quello competente per il territorio ove il consorzio di tutela ha la sede legale.

6. Il programma di vigilanza da effettuarsi sulle singole DO o IG di cui al precedente comma 1, elaborato dall’ufficio territoriale dell’ICQRF territorialmente competente e dal consorzio di tutela, deve contenere i seguenti elementi:

a. modalità e numero delle visite ispettive da effettuare;
b. numero dei campioni da prelevare;
c. vigilanza da espletare sulle produzioni similari;
d. individuazione laboratori accreditati ove effettuare le analisi dei campioni prelevati, preventivamente anonimizzati;
e. modalità di rendicontazione.

7. Il programma di vigilanza è predisposto secondo le linee guida impartite dall’ICQRF sulla base delle indicazioni di cui al comma 6 ed è trasmesso a cura dell’ufficio territoriale alla PREF che, previa approvazione da parte della stessa PREF, provvederà ad inviarlo per opportuna conoscenza alla regione o provincia autonoma interessata per territorio e al DIQPAI.

8. Il consorzio di tutela elabora un rendiconto dell’attività svolta nell’anno precedente, secondo le linee guida di cui al comma 6 e lo trasmette entro il mese di marzo dell’anno successivo, al competente ufficio territoriale dell’ICQRF, che lo invia alla PREF e per conoscenza alla regione o provincia autonoma interessata per territorio. Il rendiconto viene trasmesso dal consorzio di tutela al DIQPAI nell’ambito della relazione di cui al decreto dipartimentale e successive integrazioni e modifiche.

9. Il consorzio di tutela informa tempestivamente il competente ufficio territoriale dell’ICQRF in merito alle operazioni non pianificate a norma del precedente comma, nonché sulle segnalazioni ricevute in ordine ad eventuali violazioni concernenti la tutela e la salvaguardia delle produzioni dei vini DO e IG.

10. Qualora dalla vigilanza sulla commercializzazione dovesse emergere l’esigenza di effettuare verifiche nelle fasi di produzione, vinificazione e confezionamento, il consorzio di tutela è tenuto ad informare il competente ufficio territoriale dell’ICQRF. Nell’organizzazione della conseguente attività di vigilanza della denominazione, il direttore dell’ufficio territoriale competente – sempre nel rispetto di quanto previsto dal precedente comma 3 – può avvalersi anche degli agenti vigilatori del consorzio di tutela.

11. Le attività di cui all’art. 41, comma 1 lettera e) e comma 4 lettera e) della legge sono svolte dagli agenti vigilatori del consorzio di tutela dei vini DO ed IG ai quali è attribuita nei modi e nelle forme di legge la qualifica di agente di pubblica sicurezza.

12. Il rilascio della tessera di riconoscimento della qualifica di agente vigilatore è di competenza del DIQPAI.

13. I campioni prelevati dagli agenti vigilatori di cui al precedente comma 12 vengono analizzati dai laboratori individuati ai sensi del comma 6, lettera d) del presente articolo. Il proprietario della partita oggetto di prelevamento può chiedere il pagamento del campione al prezzo di acquisto.

14. Il costo delle analisi dei campioni, prelevati dal consorzio di tutela nell’ambito della loro collaborazione all’attività di vigilanza, grava sui bilanci del medesimo consorzio.

15. Gli agenti vigilatori del consorzio di tutela, aventi qualifica di agente di pubblica sicurezza, qualora nel corso dell’attività di vigilanza accertino:

a. illeciti di natura penale, redigono l’informativa della notizia di reato e l’inoltrano all’autorità giudiziaria competente, trasmettendone copia, previa autorizzazione della medesima autorità, al direttore dell’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per territorio;
b. gli illeciti amministrativi di cui all’art. 74 della Legge, provvedono ai sensi dell’art. 41 comma 6 della legge a contestarli e notificarli al trasgressore nei tempi e nei modi previsti dalla legge 24 novembre 1981 n. 689. Inoltre, i medesimi agenti vigilatori provvedono a presentare il rapporto, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689 del 1981, con la prova delle avvenute contestazioni e notificazioni, all’ufficio dell’ICQRF competente per territorio.

16. L’attuazione delle disposizioni dell’articolo grava sulle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri sulla finanza pubblica.


Art. 8. Modalità di voto

1. Lo statuto del consorzio di tutela deve assicurare a ciascun consorziato avente diritto ed appartenente alle categorie viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori l’espressione del voto.

2. A ciascun consorziato avente diritto (appartenente alle categorie dei viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori) deve essere assicurata l’espressione di un voto con valore ponderale rapportato alla quantità di prodotto ottenuto nella campagna vendemmiale immediatamente precedente la data dell’assemblea (rispettivamente uva denunciata, vino denunciato, vino imbottigliato). La ponderazione può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.

3. Qualora il consorziato svolga contemporaneamente due o tre attività produttive, il voto è cumulativo delle attività svolte.

4. Nel caso in cui il consorzio di tutela sia riconosciuto per più denominazioni, il valore del voto è determinato dalla somma dei singoli valori di voto allo stesso consorziato spettanti per ciascuna DO o IG.

5. L’adesione in forma associativa dei soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione a tutela della quale opera il consorzio, ai fini della manifestazione del voto e a condizione della espressa delega dei singoli, consente l’utilizzo cumulativo delle singole quote di voto.


Art. 9. Ripartizione dei costi relativi alle funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge

1. I costi derivanti dall’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 1 sono ripartiti esclusivamente tra i soci del consorzio di tutela.

2. La quota da porre a carico di ciascuna categoria della filiera (viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori) è stabilita dal consorzio di tutela e commisurata alla quantità di prodotto DO o IG (uva, vino denunciato, vino imbottigliato) sottoposto al sistema di controllo nella campagna vendemmiale immediatamente precedente l’anno nel quale vengono attribuiti i costi.

3. La commisurazione della quota di cui al precedente comma 2 può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.


Art. 10. Ripartizione dei costi relativi alle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge

1. I costi derivanti dall’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge sono determinati dal consorzio di tutela e sono posti a carico di tutti i soci del consorzio di tutela e di tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge, anche se non aderenti al consorzio di tutela.

2. I contributi di cui al precedente comma 1 sono costituiti da tariffe applicabili a ciascun socio e agli altri soggetti imponibili viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sulla base della quantità di prodotto DO o IG (uva, vino denunciato, vino imbottigliato) sottoposto al sistema di controllo nella campagna vendemmiale immediatamente precedente l’anno nel quale vengono attribuiti i costi.

3. La commisurazione dei contributi di cui al precedente comma 2 può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.

4. I contributi di cui al presente articolo devono essere riportati in bilancio in conti separati.


Art. 11. Contributo di avviamento di cui all’art. 41, comma 8 della Legge

1. Il consorzio di tutela che svolge le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, può richiedere ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione al momento dell’immissione nel sistema di controllo, di cui all’art. 64 della Legge, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201.

2. La quota del contributo di avviamento indicata al precedente comma 1, è determinata con delibera del Consiglio di amministrazione ed è stabilita in misura fissa, e non superiore al contributo determinato ai sensi dell’art. 10, comma 2.

3. L’entità della quota determinata può essere diversificata per le diverse denominazioni tutelate dal consorzio di tutela e per le categorie della filiera (viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori).

4. Qualora un nuovo soggetto utilizzatore sia immesso nel sistema di controllo per più di una fra le denominazioni tutelate dal consorzio di tutela, è tenuto, al pagamento del contributo di avviamento, laddove richiesto dal consorzio di tutela, come individuato al precedente comma 2, per tutte le denominazioni tutelate dal consorzio di tutela, per le quali richiede l’immissione.

5. Qualora un nuovo soggetto utilizzatore sia immesso nel sistema di controllo per più di una fra le categorie della filiera della denominazione tutelata, è tenuto al pagamento del contributo di avviamento, laddove richiesto dal consorzio di tutela come individuato al precedente comma 2, per tutte le categorie della filiera per cui richiede di essere immesso.

6. Il soggetto utilizzatore che ha provveduto al pagamento del contributo di avviamento di cui al presente articolo, è esonerato dal pagamento al consorzio di tutela del contributo previsto all’art. 10, per il primo anno in cui è richiesto.

7. Il contributo di avviamento richiesto dal consorzio di tutela è destinato all’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge.

8. Il contributo di cui al presente articolo deve essere riportato in bilancio in conti separati.


Art. 12. Fondo consortile

1. Ciascun consorziato ha l’obbligo di contribuire alla formazione del Fondo consortile che è costituito da quote il cui valore sarà determinato dall’assemblea del consorzio di tutela. Il fondo patrimoniale netto di bilancio è determinato, alla fine di ogni esercizio, dalla somma algebrica:

a. del fondo inizialmente conferito in sede di costituzione del consorzio di tutela;
b. delle quote versate dai consorziati ammessi a far parte del consorzio di tutela;
c. dagli eventuali nuovi versamenti in conto capitale deliberati dall’assemblea dei consorziati;
d. dei risultati economici dei bilanci annuali (avanzi e disavanzi di gestione);
e. dell’eventuale contributo di avviamento versato dai nuovi soggetti utilizzatori della DO o IG, al momento della immissione nel sistema di controllo, di cui al precedente art. 11;
f. delle componenti straordinarie positive o negative non riferibili alla gestione ordinaria quali contributi volontari versati da consorziati o da terzi (enti pubblici e privati) ed eventuali lasciti o donazioni.


Art. 13. Obbligo di informazione di cui all’art. 41, comma 7 della Legge

1. Il consorzio di tutela riconosciuto che esercita le funzioni previste all’art. 41, comma 4 della Legge, e che richiede i contributi per lo svolgimento di tali funzioni ai soggetti non aderenti al consorzio di tutela immessi nel sistema di controllo della relativa denominazione tutelata, rende disponibile, anche in forma telematica, ai soci ed ai non aderenti al consorzio di tutela la seguente documentazione e/o informazioni inerenti le attività di cui all’art. 41, comma 4, lettere da a) ad e) della Legge:

a. bilanci preventivi e consuntivi;
b. comunicazioni inerenti l’importo e le modalità di pagamento dei contributi annuali;
c. delibere delle assemblee di approvazione dei bilanci;
d. delibere delle assemblee e/o del Consiglio di amministrazione, relative all’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 lettere da a) a e) della Legge;
e. relazione annuale sulle attività svolte, trasmessa al DIQPAI, ai sensi del decreto dipartimentale;
f. programma annuale o pluriennale delle attività di promozione di cui all’art. 41, comma 4, lettera d) della legge nonché la rendicontazione delle attività di promozione svolte;
g. programma di vigilanza concordato con l’ICQRF, ai sensi dell’art. 7 del presente decreto.

2. Il consorzio di tutela riconosciuto che esercita le funzioni previste all’art. 41, comma 4 della Legge, rende disponibile ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione, al momento dell’immissione nel sistema di controllo, ai quali richiedano il contributo di avviamento, la delibera del Consiglio di amministrazione che ha determinato l’ammontare del contributo, di cui all’art. 11 del presente decreto.

3. Le modalità relative a tali comunicazioni sono stabilite da un regolamento consortile predisposto dal consorzio di tutela ed approvato dal DIQPAI.


Art. 14. Cause di incompatibilità di cui all’art. 41, comma 12 della Legge

1. La nomina come componente dell’organo amministrativo e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, in un consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41 della legge, sono incompatibili con l’assunzione ed il mantenimento di incarichi aventi ad oggetto deleghe gestionali dirette presso le autorità pubbliche e gli organismi di controllo privati, di cui all’art. 64 della legge, e presso gli organismi di accreditamento degli organismi di controllo. (comma così modifcato per effetto del D.M. 17/1/2019).

2. La nomina come componente di un organo sociale del consorzio di tutela, riconosciuto ai sensi dell’art. 41 della Legge è incompatibile con l’assunzione ed il mantenimento dell’incarico di agente vigilatore per la DO od IG per il quale il consorzio di tutela risulta incaricato.


Art. 15. Vigilanza sull’operatività dei consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell’art. 41 della Legge

1. La vigilanza sul rispetto, da parte del consorzio di tutela, delle prescrizioni ministeriali è effettuata dal DIQPAI sulla base del decreto dipartimentale.

2. L’intimazione ad adempiere al consorzio di tutela prevista dall’art. 82, comma 1, della Legge, anche a seguito di segnalazione degli organi di controllo ufficiali, è effettuata dal DIQPAI e trasmessa per conoscenza, anche all’ufficio territoriale dell’ICQRF, individuato ai sensi dell’art. 7, commi 4 e 5. Il consorzio di tutela deve dare riscontro dell’avvenuto adempimento al DIQPAI e per conoscenza all’ufficio territoriale dell’ICQRF, come sopra individuato. Quest’ultimo, in caso di mancato adempimento da parte del consorzio di tutela entro i termini previsti dal medesimo art. 82, comma 1, procede all’accertamento ed alla contestazione della relativa violazione.


Art. 16. Autorizzazione per l’utilizzo del riferimento della DOP O IGP sui prodotti composti, elaborati o trasformati

1. Il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41, comma 4 della legge rilascia, a titolo gratuito, l’autorizzazione di cui all’art. 44 della legge ai soggetti che utilizzano il riferimento a una DO o IG nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di prodotti composti, elaborati o trasformati. Lo stesso consorzio provvede all’attivazione, alla tenuta e al mantenimento dell’elenco delle autorizzazioni rilasciate ai soggetti utilizzatori.

2. Per il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il consorzio di tutela opera senza discriminazione e secondo i principi della comunicazione della commissione UE 2010/C341/03 concernente gli «Orientamenti sull’etichettatura dei prodotti alimentari che utilizzano come ingredienti prodotti a denominazione di origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP)» o, in alternativa, secondo i «Criteri per l’utilizzo del riferimento ad una denominazione d’origine protetta o ad una indicazione geografica protetta nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto composto, elaborato o trasformato» predisposti dal DIQPAI e pubblicati sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

3. Il consorzio può adottare un prospetto tariffario da applicarsi a carico dei soggetti autorizzati ai sensi del comma 1, per il rimborso dei costi sostenuti per l’effettuazione dell’attività di vigilanza sul rispetto delle condizioni alla base del rilascio della medesima autorizzazione. Il consorzio di tutela trasmette al DIQPAI il predetto prospetto tariffario al fine della sua verifica e approvazione.

4. Il consorzio di tutela trasmette, trimestralmente, l’elenco delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del precedente comma 1 al DIQPAI che provvederà ad inoltrarlo alla PREF. DIQPAI provvede altresì a trasmettere trimestralmente alla PREF l’elenco aggiornato delle autorizzazioni rilasciate dal medesimo, ai sensi dell’art. 44 della Legge.


Art. 17. Disposizioni transitorie e finali

1. I consorzi di tutela, riconosciuti ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono tenuti ad adeguarsi alle disposizioni di cui al presente decreto ed a trasmettere al Ministero – entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto stesso – tutta la documentazione atta a comprovare il rispetto delle prescrizioni ministeriali.

2. I consorzi di tutela, riconosciuti ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo alla data di entrata in vigore del presente decreto, adeguano, nel caso in cui si renda necessario i propri statuti alle disposizioni di cui al presente decreto, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto stesso.

3. Il Ministero verificata la documentazione e l’adeguamento dello statuto di cui ai precedenti comma e, qualora conformi alle prescrizioni ministeriali, conferma – con decreto – il riconoscimento ai consorzi di tutela e l’incarico a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 ovvero – qualora vi siano i presupposti richiesti – le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge.

4. L’incarico attribuito ai consorzi di tutela delle sottozone dei vini a DO ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo, scade un anno dopo l’entrata in vigore del presente decreto.

5. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 16 dicembre 2010, recante «Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini».

6. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto il Ministero effettua la verifica sull’implementazione delle disposizioni dello stesso decreto e, se del caso, con decreto ministeriale, sentita la conferenza Stato-Regioni, adotta le misure atte a migliorare l’efficienza della gestione delle attività dei consorzi di tutela.

Il presente decreto è trasmesso all’organo di controllo per la registrazione ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Ratifica accordo CETA




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Anzi, nemmeno esiste un apposito disegno di legge in proposito.
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Quanto al dibattito in corso:
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Si veda anche:

Legislatura 18^ Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-01494 (28 marzo 2019).

Legislatura 18^, Interrogiazione parlamentare (3-01165) – Politiche di contrasto alla contraffazione alimentare, anche in relazione al Trattato CETA con il Canada (14 gennaio 2021)



Ad ogni modo, ostacoli ben più gravi all’entrata in vigore definitiva dell’Accordo CETA giungono da Cipro, il cui Parlamento ha bocciato (senza motivazioni formalmente espresse) la ratifica, in realtà per questioni non pertinenti, poiché riconducibili alla tutela di un loro formaggio locale (chiamato “Hallouimi”), il cui riconoscimento come DOP nella UE trovava ostacolo, a causa dell’impossibilità di verificare in modo adeguato le condizioni sanitarie di sua produzione nella zona di Cipro occupata dalla Turchia.

Insomma, un Accordo interazionale di libero scambio – il cui valore economico è decisamente ampio, andando ad interessare gli scambi commerciali di beni e servizi dell’intera Unione europea – viene bloccato, perchè i produttori di un formaggio, pressocchè sconosciuto, riescono ad esercitare pressioni lobbistiche sul Parlamento nazionale di una piccola isola con nemmeno 1 milione di abitanti …. che attua così una sorta di “ritorsione”, peraltro su un oggetto (la ratifica dell’Accordo CETA) privo di connessione con l’oggetto della disputa con la UE (il mancato riconoscimento della DOP “Hallouimi” al loro formaggio tipico).

Decreto controlli vini DOC DOCG IGT

l controlli sui vini a denominazione o indicazione geografica (decreto controlli vini doc docg igt) sono disciplinati dall’apposito decreto ministeriale 7552/2018,   attuativo del Testo Unico Vino.


Purtroppo nel decreto controlli vini DOC DOCG IGT è stata stralciata – non trovandosi accordo – la parte più significativa della riforma in materia portata dal Testo Unico Vino, e cioè il controllore unico (art.64 T.U.).

Ad integrare la disciplina sui controlli interviene il regolamento sugli esami analitici ed organolettici nonchè sulle commissioni di degustazione dei vini a denominazione di origine ed indicazione geografica (art.64  e 65 T.U.):  D.M. 12 marzo 2019.

I controlli sui vini privi di denominazione o indicazione geografica, ma rencanti indicazione annata e/o della varietà di vite,  sono invece disciplinati dal D.M. 6778 del 18 luglio 2018.


DECRETO MINISTERIALE 2 agosto 2018, n. 7552.

Sistema dei controlli e vigilanza sui vini a DO e IG, ai sensi dell’articolo 64, della legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.

    • Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 ottobre 2018, n. 253.
    • Emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

IL MINISTRO DELLE POLITICHE

AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI

E DEL TURISMO

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricole comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/92, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 e, in particolare, l’art. 90 rubricato controlli connessi alle denominazioni di origine, alle indicazioni geografiche e alle menzioni tradizionali protette;

Visto il regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017 che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompagnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbligatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) n. 555/2008, (CE) n. 606/2009 e (CE) n. 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) n. 2015/560 della Commissione;

Visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/274 della Commissione, dell’11 dicembre 2017, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbligatorie, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/561 della Commissione;

Visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e successive modifiche ed integrazioni, recante Modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino e, in particolare, gli articoli 59, 64 e 90;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 16 febbraio 2012 recante «Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate»;

Visto il decreto dipartimentale 12 marzo 2015, n. 271, che, in attuazione alle disposizioni di cui all’art. 6, commi 1 e 2, del citato decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 16 febbraio 2012, ha stabilito le modalità di funzionamento della banca dati vigilanza;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 marzo 2015, n. 293 recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivinicolo, ai sensi dell’ art. 1-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 14 giugno 2012, n. 794, recante «approvazione dello schema di piano dei controlli, in applicazione dell’art. 13, comma 17, del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61»;

Ritenuto di procedere, al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 64, comma 20, ed all’art. 90 della legge n. 238/2016, all’emanazione di norme sul sistema dei controlli e vigilanza sui vini a DO e IG;

Sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome in data 19 aprile 2018;

Decreta:

Art. 1. Scopo e ambito di applicazione

Il presente decreto ministeriale, di seguito decreto, disciplina, in attuazione dell’art. 64, comma 20, della legge 12 dicembre 2016, n. 238, di seguito legge, il sistema di controllo e vigilanza dei vini a denominazione di origine e a indicazione geografica, ai sensi dell’art. 90 del regolamento (UE) n. 1306/2013 e degli articoli 4 e 5 del regolamento (CE) n. 882/2004 e successive modifiche.

Art. 2. Definizioni e termini

1. Ai fini del presente decreto, si intende per:

a) «Ministero» e «Ministro»: il Ministero e il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;
b) «ICQRF»: il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del Ministero;
c) «ufficio territoriale» l’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per il luogo ove ha sede lo stabilimento o il deposito dell’operatore obbligato o interessato;
d) «Regioni e PP.AA.»: le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
e) «categorie di operatori della filiera vitivinicola»: viticoltori, vinificatori, imbottigliatori, etichettatori, intermediari e altri specifiche categorie di operatori non classificabili tra le precedenti categorie, inseriti nel sistema di controllo;
f) «DO», «DOP», «DOCG» e «DOC»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a denominazione di origine;
g) «IG», «IGP» e «IGT»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a indicazione geografica;
h) «SIAN»: il sistema informativo agricolo nazionale, di cui all’art. 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194 e i Sistemi informativi regionali, ove presenti;
i) «organismo di controllo/organismi di controllo»: persona giuridica pubblica o privata a cui l’autorità competente ha delegato compiti di controllo, ai sensi dell’art. 2, comma 2, punto 5), del regolamento (CE) n. 882/2004 c ss..mm.., e che operano come organismi di certificazione dei prodotti secondo i criteri fissati nell’art. 5 di detto regolamento;
j) «fascicolo di controllo»: insieme delle informazioni e dei documenti funzionali all’attività di controllo di cui dispongono gli organismi di controllo, relativi a ogni operatore immesso nel sistema di controllo e alle attività di tale operatore;
k) «vigilanza»: complesso delle attività svolte dall’autorità competente, attraverso l’organizzazione di audit o ispezioni, finalizzate a verificare che non sussistano carenze di requisiti e carenze dell’organismo di controllo nell’espletamento dei compiti delegati e che per la risoluzione di tali carenze, ove rilevate, lo stesso abbia adottato correttivi appropriati e tempestivi;
l) «BdV»: l’acronimo di Banca dati Vigilanza istituita ai sensi decreto ministeriale del 16 febbraio 2012 recante Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate;
m) «schedario viticolo»: lo strumento previsto dall’art. 145 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e dal regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017, parte integrante del SIAN nonché del Sistema integrato di gestione e controllo (SIGC) e dotato di un sistema di identificazione geografica (GIS), contenente informazioni aggiornate sul potenziale produttivo;
n) «registro telematico»: il registro tenuto con modalità telematiche, ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 marzo 2015, n. 293 nel quale, per ogni stabilimento e deposito dell’ impresa, sono indicate le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli;
o) «imbottigliamento»: la definizione riportata all’art. 56 del regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009;
p) «operazioni di etichettatura»: apposizione sui prodotti già imbottigliati delle informazioni sui recipienti;
q) «R.U.C.I.»: Registro unico dei controlli ispettivi di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, e di cui al decreto interministeriale del 20 luglio 2015.

Art. 3. Sistema di controllo

1. Il Ministero è l’autorità competente per l’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dei vini a DO e IG.

2. Il Ministero delega i compiti di controllo ad uno o più organismi di controllo ed è, altresì, l’autorità responsabile della vigilanza sugli organismi di controllo, ai sensi dell’art. 64, commi 1, 2 e 17, della legge.

3. Il Ministero esercita i compiti di cui ai commi 1 e 2 attraverso l’ICQRF.

4. La verifica annuale del rispetto del disciplinare nel corso della produzione e durante o dopo il condizionamento del vino è effettuata da organismi di controllo iscritti nell’ «Elenco degli organismi di controllo per le denominazioni di origine protetta (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP) del settore vitivinicolo», di cui all’art. 64, comma 3, della legge.

5. La scelta dell’organismo di controllo è effettuata secondo le modalità stabilite nell’art. 64, commi 12, 13 e 14 della legge e dell’art. 4 del decreto.

6. Gli organismi di controllo possono svolgere la loro attività per una o più produzioni riconosciute, ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea.

7. Ogni produzione riconosciuta, comprese le eventuali sottozone e tipologie previste dal disciplinare di produzione, è soggetta al controllo di un solo organismo di controllo, salvo il caso di cui all’art. 64, comma 14, ultimo periodo.

Art. 4. Scelta dell’organismo di controllo

1. La scelta dell’organismo di controllo è effettuata, tra quelli iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge, dai soggetti proponenti le registrazioni, contestualmente alla presentazione dell’istanza di riconoscimento della DO o della IG e, per le denominazioni o indicazioni già riconosciute, dai Consorzi di tutela incaricati dal Ministero.

2. In assenza dei Consorzi di tutela, le Regioni e PP.AA., nelle cui aree geografiche ricadono le produzioni delle uve e del vino rivendicati, sentite le organizzazioni rappresentative della filiera vitivinicola, indicano al Ministero, per ciascuna DO e IG, l’organismo di controllo tra quelli iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge. Nel caso di denominazioni interregionali e nel caso di mancato accordo, la scelta è effettuata dalla Regione o dalla Provincia Autonoma nel cui territorio ricade la maggiore produzione di uve e di vino rivendicati, con riferimento alla media dell’ultimo biennio.

3. I soggetti di cui ai commi 1 e 2 comunicano all’ICQRF, almeno sessanta giorni prima della scadenza dell’autorizzazione, l’organismo di controllo scelto per la singola DO o IG.

Art. 5. Iscrizione nell’elenco, autorizzazione, revoca e sospensione degli organismi di controllo

1. L’organismo di controllo che intende proporsi per il controllo delle denominazioni di origine o delle indicazioni geografiche, presenta apposita istanza al Ministero, ai sensi dell’art. 64, comma 3, della legge, unitamente alla documentazione indicata nell’ allegato 1 e redatta secondo le istruzioni ivi previste.

2. L’organismo di controllo scelto per il controllo della specifica DO o IG presenta all’ICQRF, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione sul sito internet del Ministero del documento unico e del disciplinare di produzione, un’istanza di autorizzazione, unitamente al certificato di accreditamento aggiornato, se organismo di controllo privato, alla procedura di controllo e certificazione aggiornata, se organismo di controllo pubblico, al piano di controllo e al tariffario, per ciascuna DO e IG per la quale è richiesta l’autorizzazione.

3. Il piano di controllo si compone di una parte generale, facente esplicito riferimento alle disposizioni di cui all’allegato 2, e di un’eventuale parte speciale contenente disposizioni specifiche di controllo rese necessarie dal disciplinare di produzione di ciascuna DO/IG ovvero dalla scelta di effettuare controlli analitici e organolettici a campione per le DO con produzione annuale certificata inferiore a 10.000 hl, ai sensi dell’art. 65, comma 5, lettera b) della legge.

4. Il tariffario è redatto secondo i criteri previsti dall’allegato 3.

5. Il provvedimento di autorizzazione contiene la descrizione dei compiti che l’organismo di controllo può espletare e delle condizioni alle quali può svolgerli. L’autorizzazione è rilasciata dall’ICQRF entro sessanta giorni dalla data di ricevimento dell’istanza.

6. L’autorizzazione ha durata triennale ed è rinnovabile a seguito di conferma della scelta effettuata ai sensi dell’art. 64, commi 12, 13 e 14, della legge. In caso di riconoscimento di nuove DO o IG, la relativa autorizzazione all’organismo di controllo avrà la medesima scadenza delle autorizzazioni già rilasciate per il triennio in corso.

7. La documentazione di cui all’art. 64, comma 5, della legge è approvata con apposito provvedimento in caso di modifica della stessa nel corso del triennio di validità dell’autorizzazione a seguito di presentazione di istanza motivata, dimostrando la preventiva comunicazione al Consorzio di tutela riconosciuto o alla Regioni e PP.AA. competenti.

8. Ai sensi dell’art. 64, comma 7, l’autorizzazione può essere sospesa in caso di:

a) mancato rispetto delle percentuali di controllo stabilite nel piano di controllo;
b) mancato rispetto delle procedure di controllo e certificazione;
c) inadempimento delle prescrizioni impartite dall’autorità competente;
d) carenze generalizzate nel sistema dei controlli che possono compromettere l’affidabilità e l’efficacia del sistema e dell’organismo di controllo stesso;
e) adozione di comportamenti discriminatori nei confronti degli operatori assoggettati al controllo.

9. La sospensione, a seconda della gravità dei casi, può avere una durata da tre a sei mesi. Al termine del periodo, l’organismo di controllo deve provare di aver risolto le criticità rilevate. L’organismo di controllo, durante il periodo di sospensione, è sottoposto, in ogni caso, ad attività di vigilanza da parte dell’ICQRF.

10. L’autorizzazione di cui al comma 5 è revocata in caso di:

a) perdita dell’accreditamento, se organismo privato;
b) tre provvedimenti di sospensione, ovvero un periodo di sospensione complessivamente superiore a nove mesi nel triennio di durata dell’autorizzazione.

11. La revoca è immediata nel caso di perdita dell’accreditamento. L’organismo di controllo, tuttavia, continua a svolgere l’attività di controllo fino a sostituzione. Nelle altre ipotesi, la revoca dell’autorizzazione decorre dalla data di scadenza della stessa e comporta l’impossibilità di rinnovo dell’autorizzazione al controllo per la denominazione in questione.

12. In caso di revoca immediata, i soggetti legittimati di cui all’art. 64, commi 12, 13 e 14, comunicano, nel termine di venti giorni, la scelta del nuovo organismo di controllo.

13. La revoca e la sospensione dell’autorizzazione possono riguardare anche una singola produzione riconosciuta ovvero una singola sede operativa dell’organismo di controllo.

14. Prima della scadenza del triennio, i soggetti legittimati, ai sensi dell’art. 64, commi 12, 13 e 14 della legge, possono, a seguito di provvedimenti di sospensione o a seguito di ordinanza ingiunzione emessa per gli illeciti di cui all’art. 80 della legge, scegliere un altro organismo di controllo tra quelli iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge. La nuova scelta deve essere comunicata all’ICQRF per l’apertura del nuovo procedimento di autorizzazione.

15. L’ICQRF comunica ai soggetti legittimati di cui all’art. 64, commi 12, 13 e 14 i provvedimenti rilevanti ai fini dei commi 8 e 11.

16. L’ICQRF pubblica, sul sito internet del Ministero, i piani di controllo e i tariffari approvati e cura la tenuta dell’elenco di cui all’art. 64, comma 4 della legge.

17. Gli organismi di controllo sono cancellati dall’elenco di cui all’art. 64, comma 4, in caso di revoca e se, al termine del quarto anno di iscrizione nello stesso, non sono stati scelti per effettuare il controllo di alcuna DO o IG. In caso di revoca, la nuova iscrizione nell’elenco può essere richiesto solo dopo che siano trascorsi quattro anni dalla cancellazione.

18. L’organismo di controllo autorizzato per la specifica DO o IG può avvalersi, delle strutture e del personale di altri soggetti iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge. In tal caso le relative attività devono essere svolte conformemente a quanto disposto dalla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17065:2012, sulla base di una convenzione. L’organismo di controllo autorizzato è responsabile delle attività affidate ad altro organismo di controllo. Le attività di certificazione non possono essere affidate a terzi.

Art. 6. Obblighi degli organismi di controllo

1. Gli organismi di controllo assicurano per l’intera durata dell’autorizzazione:

a) la verifica dell’idoneità morale, dell’imparzialità e dell’assenza di conflitto di interesse dei propri rappresentanti, degli amministratori, del personale addetto all’attività di controllo e certificazione; prevedendo anche a tal fine, un numero dispari di componenti per gli organi collegiali che deliberano su certificazione, non conformità e ricorsi e per quest’ ultimo che lo stesso sia indipendente dalla struttura gerarchica dell’organismo;
b) che i componenti degli organi collegiali non partecipino alla composizione di altri organi collegiali dello stesso organismo di controllo, ad esclusione delle commissioni di degustazione;
c) che i componenti degli organi collegiali non partecipino alla composizione di altri organi collegiali di altri organismi di controllo ad esclusione dei Comitati di salvaguardia;
d) che il ruolo di valutazione sia distinto dal ruolo di riesame e di decisione nell’organizzazione dell’organismo di controllo;
e) l’adeguatezza delle strutture e delle risorse umane e strumentali rispetto ai compiti delegati;
f) l’impiego esclusivo di risorse umane dotate di esperienza e competenza specifica per i compiti e i ruoli svolti per ciascuna funzione del processo di controllo e certificazione;
g) una formazione periodica sui processi di controllo e certificazione specifici;
h) la rotazione del personale impiegato nell’attività di controllo, compreso il personale addetto al prelievo dei campioni, prevedendo almeno che gli operatori non possono essere controllati dal medesimo ispettore per più di tre visite ispettive consecutive.

2. Gli organismi di controllo comunicano al Ministero le modifiche giuridiche o organizzative intervenute successivamente all’autorizzazione.

3. Gli organismi di controllo non svolgono né direttamente né indirettamente attività di consulenza e di servizi, ivi compreso la fornitura a titolo oneroso di applicativi informatici.

4. Il personale degli organismi di controllo nello svolgimento dell’attività di controllo è incaricato di pubblico servizio, ai sensi dell’art. 358 del codice penale.

5. Gli organismi di controllo utilizzano esclusivamente i laboratori di analisi autorizzati dal Ministero.

6. L’accertamento di non conformità comporta l’applicazione puntuale del livello di gravità e del trattamento previsto dal piano di controllo autorizzato.

7. In caso di subentro, nel corso dell’anno, da parte di altro organismo nell’attività di controllo e certificazione, a ciascuno degli organismi spetta la parte dei proventi delle tariffe approvate relativa al servizio effettivamente svolto fino al momento del subentro.

8. Nell’esercizio dell’attività di controllo, gli organismi di controllo hanno, inoltre, l’obbligo di:

a) comunicare all’ICQRF e, per gli aspetti di competenza, alle Regioni e PP.AA., territorialmente competenti, i risultati dei controlli effettuati in modo regolare e ogniqualvolta sia richiesto;
b) deliberare, entro quindici giorni lavorativi, la non conformità rilevata nel corso delle verifiche;
c) di decidere i ricorsi entro trenta giorni dalla presentazione;
d) trasferire i fascicoli di controllo all’organismo di controllo subentrante entro trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento di autorizzazione e concludere le attività di controllo in corso;
e) adempiere alle richieste e prescrizioni impartite dalle autorità di cui all’art. 3.

Art. 7. I soggetti della filiera vitivinicola

1. L’attività di controllo e certificazione per i vini a DO e IG è svolta dagli organismi di controllo su tutti i soggetti della filiera di produzione della singola DO o IG secondo i criteri e con le modalità stabiliti nei rispettivi piani di controllo e nei tariffari approvati.

2. Ai sensi dell’art. 64, comma 16, della legge, tutti i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lettera e) partecipanti alla filiera di produzione della singola DO o IG sono automaticamente inseriti nel sistema di controllo al momento della rivendicazione della produzione tutelata e accettano le condizioni del servizio di controllo e certificazione.

3. La dichiarazione di vendemmia e di produzione vitivinicola costituiscono causa di inserimento nel sistema di controllo per la relativa produzione DO o IG.

4. Gli imbottigliatori e gli etichettatori, per l’inserimento nel sistema di controllo, inviano all’organismo di controllo autorizzato la comunicazione di imbottigliamento o di etichettatura.

5. L’organismo di controllo assoggetta al controllo anche gli imbottigliatori esteri ove previsto dal piano dei controlli della singola DO/IG.

6. Il piano dei controlli approvato e il prospetto tariffario, per le singole DO o IG, sono resi disponibili ai soggetti della filiera vitivinicola interessata anche attraverso la loro pubblicazione sul sito internet dell’organismo di controllo.

7. L’organismo di controllo deve tenere un elenco aggiornato dei soggetti iscritti.

Art. 8. Attività di controllo e certificazione

1. Gli organismi di controllo svolgono l’attività di controllo e certificazione nel rispetto del piano di controllo e del tariffario approvato, delle norme cogenti, delle istruzioni impartite dall’autorità competente e delle procedure e istruzioni contenute nella documentazione di sistema, per gli organismi privati, e nella procedura di controllo e certificazione, per gli organismi pubblici.

2. L’organismo di controllo verifica la conformità ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione e la rintracciabilità del prodotto a DO e IG certificato e destinato alla certificazione e assicura la corrispondenza dei quantitativi certificati o destinati alla certificazione con le risultanze della contabilità ufficiale.

3. L’organismo di controllo, per ciascuna DO o IG controllata, deve assicurare l’evidenza documentale delle azioni e delle attività previste dal piano dei controlli approvato. Tale documentazione è messa a disposizione delle autorità competenti c deve essere trasmessa all’organismo di controllo subentrante, in caso di revoca dell’autorizzazione o nuova scelta effettuata dai soggetti legittimati.

4. Il campione di soggetti da sottoporre a verifica ispettiva annuale è determinato tramite sorteggio. L’estrazione del campione deve essere eseguita per ciascuna DO e IG e per ogni categoria della filiera vitivinicola, nelle percentuali minime e secondo i criteri e le modalità stabiliti nell’allegato 2 del decreto.

5. Le operazioni di sorteggio devono essere eseguite in tempo utile sia per la conclusione dei controlli entro l’anno solare di sorteggio e sia per assicurare lo svolgimento dei controlli nel periodo più funzionale al controllo stesso.

6. L’organismo di controllo trasmette all’ICQRF gli elenchi degli operatori assoggettati, suddivisi per categoria, alla specifica DO e IG indicando quelli oggetto di sorteggio per l’anno solare in corso.

7. Il Comitato di certificazione dell’organismo di controllo, in caso di non conformità rilevata nell’ambito del piano dei controlli di una specifica DO e IG, valuta l’impatto della non conformità anche rispetto ai requisiti dei disciplinari delle DO e a IG coesistenti sulla stessa unità vitata nonché rispetto alla possibilità di eventuali riclassificazioni e declassamenti ad altra DO o IG.

8. Ai fini della certificazione delle produzioni di vino atto a divenire DO si applicano le disposizioni di cui all’art. 65 della legge e le relative norme attuative. In caso di giudizio di idoneità, l’organismo di controllo rilascia la certificazione per la relativa partita.

9. Gli imbottigliatori di vini DOCG e DOC richiedono i contrassegni all’organismo di controllo autorizzato o al Consorzio di tutela riconosciuto, se delegato a tal fine dal organismo di controllo autorizzato.

10. L’organismo di controllo autorizzato, previa verifica della sussistenza dei requisiti quantitativi e qualitativi del prodotto nel registro telematico, consegna i contrassegni richiesti o autorizza alla consegna il Consorzio di tutela riconosciuto, se delegato.

11. Gli organi di controllo ufficiali tengono conto, ai fini della programmazione delle attività di controllo, delle verifiche eseguite dagli organismi di controllo e dei relativi esiti, attraverso la consultazione del R.U.C.I.

Art. 9. Acquisizione delle informazioni ai fini del controllo e certificazione

1. L’acquisizione delle informazioni da parte degli organismi di controllo avviene attraverso i servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN e, per i soggetti esonerati ai sensi dell’art. 58, comma 2, della legge, attraverso la dichiarazione di produzione, la dichiarazione di giacenza, la documentazione di accompagnamento e commerciale e da altra documentazione giustificativa.

2. I soggetti esonerati di cui al precedente comma possono chiedere l’accesso ai servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN.

3. L’operatore aggiorna il registro telematico per il prodotto oggetto di richiesta di certificazione per consentire la verifica del carico e il rilascio della certificazione.

4. In caso di cessione o trasferimento di prodotto sfuso atto a divenire DO, di prodotto a DO o rivendicato a IG, compresa la commercializzazione di vino sfuso verso altri Stati membri o Paesi terzi, l’operatore aggiorna il registro telematico, relativamente al prodotto movimentato, entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello della cessione o trasferimento.

5. Gli imbottigliatori, qualora non siano previsti termini più restrittivi dal decreto 20 marzo 2015, n. 293, aggiornano il registro telematico non oltre sette giorni lavorativi dalla data di conclusione delle operazioni di imbottigliamento dello specifico prodotto.

6. Gli obblighi di cui ai commi 3, 4 e 5 possono essere assolti dall’operatore con la trasmissione all’organismo di controllo, nei tempi ivi previsti, delle informazioni utili per la verifica del carico e dello scarico, del documento di accompagnamento del prodotto e della comunicazione di avvenuto imbottigliamento ovvero della comunicazione riepilogativa dei quantitativi di vini a DO e IG ceduti direttamente al consumatore finale con i riferimenti alla certificazione di idoneità, per i casi in cui è prevista. In tal caso, restano fermi gli obblighi aggiornamento del registro telematico nei termini di cui al decreto 20 marzo 2015, n. 293.

Art. 10. Oneri informativi a carico dell’organismo di controllo

1. L’organismo di controllo comunica all’operatore interessato la non conformità rilevata nel corso delle verifiche, entro cinque giorni dalla relativa deliberazione del Comitato di certificazione.

2. Le comunicazioni di non conformità sono redatte secondo il modello di cui all’allegato 4 del decreto e devono dettagliatamente indicare il trattamento, l’azione correttiva, i termini entro i quali è verificata e le modalità di risoluzione della stessa, la facoltà per l’operatore di presentare ricorso avverso la deliberazione del Comitato di certificazione, nonché il termine di presentazione, che non può essere fissato oltre il trentesimo giorno dalla notifica all’operatore della non conformità.

3. L’organismo di controllo comunica all’ufficio territoriale competente le non conformità gravi deliberate dal Comitato di certificazione, entro venti giorni lavorativi dalla verifica. In tali casi, l’organismo di controllo deve tempestivamente informare l’ufficio territoriale competente del ricorso eventualmente presentato dal soggetto interessato e, in seguito, del suo esito, ai sensi dell’art. 79 della legge.

4. L’ufficio territoriale informa sollecitamente l’organismo di controllo dei provvedimenti adottati in esito alle comunicazioni di cui al comma 3.

5. Le non conformità lievi, avverso le quali non è stato presentato ricorso ovvero in caso di rigetto del ricorso presentato, che non sono state risolte nelle modalità e nei tempi indicati dall’organismo di controllo, diventano gravi a seguito di deliberazione del Comitato di certificazione.

6. L’organismo di controllo comunica mensilmente all’ICQRF le non conformità lievi diventate definitive per assenza di ricorso o per rigetto del ricorso nonché i dati relativi alle verifiche a carico di operatori con esito positivo.

7. L’organismo di controllo comunica al soggetto interessato e alla Regione e Provincia Autonoma competente qualsiasi non conformità riconducibile al vigneto e al mancato aggiornamento dei dati contenuti nello schedario viticolo. Le Regioni e PP.AA., entro la data di rivendicazione delle produzioni ottenute sulle superfici oggetto delle non conformità, verificano l’aggiornamento e la validità del dato relativo alle superfici vitate operato dal soggetto interessato, tenuto conto anche delle informazioni contenute nelle comunicazioni di non conformità. Le comunicazioni di non conformità effettuate entro il 31 luglio di ogni anno hanno effetto per la compagna in corso, quelle effettuate dopo il 31 luglio di ogni anno hanno effetto per la campagna successiva, ai sensi dell’art. 8, comma 8, della legge.

8. Gli eventuali disallineamenti, che non costituiscono una violazione del disciplinare di produzione, sono comunicati alle Regioni e PP.AA., ai sensi dell’art. 8, comma 8, della legge, e all’interessato.

9. All’organismo di controllo è fornito l’accesso telematico ai servizi SIAN per la consultazione e l’acquisizione dello schedario viticolo, delle dichiarazioni di vendemmia e di produzione, delle dichiarazioni di giacenza dei vini, del registro telematico nonché per l’inserimento dei dati nella BdV.

10. L’organismo di controllo deve fornire al Consorzio di tutela, di cui all’art. 41, comma 1, della legge i dati relativi alla quantità di prodotto a DO e IG (uva rivendicata, vino rivendicato e vino imbottigliato) ottenuto nella campagna vendemmiate dai soci del Consorzio medesimo. I medesimi Consorzi devono richiedere tali dati comunicando annualmente l’elenco dci soci.

11. L’organismo di controllo deve fornire al Consorzio di tutela, di cui all’art. 41, comma 4, della legge i dati relativi alla quantità di prodotto DO e IG (uva rivendicata, vino rivendicato e vino effettivamente imbottigliato) ottenuto nella campagna vendemmiale precedente a carico di tutti i soggetti immessi nel sistema di controllo della DO e IG anche se non soci del Consorzio di tutela.

12. Gli obblighi informativi posti a carico degli organismi di controllo sono assolti attraverso il caricamento delle relative informazioni nella BdV.

13. L’organismo di controllo è tenuto a trasmettere all’ICQRF e alle Regioni e PP.AA. competenti, entro il 1° marzo di ciascun anno, una relazione sulle criticità riscontrate durante l’anno precedente, nello svolgimento delle attività di certificazione e controllo, corredata dai dati previsti nell’allegato 5.

14. Gli enti detentori e gestori dei dati sono obbligati a metterli a disposizione gratuitamente degli organismi di controllo.

Art. 11. Disposizioni finali

1. Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito istituzionale del Ministero.

2. Il decreto ministeriale 14 giugno 2012, n. 794, è abrogato.

3. Dopo il primo anno di applicazione del presente decreto, le disposizioni in esso contenute possono essere modificate con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa comunicazione alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

4. Gli allegati al decreto possono essere modificati con decreto del capo dell’ICQRF, sentito il Comitato nazionale di Vigilanza MIPAAF – Regioni di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 2012 citato in premessa.

 

ALLEGATI AL DECRETO  7552/2018


Circolare ICQRF 2168/2019 su piano controlli vini DOP-IGP


Piani controlli vini DOP - IGP


 

e-MVV Documento elettronico accompagnamento prodotti vitivinicoli

e-MVV  Documento elettronico accompagnamento prodotti vitivinicoli.


e-MVV Documento elettronico accompagnamento prodotti vitivinicoli  viene adesso regolato dal decreto ICQRF – MIPAAF 9400871 del 28/12/2020, che sostituisce il precedente decreto 338 del 13 aprile 2018.

Trattasi di un importante elemento non solo per la circolazione dei prodotti vitivinicoli, ma anche per la dematerializzazione dei registri di carico e scarico (ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 5 del DL 91/2014).

 

Presentazione MVV-E

 

Ecco la documentazione attuativa:

Si veda anche il sito del MIPAAF.


Mediante il Decreto Dipartimentale n. 9281513 del 30/10/2020,   il Ministero ha stabilito che – a partire dal 1° gennaio 2021 – il documento di accompagnamento dei prodotti vitivinicoli (documento MVV) – è emesso  in modalità telematica.

Eccezioni:

  • A) possibilità di usare MVV cartaceo):
    • trasporti di prodotti vitivinicoli (sfusi o confezionati) che si svolgono interamente sul territorio nazionale, inclusi i trasporti diretti verso una dogana d’uscita situata in Italia per la successiva esportazione del prodotto verso un Paese terzo
    • trasporti di uve destinate ai c.d. stabilimenti promiscui.

 

  • B) possibilità di usare documento emesso ai fini fiscali (ad esempio i DDT o le fatture accompagnatorie)
    • trasporti di prodotti vitivinicoli confezionati che si svolgono interamente sul territorio nazionale 
    • trasporti di prodotti vitivinicoli confezionati che si svolgono interamente sul territorio nazionale diretti verso una dogana d’uscita situata in Italia per la successiva esportazione del prodotto verso un Paese terzo.
    • trasporti che avvengono sul territorio nazionale, effettuati con mezzi propri del destinatario,  relativi a  vini contenuti in recipienti di volume nominale pari o inferiore a 60 litri (quali le le damigiane), che siano ceduti direttamente da un punto vendita di una cantina o di altre attività commerciali, compresi i rivenditori al minuto, al consumatore finale per l’esclusivo uso proprio e dei suoi familiari, purché nel limite di cessioni singole non superiore a 3 ettolitri.

I prodotti vitivinicoli devono circolare “scortati” da apposita documentazione, che varia a seconda dei casi (destinazione del prodotto e soggetto produttore) ed oggi è essenzialmente costituita dai documenti:

      • MVV ed e-MVV (si cui si èì detto in precedenza)
      • e-AD
      • DAS

Nel 2013 il MIPAAF aveva predisposto uno schema sinottico, che ricapitola il loro uso.

Esso va però letto considerando che in epoca successiva è stato:

      • introdotto il modello e-MVV
      • limitato l’uso dei modelli IT (circolare ICQRF 16103 del 29/12/2016).

Importanti ed aggiornate informazioni sono contenute nei vademecum per la campagna vendemmiale in corso.


Banche dati settore vitivinicolo

Links alle principali banche dati settore vitivinicolo.


Una nostra selezione delle principali banche dati settore vitivinicolo ed agrario

Per quanto concerne la legislazione vitivinicola, vedere invece la nostra apposita pagina.


eAmbrosia - il nuovo registro UE per le indicazioni geografiche

Sono indicate unicamente le DOP – IGP di Stati extra-europei che trovano protenzione della UE per effetto di accordi internazionali tra la UE e lo Stato cui appartiene il nome geografico protetto.


Disciplinari vini DOP - IGP italiani


Registro UE delle menzioni tradizionali


Registro nazionale italiano delle varietà di viti e cloni


Regione Piemonte - norme su viticultura ed enologia


Disciplinari


Domande per protezione nuove DOP - IGP e per modiche a disciplinari


Menzioni "Vigna" della Regione Piemonte


"Cantina Italia" - Inventario su detenzione vini, mosti e denominazioni


UE wine market observatory


Portale MIPAAFT su DOP e IGP


Prodotti agricoli italiani


Innovarurale: conoscenza e innovazione nel sistema agroalimentare


SIAN - Servizio Informativo Agricolo Nazionale


Il Registro e le mappe dei paesaggi rurali


Open Data Agricoltura


Circolari AGEA su settore vitivinicolo


Disciplina Fitosanitaria


eAmbrosia - Registro Specialità Tradizionali Garantite




Valori agricoli medi in Piemonte


Valori agricoli medi nella provincia di Asti



Banche dati settore vitivinicolo

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