Contraffazione indicazioni geografiche

In Italia la contraffazione indicazioni geografiche è punita dal codice penale, che la considera un reato.


L’art.517-quater c.p. sanziona così la contraffazione indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari e del vino:

Chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.

Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte.

Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474-bis, 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma.

I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali in materia di tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.

 

Una circostanza attenuante è poi prevista dal successivo art. 517-quinquies del codice penale, che così sancisce:

Le pene previste dagli articoli 517-ter e 517-quater sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti del colpevole che si adopera per aiutare concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nell’azione di contrasto dei delitti di cui ai predetti articoli 517-ter e 517-quater, nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura dei concorrenti negli stessi, ovvero per la individuazione degli strumenti occorrenti per la commissione dei delitti medesimi o dei profitti da essi derivanti.


La tutela penale delle indicazioni geografiche trova in Italia altro strumento nell’art.515 del codice penale, che punisce la frode in commercio.

In effetti, tale reato punisce alcune condotte che possono pregiudicare i prodotti recanti una indicazione geografica: ad esempio, l’immettere in commercio come prodotto DOP un vino vinificato senza rispettarne il relativo disciplinare (il che significa anche il vinificarlo al di fuori della zona di produzione prevista dal disciplinare stesso).

Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile [c.c. 812; c.p. 624], per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065


Attualmente è in discussione in Parlamento la riforma dei reati alimentari, che interesserà anche questa materia.

Disegno legge su riforma reati alimentari



MIPAAF - Lotta alla contraffazione

MIPAAF - Desk Anticontraffazione On-Line

Ufficio Brevetti Italiano - Lotta alla contraffazione



Materiali moltiplicazione vite

Materiali moltiplicazione vite: adottato il nuovo D. lgs. 2 febbraio 2021, n.16.


Due apposite direttive dell’Unione Europea avevano rispettivamente fissato i requisiti per la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite (Materiali moltiplicazione vite):

 

Esse fra l’altro avevano disposto che:

    • ogni Stato membro istituisca un apposito Registro nazionale delle varietà di viti, nel quale elencare le varietà i cui materiali di moltiplicazione sono ammessi al commercio)
    • i caratteri e le condizioni minime per l’esame delle varietà di viti.

In ottemperanza, in Italia un apposito regolamento ministeriale in Italia aveva istituito il Registro nazionale delle varietà di vite, che raccoglie quanto deciso al riguardo dalle singole Regioni.

In merito è stato successivamente adottato:

Per dare attuazione a quanto previsto da questi due ultimi provvedimento, è stato dunque ora adottatro il d. lgs. 2 febbraio 2021, n.16, che riforma la materia e raccoglie tutte le norme sulla produzione e commercializzazione dei materiali moltiplicazione vite in un testo unico, così prevedendo:

    • alcuni principi di carattere generale
    • nuove disposizioni sul Registro nazionale delle varietà e dei cloni di vite
    • norme su controlli e certificazioni
    • le sanzioni.

Successivamente, il Ministero dell’Agricoltura ha pubblicato i modelli per iscrizione di una varietà e/o di un clone al Registro nazionale delle varietà di vite (RNVV), come previsto dal DM 30 settembre 2021, n. 489243 (recante le modalità di presentazione e contenuti della domanda di iscrizione di varietà e cloni di vite al Registro nazionale, di cui agli articoli 13 e 17 del decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 16).


Analogamente:


Esistono però significativi limiti all’uso di ibridi / incroci nella vinificazione, riconducibili essenzialmente alle norma in materia di OGM, che si applicano anche alle varietà ottenute mediante tecniche non implicanti trasgenesi.

Revisione regime UE indicazioni geografiche

Nel dicembre 2023 è stato raggiunto l’accordo interistituzionale per una completa  revisione regime UE indicazioni geografiche.


L’accordo interistituzionale dell’11 dicembre 2023.

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In base all’accordo tra le istituzioni europee, la revisione regime UE indicazioni geografiche avverrà mediante un nuovo regolamento, che modificherà quello sulla OCM Unica (ove sono attualmente contenute le norme sulle DOP Vini) ed abrogherà quello sulle DOP alimentari e per i vini aromatizzati.

La disciplina per il riconoscimento e la tutela delle DOP di tutti i citati prodotti confluirà dunque in un unico regolamento, il cui testo sarà quello adesso concordato tra le istituzioni dell’Unione Europea.

Per contro, la definizione delle DOP e IGP per i vini resterà quella contenuta nella OCM Unica (regolamento UE/1308/2013, sebbene con le modificazione che verranno introdotte per effetto della riforma in questione.

Accordo interistituzionale UE su riforma DOP-IGP

Il futuro regolamento unitario rappresenta il punto di arrivo della proposta di riforma a suo tempo formulata dalla Commissione UE, la quale valorizzava fra l’altro i profili di sostenibilità delle filiere per i prodotti a denominazione di origine.

Proposta revisione disciplina UE su IGP

 

La riforma della PAC post-2020 (PAC 2023-2027) aveva invece portato ad una lieve revisione regime UE indicazioni geografiche.

.

Ciò era avvenuto per effetto del  Regolamento UE/2117/2021, che modificava i regolamenti:

    • UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli,
    • UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari,
    • (UE) n. 251/2014 concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l’etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati
    • (UE) n. 228/2013 recante misure specifiche nel settore dell’agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell’Unione

Per quanto concerne la revisione regime UE indicazioni geografiche nel settore vitivinicolo, rilevano i commi 20 e 21 dell’art.1 di detto regolamento UE/2117/2021, che così modificano le pertinenti norme del regolamento UE/1308/2013 sulla OCM Unica

l’articolo 93 è così modificato:

a)

al paragrafo 1, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:

«a)

“denominazione d’origine”, un nome, compreso un nome usato tradizionalmente, che serve a designare un prodotto di cui all’articolo 92, paragrafo 1:

i)

la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e ai suoi fattori naturali e umani;

ii)

originario di un luogo, di una regione o, in casi eccezionali, di un paese determinati;

iii)

ottenuto da uve che provengono esclusivamente da tale zona geografica;

iv)

la cui produzione avviene in detta zona geografica; e

v)

ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis.

b)

“indicazione geografica”, un nome, compreso un nome usato tradizionalmente, che identifica un prodotto:

i)

le cui qualità, notorietà o altre caratteristiche specifiche sono attribuibili alla sua origine geografica;

ii)

originario di un determinato luogo, regione o, in casi eccezionali, paese;

iii)

ottenuto con uve che provengono per almeno l’85 % esclusivamente da tale zona geografica;

iv)

la cui produzione avviene in detta zona geografica; e

v)

ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis.»;

b)

il paragrafo 2 è soppresso;

c)

il paragrafo 4 è sostituito dal seguente:

«4.   La produzione di cui al paragrafo 1, lettera a), punto iv), e lettera b), punto iv), comprende tutte le operazioni eseguite, dalla vendemmia dell’uva fino al completamento del processo di vinificazione, ad eccezione della vendemmia dell’uva non proveniente dalla zona geografica interessata di cui al paragrafo 1, lettera b), punto iii), e dei processi successivi alla produzione.»;

21)

l’articolo 94 è così modificato:

a)

al paragrafo 1, la frase introduttiva è sostituita dalla seguente:

«Le domande di protezione di nomi in quanto denominazioni d’origine o indicazioni geografiche comprendono:»;

b)

il paragrafo 2 è così modificato:

i)

la lettera g) è sostituita dalla seguente:

«g)

gli elementi che evidenziano il legame di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera a), punto i), oppure, secondo i casi, alla lettera b), punto i):

i)

per quanto riguarda una denominazione d’origine protetta, il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto e l’ambiente geografico di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera a), punto i), sebbene i dettagli riguardanti i fattori umani dell’ambiente geografico possono, se del caso, limitarsi a una descrizione del suolo, del materiale vegetale e della gestione del paesaggio, delle pratiche di coltivazione o di qualunque altro contributo umano volto al mantenimento dei fattori naturali dell’ambiente geografico di cui al tale punto;

ii)

per quanto riguarda un’indicazione geografica protetta, il legame fra una specifica qualità, la notorietà o un’altra caratteristica del prodotto e l’origine geografica di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera b), punto i);»;

ii)

sono aggiunti i commi seguenti:

«Il disciplinare può contenere una descrizione del contributo della denominazione d’origine o dell’indicazione geografica allo sviluppo sostenibile.

Se il vino o i vini possono essere parzialmente dealcolizzati, il disciplinare contiene anche una descrizione del vino o dei vini parzialmente dealcolizzati conformemente al secondo comma, lettera b), mutatis mutandis e, se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate per produrre il vino o i vini parzialmente dealcolizzati, nonché le relative restrizioni applicabili a detta produzione.»;



La revisione regime UE indicazioni geografiche era stata preannunciata dalla Commissione Europea come un’azione rientrante nella sua nuova strategia “from farm to fork” (“dal produttore al consumatore”), ispirata al più ampio orientamento del cosiddetto “green deal”.

L’idea di fondo è valorizzare i principi ambientali favorendo l’economica circolare e creando un regime alimentare sostenibile, che dovrebbe dunque divenire il fulcro dell’intero sistema

Con specifico riferimento alla riforma della legislazione dell’Unione Europea in materia di denominazioni di origine ed indicazioni geografiche (per vini, alimenti e bevande spiritose), la  Commissione aveva pertanto annunciato che la propria azione «consoliderà il quadro legislativo sulle indicazioni geografiche  e, ove opportuno, includerà specifici criteri di sostenibilità» (pag.14 della Cominicazione sulla strategisa “from farm to fork”).

 

La Commissione si proponeva infatti di promuovere una riforma che:

    • migliori la produzione sostenibile nell’ambito dei regimi di qualità (DOP e IGP);
    • perfezioni l’applicazione della normativa
    • conferisca  potere alle associazioni di produttori
    • riduca i furti via Internet
    • adatti meglio i regimi di qualità ai produttori in tutte le regioni dell’UE
    • riveda le modalità per promuovere e proteggere gli alimenti tradizionali dell’UE
    • acceleri le procedure di registrazione.

Revisione regime UE indicazioni geografiche



Conseguentemente, la Commissione UE ha adesso presentato una proposta per la riforma della disciplina in materia di IGP (Indicazioni Geografiche Protette), la quale presenta tra l’altro la caratteristica di  concernere:

      • il vino, le bevande spiritose e gli alimenti
      • i profili di sostenibilità

Proposta revisione disciplina UE su IGP



Quanto alla ricerca in materia di sostenibilità e resilienza, si segnala il progetto Uniseco dell’Unione Europea, a cui partecipa per l’Italia il distretto del Chianti.

Uniseco EU Project


Progetto VIVA - Sostenibilità della Vitivinicultura in Italia


Nel frattempo, l’Italia ha già intrapreso una propria strada per quanto concerne la sostenibilità, intesa in senso più esteso, poiché non legata ai disciplinari dei vini FDOP e IGP.

Infatti, al fine di migliorare la sostenibilità delle varie fasi del processo produttivo nel settore vitivinicolo, mediante l’art.224-ter della legge del 18 luglio 2020 n°77 (Sostenibilita’ delle produzioni agricole) è stato istituito il sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola, inteso  come l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche definite con uno specifico disciplinare di produzione.

La valutazione dell’apposito disciplinare è damandata ad un sistema di sistema di monitoraggio della sostenibilità delle aziende della filiera vitivinicola italiana.

Compete al MIPAAF (sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) stabilire le norme attuative, compito adempiuto mediante il decreto 23/06/2021 n.288989, il quale dispone sulle seguenti materie:

A) Sistema di certificazione della filiera vitivinicola:

        • Il sistema di certificazione della filiera vitivinicola utilizza le modalità e la procedura del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata

B) Compiti del Comitato della sostenibilità vitivinicola (CosVi):

        • definizione del disciplinare della sostenibilità vitivinicola;
        • definizione del sistema di monitoraggio della sostenibilità della filiera vitivinicola;
        • individuazione degli indicatori necessari alle valutazioni della sostenibilità della filiera vitivinicola;
        • supporto al MIPAAF nella fase di confronto e discussione del partenariato economico e sociale sui contenuti del disciplinare.

C) Composizione del Comitato:

        • coordinato dal Direttore della direzione generale delle politiche internazionali e dell’Unione Europea, il comitato è composto da:
            • due rappresentanti del MIPAAF;
            • quattro rappresentanti delle Regioni e Provincie autonome;
            • due esperti del CREA;
            • un rappresentante di Accredia;
            • a titolo consecutivo, un rappresentante per ciascuno dei sistemi di valutazione della sostenibilità facenti parte del Gruppo di lavoro per la sostenibilità in viticoltura esistenti a livello nazionale alla data di entrata in vigore del decreto.

D) Disciplinare della sostenibilità vitivinicola

        • contiene l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche finalizzate a garantire il rispetto dell’ambiente, la qualità e la sicurezza alimentare, la tutela dei lavoratori e dei cittadini, un adeguato reddito agricolo.
        • è sottoposto a verifica ed eventuale aggiornamento con cadenza almeno annuale. In sede di prima applicazione, il disciplinare fa riferimento alle linee guida di produzione integrata per la filiera vitivinicola.

E) Adesione al Sistema di certificazione della sostenibilità vitivinicola

        • volontaria
        • può avvenire da parte di aziende singole o associate.
        • modalità di adesione: quelle già in uso per il Sistema di qualità nazionale della produzione integrata (SQNPI).

F) Indicatori

      • individuati dal CosVi
      • successivamente approvati con decreto del MIPAAF, sentito il ministero della Transizione Ecologica (istituito in sostituzione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare).

 

Per completare il sistema di certificazione del Vino sostenibile seguiranno altri due provvedimento, costituita da:

    • pubblicazione del disciplinare di produzione per il vino sostenibile (ove verranno indicate le modalità di produzione ed i requisiti del prodotto);
    • individuazione degli indicatori di monitoraggio (necessari per valutare i risultati raggiunti).

 

 

 

 

Modifica disciplinari vini DOP IGP

Modifica disciplinari vini DOP IGP: il Consiglio di Stato individua i soggetti cui compete decidere.


In relazione alla modifica disciplinari vini DOP IGP, dispongono il Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione e quello di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, entrambe del 17 ottobre 2018.

Essi distinguono due fasi nella procedura: quella nazionale (la cui disciplina è lasciata ai singoli Stati) e quella unionale (regolata invece da detti Regolamenti).

Per quanto concerne la fase nazionale della procedura, in Italia dispone il D.M. 6 dicembre 2021, che ha sostituito il DM 7 novembre 2012.

Interpretando tali previgenti previsioni, il Consiglio di Stato si è pronunciato in due sentenze, nelle quali viene essenzialmente rilevato che il potere decisionale compete ai produttori di ogni singola DOP o IGP.

Trattasi delle sentenze, rispettivamente  sul caso delle modifiche al disciplinare di produzione

Sopratutto nella prima di esse (caso Asti DOCG), il Consiglio di Stato ha stabilito che è l’assemblea dei produttori – associati o meno nel relativo Consorzio di tutela – cui compete la decisione.

Nella seconda sentenza (caso Terre Siciliane), il Consiglio di Stato ha sì ribadito il principio, ma ha anche esaminato in quali circostanze un Consorzio ovvero un’Associazione che riunisce i produttori può promuovere la modificazione del disciplinare, senza nemmeno dover allegare la documentazione attestante i voti espressi dalla competente assemblea dei produttori: basta infatti che lo statuto dell’associazione ovvero del consorzio legittimi l’organismo a presentare “tutte le domande” per la modifica del disciplinare.

Come tuttavia dimostra il precedente caso dell’ASTI DOCG, risiede proprio lì il punto delicato.

In caso di modificazioni controverse, può infatti mancare trasparenza tra quanto avviene in sede di assemblea e quanto invece emerge dagli atti posti in essere dagli organi dirigenziali associativi o consortili, sulla cui base prende però avvio la procedura di modificazione del disciplinare.

Nel caso dell’ASTI DOCG, il Consiglio di Stato ha infatti evidenziato:

“8.4. Tuttavia, contrariamente a quanto comunicato dal Presidente del Consorzio, non era vero quanto dichiarato che “..il succitato disciplinare di produzione che recepisce le risultanze della già citata Assemblea consortile del 28 aprile ultimo scorso, con l’integrazione all’articolo 3 della puntuale precisazione delle zone inserite, corredato della relativa cartografia..” fosse stato approvato dalla Assemblea.

Infatti, e qui si torna alla domanda-proposta di modifica del disciplinare l’Assemblea non aveva approvato la estensione della zona di produzione ad una area definita, ma aveva rimesso invero con non poca ambiguità “agli organi della filiera” la individuazione dell’area di cui chiedere la estensione approvando ora per allora l’area che gli stessi avrebbero individuato. Né la perizia Corino del 2007 individuava alcuna area definita.

Infatti dall’estratto del verbale del 28 aprile 2010 in cui si era riunita l’Assemblea generale ordinaria dei consorziati per deliberare, tra l’altro, sulle modifiche al disciplinare di produzione Asti DOCG risulta che era stata approvata la seguente proposta: “..il consorzio rinuncia ai ricorsi pendenti e nell’ambito del parere che l’Assessore Regionale dovrà richiedere il Consorzio dichiara l’adesione a quelle che saranno le decisioni prese dagli organi competenti nell’ambito della filiera e cioè già esprime fin d’ora il proprio assenso’, su questo deve esprimersi l’assemblea qui riunita”.

Ne consegue che la proposta relativa alla delimitazione del territorio del Comune di Asti da inserire tra le zone di produzione dell’Asti DOCG era stata delegata agli organi competenti nell’ambito della filiera, ma il Presidente del Consorzio nella lettera di cui sopra del 22 ottobre 2010, omettendo il richiamo agli organi della filiera, ha trasmesso un testo dell’art. 3 recante un elenco di frazioni comunali, tra cui quelle di proprietà dell’Azienda appellante, che alterava il senso della delibera assembleare: il lungo elenco di frazioni comunali indicate nella nota del Presidente del Consorzio del 22 ottobre 2010 era stato prodotto dal dott. Corino solo nell’ottobre 2010 e comunque sulla base di una istruttoria successiva alla delibera assembleare e non poteva quindi essere stato esaminato e approvato dalla Assemblea tenutasi sei mesi prima, il 28 aprile 2010, né trasmesso alla Regione e al Ministero il 29 aprile 2010″.

 

Nel caso Terre Siciliane IGP e Sicilia DOC il Consiglio di Stato ha invece sancito:

“Sotto il primo profilo, non era necessaria la produzione della delibera assembleare da parte dell’Associazione dei viticoltori richiedente la modifica del disciplinare.

L’art. 10 del citato DM 7.11.2012, ai fini della documentazione da produrre, rinvia all’art. 4, comma 2, che concerne la domanda di protezione, precisando che la documentazione deve essere rapportata alle modifiche proposte (art. 10, comma 3).

Ai sensi dell’art. 4, comma 2, lett. b) del D.M. 7 novembre 2012, che in tal senso dispone espressamente, non occorre la produzione di una delibera assembleare se viene prodotto l’atto costitutivo o lo statuto che legittima la presentazione di modifiche al vigente disciplinare.

Non è contestato che l’Associazione abbia allegato alla proposta di modifica copia del proprio atto costitutivo e statuto, che all’art. 3, lett. a) prevede la presentazione di tutte le modifiche che saranno ritenute utili e necessarie al vigente disciplinare di produzione (doc. allegato 2 depositato dall’appellata il 24.2.2020).

A fronte del chiaro disposto normativo che attribuisce alla norma statutaria la scelta e a fronte del chiaro disposto dello Statuto che legittima “tutte le modifiche” al disciplinare, non occorre altra specificazione della volontà da parte dell’Assemblea caso per caso.

6.4. – Inoltre, sotto il profilo della rappresentatività, l’Associazione ha presentato un elenco numerosissimo di produttori che hanno espressamente aderito, sottoscrivendole, alle visionate modifiche del disciplinare (la percentuale sia dei produttori che delle superfici nel prospetto allegato in I grado dall’odierna Associazione appellante superava il 40%).

L’elenco verificato dalla Regione e trasmesso al Ministero con nota del 28 giugno 2016 prot. 33622 (doc. 19 – produzione ricorrente in I grado del 13.7.2017) e il prospetto riepilogativo allegato (doc. 19 bis) evidenziano una percentuale di rappresentatività (sebbene inferiore a quella indicata dal predetto prospetto dell’Associazione proponente) più che sufficiente e ben superiore a quella (20 %) prescritta dalle vigenti norme: il 22,439% dei viticoltori per il 2013 e il 28,268% per il 2014, il 24% delle superfici rivendicate nel 2013 e il 28% delle superfici nel 2014, biennio di riferimento, in quanto “ultimo” biennio per cui si dispone di dati produttivi definitivi, inviati tramite SIAN ed elaborati da AGEA.

Tale elenco verificato dalla Regione è sufficiente a comprovare la richiesta rappresentatività, ai sensi dell’art. 4, comma 2, lett. d) e art. 10, comma 4, lett. c) del D.M. 7.11.2012.

6.5. – Circa la controversa circostanza della “cancellazione di oltre 18.000 soggetti iscritti” che avrebbe ripercussioni sul calcolo matematico della rappresentatività, la sentenza ha ritenuto fondato il motivo per il fatto che l’Amministrazione regionale non ha presentato difese né chiarimenti in ordine al motivo di contestazione.

Ritiene il Collegio che, a fronte delle risultanze degli allegati alla nota di trasmissione dalla Regione al Ministero del 28 giungo 2016, prot. 33622, contenenti le firme dei soggetti che hanno avallato la richiesta di modifica del disciplinare IGT e, in particolare, del prospetto riepilogativo di “fonte IRVO” (organismo di controllo), non è sufficiente a contestarne l’attendibilità il mero riferimento alla richiesta rivolta dal Dirigente Area 7 dell’Assessorato Agricoltura della Regione al Servizio competente ai fini della “cancellazione di soggetti iscritti allo schedario che non abbiano fatto richiesta di cancellazione” (riferimento alla nota prot. 29708 del 10 giugno 2016, contenuta nella nota n. 30495 del 14.6.2016 con cui la Regione ha trasmesso l’istanza di modifica del disciplinare IGT al Ministero).

La contestazione così formulata è generica.

La ricorrente Duca di Salaparuta S.p.a., per assolvere all’onere della prova, avrebbe dovuto dimostrare che l’elenco trasmesso dalla Regione al Ministero non era conforme alle risultanze dello schedario viticolo alla data di presentazione della domanda di modifica del disciplinare, il 18 marzo 2016.

In ogni caso, la rappresentatività va calcolata in riferimento ai soggetti e alle superfici che hanno formato oggetto di rivendicazione e in questi termini è l’attestazione della Regione”.

Mediante quest’ultima decisione, il Consiglio di Stato pone a carico dei ricorrenti onoreri probatori non indifferenti.



Merita evidenziare che i disciplinari sono tutt’altro che una cosa statica, come mostra il registro delle richieste di loro modifica (che, nella stragrande maggioranza dei casi, avvengono in modo non conflittuale ) tenuto dal MIPAAF.

Proposte modifica disciplinari vini DOP - IGP

Disciplinari


Nel marzo 2022 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento di Consiglio e Parlamento UE, il quale dovrebbe riunire in un unico testo la procedura per la registrazione di tutte le DOP e IGP (dunque non solo quelle dei vini, ma anche quelle per le bevande spititose e gli alimenti) nonché per le modifiche dei relativi disciplinari, che resterebbe comunque sempre distinta tra fase nazionale e fase unionale.


 

Consorzi tutela attivita erga omnes

Consorzi tutela attivita erga omnes: condizioni, competenze, contributi, controlli.


Non avendo natura obbligatoria, i consorzi di tutela svolgono – in via di principio – un’attività che coinvolge i soli produttori aderenti per libera scelta.

Tuttavia, quando i consorzi raggiungono un significativo livello di partecipazione (almeno il 40% dei viticoltori ed almeno il 66%, inteso come media, della produzione certificata, di competenza dei vigneti dichiarati a DO o IG negli ultimi due anni), il Testo Unico Vino li autorizza a svolgere pure la cosiddetta attività “erga omnes” (art.41, comma 4, della legge 238/2016), che si esplica cioè a vantaggio anche dei produttori non aderenti (Consorzi tutela attivita erga omnes).

La materia è poi specificamente disciplinata nel relativo regolamento attuativo.

Rientra in tale attività (Consorzi tutela attivita erga omnes):

    • definire, previa consultazione dei rappresentanti di categoria della denominazione interessata, l’attuazione delle politiche di gestione delle produzioni;
    • organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione e alla commercializzazione della DOP o IGP;
    • agire, in tutte le sedi giudiziarie e amministrative, per la tutela e la salvaguardia della DOP o dell’IGP e per la tutela degli interessi e dei diritti dei produttori;
    • esercitare funzioni di tutela, di promozione, di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi della relativa denominazione;
    • svolgere azioni di vigilanza da effettuare prevalentemente nella fase del commercio in collaborazione con l’ICQRF e in raccordo con le Regioni.

Bisogna peraltro aggiungere che il regolamento ministeriale sulle procedure nazionali per l’esame delle domande di protezione in favore di DOP e IGP nonché per le modifiche dei relativi disciplinari (attualmente ancora il DM 12 novembre 2012) attribuisce ai Consorzi di tutela particolari funzioni in materia.

A fronte di ciò, anche i produttori non aderenti sono tenuti a versare un contributo economico al consorzio, ritenuto conforme ai principi fissati dal diritto UE in materia di organizzazioni professionali tra imprenditori agricoli (sentenza Corte UE del 30/5/2013 nel caso Doux Elevage).

Per garantire trasparenza, i contributi in questione devono essere riportati in appositi conti separati nel bilancio del consorzio. Inoltre il consorzio deve consentire anche ai produttori non soci di visionare la seguente documentazione:

    • bilanci (preventivi e consuntivi) e relative delibere assembleari di approvazione;
    • delibere del Consiglio di amministrazione sull’attività “erga omnes” e relativa relazione annuale;
    • programmi e rendicontazione sulle azioni di promozione;
    • programma di vigilanza concordato con l’ICQRF per i controlli nelle fasi successive all’avvenuta certificazione dei vini tutelati.

Disciplinari produzione DOP IGP

I disciplinari rappresentano l’elemento centrale e caratterizzante degli alimenti e dei vini a denominazione d’origine ed indicazione geografica (Disciplinari produzione DOP IGP).


I disciplinari produzione DOP IGP rappresentano il cardine delle regole in materia di denominazioni di origine ed indicazioni geografiche protette, per quanto concerne sia i vini, sia gli alimenti.

Quanto ai vini, il rispetto dei disciplinari produzione DOP IGP implica:

    • l’individuazione della zona di produzione dell’uva e della zona di relativa vinificazione;
    • la definizione della base ampelografica e delle rese per ettaro massime ammissibili;
    • limiti alle tecniche di cantina ammesse in via generale nonché alle rese di trasformazione da uva a mosto;
    • il raggiungimento di determinati parametri qualitativi, sia dal punto di vista chimico che organolettico;
    • regole sulla presentazione del prodotto (tipologia delle bottiglie, sistemi di chiusura);
    • la presizione di eventuali menzioni tradizionali, di cui ne viene specificato il significato;
    • il controllo di ogni fase della produzione (dalla vigna al prodotto finito) da parte di organismi indipendenti (che non possono essere i consorzi di tutela), che devono offrire adeguate garanzie di obiettività ed imparzialità nel loro operato nonché disporre di personale qualificato e delle risorse necessarie allo svolgimento delle loro funzioni.

L’esistenza dei disciplinari di produzione costituisce il presupposto per la protezione a livello comunitario delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche (art.93 e 94 del regolamento UE 1308/2013).

Il contenuto dei disciplinari di produzione è però definito unicamente dai produttori di ciascun vino o alimento a denominazione di origine o indicazione geografica, che devono provvedere a redigerlo sulla base di uno schema previsto dall’Unione Europea (attenzione: si tratta di un mero schema, vuoto  cioè di contenuto: allegato I al regolamento UE 34/2019).

Di conseguenza, per capire quali sono le caratteristiche di un vino DOP o IGP, bisogna far riferimento al rispettivo disciplinare di produzione.

Quest’ultimo, comunque, rappresenta una sorta di “macro-modello”: esso infatti definisce sì “a grandi linee” le caratteristiche essenziali del vino DOP o IGP, ma non perviene al risultato (sarebbe una cosa “terribile”) di standardizzarle.

All’interno del “macro-modello”, infatti, iI disciplinare lascia un certo spazio di libertà, il quale consente di valorizzare al massimo le peculiarità di ogni singolo appezzamento all’interno del territorio di produzione nonché permette all’enologo di esprimere la propria arte.

Tale macro-modello identifica quindi “in termini tecnici” la tipicità dei vini del territorio cui il disciplinare si riferisce.

Una volta adottati, i disciplinari possono essere modificati seguendo le apposite procedure.


Disciplinari vini DOP - IGP italiani Proposte modifica disciplinari vini DOP - IGP


Disciplinari produzione DOP IGP

 

Tutela denominazioni origine in UK post Brexit

Tutela denominazioni origine in UK post Brexit: la futura disciplina secondo la legge del Regno Unito


Tutela denominazioni origine in UK post Brexit

Uscito definitivamente il Regno Unito dall’Unione Europea, in assenza di un apposito accordo (cosa ormai alquanto probabile, avvicinandosi la “Hard Brexit”), la tutela denominazioni origine in UK post Brexit avverrà nei modi e nella misura che la legge del Regno Unito prevederà.

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La mancanza di un accordo tra UE e Regno Unito rappresenta un ostacolo, siccome le regole sul commercio internazionale previste in sede di WTO (che si applicherebbero in tali circostanze) sono decisamente meno efficaci.

L’attuale premier britannico (Boris Johnson), nel sostenere la cosiddetta “Hard Brexit”, afferma che i rapporti tra UE ed UK potranno successivamente venire regolati sul “modello australiano”, ma esso in buona sostanza richiama molto i principi vigenti in sede WTO.

Per quanto concerne il commercio del vino (ma non solo!), questi ultimi sono palesemente inadeguati, siccome l’Australia stessa ha concluso un apposito accordo internazionale in materia con la UE.

Peraltro gli scambi commerciali tra UE ed UK sono di ben diversa portata, rispetto a quelli tra EU ed Australia.

Antitetica poi la distanza spaziale tra tali paesi.

Ad ogni modo, se avremo la “Hard Brexit”, le nostre denominazioni saranno protette nel Regno Unito unicamente nel modo che la legislazione di quest’ultimo riterrà concedere.

In tale ottica, il Regno Unito ha annunciato come saranno strutturate le regole nazionali, aventi effetto unicamente sul proprio territorio, relative alla tutela denominazioni origine in UK post Brexit.

La nuova disciplina del Regno Unito prevede fra l’altro l’adozione di specifici segni distintivi per PDO, PGI e TSG “UK PROTECTED”, da attuarsi nel corso di un periodo di transizione per l’adeguamento delle confezioni attuali.


Norme del Regno Unito su tutela DOP e IGP


Ad una prima lettura, emerge la sensazione che la coesistenza tra protezione UK e protezione UE sarà piuttosto complessa.


Modificazioni 2020 Testo Unico Vino

Modificazioni 2020 Testo Unico Vino


Il cosiddetto “Testo Unico Vino” (legge 238/2016, in appresso detta T.U.V.) ha subito alcune variazione, per effetto del Decreto legge “Semplificazioni” (76/2020, convertito con modificazioni dalla legge 120/2020) nonché dell’antecedente Decreto “Rilancio” (34/2020, convertito a sua volta con legge 77/2020) – Modificazioni 2020 Testo Unico Vino

Fermo restando che la disciplina portata dal “Testo Unico Vino” resta sostanzialmente ferma, vediamo le principali novità così introdotte.

Innanzitutto sono riformate le regole per il riconoscimento della DOCG (art.33, comma 1, del T.U.V.), che diventano più stringenti.

In primo luogo, possono adesso elevarsi alla DOCG solo le DOC “per intero”. Infatti, è stata abolita la previsione che consentiva il passaggio alla DOCG anche alle singole “zone espressamente delimitate o tipologie di una DOC”. Il che rende molto più difficile compiere operazioni simili a quelle avvenute per il Prosecco.

In secondo luogo, aumenta il requisito della rappresentatività minima dei richiedenti il passaggio di categoria.

Da un canto, esso passa dal 51% al 66% dei soggetti – sempre inteso come media – che conducono vigneti dichiarati allo schedario viticolo, i quali devono adesso costituire almeno il 66% (prima era solo il 51%) della superficie totale dei vigneti idonei alla rivendicazione della relativa denominazione.

Dall’altro, si aggiunge un nuovo requisito sull’imbottigliamento. Infatti è ora necessario che i vini della denominazione, candidata al passaggio a DOCG, negli ultimi cinque anni, siano stati certificati e imbottigliati dal 51% degli operatori autorizzati, che rappresentino almeno il 66% della produzione certificata di quella DOC.

Insomma, vendere vini DOC sfusi diviene penalizzante a livello collettivo, nel senso che chi imbottiglia tutta la propria produzione DOC e segue un attento percorso di qualità, con l’idea di puntare anche al passaggio alla DOCG, potrebbe poi vedere sfumare i propri sforzi, qualora altri produttori della stessa DOC vendano sfusi rilevanti quantitativi dello stesso vino.

Immutato invece il requisito della notorietà: il passaggio alla DOCG resta comunque riservato ai vini “già riconosciuti a DOC da almeno sette anni, che siano ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita”. Tuttavia, continuano a non essere codificati i criteri per determinare in concreto la sussistenza di tale indispensabile notorietà.

Altra novità concerne la menzione “superiore”, che può ora essere abbinata a “riserva” (art.31, comma 5, T.U.V.).

L’inizio del periodo vendemmiale è anticipato al 15 luglio, così da seguire le implicazioni del cambiamento climatico (art.10, comma 1, T.U.V.).

Come specificato dal MIPAAF (comunicazione del 25/7/2020), nessuna modificazione indiscriminata è stata apportata al divieto di trasferire i mosti ed i vini atti a divenire vino IG e DO fuori dalla zona di produzione e all’obbligo di ivi imbottigliare, quest’ultimo quando previsto dal relativo disciplinare (commi 7 e 7 bis dell’art.38 T.U.V.). La riforma prevede solo che – in caso di caso di calamità naturali o condizioni meteorologiche sfavorevoli ovvero di adozione di misure sanitarie o fitosanitarie oppure altre cause di forza maggiore – l’Autorità competente possa concedere apposite deroghe, di carattere meramente temporaneo.

Agli agenti vigilatori dei consorzi, incaricati di effettuare i controlli erga-omnes sui prodotti vinicoli esclusivamente dopo l’avvenuta loro immissione in commercio, non è più automaticamente attribuita la qualifica di “agente di pubblica sicurezza”. Concerderla diviene invece una mera facoltà per la pubblica autorità competente. E’ inoltre cancellata l’autorizzazione di accedere al SIAN, di cui prima beneficiavano i consorzi per detta attività di controllo (art.41, comma 5, T.U.V.).

Le norme sui sistemi di chiusura (art.46 T.U.V.) sono state abrogate. Esse imponevano che sulle chiusure dei contenitori di volume inferiore a 60 litri fosse impresso – in modo indelebile e ben visibile dall’esterno – il nome, la ragione sociale o il marchio registrato dell’imbottigliatore o del produttore o, in alternativa, il numero di codice identificativo attribuito dall’ICQRF.

Il  D.L “Semplificazioni” non ha però portato all’abrogazione del contrassegno fiscale di Stato sulle confezioni destinate al mercato nazionale (previsione non contenuta nel T.U. Vino).

Viene ribadito che gli organismi di controllo privati, previsti dai disciplinari di produzione, devono rispettare l’apposita norma UNI, con obbligo di adeguarsi alla sua versione più recente. Eliminato invece ogni riferimento alle autorità pubbliche (art.64, comma 2, T.U.V.).

A decorrere dal 1 gennaio 2021, la resa massima di uva per ettaro viene sensibilmente ridotta, da 50 tonnellate a sole 30, con facoltà al MIPAAF di concedere deroghe sino a 40 tonnellate per specifiche zone, “tenendo conto dei dati degli ultimi cinque anni come risultanti dalle dichiarazioni di produzione” (art.8, commi 10 e 10 bis, T.U.V.).

Infine, resta fermo l’obbligo di comunicare preventivamente la produzione di mosto cotto, ma viene abolito lo specifico termine di cinque giorni (art.12, comma 2, T.U.V.). Lo stesso dicasi per la preparazione di mosti di uve fresche mutizzati con alcol, di vini liquorosi, di prodotti vitivinicoli aromatizzati e di vini spumanti nonché per la preparazione delle bevande spiritose, quando ciò sia eseguito in stabilimenti dai quali si estraggono mosti o vini nella cui preparazione non è ammesso l’impiego di saccarosio, dell’acquavite di vino, dell’alcol e di tutti i prodotti consentiti dal regolamento (UE) n. 251/2014 (art.14, comma 1, T.U.V.).

Diffida violazioni amministrative


Per il settore agroalimentare e vitivinicolo l’istituto della diffida violazioni amministrative è previsto dal decreto legge “Campo libero dalla burocrazia“, e cioè il decreto legge 91/2014, applicabile anche al settore vitivinicolo.

Il campo di applicazione della diffida è mutato nel tempo, a sorta di “fisarmonica”: prima ampliato e poi ristretto.


L’istituto della  diffida violazioni amministrative è stato introdotto dall’art.1, comma 3, del “Decreto campo-libero dalla burocrazia” (D.L. 91/2014,  convertito dalla legge 116/2014.)

Le  possibilità di applicare l’istituto della diffida violazioni amministrative:

 

Attualmente l’istituto della diffida è quindi così regolato:

Per le violazioni delle norme in materia agroalimentare e di sicurezza alimentare, per le quali e’ prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, l’organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerti per la prima volta l’esistenza di violazioni sanabili, diffida l’interessato ad adempiere alle prescrizioni violate entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione dell’atto di diffida e ad elidere le conseguenze dannose o pericolose dell’illecito amministrativo. Per violazioni sanabili si intendono errori e omissioni formali che comportano una mera operazione di regolarizzazione, ovvero violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili. In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida di cui al presente comma entro il termine indicato, l’organo di controllo effettua la contestazione, ai sensi dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tale ipotesi è esclusa l’applicazione dell’articolo 16 della citata legge n. 689 del 1981. I termini concessi per adempiere alla diffida sono sospensivi dei termini previsti per la notificazione degli estremi della violazione. Il procedimento di diffida non si applica nel caso in cui i prodotti non conformi siano stati gia’ immessi in commercio, anche solo in parte”.

In sostanza, sulla base dell’odierna disciplina:

    • la diffida:
      • torna ad essere applicabile solo se l’accertamento di una violazione sanabile avviene “per la prima volta;
      • non sembra più applicabile (come accedeva in base al Decreto Semplificazioni) per i prodotti già messi in commercio;
      • ma è applicabile anche nel caso in cui la condotta illecita, passibile nella concreta fattispecie di una sanzione amministrativa pecuniaria, sia astrattamente punibile anche mediante altra sanzione (nella versione originaria, invece, la diffida era applicabile solo quando veniva violata una norma che comminava unicamente una sanzione amministrativa pecuniaria);
    • il termine per adempiere alla diffida viene ridotto a trenta giorni;
    • l’adempimento deve corrispondere a quanto indicato dagli agenti accertatori, senza più la possibilità (in precedenza prevista dal Decreto Semplificazioni) di:
        • assumere specifici impegni
        • eliminare gli effeti dannosi con comunicazioni ai consumatori


Si riportano in appresso i testi normativi – ora abrogati –  che precedentemente regolavano l’istituto della diffida violazioni amministrative (osservando che tale “altalena normativa” di certo non aiuta gli operatori economici, nè va nel senso della semplificazione …)

Per effetto del Decreto Semplificazioni (D.L 76/2020 “Semplificazioni”) la diffida violazioni amministrative nel settore agroalimentare veniva così disciplinata:

Per le violazioni alle norme in materia agroalimentare, per le quali è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, l’organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerta l’esistenza di violazioni sanabili, diffida l’interessato ad adempiere alle prescrizioni violate e ad elidere le conseguenze dannose o pericolose dell’illecito amministrativo entro un termine non superiore a novanta giorni, anche presentando, a tal fine, specifici impegni. Per violazioni sanabili si intendono errori e omissioni formali che comportano una mera operazione di regolarizzazione ovvero violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili anche tramite comunicazione al consumatore. In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida di cui al presente comma, entro il termine indicato, l’organo di controllo procede ad effettuare la contestazione, ai sensi dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tale ipotesi è esclusa l’applicazione dell’articolo 16 della citata legge n. 689 del 1981. La diffida è applicabile anche ai prodotti già posti in commercio, a condizione che per essi vengano sanate le violazioni nei termini di cui al presente comma.

L’ancora precedente nonché originaria versione della norma era la seguente, che appariva più restrittiva rispetto a quella (ora abogata) prevista dal citato Decreo Semplificazioni:

Per le violazioni alle norme in materia agroalimentare, per le quali è prevista l’applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, l’organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerta per la prima volta l’esistenza di violazioni sanabili, diffida l’interessato ad adempiere alle prescrizioni violate entro il termine di venti giorni dalla data di ricezione dell’atto di diffida e ad elidere le conseguenze dannose o pericolose dell’illecito amministrativo. Per violazioni sanabili si intendono errori e omissioni formali che comportano una mera operazione di regolarizzazione ovvero violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili. In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida di cui al presente comma, entro il termine indicato, l’organo di controllo procede ad effettuare la contestazione, ai sensi dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tale ipotesi è esclusa l’applicazione dell’articolo 16 della citata legge n. 689 del 1981.


Rispetto alla versione originaria, il Decreto Semplificazioni aveva introdotto le novità (ora abrogate):

      • rimosso il limite che circoscriveva la diffida unicamente alle violazioni per le quali è prevista la sola sanzione amministrativa pecuniaria;
      • eliminato pure il limite all’applicabilità della diffida unicamente all’ipotesi in cui si fosse in presenza del primo accertamento («per la prima volta»)
      • il termine per adempiere (sanare) è allungato a 90 giorni,  «…anche presentando, a tal fine, specifici impegni»
      • estesa la sanabilità
        • «anche tramite comunicazione al consumatore»
        • anche a violazioni concernenti i prodotti già posti in commercio


 

Circa le modalità di applicazione della diffida violazioni amministrative, il MIPAAF aveva poi emanato due circolari:

 

Il MIPAAF ha altresì predisposto alcuni modelli:


Essendo la diffida violazioni amministrative contenuta nel citato decreto legislativo 91/2014 e concernendo tutto il settore agroalimentare, essa non è poi stata ripresa nel successivo Testo Unico sul Vino: ciò nonostante, è però pacifico che essa si applica anche al settore vitivinicolo.