Brexit tutela denominazioni Regno Unito

La tutela di DOP e IGP nel Regno Unito in seguito alla Brexit : una disciplina vaga e debole (Brexit tutela denominazioni Regno Unito)



BREXIT - Accordo di cooperazione economica tra UE e Regno Unito

BREXIT - Accordo di recesso



Mediante un accordo concluso la vigilia di Natale, è stata scongiurato che il Regno Unito uscisse dall’Unione Europea senza alcun accordo per regolare i successivi rapporti tra i due ordinamenti giuridici (la cosiddetta “Hard Brexit”).

Tuttavia, in materia di tutela delle denominazioni di origine ed indicazioni geografiche, l’accordo tra UE e Regno Unito è decisamente scarno.

Stabilisce infatti l’Accordo tra UE e Regno Unito (art. IP.57):

Noting the relevant provisions of any earlier bilateral agreement between the United Kingdom of the one part and the European Union and European Atomic Energy Community of the other part, the Parties may jointly use reasonable endeavours to agree rules for the protection and effective domestic enforcement of their geographical indications.

Quindi nessun concreto impegno viene assunto dal Regno Unito per tutelare le DOP e IGP europee (e viceversa): le Parti si sono solo impegnate ad impegnarsi per concordare in futuro eventuali regole in materia (” … may jointly use reasonable endeavours to agree rules for the protection …”).

La portata della tutela è allora quella discendente dall’accordo TRIPS (art.22, 23 e 24), cui aderiscono sia il Regno Unito che l’Unione Europea.

Inoltre, nel Regno Unito le DOP e IGP europee troveranno tutela sulla base dei mezzi previsti dalla legge locale.

In altre parole, il Regno Unito regolerà autonomamente la tutela delle denominazioni di origine sul proprio territorio, secondo la propria disciplina nazionale.

Il problema di fondo è che gli Accordi TRIPS sono poco efficaci, sopratutto poiché non vengono individuate quali sono le indicazioni geografiche che devono ricevere protezione.

Di conseguenza, negli ultimi venti anni l’Unione Europea ha concluso una rete di appositi accordi internazionali con molti altri Stati – fra cui: U.S.A, Canada, Sud Africa, Cile, Australia, Giappone, Cina) – per vedere protette sul loro territorio le nostre DOP e IGP.

In tali accordi vengono specificamente individuate quali sono le indicazioni geografiche di ciascuna parte che l’altra deve proteggere.

Esattamente ciò che manca nell’accordo commerciale appena concluso tra UE e Regno Unito!

Nell’accordo commerciale post-Brexit, un’apposita sezione (Parte 2, Titolo V) è dedicata alla proprietà intellettuale, disciplinata mediante 57 articoli: di essi, solo l’ultimo tratta le indicazioni geografiche, nello scarno e vago modo che si è sopra trascritto.

Il problema – costituito dalla mancata individuazione delle indicazioni geografiche da proteggere – nemmeno è superabile per effetto dell’Accordo di Lisbona concluso in sede WIPO (World Intellectual Property Organization), poiché ad esso attualmente non aderisce il Regno Unito, ma la sola Unione Europea.

L’accordo commerciale post-Brexit si applicherà in via provvisoria, sino al momento in cui interverrà la ratifica da parte dei competenti organi nazionali.

Il Parlamento del Regno Unito e quello dell’Unione Europea si sono espressi in senso favorevole, il primo il 30/12/2020 ed il secondo il 28/4/2021.


BREXIT - Circolari Agenzia delle Dogane


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Brexit tutela denominazioni Regno Unito

Brexit tutela denominazioni Regno Unito

Opposizione sanzione amministrativa

Il procedimento di opposizione sanzione amministrativa, previsto dalla legge 689/1981, è quello da seguire per contestare le sanzioni amministrative irrogate per violazioni alle disposizioni del Testo Unico Vino.


Il procedimento per opposizione sanzione amministrativa è disciplinato dalle seguenti disposizioni della legge 689/1981 (infra nel testo oggi vigente):

 

Capo I

LE SANZIONI AMMINISTRATIVE

Sezione I

Principi generali


Art. 1  (Principio di legalità)

Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.

Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati.


Art. 2  (Capacità di intendere e di volere)

Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i diciotto anni o non aveva, in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua colpa o sia stato da lui preordinato.

Fuori dei casi previsti dall’ultima parte del precedente comma, della violazione risponde chi era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.


Art. 3  (Elemento soggettivo)

Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa.


Art. 4  (Cause di esclusione della responsabilità)

Non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima ovvero in stato di necessità o di legittima difesa.

Se la violazione è commessa per ordine dell’autorità, della stessa risponde il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine.

I comuni, le province, le comunità montane e i loro consorzi, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di lucro che svolgono attività socio-assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio sanitario nazionale ed i loro amministratori non rispondono delle sanzioni amministrative e civili che riguardano l’assunzione di lavoratori, le assicurazioni obbligatorie e gli ulteriori adempimenti, relativi a prestazioni lavorative stipulate nella forma del contratto d’opera e successivamente riconosciute come rapporti di lavoro subordinato, purché esaurite alla data del 31 dicembre 1997.


Art. 5  (Concorso di persone)

Quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge.


Art. 6  (Solidarietà)

Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.

Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all’altrui autorità, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell’autorità o incaricata della direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.

Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore, nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l’ente o l’imprenditore è obbligata in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.

Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione.


Art. 7  (Non trasmissibilità dell’obbligazione)

L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi.


Art. 8  (Più violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative)

Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo.

Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

La disposizione di cui al precedente comma si applica anche alle violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 2 dicembre 1985, n.688,  per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato.


Art. 8-bis.  (Reiterazione delle violazioni)

Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.

Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.

La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione.

Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.

La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta.

Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall’autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno.

Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato.


Art. 9  (Principio di specialità)

Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.

Tuttavia quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano che preveda una sanzione amministrativa, si applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest’ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali.

Ai fatti puniti dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni ed integrazioni, si applicano soltanto le disposizioni penali, anche quando i fatti stessi sono puniti con sanzioni amministrative previste da disposizioni speciali in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande.


Art. 10  (Sanzione amministrativa pecuniaria e rapporto tra limite minimo e limite massimo)

La sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma non inferiore a euro 10 e non superiore a euro 15.000. Le sanzioni proporzionali non hanno limite massimo.

Fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, il limite massimo della sanzione amministrativa pecuniaria non può, per ciascuna violazione, superare il decuplo del minimo.


Art. 11  (Criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie)

Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.


Art. 12  (Ambito di applicazione)

Le disposizioni di questo Capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari.


Sezione II

Applicazione


Art. 13  (Atti di accertamento)

Gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.

Possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.

E’ sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o del natante posto in circolazione senza essere coperto dall’assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato il documento di circolazione.

All’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell’art. 333 e del primo e secondo comma dell’art.334 del codice di procedura penale.

E’ fatto salvo l’esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti.


Art. 14  (Contestazione e notificazione)

La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.

Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento.

Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all’autorità competente con provvedimento dell’autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione.

Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche da un funzionario dell’amministrazione che ha accertato la violazione. Quando la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, si osservano le modalità previste dall’articolo 137, terzo comma, del medesimo codice.

Per i residenti all’estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto nel secondo comma dell’art.22 per il giudizio di opposizione.

L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto.


Art. 15  (Accertamenti mediante analisi di campioni)

Se per l’accertamento della violazione sono compiute analisi di campioni, il dirigente del laboratorio deve comunicare all’interessato, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l’esito dell’analisi.

L’interessato può chiedere la revisione dell’analisi con la partecipazione di un proprio consulente tecnico. La richiesta è presentata con istanza scritta all’organo che ha prelevato i campioni da analizzare, nel termine di quindici giorni dalla comunicazione dell’esito della prima analisi, che deve essere allegato all’istanza medesima.

Delle operazioni di revisione dell’analisi è data comunicazione all’interessato almeno dieci giorni prima del loro inizio.

I risultati della revisione dell’analisi sono comunicati all’interessato a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, a cura del dirigente del laboratorio che ha eseguito la revisione dell’analisi.

Le comunicazioni di cui al primo e al quarto comma equivalgono alla contestazione di cui al primo comma dell’art.14 ed il termine per il pagamento in misura ridotta di cui all’art.16 decorre dalla comunicazione dell’esito della prima analisi o, quando è stata chiesta la revisione dell’analisi, dalla comunicazione dell’esito della stessa.

Ove non sia possibile effettuare la comunicazione all’interessato nelle forme di cui al primo e al quarto comma, si applicano le disposizioni dell’art.14 .

Con il decreto o con la legge regionale indicati nell’ultimo comma dell’art.17 sarà altresì fissata la somma di denaro che il richiedente la revisione dell’analisi è tenuto a versare e potranno essere indicati, anche a modifica delle vigenti disposizioni di legge, gli istituti incaricati della stessa analisi.

–> L’importo da versare per ogni richiesta di revisione di analisi è stato attualmente determinato con  Decreto 24 dicembre 2018.

–> Le norme di attuazione previste dal presente comma sono state emanate con D.P.R. 29 luglio 1982, n.571.


Art. 16 (Pagamento in misura ridotta)

E’ ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.

… comma abrogato

Il pagamento in misura ridotta è ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all’entrata in vigore della presente legge non consentivano l’oblazione.


Nota: la possibilità di pagare in via ridotta è esclusa per l’ipotesi di sanzioni conseguenti all’inosservanza di un provvedimento di diffida.


Art. 17  (Obbligo del rapporto)

Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione, salvo che ricorra l’ipotesi prevista nell’art. 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all’ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto.

Deve essere presentato al prefetto il rapporto relativo alle violazioni previste dal testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, dal testo unico per la tutela delle strade, approvato con R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740, e dalla legge 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.

Nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all’ufficio regionale competente.

Per le violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al sindaco.

L’ufficio territorialmente competente è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione.

Il funzionario o l’agente che ha proceduto al sequestro previsto dall’art. 13 deve immediatamente informare l’autorità amministrativa competente a norma dei precedenti commi, inviandole il processo verbale di sequestro.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, in sostituzione del D.P.R. 13 maggio 1976, n. 407, saranno indicati gli uffici periferici dei singoli Ministeri, previsti nel primo comma, anche per i casi in cui leggi precedenti abbiano regolato diversamente la competenza.

Con il decreto indicato nel comma precedente saranno stabilite le modalità relative all’esecuzione del sequestro previsto dall’art. 13, al trasporto ed alla consegna delle cose sequestrate, alla custodia ed alla eventuale alienazione o distruzione delle stesse; sarà altresì stabilita la destinazione delle cose confiscate. Le regioni, per le materie di loro competenza, provvederanno con legge nel termine previsto dal comma precedente.


Art. 18 (Ordinanza-ingiunzione)

Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.

L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto.

Con l’ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l’ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca.

Il pagamento è effettuato all’ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall’art. 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell’ufficio che lo ha ricevuto, all’autorità che ha emesso l’ordinanza.

Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l’interessato risiede all’estero.

La notificazione dell’ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall’ufficio che adotta l’atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890.

L’ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l’ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l’opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l’opposizione, o quando l’ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l’opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.


Art. 19 (Sequestro)

Quando si è proceduto a sequestro, gli interessati possono, anche immediatamente, proporre opposizione all’autorità indicata nel primo comma dell’art. 18, con atto esente da bollo. Sull’opposizione la decisione è adottata con ordinanza motivata emessa entro il decimo giorno successivo alla sua proposizione. Se non è rigettata entro questo termine, l’opposizione si intende accolta.

Anche prima che sia concluso il procedimento amministrativo, l’autorità competente può disporre la restituzione della cosa sequestrata, previo pagamento delle spese di custodia, a chi prova di averne diritto e ne fa istanza, salvo che si tratti di cose soggette a confisca obbligatoria.

Quando l’opposizione al sequestro è stata rigettata, il sequestro cessa di avere efficacia se non è emessa ordinanza-ingiunzione di pagamento o se non è disposta la confisca entro due mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro.


Art. 20 (Sanzioni amministrative accessorie)

L’autorità amministrativa con l’ordinanza-ingiunzione o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall’art. 24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione.

Le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione di cui all’art. 24, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo.

Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento.

In presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza – ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa ovvero quando in relazione ad essa è consentita la messa a norma e quest’ultima risulta effettuata secondo le disposizioni vigenti.

E’ sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento.

La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.


Art. 21 (Casi speciali di sanzioni amministrative accessorie)

Quando è accertata la violazione del primo comma dell’art. 32 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, è sempre disposta la confisca del veicolo a motore o del natante che appartiene alla persona a cui è ingiunto il pagamento, se entro il termine fissato con l’ordinanza-ingiunzione non viene pagato, oltre alla sanzione pecuniaria applicata, anche il premio di assicurazione per almeno sei mesi.

Nel caso in cui sia proposta opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione, il termine di cui al primo comma decorre dal passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l’opposizione ovvero dal momento in cui diventa inoppugnabile l’ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l’opposizione o convalidato il provvedimento opposto ovvero viene dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.

Quando è accertata la violazione dell’ottavo comma dell’art. 58 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, è sempre disposta la confisca del veicolo. (*)

Quando è accertata la violazione del secondo comma dell’art. 14 della legge 30 aprile 1962, n. 283, è sempre disposta la sospensione della licenza per un periodo non superiore a dieci giorni.

(*) La Corte costituzionale, con sentenza 24-27 ottobre 1994, n. 371 (Gazz. Uff. 2 novembre 1994, n. 45 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede la confisca del veicolo privo della carta di circolazione, anche se già immatricolato.


Art. 22 (Opposizione all’ordinanza-ingiunzione)

Salvo quanto previsto dall’articolo 133 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e da altre disposizioni di legge, contro l’ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l’ordinanza che dispone la sola confisca gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria. L’opposizione è regolata dall’articolo 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

[… commi restanti abrogati]


Art. 22-bis (Competenza per il giudizio di opposizione)

[abrogato]


Art. 23 (Giudizio di opposizione)

[abrogato]


Art. 24 (Connessione obiettiva con un reato)

Qualora l’esistenza di un reato dipenda dall’accertamento di una violazione non costituente reato, e per questa non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il giudice penale competente a conoscere del reato è pure competente a decidere sulla predetta violazione e ad applicare con la sentenza di condanna la sanzione stabilita dalla legge per la violazione stessa.

Se ricorre l’ipotesi prevista dal precedente comma, il rapporto di cui all’art. 17 è trasmesso, anche senza che si sia proceduto alla notificazione prevista dal secondo comma dell’art. 14, all’autorità giudiziaria competente per il reato, la quale, quando invia la comunicazione giudiziaria, dispone la notifica degli estremi della violazione amministrativa agli obbligati per i quali essa non è avvenuta. Dalla notifica decorre il termine per il pagamento in misura ridotta.

Se l’autorità giudiziaria non procede ad istruzione, il pagamento in misura ridotta può essere effettuato prima dell’apertura del dibattimento.

La persona obbligata in solido con l’autore della violazione deve essere citata nell’istruzione o nel giudizio penale su richiesta del pubblico ministero. Il pretore ne dispone di ufficio la citazione. Alla predetta persona, per la difesa dei propri interessi, spettano i diritti e le garanzie riconosciuti all’imputato, esclusa la nomina del difensore d’ufficio.

Il pretore, quando provvede con decreto penale, con lo stesso decreto applica, nei confronti dei responsabili, la sanzione stabilita dalla legge per la violazione.

La competenza del giudice penale in ordine alla violazione non costituente reato cessa se il procedimento penale si chiude per estinzione del reato o per difetto di una condizione di procedibilità.


Art. 25 (Impugnabilità del provvedimento del giudice penale)

La sentenza del giudice penale, relativamente al capo che, ai sensi dell’articolo precedente, decide sulla violazione non costituente reato, è impugnabile, oltre che dall’imputato e dal pubblico ministero, anche dalla persona che sia stata solidalmente condannata al pagamento della somma dovuta per la violazione.

Avverso il decreto penale, relativamente al capo che dichiara la responsabilità per la predetta violazione, può proporre opposizione anche la persona indicata nel comma precedente.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice di procedura penale concernenti l’impugnazione per i soli interessi civili.


Art. 26 (Pagamento rateale della sanzione pecuniaria)

L’autorità giudiziaria o amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria può disporre, su richiesta dell’interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che la sanzione medesima venga pagata in rate mensili da tre a trenta; ciascuna rata non può essere inferiore a euro 15. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.

Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato dall’autorità giudiziaria o amministrativa, l’obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in un’unica soluzione.


Art. 27 (Esecuzione forzata)

Salvo quanto disposto nell’ultimo comma dell’art. 22, decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento, l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione procede alla riscossione delle somme dovute in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette, trasmettendo il ruolo all’intendenza di finanza che lo dà in carico all’esattore per la riscossione in unica soluzione, senza l’obbligo del non riscosso come riscosso.

E’ competente l’intendenza di finanza del luogo ove ha sede l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione.

Gli esattori, dopo aver trattenuto l’aggio nella misura ridotta del 50 per cento rispetto a quella ordinaria e comunque non superiore al 2 per cento delle somme riscosse, effettuano il versamento delle somme medesime ai destinatari dei proventi.

Le regioni possono avvalersi anche delle procedure previste per la riscossione delle proprie entrate.

Se la somma è dovuta in virtù di una sentenza o di un decreto penale di condanna ai sensi dell’art. 24, si procede alla riscossione con l’osservanza delle norme sul recupero delle spese processuali.

Salvo quanto previsto nell’art. 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

Le disposizioni relative alla competenza dell’esattore si applicano fino alla riforma del sistema di riscossione delle imposte dirette.


Art. 28 (Prescrizione)

Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

L’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile.


Art. 29 (Devoluzione dei proventi)

I proventi delle sanzioni sono devoluti agli enti a cui era attribuito, secondo le leggi anteriori, l’ammontare della multa o dell’ammenda.

Il provento delle sanzioni per le violazioni previste dalla legge 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci, è devoluto allo Stato.

Nei casi previsti dal terzo comma dell’art. 17 i proventi spettano alle regioni.

Continuano ad applicarsi, se previsti, i criteri di ripartizione attualmente vigenti. Sono tuttavia escluse dalla ripartizione le autorità competenti ad emanare l’ordinanza-ingiunzione di pagamento e la quota loro spettante è ripartita tra gli altri aventi diritto, nella proporzione attribuita a ciascuno di essi.


Art. 30 (Valutazione delle violazioni in materia di circolazione stradale)

Agli effetti della sospensione e della revoca della patente di guida e del documento di circolazione, si tiene conto anche delle violazioni non costituenti reato previste, rispettivamente, dalle norme del testo unico sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, e dalle norme della legge 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.

Per le stesse violazioni, il prefetto dispone la sospensione della patente di guida o del documento di circolazione, quando ne ricorrono le condizioni, anche se è avvenuto il pagamento in misura ridotta. Il provvedimento di sospensione è revocato, qualora l’autorità giudiziaria, pronunziando ai sensi degli artt. 23, 24 e 25, abbia escluso la responsabilità per la violazione.

Nei casi sopra previsti e in ogni altro caso di revoca o sospensione del documento di circolazione da parte del prefetto o di altra autorità, il provvedimento è immediatamente comunicato al competente ufficio provinciale della motorizzazione civile.


Art. 31 (Provvedimenti dell’autorità regionale)

I provvedimenti emessi dall’autorità regionale per l’applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro non sono soggetti al controllo della Commissione prevista dall’art. 41 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.

L’opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione è regolata dagli artt. 22 e 23.



Nel caso di opposizione sanzione amministrativa, occorre valutare fra l’altro se la contestazione della violazione è avvenuta in modo adeguato e corretto.

Al riguardo, il Tribunale di Taranto (sentenza 8 luglio 2021) ha stabilito:

Per quanto la contestazione non rappresenti il vero e proprio provvedimento irrogativo della sanzione, essa assolve un ruolo determinante nell’ambito del procedimento sanzionatorio, risultando funzionale all’esercizio del diritto di difesa, posto che attraverso il verbale si rappresenta ad un determinato soggetto il fatto del quale egli deve rispondere sul piano sanzionatorio amministrativo, affinché l’interessato possa valutare se e come predisporre le proprie difese.

Ne consegue che, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, “l’atto di contestazione deve contenere gli estremi di fatto e di diritto della violazione, che successivamente non possono essere modificati dall’amministrazione” (Cass. n. 23018/2006) e che “sussiste la violazione del principio tra fatto contestato e fatto assunto a base della sanzione irrogata, previsto dall’art. 14 l. 689/81, tutte le volte in cui la sanzione venga comminata per una fattispecie, individuata nei suoi elementi costitutivi e nelle circostanze rilevanti delineate dalla norma, diversa da quella attribuita al trasgressore in sede di contestazione, posto che in tali casi viene leso il diritto di difesa del trasgressore medesimo

Scioglimento comunione su terre assegnazione agraria

Scioglimento comunione su terre assegnazione agraria:  se muore l’assegnatario, gli eredi possono sì chiedere lo scioglimento della comunione creatasi con la successione sul fondo, ma non  il suo frazionamento.


Procedendosi allo scioglimento comunione su terre assegnazione agraria, il fondo andrà quindi assegnato nella sua interezza ad uno dei coeredi (che pagherà  agli altri il controvalore delle loro quote) oppure venduto a terzi (e si dividerà allora il prezzo incassato tra i coeredi)


La legge n.1078/1940, rubricata “Norme per evitare il frazionamento delle unità poderali assegnate a contadini diretti coltivatori”, prescrive una serie di regole finalizzate ad evitare il frazionamento di unità poderali, costituite in comprensori di bonifica da enti di colonizzazione o da consorzi di bonifica ed assegnate in proprietà a contadini diretti coltivatori (Art.1). Tale scelta di limitazione trova giustificazione nei principi di cui agli artt. 41, 42, 44 e 47 Cost.: le dimensioni minime del fondo oggetto di assegnazione sono strettamente correlate –  condizionando la produttività e l’autosufficienza dell’impresa diretta coltivatrice –  alla destinazione del fondo e, quindi, in linea con gli obiettivi preposti dalla norma. Pertanto le citate unità poderali non possono essere frazionate per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Onde mantenere consolidata l’integrità dei detti fondi rustici, assicurando così il risultato che si prefigge la norma, il successivo articolo 2 prevede anche che gli enti di colonizzazione o i consorzi di bonifica debbano far risultare l’esistenza del vincolo di indivisibilità dei fondi dalle note di trascrizione degli atti di assegnazione di unità poderali. Il difetto di trascrizione (elemento essenziale onde garantirne la conoscibilità), comporta, quale conseguenza che il vincolo di indivisibilità non potrà essere opposto a terzi acquirenti o aventi causa (di buona fede).

L’’art.5 della citata legge 1078/1940 prescrive poi che:

Nel caso di morte del titolare dell’unità poderale, essa è assegnata al coerede designato dal testatore e, in mancanza, ad uno dei coeredi che sia disposto ad accettarne l’attribuzione e sia idoneo ad assumerne l’esercizio (ndr. ovvero con il fine di assicurare la continuità della conduzione e la concentrazione dei fondi in capo ad un soggetto idoneo ad una efficiente coltivazione).  Nel caso in cui nessuno dei coeredi sia disposto ad accettarne l’attribuzione si procede alla vendita dell’unità poderale con le modalità concordate fra gli interessati o stabilite, in caso di disaccordo tra i coeredi, dall’autorità giudiziaria e si provvede col prezzo alla soddisfazione delle quote ereditarie. In caso di disaccordo tra i coeredi, decide l’autorità giudiziaria con riguardo alle condizioni e attitudini personali. L’autorità giudiziaria, su istanza dei coeredi che rappresentino la maggioranza delle quote ereditarie, può anche decidere che il fondo sia assegnato in comunione a tutti gli eredi e a quelli fra essi che intendano vivere in comunione. Chiunque degli interessati può chiedere lo scioglimento della comunione dopo trascorso un anno dall’inizio di essa. In tal caso si procede alla vendita dell’unità poderale, con le modalità di cui al comma secondo del presente articolo”.

Con la sentenza 27644/2018, la Corte di Cassazione ha adesso statuito che, in tema di assegnazione di terre di riforma agraria, il principio riportato dall’art.5 della Legge in commento (secondo cui ognuno dei coeredi può richiedere lo scioglimento della comunione) si applica non solo nell’ipotesi di comunione disposta dall’Autorità giudiziaria, ma anche qualora – pur in difetto di un provvedimento del giudice –  a seguito dell’apertura della successione sia insorta da oltre un anno la comunione incidentale tra i coeredi dell’originario proprietario e la domanda di divisione sia proposta da almeno uno dei comproprietari. La Suprema Corte sottolinea infatti che non è precluso dalla legge lo scioglimento della comunione, ma unicamente il frazionamento del bene.

La Suprema Corte ritiene infatti che la comunione espressamente prevista dalla legge citata (e cioè quella che nasce su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, ad istanza dei titolari della maggioranza delle quote) non è dissimile dalla comunione che automaticamente insorge, senza alcun provvedimento del giudice,  una volta decorso  oltre un anno dall’apertura della successione dell’originario proprietario. Nel primo caso come nel secondo, infatti, quel che rileva per la Cassazione è la presenza di una comunione, la sua costituzione da oltre un anno e la presenza della domanda di divisione proposta da almeno uno dei comproprietari.

Dunque, la legge speciale non preclude affatto lo scioglimento comunione su terre assegnazione agraria. Anzi, le sue modalità di scioglimento sono regolate dettagliatamente proprio dall’art. 5 della citata legge 1078/1940, la quale vieta soltanto il frazionamento del bene, a condizione che il relativo vincolo sia stato trascritto e sia quindi utilmente opponibile ai terzi.

Decreto controlli vini senza DOC DOCG IGT

I controlli sui vini non DOC, DOCG o IGT (decreto controlli vini senza denominazione o indicazione geografica) sono disciplinati dall’apposito decreto ministeriale 6778 del 18/7/2018, attuativo del Testo Unico Vino.


I vini non DOP o IGP,  etichettatti con l’indicazione del vigneto (vini varietali) e/o con l’indicazione dell’annata, sono soggetti ai controlli previsito dal Decreto controlli vini senza DOC DOCG IGT.

Per quanto concerne i vini varietali, però, non è possibile indicare sull’etichetta qualsiasi vitigno, ma solo quelli consentiti (come individuati dal DM 13 agosto 2012 sull’etichettatura, attualmente in fase di revisione).


I controlli sui vini con denominazione o indicazione geografica sono invece disciplinati dal D.M. 7552/2018.


 

DECRETO MINISTERIALE 18 luglio 2018.

Sistema dei controlli e vigilanza per i vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta e sono designati con l’annata e il nome delle varietà di vite, ai sensi dell’articolo 66, della legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.

    • pubblicato nella Gazz. Uff. 21 settembre 2018, n. 220.
    • emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE

ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO

Visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e successive modifiche ed integrazioni, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e, in particolare, l’art. 120;

Visto il regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017 che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompagnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbligatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) n. 555/2008, (CE) n. 606/2009 e (CE) n. 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) n. 2015/560 della Commissione;

Visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/274 della Commissione, dell’11 dicembre 2017, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbligatorie, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/561 della Commissione;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino e, in particolare, l’art. 66 che stabilisce che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono fissate le procedure e le modalità per il controllo per le produzioni dei vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta designati con l’annata e il nome delle varietà di vite;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 19 marzo 2010, n. 381 recante approvazione dello schema di piano dei controlli, in applicazione dell’art. 63 del regolamento (CE) n. 607 del 2009;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 16 febbraio 2012 recante il sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 13 agosto 2012 recante disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione e del decreto legislativo n. 61/2010, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 marzo 2015, n. 293, recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivinicolo, ai sensi dell’articolo l-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

Visto il decreto dipartimentale 12 marzo 2015, n. 271, che, in attuazione alle disposizioni di cui all’art. 6, commi 1 e 2, del citato decreto ministeriale del 16 febbraio 2012, ha stabilito le modalità di funzionamento della banca dati vigilanza;

Ritenuto di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 66 della legge 12 dicembre 2016, n. 238, con l’emanazione di norme sul sistema dei controlli e vigilanza sui vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta designati con l’annata e il nome delle varietà di vite;

Sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e province autonome in data 19 aprile 2018;

Sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale;

Decreta:

Art. 1. Scopo e ambito di applicazione

1. Il presente decreto ministeriale, di seguito decreto, disciplina, in attuazione dell’art. 66 della legge 12 dicembre 2016, n. 238, di seguito legge, il sistema di controllo e vigilanza per vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta e sono designati con l’annata e/o il nome delle varietà di vite.

2. Le disposizioni di cui al presente decreto non si applicano agli operatori che commercializzano vini designati con l’indicazione dell’annata di produzione delle uve o del nome di una varietà di uve da vino ottenuti esclusivamente dalla riclassificazione o dal declassamento di prodotti a denominazione di origine protetta e ad indicazione geografica protetta effettuate dai medesimi operatori.

Art. 2. Definizioni e termini

1. Ai fini del presente decreto, si intende per:

a) «Ministero» e «Ministro»: il Ministero e il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
b) «ICQRF»: il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del Ministero;
c) «ufficio territoriale» l’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per il luogo ove ha sede lo stabilimento o il deposito dell’operatore obbligato o interessato;
d) «Regioni e PP.AA.»: le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
e) «operatori»: viticoltori, vinificatori, imbottigliatori, confezionatori, intermediari e altri operatori;
f) «SIAN»: il sistema informativo agricolo nazionale, di cui all’art. 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194 e i sistemi informativi regionali ove presenti;
g) «organismo di controllo/organismi di controllo»: persona giuridica pubblica o privata a cui l’autorità competente ha delegato compiti di controllo, ai sensi dell’art. 2, secondo comma, punto 5), del regolamento (CE) n. 882/2004 e che operano come organismi di certificazione dei prodotti secondo i criteri fissati nell’art. 5 di detto regolamento;
h) «fascicolo aziendale/di controllo»: insieme delle informazioni e dei documenti funzionali all’attività di controllo di cui dispongono gli organismi di controllo, relativi a ogni operatore immesso nel sistema di controllo e alle attività di tale operatore;
i) «vigilanza»: complesso delle attività svolte dall’autorità competente, attraverso l’organizzazione di audit o ispezioni, finalizzate a verificare che non sussistano carenze di requisiti e carenze dell’Organismo di controllo nell’espletamento dei compiti delegati e che per la risoluzione di tali carenze, ove rilevate, lo stesso abbia adottato correttivi appropriati e tempestivi.
j) «BdV »: la Banca dati vigilanza istituita ai sensi decreto ministeriale del 16 febbraio 2012 recante Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate;
k) «schedario viticolo»: lo strumento previsto dall’art. 145 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e dal regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017, parte integrante del SIAN nonché del Sistema integrato di gestione e controllo (SIGC) e dotato di un sistema di identificazione geografica (GIS), contenente informazioni aggiornate sul potenziale produttivo;
l) «registro telematico»: il registro tenuto con modalità telematiche, ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 marzo 2015, n. 293 nel quale, per ogni stabilimento e deposito dell’impresa, sono indicate le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli.

Art. 3. Sistema di controllo e vigilanza

1. Il Ministero è l’autorità competente per l’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dei vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta e sono designati con l’annata e il nome delle varietà di vite.

2. La verifica del rispetto della veridicità delle indicazioni facoltative è affidata agli organismi di controllo iscritti nell’elenco, di cui all’art. 64, comma 4, della legge e agli organismi di controllo, di cui all’art. 14, della legge 21 dicembre 1999, n. 526.

3. Il Ministero esercita l’attività di vigilanza attraverso l’ICQRF.

4. Gli organismi di controllo di cui al comma 2 sono inseriti in appositi elenchi pubblicati sul sito istituzionale del Ministero.

5. Gli operatori che intendono commercializzare prodotti vitivinicoli, confezionati e sfusi, che riportano le indicazioni facoltative relative all’annata e/o al nome di una o più varietà di uve da vino sono tenuti a sottoporsi al controllo da parte di uno dei soggetti di cui al comma 2.

6. Gli operatori comunicano l’organismo di controllo scelto all’ICQRF, alle regioni ed all’ufficio territoriale, in cui ha sede lo stabilimento.

Art. 4. Procedura per il controllo

1. Gli organismi di controllo garantiscono la veridicità delle indicazioni facoltative indicate nel sistema di etichettatura dei vini di cui all’articolo l attraverso la verifica delle informazioni acquisite nel rispetto delle modalità indicate nei commi successivi.

2. L’acquisizione delle informazioni necessarie per consentire agli organismi di controllo la verifica del carico e delle operazioni di imbottigliamento avviene attraverso i servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN.

3. Per i soggetti esonerati, ai sensi dell’art. 58, comma 2, della legge, l’acquisizione delle informazioni avviene attraverso la consultazione della dichiarazione di produzione, della dichiarazione di giacenza e della documentazione di accompagnamento e commerciale, che deve essere trasmessa a cura degli stessi agli organismi di controllo. Tali soggetti sono tenuti, altresì, a comunicare preventivamente all’organismo di controllo l’inizio delle operazioni di imbottigliamento e il numero di lotto attribuito alla partita e, nel caso di vini sfusi commercializzati verso gli stati membri o paesi terzi, anche la data di inizio delle spedizioni.

4. Fino alla realizzazione delle apposite funzionalità in ambito SIAN, in caso di cessione o trasferimento di prodotto con indicazioni facoltative indicate nel sistema di etichettatura dei vini di cui all’articolo 1, l’operatore aggiorna il registro telematico, relativamente al prodotto movimentato, entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello della cessione o trasferimento.

5. Fino alla realizzazione delle apposite funzionalità in ambito SIAN, l’operatore è tenuto a comunicare preventivamente all’organismo di controllo l’inizio delle operazioni di imbottigliamento e il numero di lotto attribuito alla partita.

6. Gli obblighi di cui ai commi 2, 3 e 4, possono essere assolti dall’operatore con la trasmissione all’organismo di controllo, nei tempi ivi previsti, delle informazioni utili per la verifica del carico e dello scarico, del documento di accompagnamento del prodotto e della comunicazione di avvenuto imbottigliamento. Restano, comunque, fermi gli obblighi aggiornamento del registro telematico nei termini di cui al decreto 20 marzo 2015 n. 293.

7. L’organismo di controllo comunica all’operatore e all’ICQRF le non conformità rilevate nel corso delle verifiche, entro tre giorni dall’accertamento.

8. Gli Organismi di controllo trasmettono all’ICQRF ed alle regioni e PP.AA. competenti, entro il 31 gennaio, una relazione annuale sull’attività di controllo svolta.

9. Gli obblighi informativi posti a carico degli organismi di controllo sono assolti attraverso il caricamento delle relative informazioni nella BdV.

10. Gli organi di controllo ufficiali tengono conto, ai fini della programmazione delle attività di controllo, delle verifiche eseguite dagli organismi di controllo e dei relativi esiti, attraverso la consultazione del registro unico controlli ispettivi di cui articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.

Art. 5. Tariffe e modalità di pagamento

1. Il costo del servizio di controllo è calcolato in funzione dei quantitativi di prodotto di cui all’art. 1 commercializzati.

2. Gli organismi di controllo, nella determinazione delle tariffe, tengono conto dei minori costi derivanti dall’utilizzo delle funzionalità realizzate nell’ambito dei servizi del SIAN e rendono pubblici sui propri siti internet i tariffari applicati.

Art. 6. Disposizioni finali

1. Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito istituzionale del Ministero.

2. Il decreto ministeriale 19 marzo 2010, n. 381, è abrogato.



La resa massima di uva per ettaro è fissata dal Testo Unico Vino all’art.8, commi 10 e 10 bis, oltre che dal relativo decreto attuativo.


 

decreto consorzi tutela vini

ll decreto ministeriale 18/7/2018 regola la costituzione e la gestione dei consorzi tutela vini a denominazione ed indicazione geografica (decreto consorzi tutela vini), dando così attuazione al Testo Unico Vino.


DECRETO MINISTERIALE 18 luglio 2018.

Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche dei vini (decreto consorzi tutela vini).

  • pubblicato nella Gazz. Uff. 5 ottobre 2018, n. 232.
  • emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE

ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della commissione del 14 luglio 2009 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (di seguito denominata «Legge»);

Visto l’art. 41 della Legge, concernente disposizioni generali sui consorzi di tutela per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche protette;

Visto in particolare l’art. 41, comma 4, lettere a) e b) il quale prevede la possibilità per il consorzio di tutela di contribuire a migliorare il coordinamento dell’immissione sul mercato della denominazione tutelata, la definizione di piani di miglioramento della qualità del prodotto nonché di organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione ed alla commercializzazione della denominazione tutelata;

Visto inoltre l’art. 41, comma 5 il quale dispone che il consorzio di tutela svolge l’attività di vigilanza, prevalentemente nella fase del commercio, sotto il coordinamento dell’ICQRF ed in raccordo con le regioni, avvalendosi, per lo svolgimento di tale attività, di agenti vigilatori ai quali è attribuita la qualifica di pubblica sicurezza;

Visto altresì il comma 7 del citato art. 41 che prevede l’individuazione delle procedure e delle modalità in base alle quali il consorzio di tutela riconosciuto garantisce una corretta e trasparente informazione sulle funzioni svolte ai sensi dell’art. 41, comma 4, a tutti i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione tutelata;

Visto inoltre il comma 8 del citato art. 41 il quale prevede la determinazione dei criteri e delle modalità per richiedere, da parte del consorzio di tutela riconosciuto ad esercitare le funzioni di cui all’art. 41, comma 4, ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione tutelata al momento della loro immissione al sistema di controllo, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201;

Visto l’art. 41, comma 12, il quale prevede l’emanazione di un decreto nel quale siano stabilite le condizioni per consentire ai consorzi di svolgere le attività di promozione, valorizzazione tutela, vigilanza, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini per i quali risultano incaricati;

Visto altresì l’art. 41, comma 12, ultimo periodo della Legge, il quale dispone che siano individuate le cause di incompatibilità degli organi amministrativi dei consorzi di tutela, comprese altresì le cause di incompatibilità relative agli incarichi dirigenziali svolti presso i consorzi di tutela;

Visto l’art. 39 della Legge che prevede la possibilità per i consorzi di tutela, in particolari annate climatiche, di formulare alle regioni proposte relative all’attuazione della gestione delle produzioni;

Visto l’art. 44 della Legge ed in particolare il comma 9, il quale prevede che il consorzio di tutela rappresentativo ai sensi dell’art. 41, comma 4 rilascia l’autorizzazione all’utilizzo del riferimento ad una DOP o IGP tutelata, nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di prodotti composti, elaborati o trasformati;

Visto l’art. 82 della Legge che stabilisce che siano comminate sanzioni nei confronti del consorzio di tutela autorizzato che non ottemperi alle prescrizioni ed agli obblighi che derivano dal decreto di riconoscimento;

Visti l’art. 90 della Legge ed in particolare il comma 3 il quale prevede l’applicazione, fino all’emanazione dei decreti applicativi della legge, delle disposizioni dei decreti attuativi emanati ai sensi della preesistente normativa nazionale e dell’Unione europea che non siano in contrasto con le materie disciplinate dalla legge e dalla normativa europea;

Visto l’art. 91 della Legge che disciplina, in particolare, al comma 1, lettera c) l’abrogazione del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61;

Considerato che l’art. 41 della Legge non disciplina il riconoscimento dei consorzi di tutela delle sottozone dei vini DOP e ritenuto, tuttavia, opportuno prevedere un periodo transitorio di un anno per consentire la cessazione degli incarichi conferiti ai consorzi predetti, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo citato;

Considerato che la vigilanza sui consorzi di tutela dei vini è esercitata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi del decreto dipartimentale n. 7422 del 12 maggio 2010 recante disposizioni generali in materia di verifica delle attività attribuite ai consorzi di tutela;

Ritenuto opportuno disciplinare compiutamente le modalità di riconoscimento e conferimento dell’incarico a svolgere le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini;

Ritenuto inoltre necessario disciplinare l’attività di vigilanza svolta dal consorzio di tutela ai sensi dell’art. 41, comma 1, lettera e) e comma 4, lettera e) della Legge da espletare prevalentemente nella fase di mercato nonché disciplinare le modalità di rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 44;

Ritenuto altresì opportuno disciplinare le modalità per i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione per accedere alle informazioni relative ai costi sostenuti dal consorzio incaricato a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, secondo criteri di trasparenza e chiarezza nonché di stabilire le disposizioni in base alle quali richiedere il contributo di avviamento ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione al momento della loro immissione al sistema di controllo della denominazione stessa;

Ritenuto necessario, inoltre, disciplinare le modalità per approvare le proposte dei consorzi di tutela, avanzate alle regioni ai sensi dell’art. 39 della Legge;

Visto il parere favorevole della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano reso nella seduta del 19 aprile 2018;

Decreta:


Art. 1. Definizioni

Ai fini del presente decreto si intendono:

a) Legge: la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino;
b) Decreto legislativo: il decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61 recante la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell’art. 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88;
c) Decreto dipartimentale: il decreto dipartimentale 12 maggio 2010, n. 7422 recante le disposizioni generali in materia di verifica delle attività attribuite ai consorzi di tutela;
d) DIQPAI: il Dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare e dell’ippica del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – ufficio PQAI IV;
e) ICQRF: il Dipartimento dell’ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari;
f) PREF: la Direzione generale della prevenzione e del contrasto alle frodi agro-alimentari dell’ICQRF;
g) VICO: la Direzione generale per il riconoscimento degli organismi di controllo e di certificazione e tutela del consumatore dell’ICQRF;
h) Piano: lo strumento adottato dai consorzi in applicazione dell’art. 41, comma 4, lettera b), della legge, al fine di regolare l’offerta allo scopo di migliorare e stabilizzare il funzionamento del mercato comune dei vini, comprese le uve, i mosti e vini da cui sono ottenuti.


Art. 2. Disposizioni generali

1. I consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini sono costituiti ai sensi dell’art. 2602 e ss. del codice civile fra i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge.

2. Il consorzio di tutela, riconosciuto ed incaricato con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, svolge le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge, ovvero, qualora dimostri la rappresentatività nella compagine sociale del consorzio di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento della produzione di competenza dei vigneti dichiarati a DOP o IGP, calcolata sulla base del quantitativo rivendicato e/o certificato, negli ultimi due anni, inteso come media, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC, può svolgere anche le funzioni di cui all’art. 41, comma 4.

3. Le percentuali di rappresentanza relative alla produzione di competenza dei vigneti iscritti nello schedario viticolo indicate al precedente comma sono determinate considerando la produzione oggetto di lavorazione di una qualsiasi fase della filiera (viticoltura, vinificazione ed imbottigliamento), fatto salvo il divieto di considerare più di una volta il prodotto originato dalle uve ottenute dai medesimi vigneti iscritti.

4. Il 66% della produzione di cui al precedente comma 2 deve essere composto per almeno il 33% da prodotto certificato ed imbottigliato.


Art. 3. Statuto

1. Il consorzio di tutela che intende ottenere il riconoscimento ministeriale trasmette al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali lo statuto che deve contenere, ai fini dell’approvazione, fatte salve le previsioni del codice civile:

a) il nome della denominazione per la quale il consorzio opera;
b) le modalità per l’ammissione al consorzio, garantendo espressamente l’accesso, senza discriminazione, in maniera singola o associata, esclusivamente ai viticoltori, ai vinificatori ed agli imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge, della DO o della IG tutelata;
c) gli obblighi degli associati, le modalità per la loro esclusione e/o l’esercizio della facoltà di recesso, che deve essere sempre consentita;
d) l’individuazione e le funzioni degli organi sociali (Assemblea, Consiglio di amministrazione, Presidente, Organo di controllo);
e) norme per la nomina dell’organo di controllo che, se costituito in forma collegiale deve prevedere che almeno un membro effettivo ed uno supplente siano scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili; se costituito in forma monocratica, deve prevedere che il sindaco unico sia scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro;
f) modalità di nomina dei componenti degli organi sociali secondo i criteri di rappresentanza fissati dall’art. 41 della Legge e dal presente decreto nonché le norme di funzionamento degli organi medesimi;
g) norme relative alle modalità di voto e rappresentanza delle diverse categorie della filiera all’interno del consorzio;
h) norme che garantiscano l’autonomia decisionale in tutte le istanze consortili, nel caso in cui il consorzio operi per più DO ed IG;
i) norme per il componimento amichevole nella forma dell’arbitrato – anche irrituale – delle eventuali controversie che dovessero insorgere tra i soci ovvero tra i soci e il consorzio e tutte le controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci, ovvero nei loro confronti, o che abbiano per oggetto la validità di delibere assembleari.


Art. 4. Rappresentanza all’interno del consorzio di tutela per lo svolgimento delle funzioni i cui all’art. 41, comma 1 della Legge

1. Per ottenere il riconoscimento ministeriale e poter quindi perseguire le finalità di cui all’art. 41, comma 1, lettere da a) ad e), il consorzio di tutela deve essere rappresentativo di almeno il 35 per cento dei viticoltori e di almeno il 51 per cento, per cento della produzione di competenza dei vigneti dichiarati a DOP o IGP, calcolata sulla base del quantitativo rivendicato e/o certificato, negli ultimi due anni, inteso come media, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC.

2. Il 51% della produzione di cui al precedente comma 1 deve essere composto per almeno il 25% da prodotto certificato ed imbottigliato.

3. Nel caso in cui il riconoscimento sia richiesto da un consorzio di tutela per più denominazioni, così come previsto dall’art. 41, comma 2 della Legge, la percentuale di rappresentanza, così come individuata al precedente comma 1, deve sussistere per ciascuna denominazione protetta per la quale il consorzio di tutela è incaricato.


Art. 5. Rappresentanza all’interno del consorzio di tutela per lo svolgimento delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge

1. Il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi del precedente art. 4 ed incaricato con decreto ministeriale a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge, che intende esercitare nell’interesse della DO o IG per il quale risulta incaricato e nei confronti di tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG, anche non aderenti, le funzioni di cui all’art. 41, comma 4, è tenuto a dimostrare la rappresentatività nella compagine sociale di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento, inteso come media, della produzione rivendicata e/o certificata, di competenza dei vigneti dichiarati a DO o IG negli ultimi due anni, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC.

2. Nel caso in cui le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della legge siano esercitate da un consorzio di tutela per più denominazioni, così come previsto dall’art. 41, comma 2 della citata Legge, la percentuale di rappresentanza, così come individuata al precedente comma 1, deve sussistere per ciascuna denominazione protetta per la quale il consorzio è incaricato.


Art. 6. Gestione delle attività dei consorzi di tutela

1. Le attività di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, sono svolte dal consorzio di tutela incaricato nel rispetto dei principi e delle modalità di seguito indicati.

2. Ai sensi di quanto previsto dall’art. 39, comma 1 e comma 2, della Legge, al fine di salvaguardare e tutelare la qualità del prodotto a DO o IG e contribuire ad un migliore coordinamento dell’immissione sul mercato della DO o IG tutelata, il consorzio di tutela formula alle regioni proposte relative all’attuazione della gestione delle produzioni, fatto salvo quanto già eventualmente disciplinato dalle regioni in conformità alla Legge.

3. Le proposte avanzate dal consorzio di tutela, ai sensi del precedente comma 2, devono essere adottate in sede di assemblea ordinaria, dopo aver dato ampia diffusione della citata proposta agli utilizzatori inseriti nel sistema di controllo della denominazione.

4. La regione, su proposta del consorzio di tutela adottata ai sensi del precedente comma 3 ed acquisito il parere delle organizzazioni rappresentative della filiera regionale, fissa con provvedimento regionale gli strumenti di gestione delle produzioni di cui all’art. 39 della Legge. Il provvedimento regionale deve essere adottato entro trenta giorni dal ricevimento della proposta, in coerenza con gli obiettivi proposti con l’intervento del consorzio di tutela e comunque, ad eccezione della riduzione della resa massima di vino classificabile come DO, prima dell’inizio della campagna vendemmiale.

5. Il consorzio di tutela al fine di organizzare e coordinare le attività delle categorie della filiera interessate alla produzione ed alla commercializzazione della denominazione tutelata può adottare e presentare un «Piano» nel rispetto dei principi di cui all’art. 167 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e di quanto disposto dai successivi commi 6 e 7 del presente articolo. Il Piano non può in alcun caso riguardare la fissazione dei prezzi.

6. La proposta di Piano di cui al precedente comma, elaborata previa consultazione dei rappresentanti di categoria della denominazione interessata, e dopo ampia diffusione agli utilizzatori inseriti nel sistema di controllo della denominazione, può essere presentata dal consorzio di tutela soltanto ove approvata in sede di assemblea da almeno l’85 per cento dei soci iscritti al consorzio di tutela e da almeno il 51 per cento dei soggetti viticoltori che rappresentano almeno il 66 per cento della produzione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG, intesi come media negli ultimi due anni. Le modalità di voto sono quelle di cui all’art. 8. La proposta di Piano è presentata dal consorzio al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – DIQPAI e contestualmente inviata per conoscenza alle regioni nel cui territorio ricade la DO o IG oggetto del Piano.

7. Il DIQPAI decide sulla proposta di Piano entro tre mesi dalla presentazione della proposta. In mancanza di una decisione espressa la proposta di Piano si intende rigettata. Il Piano di produzione approvato dal DIQPAI è vincolante per tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG tutelata dal consorzio di tutela, anche non aderenti. Il provvedimento è pubblicato sul sito Internet del Ministero e notificato alla commissione europea, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013. Il Piano ha una durata di tre anni dalla data di pubblicazione, salva la sua revisione nel triennio con il medesimo procedimento di approvazione ove intervengano modifiche nei presupposti o nelle prospettive di mercato. Alla scadenza del Piano il consorzio di tutela può presentare una nuova proposta di Piano.

8. La denominazione è tutelata ai sensi dell’art. 103 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 e dell’art. 90, par. 1, del Regolamento (UE) n. 1306/2013 ed il consorzio di tutela incaricato, ai sensi dell’art. 41 della Legge, può esercitare e promuovere ogni azione avanti a qualsiasi organo e qualsiasi giurisdizione, sia nazionale che internazionale, per la tutela e la salvaguardia della denominazione.


Art. 7. Attività di vigilanza dei consorzi di tutela

1. L’attività di vigilanza, di cui all’art. 41, comma 1, lettera e) e comma 4, lettera e) della Legge, è svolta dal consorzio di tutela in collaborazione e sotto il coordinamento dell’ICQRF, prevalentemente nella fase del commercio, attraverso la definizione di un programma di vigilanza, che ha durata triennale, salvo modifiche.

2. L’attività di vigilanza di cui al precedente comma 1 consiste nelle seguenti azioni:

a. nella verifica che le produzioni tutelate rispondano ai requisiti previsti dai disciplinari di produzione. Tali attività di verifica sono espletate solo successivamente all’avvenuta certificazione;
b. nella vigilanza operata sui prodotti similari, prodotti e/o commercializzati sul territorio dell’Unione europea che, con false indicazioni sull’origine, la specie, la natura e le qualità specifiche dei prodotti medesimi, possano ingenerare confusione nei consumatori e recare danno alle produzioni DO e IG.
c. per il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41, comma 4, nella vigilanza sull’utilizzo del riferimento ad una DO o IG nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto composto, elaborato o trasformato, da parte dei soggetti che ha autorizzato ai sensi dell’art. 44 della Legge.

3. Il consorzio di tutela in nessun modo può effettuare verifiche sull’attività svolta dagli organismi di controllo né può svolgere attività di autocontrollo sulle produzioni.

4. Il coordinamento delle attività di cui al precedente comma 2 è affidato all’ufficio territoriale dell’ICQRF territorialmente competente per ogni singola DO o IG.

5. Nell’ipotesi in cui l’area di produzione della DO o IG ricada su un territorio di competenza di più uffici territoriali dell’ICQRF, l’ufficio competente al coordinamento dell’attività di vigilanza di cui al precedente comma 1 è quello competente per il territorio ove il consorzio di tutela ha la sede legale.

6. Il programma di vigilanza da effettuarsi sulle singole DO o IG di cui al precedente comma 1, elaborato dall’ufficio territoriale dell’ICQRF territorialmente competente e dal consorzio di tutela, deve contenere i seguenti elementi:

a. modalità e numero delle visite ispettive da effettuare;
b. numero dei campioni da prelevare;
c. vigilanza da espletare sulle produzioni similari;
d. individuazione laboratori accreditati ove effettuare le analisi dei campioni prelevati, preventivamente anonimizzati;
e. modalità di rendicontazione.

7. Il programma di vigilanza è predisposto secondo le linee guida impartite dall’ICQRF sulla base delle indicazioni di cui al comma 6 ed è trasmesso a cura dell’ufficio territoriale alla PREF che, previa approvazione da parte della stessa PREF, provvederà ad inviarlo per opportuna conoscenza alla regione o provincia autonoma interessata per territorio e al DIQPAI.

8. Il consorzio di tutela elabora un rendiconto dell’attività svolta nell’anno precedente, secondo le linee guida di cui al comma 6 e lo trasmette entro il mese di marzo dell’anno successivo, al competente ufficio territoriale dell’ICQRF, che lo invia alla PREF e per conoscenza alla regione o provincia autonoma interessata per territorio. Il rendiconto viene trasmesso dal consorzio di tutela al DIQPAI nell’ambito della relazione di cui al decreto dipartimentale e successive integrazioni e modifiche.

9. Il consorzio di tutela informa tempestivamente il competente ufficio territoriale dell’ICQRF in merito alle operazioni non pianificate a norma del precedente comma, nonché sulle segnalazioni ricevute in ordine ad eventuali violazioni concernenti la tutela e la salvaguardia delle produzioni dei vini DO e IG.

10. Qualora dalla vigilanza sulla commercializzazione dovesse emergere l’esigenza di effettuare verifiche nelle fasi di produzione, vinificazione e confezionamento, il consorzio di tutela è tenuto ad informare il competente ufficio territoriale dell’ICQRF. Nell’organizzazione della conseguente attività di vigilanza della denominazione, il direttore dell’ufficio territoriale competente – sempre nel rispetto di quanto previsto dal precedente comma 3 – può avvalersi anche degli agenti vigilatori del consorzio di tutela.

11. Le attività di cui all’art. 41, comma 1 lettera e) e comma 4 lettera e) della legge sono svolte dagli agenti vigilatori del consorzio di tutela dei vini DO ed IG ai quali è attribuita nei modi e nelle forme di legge la qualifica di agente di pubblica sicurezza.

12. Il rilascio della tessera di riconoscimento della qualifica di agente vigilatore è di competenza del DIQPAI.

13. I campioni prelevati dagli agenti vigilatori di cui al precedente comma 12 vengono analizzati dai laboratori individuati ai sensi del comma 6, lettera d) del presente articolo. Il proprietario della partita oggetto di prelevamento può chiedere il pagamento del campione al prezzo di acquisto.

14. Il costo delle analisi dei campioni, prelevati dal consorzio di tutela nell’ambito della loro collaborazione all’attività di vigilanza, grava sui bilanci del medesimo consorzio.

15. Gli agenti vigilatori del consorzio di tutela, aventi qualifica di agente di pubblica sicurezza, qualora nel corso dell’attività di vigilanza accertino:

a. illeciti di natura penale, redigono l’informativa della notizia di reato e l’inoltrano all’autorità giudiziaria competente, trasmettendone copia, previa autorizzazione della medesima autorità, al direttore dell’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per territorio;
b. gli illeciti amministrativi di cui all’art. 74 della Legge, provvedono ai sensi dell’art. 41 comma 6 della legge a contestarli e notificarli al trasgressore nei tempi e nei modi previsti dalla legge 24 novembre 1981 n. 689. Inoltre, i medesimi agenti vigilatori provvedono a presentare il rapporto, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689 del 1981, con la prova delle avvenute contestazioni e notificazioni, all’ufficio dell’ICQRF competente per territorio.

16. L’attuazione delle disposizioni dell’articolo grava sulle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri sulla finanza pubblica.


Art. 8. Modalità di voto

1. Lo statuto del consorzio di tutela deve assicurare a ciascun consorziato avente diritto ed appartenente alle categorie viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori l’espressione del voto.

2. A ciascun consorziato avente diritto (appartenente alle categorie dei viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori) deve essere assicurata l’espressione di un voto con valore ponderale rapportato alla quantità di prodotto ottenuto nella campagna vendemmiale immediatamente precedente la data dell’assemblea (rispettivamente uva denunciata, vino denunciato, vino imbottigliato). La ponderazione può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.

3. Qualora il consorziato svolga contemporaneamente due o tre attività produttive, il voto è cumulativo delle attività svolte.

4. Nel caso in cui il consorzio di tutela sia riconosciuto per più denominazioni, il valore del voto è determinato dalla somma dei singoli valori di voto allo stesso consorziato spettanti per ciascuna DO o IG.

5. L’adesione in forma associativa dei soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione a tutela della quale opera il consorzio, ai fini della manifestazione del voto e a condizione della espressa delega dei singoli, consente l’utilizzo cumulativo delle singole quote di voto.


Art. 9. Ripartizione dei costi relativi alle funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge

1. I costi derivanti dall’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 1 sono ripartiti esclusivamente tra i soci del consorzio di tutela.

2. La quota da porre a carico di ciascuna categoria della filiera (viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori) è stabilita dal consorzio di tutela e commisurata alla quantità di prodotto DO o IG (uva, vino denunciato, vino imbottigliato) sottoposto al sistema di controllo nella campagna vendemmiale immediatamente precedente l’anno nel quale vengono attribuiti i costi.

3. La commisurazione della quota di cui al precedente comma 2 può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.


Art. 10. Ripartizione dei costi relativi alle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge

1. I costi derivanti dall’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge sono determinati dal consorzio di tutela e sono posti a carico di tutti i soci del consorzio di tutela e di tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge, anche se non aderenti al consorzio di tutela.

2. I contributi di cui al precedente comma 1 sono costituiti da tariffe applicabili a ciascun socio e agli altri soggetti imponibili viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sulla base della quantità di prodotto DO o IG (uva, vino denunciato, vino imbottigliato) sottoposto al sistema di controllo nella campagna vendemmiale immediatamente precedente l’anno nel quale vengono attribuiti i costi.

3. La commisurazione dei contributi di cui al precedente comma 2 può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.

4. I contributi di cui al presente articolo devono essere riportati in bilancio in conti separati.


Art. 11. Contributo di avviamento di cui all’art. 41, comma 8 della Legge

1. Il consorzio di tutela che svolge le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, può richiedere ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione al momento dell’immissione nel sistema di controllo, di cui all’art. 64 della Legge, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201.

2. La quota del contributo di avviamento indicata al precedente comma 1, è determinata con delibera del Consiglio di amministrazione ed è stabilita in misura fissa, e non superiore al contributo determinato ai sensi dell’art. 10, comma 2.

3. L’entità della quota determinata può essere diversificata per le diverse denominazioni tutelate dal consorzio di tutela e per le categorie della filiera (viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori).

4. Qualora un nuovo soggetto utilizzatore sia immesso nel sistema di controllo per più di una fra le denominazioni tutelate dal consorzio di tutela, è tenuto, al pagamento del contributo di avviamento, laddove richiesto dal consorzio di tutela, come individuato al precedente comma 2, per tutte le denominazioni tutelate dal consorzio di tutela, per le quali richiede l’immissione.

5. Qualora un nuovo soggetto utilizzatore sia immesso nel sistema di controllo per più di una fra le categorie della filiera della denominazione tutelata, è tenuto al pagamento del contributo di avviamento, laddove richiesto dal consorzio di tutela come individuato al precedente comma 2, per tutte le categorie della filiera per cui richiede di essere immesso.

6. Il soggetto utilizzatore che ha provveduto al pagamento del contributo di avviamento di cui al presente articolo, è esonerato dal pagamento al consorzio di tutela del contributo previsto all’art. 10, per il primo anno in cui è richiesto.

7. Il contributo di avviamento richiesto dal consorzio di tutela è destinato all’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge.

8. Il contributo di cui al presente articolo deve essere riportato in bilancio in conti separati.


Art. 12. Fondo consortile

1. Ciascun consorziato ha l’obbligo di contribuire alla formazione del Fondo consortile che è costituito da quote il cui valore sarà determinato dall’assemblea del consorzio di tutela. Il fondo patrimoniale netto di bilancio è determinato, alla fine di ogni esercizio, dalla somma algebrica:

a. del fondo inizialmente conferito in sede di costituzione del consorzio di tutela;
b. delle quote versate dai consorziati ammessi a far parte del consorzio di tutela;
c. dagli eventuali nuovi versamenti in conto capitale deliberati dall’assemblea dei consorziati;
d. dei risultati economici dei bilanci annuali (avanzi e disavanzi di gestione);
e. dell’eventuale contributo di avviamento versato dai nuovi soggetti utilizzatori della DO o IG, al momento della immissione nel sistema di controllo, di cui al precedente art. 11;
f. delle componenti straordinarie positive o negative non riferibili alla gestione ordinaria quali contributi volontari versati da consorziati o da terzi (enti pubblici e privati) ed eventuali lasciti o donazioni.


Art. 13. Obbligo di informazione di cui all’art. 41, comma 7 della Legge

1. Il consorzio di tutela riconosciuto che esercita le funzioni previste all’art. 41, comma 4 della Legge, e che richiede i contributi per lo svolgimento di tali funzioni ai soggetti non aderenti al consorzio di tutela immessi nel sistema di controllo della relativa denominazione tutelata, rende disponibile, anche in forma telematica, ai soci ed ai non aderenti al consorzio di tutela la seguente documentazione e/o informazioni inerenti le attività di cui all’art. 41, comma 4, lettere da a) ad e) della Legge:

a. bilanci preventivi e consuntivi;
b. comunicazioni inerenti l’importo e le modalità di pagamento dei contributi annuali;
c. delibere delle assemblee di approvazione dei bilanci;
d. delibere delle assemblee e/o del Consiglio di amministrazione, relative all’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 lettere da a) a e) della Legge;
e. relazione annuale sulle attività svolte, trasmessa al DIQPAI, ai sensi del decreto dipartimentale;
f. programma annuale o pluriennale delle attività di promozione di cui all’art. 41, comma 4, lettera d) della legge nonché la rendicontazione delle attività di promozione svolte;
g. programma di vigilanza concordato con l’ICQRF, ai sensi dell’art. 7 del presente decreto.

2. Il consorzio di tutela riconosciuto che esercita le funzioni previste all’art. 41, comma 4 della Legge, rende disponibile ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione, al momento dell’immissione nel sistema di controllo, ai quali richiedano il contributo di avviamento, la delibera del Consiglio di amministrazione che ha determinato l’ammontare del contributo, di cui all’art. 11 del presente decreto.

3. Le modalità relative a tali comunicazioni sono stabilite da un regolamento consortile predisposto dal consorzio di tutela ed approvato dal DIQPAI.


Art. 14. Cause di incompatibilità di cui all’art. 41, comma 12 della Legge

1. La nomina come componente dell’organo amministrativo e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, in un consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41 della legge, sono incompatibili con l’assunzione ed il mantenimento di incarichi aventi ad oggetto deleghe gestionali dirette presso le autorità pubbliche e gli organismi di controllo privati, di cui all’art. 64 della legge, e presso gli organismi di accreditamento degli organismi di controllo. (comma così modifcato per effetto del D.M. 17/1/2019).

2. La nomina come componente di un organo sociale del consorzio di tutela, riconosciuto ai sensi dell’art. 41 della Legge è incompatibile con l’assunzione ed il mantenimento dell’incarico di agente vigilatore per la DO od IG per il quale il consorzio di tutela risulta incaricato.


Art. 15. Vigilanza sull’operatività dei consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell’art. 41 della Legge

1. La vigilanza sul rispetto, da parte del consorzio di tutela, delle prescrizioni ministeriali è effettuata dal DIQPAI sulla base del decreto dipartimentale.

2. L’intimazione ad adempiere al consorzio di tutela prevista dall’art. 82, comma 1, della Legge, anche a seguito di segnalazione degli organi di controllo ufficiali, è effettuata dal DIQPAI e trasmessa per conoscenza, anche all’ufficio territoriale dell’ICQRF, individuato ai sensi dell’art. 7, commi 4 e 5. Il consorzio di tutela deve dare riscontro dell’avvenuto adempimento al DIQPAI e per conoscenza all’ufficio territoriale dell’ICQRF, come sopra individuato. Quest’ultimo, in caso di mancato adempimento da parte del consorzio di tutela entro i termini previsti dal medesimo art. 82, comma 1, procede all’accertamento ed alla contestazione della relativa violazione.


Art. 16. Autorizzazione per l’utilizzo del riferimento della DOP O IGP sui prodotti composti, elaborati o trasformati

1. Il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41, comma 4 della legge rilascia, a titolo gratuito, l’autorizzazione di cui all’art. 44 della legge ai soggetti che utilizzano il riferimento a una DO o IG nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di prodotti composti, elaborati o trasformati. Lo stesso consorzio provvede all’attivazione, alla tenuta e al mantenimento dell’elenco delle autorizzazioni rilasciate ai soggetti utilizzatori.

2. Per il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il consorzio di tutela opera senza discriminazione e secondo i principi della comunicazione della commissione UE 2010/C341/03 concernente gli «Orientamenti sull’etichettatura dei prodotti alimentari che utilizzano come ingredienti prodotti a denominazione di origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP)» o, in alternativa, secondo i «Criteri per l’utilizzo del riferimento ad una denominazione d’origine protetta o ad una indicazione geografica protetta nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto composto, elaborato o trasformato» predisposti dal DIQPAI e pubblicati sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

3. Il consorzio può adottare un prospetto tariffario da applicarsi a carico dei soggetti autorizzati ai sensi del comma 1, per il rimborso dei costi sostenuti per l’effettuazione dell’attività di vigilanza sul rispetto delle condizioni alla base del rilascio della medesima autorizzazione. Il consorzio di tutela trasmette al DIQPAI il predetto prospetto tariffario al fine della sua verifica e approvazione.

4. Il consorzio di tutela trasmette, trimestralmente, l’elenco delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del precedente comma 1 al DIQPAI che provvederà ad inoltrarlo alla PREF. DIQPAI provvede altresì a trasmettere trimestralmente alla PREF l’elenco aggiornato delle autorizzazioni rilasciate dal medesimo, ai sensi dell’art. 44 della Legge.


Art. 17. Disposizioni transitorie e finali

1. I consorzi di tutela, riconosciuti ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono tenuti ad adeguarsi alle disposizioni di cui al presente decreto ed a trasmettere al Ministero – entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto stesso – tutta la documentazione atta a comprovare il rispetto delle prescrizioni ministeriali.

2. I consorzi di tutela, riconosciuti ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo alla data di entrata in vigore del presente decreto, adeguano, nel caso in cui si renda necessario i propri statuti alle disposizioni di cui al presente decreto, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto stesso.

3. Il Ministero verificata la documentazione e l’adeguamento dello statuto di cui ai precedenti comma e, qualora conformi alle prescrizioni ministeriali, conferma – con decreto – il riconoscimento ai consorzi di tutela e l’incarico a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 ovvero – qualora vi siano i presupposti richiesti – le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge.

4. L’incarico attribuito ai consorzi di tutela delle sottozone dei vini a DO ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo, scade un anno dopo l’entrata in vigore del presente decreto.

5. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 16 dicembre 2010, recante «Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini».

6. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto il Ministero effettua la verifica sull’implementazione delle disposizioni dello stesso decreto e, se del caso, con decreto ministeriale, sentita la conferenza Stato-Regioni, adotta le misure atte a migliorare l’efficienza della gestione delle attività dei consorzi di tutela.

Il presente decreto è trasmesso all’organo di controllo per la registrazione ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Ratifica accordo CETA




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Anzi, nemmeno esiste un apposito disegno di legge in proposito.
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Quanto al dibattito in corso:
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Si veda anche:

Legislatura 18^ Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-01494 (28 marzo 2019).

Legislatura 18^, Interrogiazione parlamentare (3-01165) – Politiche di contrasto alla contraffazione alimentare, anche in relazione al Trattato CETA con il Canada (14 gennaio 2021)



Ad ogni modo, ostacoli ben più gravi all’entrata in vigore definitiva dell’Accordo CETA giungono da Cipro, il cui Parlamento ha bocciato (senza motivazioni formalmente espresse) la ratifica, in realtà per questioni non pertinenti, poiché riconducibili alla tutela di un loro formaggio locale (chiamato “Hallouimi”), il cui riconoscimento come DOP nella UE trovava ostacolo, a causa dell’impossibilità di verificare in modo adeguato le condizioni sanitarie di sua produzione nella zona di Cipro occupata dalla Turchia.

Insomma, un Accordo interazionale di libero scambio – il cui valore economico è decisamente ampio, andando ad interessare gli scambi commerciali di beni e servizi dell’intera Unione europea – viene bloccato, perchè i produttori di un formaggio, pressocchè sconosciuto, riescono ad esercitare pressioni lobbistiche sul Parlamento nazionale di una piccola isola con nemmeno 1 milione di abitanti …. che attua così una sorta di “ritorsione”, peraltro su un oggetto (la ratifica dell’Accordo CETA) privo di connessione con l’oggetto della disputa con la UE (il mancato riconoscimento della DOP “Hallouimi” al loro formaggio tipico).

Decreto controlli vini DOC DOCG IGT

l controlli sui vini a denominazione o indicazione geografica (decreto controlli vini doc docg igt) sono disciplinati dall’apposito decreto ministeriale 7552/2018,   attuativo del Testo Unico Vino.


Purtroppo nel decreto controlli vini DOC DOCG IGT è stata stralciata – non trovandosi accordo – la parte più significativa della riforma in materia portata dal Testo Unico Vino, e cioè il controllore unico (art.64 T.U.).

Ad integrare la disciplina sui controlli interviene il regolamento sugli esami analitici ed organolettici nonchè sulle commissioni di degustazione dei vini a denominazione di origine ed indicazione geografica (art.64  e 65 T.U.):  D.M. 12 marzo 2019.

I controlli sui vini privi di denominazione o indicazione geografica, ma rencanti indicazione annata e/o della varietà di vite,  sono invece disciplinati dal D.M. 6778 del 18 luglio 2018.


DECRETO MINISTERIALE 2 agosto 2018, n. 7552.

Sistema dei controlli e vigilanza sui vini a DO e IG, ai sensi dell’articolo 64, della legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.

    • Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 ottobre 2018, n. 253.
    • Emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

IL MINISTRO DELLE POLITICHE

AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI

E DEL TURISMO

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricole comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/92, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 e, in particolare, l’art. 90 rubricato controlli connessi alle denominazioni di origine, alle indicazioni geografiche e alle menzioni tradizionali protette;

Visto il regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017 che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompagnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbligatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) n. 555/2008, (CE) n. 606/2009 e (CE) n. 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) n. 2015/560 della Commissione;

Visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/274 della Commissione, dell’11 dicembre 2017, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbligatorie, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/561 della Commissione;

Visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e successive modifiche ed integrazioni, recante Modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino e, in particolare, gli articoli 59, 64 e 90;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 16 febbraio 2012 recante «Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate»;

Visto il decreto dipartimentale 12 marzo 2015, n. 271, che, in attuazione alle disposizioni di cui all’art. 6, commi 1 e 2, del citato decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 16 febbraio 2012, ha stabilito le modalità di funzionamento della banca dati vigilanza;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 marzo 2015, n. 293 recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivinicolo, ai sensi dell’ art. 1-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 14 giugno 2012, n. 794, recante «approvazione dello schema di piano dei controlli, in applicazione dell’art. 13, comma 17, del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61»;

Ritenuto di procedere, al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 64, comma 20, ed all’art. 90 della legge n. 238/2016, all’emanazione di norme sul sistema dei controlli e vigilanza sui vini a DO e IG;

Sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome in data 19 aprile 2018;

Decreta:

Art. 1. Scopo e ambito di applicazione

Il presente decreto ministeriale, di seguito decreto, disciplina, in attuazione dell’art. 64, comma 20, della legge 12 dicembre 2016, n. 238, di seguito legge, il sistema di controllo e vigilanza dei vini a denominazione di origine e a indicazione geografica, ai sensi dell’art. 90 del regolamento (UE) n. 1306/2013 e degli articoli 4 e 5 del regolamento (CE) n. 882/2004 e successive modifiche.

Art. 2. Definizioni e termini

1. Ai fini del presente decreto, si intende per:

a) «Ministero» e «Ministro»: il Ministero e il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;
b) «ICQRF»: il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del Ministero;
c) «ufficio territoriale» l’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per il luogo ove ha sede lo stabilimento o il deposito dell’operatore obbligato o interessato;
d) «Regioni e PP.AA.»: le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
e) «categorie di operatori della filiera vitivinicola»: viticoltori, vinificatori, imbottigliatori, etichettatori, intermediari e altri specifiche categorie di operatori non classificabili tra le precedenti categorie, inseriti nel sistema di controllo;
f) «DO», «DOP», «DOCG» e «DOC»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a denominazione di origine;
g) «IG», «IGP» e «IGT»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a indicazione geografica;
h) «SIAN»: il sistema informativo agricolo nazionale, di cui all’art. 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194 e i Sistemi informativi regionali, ove presenti;
i) «organismo di controllo/organismi di controllo»: persona giuridica pubblica o privata a cui l’autorità competente ha delegato compiti di controllo, ai sensi dell’art. 2, comma 2, punto 5), del regolamento (CE) n. 882/2004 c ss..mm.., e che operano come organismi di certificazione dei prodotti secondo i criteri fissati nell’art. 5 di detto regolamento;
j) «fascicolo di controllo»: insieme delle informazioni e dei documenti funzionali all’attività di controllo di cui dispongono gli organismi di controllo, relativi a ogni operatore immesso nel sistema di controllo e alle attività di tale operatore;
k) «vigilanza»: complesso delle attività svolte dall’autorità competente, attraverso l’organizzazione di audit o ispezioni, finalizzate a verificare che non sussistano carenze di requisiti e carenze dell’organismo di controllo nell’espletamento dei compiti delegati e che per la risoluzione di tali carenze, ove rilevate, lo stesso abbia adottato correttivi appropriati e tempestivi;
l) «BdV»: l’acronimo di Banca dati Vigilanza istituita ai sensi decreto ministeriale del 16 febbraio 2012 recante Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate;
m) «schedario viticolo»: lo strumento previsto dall’art. 145 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e dal regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017, parte integrante del SIAN nonché del Sistema integrato di gestione e controllo (SIGC) e dotato di un sistema di identificazione geografica (GIS), contenente informazioni aggiornate sul potenziale produttivo;
n) «registro telematico»: il registro tenuto con modalità telematiche, ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 marzo 2015, n. 293 nel quale, per ogni stabilimento e deposito dell’ impresa, sono indicate le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli;
o) «imbottigliamento»: la definizione riportata all’art. 56 del regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009;
p) «operazioni di etichettatura»: apposizione sui prodotti già imbottigliati delle informazioni sui recipienti;
q) «R.U.C.I.»: Registro unico dei controlli ispettivi di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, e di cui al decreto interministeriale del 20 luglio 2015.

Art. 3. Sistema di controllo

1. Il Ministero è l’autorità competente per l’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dei vini a DO e IG.

2. Il Ministero delega i compiti di controllo ad uno o più organismi di controllo ed è, altresì, l’autorità responsabile della vigilanza sugli organismi di controllo, ai sensi dell’art. 64, commi 1, 2 e 17, della legge.

3. Il Ministero esercita i compiti di cui ai commi 1 e 2 attraverso l’ICQRF.

4. La verifica annuale del rispetto del disciplinare nel corso della produzione e durante o dopo il condizionamento del vino è effettuata da organismi di controllo iscritti nell’ «Elenco degli organismi di controllo per le denominazioni di origine protetta (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP) del settore vitivinicolo», di cui all’art. 64, comma 3, della legge.

5. La scelta dell’organismo di controllo è effettuata secondo le modalità stabilite nell’art. 64, commi 12, 13 e 14 della legge e dell’art. 4 del decreto.

6. Gli organismi di controllo possono svolgere la loro attività per una o più produzioni riconosciute, ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea.

7. Ogni produzione riconosciuta, comprese le eventuali sottozone e tipologie previste dal disciplinare di produzione, è soggetta al controllo di un solo organismo di controllo, salvo il caso di cui all’art. 64, comma 14, ultimo periodo.

Art. 4. Scelta dell’organismo di controllo

1. La scelta dell’organismo di controllo è effettuata, tra quelli iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge, dai soggetti proponenti le registrazioni, contestualmente alla presentazione dell’istanza di riconoscimento della DO o della IG e, per le denominazioni o indicazioni già riconosciute, dai Consorzi di tutela incaricati dal Ministero.

2. In assenza dei Consorzi di tutela, le Regioni e PP.AA., nelle cui aree geografiche ricadono le produzioni delle uve e del vino rivendicati, sentite le organizzazioni rappresentative della filiera vitivinicola, indicano al Ministero, per ciascuna DO e IG, l’organismo di controllo tra quelli iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge. Nel caso di denominazioni interregionali e nel caso di mancato accordo, la scelta è effettuata dalla Regione o dalla Provincia Autonoma nel cui territorio ricade la maggiore produzione di uve e di vino rivendicati, con riferimento alla media dell’ultimo biennio.

3. I soggetti di cui ai commi 1 e 2 comunicano all’ICQRF, almeno sessanta giorni prima della scadenza dell’autorizzazione, l’organismo di controllo scelto per la singola DO o IG.

Art. 5. Iscrizione nell’elenco, autorizzazione, revoca e sospensione degli organismi di controllo

1. L’organismo di controllo che intende proporsi per il controllo delle denominazioni di origine o delle indicazioni geografiche, presenta apposita istanza al Ministero, ai sensi dell’art. 64, comma 3, della legge, unitamente alla documentazione indicata nell’ allegato 1 e redatta secondo le istruzioni ivi previste.

2. L’organismo di controllo scelto per il controllo della specifica DO o IG presenta all’ICQRF, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione sul sito internet del Ministero del documento unico e del disciplinare di produzione, un’istanza di autorizzazione, unitamente al certificato di accreditamento aggiornato, se organismo di controllo privato, alla procedura di controllo e certificazione aggiornata, se organismo di controllo pubblico, al piano di controllo e al tariffario, per ciascuna DO e IG per la quale è richiesta l’autorizzazione.

3. Il piano di controllo si compone di una parte generale, facente esplicito riferimento alle disposizioni di cui all’allegato 2, e di un’eventuale parte speciale contenente disposizioni specifiche di controllo rese necessarie dal disciplinare di produzione di ciascuna DO/IG ovvero dalla scelta di effettuare controlli analitici e organolettici a campione per le DO con produzione annuale certificata inferiore a 10.000 hl, ai sensi dell’art. 65, comma 5, lettera b) della legge.

4. Il tariffario è redatto secondo i criteri previsti dall’allegato 3.

5. Il provvedimento di autorizzazione contiene la descrizione dei compiti che l’organismo di controllo può espletare e delle condizioni alle quali può svolgerli. L’autorizzazione è rilasciata dall’ICQRF entro sessanta giorni dalla data di ricevimento dell’istanza.

6. L’autorizzazione ha durata triennale ed è rinnovabile a seguito di conferma della scelta effettuata ai sensi dell’art. 64, commi 12, 13 e 14, della legge. In caso di riconoscimento di nuove DO o IG, la relativa autorizzazione all’organismo di controllo avrà la medesima scadenza delle autorizzazioni già rilasciate per il triennio in corso.

7. La documentazione di cui all’art. 64, comma 5, della legge è approvata con apposito provvedimento in caso di modifica della stessa nel corso del triennio di validità dell’autorizzazione a seguito di presentazione di istanza motivata, dimostrando la preventiva comunicazione al Consorzio di tutela riconosciuto o alla Regioni e PP.AA. competenti.

8. Ai sensi dell’art. 64, comma 7, l’autorizzazione può essere sospesa in caso di:

a) mancato rispetto delle percentuali di controllo stabilite nel piano di controllo;
b) mancato rispetto delle procedure di controllo e certificazione;
c) inadempimento delle prescrizioni impartite dall’autorità competente;
d) carenze generalizzate nel sistema dei controlli che possono compromettere l’affidabilità e l’efficacia del sistema e dell’organismo di controllo stesso;
e) adozione di comportamenti discriminatori nei confronti degli operatori assoggettati al controllo.

9. La sospensione, a seconda della gravità dei casi, può avere una durata da tre a sei mesi. Al termine del periodo, l’organismo di controllo deve provare di aver risolto le criticità rilevate. L’organismo di controllo, durante il periodo di sospensione, è sottoposto, in ogni caso, ad attività di vigilanza da parte dell’ICQRF.

10. L’autorizzazione di cui al comma 5 è revocata in caso di:

a) perdita dell’accreditamento, se organismo privato;
b) tre provvedimenti di sospensione, ovvero un periodo di sospensione complessivamente superiore a nove mesi nel triennio di durata dell’autorizzazione.

11. La revoca è immediata nel caso di perdita dell’accreditamento. L’organismo di controllo, tuttavia, continua a svolgere l’attività di controllo fino a sostituzione. Nelle altre ipotesi, la revoca dell’autorizzazione decorre dalla data di scadenza della stessa e comporta l’impossibilità di rinnovo dell’autorizzazione al controllo per la denominazione in questione.

12. In caso di revoca immediata, i soggetti legittimati di cui all’art. 64, commi 12, 13 e 14, comunicano, nel termine di venti giorni, la scelta del nuovo organismo di controllo.

13. La revoca e la sospensione dell’autorizzazione possono riguardare anche una singola produzione riconosciuta ovvero una singola sede operativa dell’organismo di controllo.

14. Prima della scadenza del triennio, i soggetti legittimati, ai sensi dell’art. 64, commi 12, 13 e 14 della legge, possono, a seguito di provvedimenti di sospensione o a seguito di ordinanza ingiunzione emessa per gli illeciti di cui all’art. 80 della legge, scegliere un altro organismo di controllo tra quelli iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge. La nuova scelta deve essere comunicata all’ICQRF per l’apertura del nuovo procedimento di autorizzazione.

15. L’ICQRF comunica ai soggetti legittimati di cui all’art. 64, commi 12, 13 e 14 i provvedimenti rilevanti ai fini dei commi 8 e 11.

16. L’ICQRF pubblica, sul sito internet del Ministero, i piani di controllo e i tariffari approvati e cura la tenuta dell’elenco di cui all’art. 64, comma 4 della legge.

17. Gli organismi di controllo sono cancellati dall’elenco di cui all’art. 64, comma 4, in caso di revoca e se, al termine del quarto anno di iscrizione nello stesso, non sono stati scelti per effettuare il controllo di alcuna DO o IG. In caso di revoca, la nuova iscrizione nell’elenco può essere richiesto solo dopo che siano trascorsi quattro anni dalla cancellazione.

18. L’organismo di controllo autorizzato per la specifica DO o IG può avvalersi, delle strutture e del personale di altri soggetti iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge. In tal caso le relative attività devono essere svolte conformemente a quanto disposto dalla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17065:2012, sulla base di una convenzione. L’organismo di controllo autorizzato è responsabile delle attività affidate ad altro organismo di controllo. Le attività di certificazione non possono essere affidate a terzi.

Art. 6. Obblighi degli organismi di controllo

1. Gli organismi di controllo assicurano per l’intera durata dell’autorizzazione:

a) la verifica dell’idoneità morale, dell’imparzialità e dell’assenza di conflitto di interesse dei propri rappresentanti, degli amministratori, del personale addetto all’attività di controllo e certificazione; prevedendo anche a tal fine, un numero dispari di componenti per gli organi collegiali che deliberano su certificazione, non conformità e ricorsi e per quest’ ultimo che lo stesso sia indipendente dalla struttura gerarchica dell’organismo;
b) che i componenti degli organi collegiali non partecipino alla composizione di altri organi collegiali dello stesso organismo di controllo, ad esclusione delle commissioni di degustazione;
c) che i componenti degli organi collegiali non partecipino alla composizione di altri organi collegiali di altri organismi di controllo ad esclusione dei Comitati di salvaguardia;
d) che il ruolo di valutazione sia distinto dal ruolo di riesame e di decisione nell’organizzazione dell’organismo di controllo;
e) l’adeguatezza delle strutture e delle risorse umane e strumentali rispetto ai compiti delegati;
f) l’impiego esclusivo di risorse umane dotate di esperienza e competenza specifica per i compiti e i ruoli svolti per ciascuna funzione del processo di controllo e certificazione;
g) una formazione periodica sui processi di controllo e certificazione specifici;
h) la rotazione del personale impiegato nell’attività di controllo, compreso il personale addetto al prelievo dei campioni, prevedendo almeno che gli operatori non possono essere controllati dal medesimo ispettore per più di tre visite ispettive consecutive.

2. Gli organismi di controllo comunicano al Ministero le modifiche giuridiche o organizzative intervenute successivamente all’autorizzazione.

3. Gli organismi di controllo non svolgono né direttamente né indirettamente attività di consulenza e di servizi, ivi compreso la fornitura a titolo oneroso di applicativi informatici.

4. Il personale degli organismi di controllo nello svolgimento dell’attività di controllo è incaricato di pubblico servizio, ai sensi dell’art. 358 del codice penale.

5. Gli organismi di controllo utilizzano esclusivamente i laboratori di analisi autorizzati dal Ministero.

6. L’accertamento di non conformità comporta l’applicazione puntuale del livello di gravità e del trattamento previsto dal piano di controllo autorizzato.

7. In caso di subentro, nel corso dell’anno, da parte di altro organismo nell’attività di controllo e certificazione, a ciascuno degli organismi spetta la parte dei proventi delle tariffe approvate relativa al servizio effettivamente svolto fino al momento del subentro.

8. Nell’esercizio dell’attività di controllo, gli organismi di controllo hanno, inoltre, l’obbligo di:

a) comunicare all’ICQRF e, per gli aspetti di competenza, alle Regioni e PP.AA., territorialmente competenti, i risultati dei controlli effettuati in modo regolare e ogniqualvolta sia richiesto;
b) deliberare, entro quindici giorni lavorativi, la non conformità rilevata nel corso delle verifiche;
c) di decidere i ricorsi entro trenta giorni dalla presentazione;
d) trasferire i fascicoli di controllo all’organismo di controllo subentrante entro trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento di autorizzazione e concludere le attività di controllo in corso;
e) adempiere alle richieste e prescrizioni impartite dalle autorità di cui all’art. 3.

Art. 7. I soggetti della filiera vitivinicola

1. L’attività di controllo e certificazione per i vini a DO e IG è svolta dagli organismi di controllo su tutti i soggetti della filiera di produzione della singola DO o IG secondo i criteri e con le modalità stabiliti nei rispettivi piani di controllo e nei tariffari approvati.

2. Ai sensi dell’art. 64, comma 16, della legge, tutti i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lettera e) partecipanti alla filiera di produzione della singola DO o IG sono automaticamente inseriti nel sistema di controllo al momento della rivendicazione della produzione tutelata e accettano le condizioni del servizio di controllo e certificazione.

3. La dichiarazione di vendemmia e di produzione vitivinicola costituiscono causa di inserimento nel sistema di controllo per la relativa produzione DO o IG.

4. Gli imbottigliatori e gli etichettatori, per l’inserimento nel sistema di controllo, inviano all’organismo di controllo autorizzato la comunicazione di imbottigliamento o di etichettatura.

5. L’organismo di controllo assoggetta al controllo anche gli imbottigliatori esteri ove previsto dal piano dei controlli della singola DO/IG.

6. Il piano dei controlli approvato e il prospetto tariffario, per le singole DO o IG, sono resi disponibili ai soggetti della filiera vitivinicola interessata anche attraverso la loro pubblicazione sul sito internet dell’organismo di controllo.

7. L’organismo di controllo deve tenere un elenco aggiornato dei soggetti iscritti.

Art. 8. Attività di controllo e certificazione

1. Gli organismi di controllo svolgono l’attività di controllo e certificazione nel rispetto del piano di controllo e del tariffario approvato, delle norme cogenti, delle istruzioni impartite dall’autorità competente e delle procedure e istruzioni contenute nella documentazione di sistema, per gli organismi privati, e nella procedura di controllo e certificazione, per gli organismi pubblici.

2. L’organismo di controllo verifica la conformità ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione e la rintracciabilità del prodotto a DO e IG certificato e destinato alla certificazione e assicura la corrispondenza dei quantitativi certificati o destinati alla certificazione con le risultanze della contabilità ufficiale.

3. L’organismo di controllo, per ciascuna DO o IG controllata, deve assicurare l’evidenza documentale delle azioni e delle attività previste dal piano dei controlli approvato. Tale documentazione è messa a disposizione delle autorità competenti c deve essere trasmessa all’organismo di controllo subentrante, in caso di revoca dell’autorizzazione o nuova scelta effettuata dai soggetti legittimati.

4. Il campione di soggetti da sottoporre a verifica ispettiva annuale è determinato tramite sorteggio. L’estrazione del campione deve essere eseguita per ciascuna DO e IG e per ogni categoria della filiera vitivinicola, nelle percentuali minime e secondo i criteri e le modalità stabiliti nell’allegato 2 del decreto.

5. Le operazioni di sorteggio devono essere eseguite in tempo utile sia per la conclusione dei controlli entro l’anno solare di sorteggio e sia per assicurare lo svolgimento dei controlli nel periodo più funzionale al controllo stesso.

6. L’organismo di controllo trasmette all’ICQRF gli elenchi degli operatori assoggettati, suddivisi per categoria, alla specifica DO e IG indicando quelli oggetto di sorteggio per l’anno solare in corso.

7. Il Comitato di certificazione dell’organismo di controllo, in caso di non conformità rilevata nell’ambito del piano dei controlli di una specifica DO e IG, valuta l’impatto della non conformità anche rispetto ai requisiti dei disciplinari delle DO e a IG coesistenti sulla stessa unità vitata nonché rispetto alla possibilità di eventuali riclassificazioni e declassamenti ad altra DO o IG.

8. Ai fini della certificazione delle produzioni di vino atto a divenire DO si applicano le disposizioni di cui all’art. 65 della legge e le relative norme attuative. In caso di giudizio di idoneità, l’organismo di controllo rilascia la certificazione per la relativa partita.

9. Gli imbottigliatori di vini DOCG e DOC richiedono i contrassegni all’organismo di controllo autorizzato o al Consorzio di tutela riconosciuto, se delegato a tal fine dal organismo di controllo autorizzato.

10. L’organismo di controllo autorizzato, previa verifica della sussistenza dei requisiti quantitativi e qualitativi del prodotto nel registro telematico, consegna i contrassegni richiesti o autorizza alla consegna il Consorzio di tutela riconosciuto, se delegato.

11. Gli organi di controllo ufficiali tengono conto, ai fini della programmazione delle attività di controllo, delle verifiche eseguite dagli organismi di controllo e dei relativi esiti, attraverso la consultazione del R.U.C.I.

Art. 9. Acquisizione delle informazioni ai fini del controllo e certificazione

1. L’acquisizione delle informazioni da parte degli organismi di controllo avviene attraverso i servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN e, per i soggetti esonerati ai sensi dell’art. 58, comma 2, della legge, attraverso la dichiarazione di produzione, la dichiarazione di giacenza, la documentazione di accompagnamento e commerciale e da altra documentazione giustificativa.

2. I soggetti esonerati di cui al precedente comma possono chiedere l’accesso ai servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN.

3. L’operatore aggiorna il registro telematico per il prodotto oggetto di richiesta di certificazione per consentire la verifica del carico e il rilascio della certificazione.

4. In caso di cessione o trasferimento di prodotto sfuso atto a divenire DO, di prodotto a DO o rivendicato a IG, compresa la commercializzazione di vino sfuso verso altri Stati membri o Paesi terzi, l’operatore aggiorna il registro telematico, relativamente al prodotto movimentato, entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello della cessione o trasferimento.

5. Gli imbottigliatori, qualora non siano previsti termini più restrittivi dal decreto 20 marzo 2015, n. 293, aggiornano il registro telematico non oltre sette giorni lavorativi dalla data di conclusione delle operazioni di imbottigliamento dello specifico prodotto.

6. Gli obblighi di cui ai commi 3, 4 e 5 possono essere assolti dall’operatore con la trasmissione all’organismo di controllo, nei tempi ivi previsti, delle informazioni utili per la verifica del carico e dello scarico, del documento di accompagnamento del prodotto e della comunicazione di avvenuto imbottigliamento ovvero della comunicazione riepilogativa dei quantitativi di vini a DO e IG ceduti direttamente al consumatore finale con i riferimenti alla certificazione di idoneità, per i casi in cui è prevista. In tal caso, restano fermi gli obblighi aggiornamento del registro telematico nei termini di cui al decreto 20 marzo 2015, n. 293.

Art. 10. Oneri informativi a carico dell’organismo di controllo

1. L’organismo di controllo comunica all’operatore interessato la non conformità rilevata nel corso delle verifiche, entro cinque giorni dalla relativa deliberazione del Comitato di certificazione.

2. Le comunicazioni di non conformità sono redatte secondo il modello di cui all’allegato 4 del decreto e devono dettagliatamente indicare il trattamento, l’azione correttiva, i termini entro i quali è verificata e le modalità di risoluzione della stessa, la facoltà per l’operatore di presentare ricorso avverso la deliberazione del Comitato di certificazione, nonché il termine di presentazione, che non può essere fissato oltre il trentesimo giorno dalla notifica all’operatore della non conformità.

3. L’organismo di controllo comunica all’ufficio territoriale competente le non conformità gravi deliberate dal Comitato di certificazione, entro venti giorni lavorativi dalla verifica. In tali casi, l’organismo di controllo deve tempestivamente informare l’ufficio territoriale competente del ricorso eventualmente presentato dal soggetto interessato e, in seguito, del suo esito, ai sensi dell’art. 79 della legge.

4. L’ufficio territoriale informa sollecitamente l’organismo di controllo dei provvedimenti adottati in esito alle comunicazioni di cui al comma 3.

5. Le non conformità lievi, avverso le quali non è stato presentato ricorso ovvero in caso di rigetto del ricorso presentato, che non sono state risolte nelle modalità e nei tempi indicati dall’organismo di controllo, diventano gravi a seguito di deliberazione del Comitato di certificazione.

6. L’organismo di controllo comunica mensilmente all’ICQRF le non conformità lievi diventate definitive per assenza di ricorso o per rigetto del ricorso nonché i dati relativi alle verifiche a carico di operatori con esito positivo.

7. L’organismo di controllo comunica al soggetto interessato e alla Regione e Provincia Autonoma competente qualsiasi non conformità riconducibile al vigneto e al mancato aggiornamento dei dati contenuti nello schedario viticolo. Le Regioni e PP.AA., entro la data di rivendicazione delle produzioni ottenute sulle superfici oggetto delle non conformità, verificano l’aggiornamento e la validità del dato relativo alle superfici vitate operato dal soggetto interessato, tenuto conto anche delle informazioni contenute nelle comunicazioni di non conformità. Le comunicazioni di non conformità effettuate entro il 31 luglio di ogni anno hanno effetto per la compagna in corso, quelle effettuate dopo il 31 luglio di ogni anno hanno effetto per la campagna successiva, ai sensi dell’art. 8, comma 8, della legge.

8. Gli eventuali disallineamenti, che non costituiscono una violazione del disciplinare di produzione, sono comunicati alle Regioni e PP.AA., ai sensi dell’art. 8, comma 8, della legge, e all’interessato.

9. All’organismo di controllo è fornito l’accesso telematico ai servizi SIAN per la consultazione e l’acquisizione dello schedario viticolo, delle dichiarazioni di vendemmia e di produzione, delle dichiarazioni di giacenza dei vini, del registro telematico nonché per l’inserimento dei dati nella BdV.

10. L’organismo di controllo deve fornire al Consorzio di tutela, di cui all’art. 41, comma 1, della legge i dati relativi alla quantità di prodotto a DO e IG (uva rivendicata, vino rivendicato e vino imbottigliato) ottenuto nella campagna vendemmiate dai soci del Consorzio medesimo. I medesimi Consorzi devono richiedere tali dati comunicando annualmente l’elenco dci soci.

11. L’organismo di controllo deve fornire al Consorzio di tutela, di cui all’art. 41, comma 4, della legge i dati relativi alla quantità di prodotto DO e IG (uva rivendicata, vino rivendicato e vino effettivamente imbottigliato) ottenuto nella campagna vendemmiale precedente a carico di tutti i soggetti immessi nel sistema di controllo della DO e IG anche se non soci del Consorzio di tutela.

12. Gli obblighi informativi posti a carico degli organismi di controllo sono assolti attraverso il caricamento delle relative informazioni nella BdV.

13. L’organismo di controllo è tenuto a trasmettere all’ICQRF e alle Regioni e PP.AA. competenti, entro il 1° marzo di ciascun anno, una relazione sulle criticità riscontrate durante l’anno precedente, nello svolgimento delle attività di certificazione e controllo, corredata dai dati previsti nell’allegato 5.

14. Gli enti detentori e gestori dei dati sono obbligati a metterli a disposizione gratuitamente degli organismi di controllo.

Art. 11. Disposizioni finali

1. Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito istituzionale del Ministero.

2. Il decreto ministeriale 14 giugno 2012, n. 794, è abrogato.

3. Dopo il primo anno di applicazione del presente decreto, le disposizioni in esso contenute possono essere modificate con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa comunicazione alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

4. Gli allegati al decreto possono essere modificati con decreto del capo dell’ICQRF, sentito il Comitato nazionale di Vigilanza MIPAAF – Regioni di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 2012 citato in premessa.

 

ALLEGATI AL DECRETO  7552/2018


Circolare ICQRF 2168/2019 su piano controlli vini DOP-IGP


Piani controlli vini DOP - IGP


 

affitto agrario

IL CONTRATTO DI AFFITTO AGRARIO

(ovvero affitto fondi rustici)


AFFITTO AGRARIO: ASPETTI GENERALI DEL CONTRATTO

contratto affitto agrario (ovvero affitto fondi rustici)

In materia di affitto agrario (affitto fondi rustici), l’intervento dello Stato ha inciso notevolmente sul contratto, andando a sottrarre, all’autonomia delle parti, la disciplina del rapporto negoziale proprio in relazione all’interesse pubblico che la terra (adatta all’agricoltura) sia gestita in modo produttivo.


Certo è che la compressione dell’autonomia negoziale non può definirsi integrale ed inderogabile, potendo comunque le parti:

  • da un lato, decidere se ed a chi concedere in affitto;
  • dall’altro,  stipulare accordi in deroga alle norme cogenti (purché ovviamente assistiti dalle rispettive organizzazioni professionali – art.45 della legge 203/1982).

L’oggetto immediato del contratto di affitto agrario (ovvero affitto fondi rustici) è appunto il “fondo”.

Il fondo, deve quindi essere inteso quale bene che il locatore mette a disposizione dell’affittuario, al quale ultimo viene trasferito l’esercizio del potere di gestione della terra per un determinato periodo di tempo.

Il principale onere del locatore, in esito alla stipula di un contratto di affitto agrario (ovvero affitto fondi rustici) è appunto quello di immettere l’affittuario nel godimento della cosa produttiva (art.1617 c.c.).  Oltre a ciò il locatore ha l’obbligo di astenersi da ogni attività sul bene produttivo una volta fattane la consegna all’affittuario.

In caso di vendita del fondo, al suo affittuario (se coltivatore diretto) compete il diritto di prelazione agraria).

 

DURATA DEL CONTRATTO

La legislazione, in tema di affitto agrario (ovvero affitto fondi rustici), si pone quale obbiettivo (degno di tutela) lo stabile insediamento dell’affittuario sul fondo agricolo andando ad incidere nell’autonomia della parti nella determinazione della durata del contratto.

La legge 3 maggio 1982, n.203, ha portato a 15 anni la durata minima del contratto, sia a coltivatore (art.1) sia a conduttore (art.22), ferma restando la possibilità per le parti di prevedere accordi in deroga ex art.45 (disciplinando una durata contrattuale inferiore a quella di legge, purché ciò avvenga con l’assistenza delle organizzazione professionali di categoria).

 

COSTITUZIONE e RISOLUZIONE

La costituzione dell’affitto di beni produttivi richiede la forma scritta solo se il contratto è ultranovennale.

Caso diverso è quello relativo all’affitto agrario (ovvero affitto fondi rustici),  in cui la forma del contratto assume rilevanza a seconda che il conduttore sia “capitalista” oppure “coltivatore diretto”.

La Suprema Corte ha stabilito che soltanto l’affitto a coltivatore diretto non richiede né forma scritta per essere valido tra le parti, né trascrizione per essere opponibile a terzi, mentre l’affitto a conduttore richiede la scrittura ma solo ad probationem (ovvero ai soli fini della prova dell’esistenza del contratto stesso) e pretende la trascrizione ai fini dell’opponibilità.

Altro problema da risolvere nell’ambito della stipulazione di contratto in esame è quello della necessaria presenza di entrambe le contrapposte organizzazioni professionali agricole, al momento della stipula, affinché queste provvedano all’apposizione del “visto”.

Invero, la legge pretende che l’assistenza sindacale si concreti in una attività di consulenza, di indirizzo e di cooperazione protettiva, al fine di evitare la prevaricazione  di un contraente sull’altro o comunque pregiudizi verso la parte più debole.

L’assistenza delle organizzazione di categoria permette, inoltre alle parti di poter derogare  alle disposizioni contrattuali cogenti e comunque sulle disposizioni  che garantiscono nell’affittuario la posizione di imprenditore.

Ne consegue che potranno essere oggetto di disciplina pattizia la durata, il canone, il termine di disdetta e il potere di migliorare, ma non  potranno essere incisi i poteri di gestione imprenditoriale.

L’affitto dei beni produttivi si risolve per inadempimento  dell’affittuario in ordine ai suoi obblighi, contrattualmente assunti, ovverosia quelli di destinare, al servizio della cosa, i mezzi necessari per la sua gestione, di rispettare la destinazione economica del fondo nonché di corrispondere il canone pattuito. Al pari di ogni contratto, quindi, anche l’affitto agrario (ovvero affito fondi rustici)  si risolve per inadempimento dell’affittuario ma, in deroga alle disposizioni del codice civile, questo deve essere “grave”. E’ quindi necessaria la presenza di un grave inadempimento.

Quanto alla morosità, invece, affinché si concretizzi l’inadempimento occorre che questa sia di almeno una annualità e che il locatore contesti all’affittuario l’inadempimento diffidandolo ad adempiere entro il termine legale di tre mesi.

 

CESSIONE DEL CONTRATTO DI AFFITTO AGRARIO (ovvero affitto fondi rustici).

Come sopra già precisato, la legislazione speciale sui contratti agrari differenzia l’affitto agrario (ovvero affotto fondi rustici) dall’affitto di cose produttive.

L’interesse generale alla lavorazione della terra determina, appunto, una tutela differenziata nell’affitto di fondi rustici rispetto all’affitto di generici beni produttivi.

Più precisamente, mentre nell’affitto di generici beni produttivi continua a valere la regola del codice civile, per l’affitto agrario (ovvero affitto fondi rustici) di fondi rustici viene introdotto l’art.21 della l. n.203/1982 che vieta i contratti di subaffitto, di sublocazione e comunque di subconcessione di fondi rustici.

Tale disposizione normativa, tuttavia, non contempla la cessione del contratto del contratto di affitto che è quindi da considerarsi legittima. La ratio di tale riconoscimento di ammissibilità risiederebbe nella circostanza che, mentre il subaffitto darebbe origine a due contratti (il contratto di affitto e quello di subaffitto), la cessione manterrebbe in vita un unico contratto (quello originario tra locatore ed affittuario).

Pertanto, va riconosciuto che oggi la cessione del contratto agrario (ovvero affitto fondi rustici) non può ritenersi vietata, rimettendone la disciplina agli ordinari artt.1406 e 1594 c.c. che richiedono il consenso del ceduto, salvo nelle ipotesi dell’art.21 della l. n.203/1982 e dell’art.2558 c.c. in cui tale consenso non è necessario.

 

SUCCESSIONE MORTIS CAUSA NEL CONTRATTO DI AFFITTO AGRARIO (ovvero affitto fondi ristici) 

Anche con riguardo alla successione nel contratto di affitto agrario (ovvero affitto fondi ristici) la legislazione speciale agraria è intervenuta differenziando la posizione degli eredi dall’affittuario deceduto.

In forza dell’ultimo comma dell’art.49 della legge 203/1982, in caso di morte dell’affittuario, il contratto non si scioglie ma continua “qualora tra gli eredi vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola  in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale (IAP)”.

La giurisprudenza in materia, purtroppo, presenta alcuni significativi contrasti.


Modello contratto affitto agrario


 

pratiche enologiche tecniche cantina

Le tecniche di cantina rappresentano le modalità con cui viene prodotto il vino, spesso comportanti l’utilizzo di additivi, talora suscettibili di lasciare residui nella bevanda finale (uno per tutti, l’anidride solforosa utilizzata come conservante). Inoltre, se la qualità di un vino discende soprattutto o, addirittura, unicamente dall’insieme dei trattamenti somministrati durante la sua lavorazione, al punto da fargli perdere o rendere molto labile il collegamento con le caratteristiche dell’uva pigiata, insorge il rischio per il consumatore di essere tratto in inganno sulle reali qualità del prodotto acquistato.

La legislazione su tale materia persegue allora una triplice finalità: tutelare sia la salute sia l’interesse economico del consumatore e quello dei produttori concorrenti (uno onesto potrebbe essere danneggiato da chi usa pratiche scorrette, poiché quest’ultimo potrebbe così risucire ad abbatere i costi di produzione, facendo uscire dal mercato chi opera correttamente).

A livello internazionale, le pratiche di cantina vengono concordate in sede OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), la quale ha elaborato due codici (tra loro complementari):

  • il Codice delle pratiche enologiche, il quale comprende la definizione dei prodotti vitivinicoli nonché l’elendo e le specifiche delle pratiche e dei trattamenti enologici (ammessi o non ammessi)
  • il Codice enologico internazionale, che riunisce le descrizioni dei principali prodotti chimici, organici o gas utilizzati nell’elaborazione e la conservazione dei vini. Le condizioni del loro impiego, la modalità e i limiti del loro utilizzo sono stabiliti dal Codice Internazionale delle Pratiche Enologiche.

Tali atti non hanno però effetto vincolante, giacché si deve invece guardare alle norme emanate dallo Stato in cui un vino viene prodotto.

Nell’Unione Europea, è la normativa comunitaria a stabilire quali sono le pratiche enologiche permesse.

Ciò avveiene mediante il cosiddetto “Codice enologico comunitario“, costituito dal regolamento 934/2019 della Commissione (che ha sostituito abrogandolo il precedente regolamento 606/2009/UE della Commissione), il quale dà attuazione ai principi sulle tecniche di cantina stabilite nella regolamento sulla OCM Unica (regolamento 1308/2013/UE di Consiglio e Parlamento Europeo), il quale nell’Allegato VII già contiene regole alquanto stringenti sulle operazioni di arricchimento, acidificazione e deacidificazione dei vini.

Bisogna tuttavia avvisare che la normativa comunitaria si isprira fortemente alle regole stabilite in sede OIV: di conseguenza, queste ultime diventano un criterio interpretativo ed integrativo delle prime.

Il regolamento sulla OCM Unica fa poi salvo il diritto degli Stati membri di limitare l’uso delle pratiche enologiche ammesse a livello comunitario, qualora ciò serva per tutelare la qualità dei vini DOP e IGP.

Il Testo Unico Vino ben poco dice al riguardo, giacché così sancisce all’art.4:

 

Per la produzione e la commercializzazione dei prodotti
vitivinicoli sono direttamente applicabili le specifiche disposizioni
stabilite dalla normativa dell’Unione europea e le disposizioni
nazionali della presente legge e dei relativi decreti attuativi del
Ministro emanati ai sensi della medesima legge.

 

Sono infatti i disciplinari delle singole denominazioni a stabilire quali sono le pratiche enologiche tecniche cantina ammesse per produrre il relativo vino.

 

Nel contesto degli scambi internazionali, il commercio del vino può essere ostacolato, qualora lo Stato di importazione preveda pratiche enologiche tecniche cantina diverse da quelle del paese ove il vino viene prodotto.

L’ostacolo discende dalla circostanza che solitamente ogni paese ammette sul proprio territorio la commercializzazione solo del vino che sia prodotto in conformità alle proprie regole nazionali in materia.

Per ovviare a ciò, l’Unione Europea ha concluso una rete di accordi con i principali paesi del mondo, sia produttori che consumatori di vino, così ottenendo che le regole di produzione fissate dall’Unione sia riconosciute anche negli Stati che sono parte di detti accordi.

Ciò è avvenuto con gli Stati Uniti d’America, il Cile, il Sud-Africa, l’Australia e molti altri paesi.

Ovviamente, tali accordi si fondano sul principio della reciprocità, il che necessariamente favorisce anche le importazioni di vini extra-comunitari nel territorio dell’Unione.

Prelazione agraria

PRELAZIONE AGRARIA

La prelazione agraria esprime il diritto del coltivatore (che sia esso confinante del fondo o conduttore di questo) ad essere preferito al terzo, alle medesime condizioni, nell’acquisto del fondo rustico che il proprietario intende vendere.

Tale diritto è previsto rispettivamente dall’art.8 della L. 590/65 (prelazione agraria del conduttore coltivatore diretto) e dall’art.7 della L. 817/71 (prelazione agraria del proprietario confinante coltivatore diretto).

Pare opportuno precisare che il diritto di prelazione agraria insorge al momento della conclusione del preliminare (o del contratto) di compravendita tra il proprietario del fondo ed il terzo.

Prima di tale momento, infatti, il diritto esiste in capo al coltivatore solo potenzialmente.

Andiamo quindi ad analizzare più nel dettaglio le due fattispecie, ovvero la prelazione agraria del conduttore e quella del confinante.


PRELAZIONE AGRARIA DEL CONDUTTORE COLTIVATORE DIRETTO

 

In tema di prelazione agraria  del conduttore del fondo posto in vendita (art.8 L. n.590/65), il diritto in esame sorge solamente a determinate condizioni, ovvero purché:

  • il conduttore sia nel godimento del fondo in virtù di un regolare contratto di affitto, di mezzadria di colonia parziaria o a compartecipazione non stagionale;
  • il conduttore sia qualificabile come “coltivatore diretto”:  “sono considerati coltivatori diretti coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi all’allevamento e al governo del bestiame sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore a 1/3 di quella occorrente per la normale necessità del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame” (art. 31 della legge 590/65);
  • abbia una capacità lavorativa (propria o della sua famiglia) pari ad almeno un terzo di quella occorrente per far fronte alle esigenze colturali del fondo che si intende acquistare in prelazione e sempre che il fondo oggetto di prelazione, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa famigliare del coltivatore;
  • conduca in coltivazione il fondo da almeno un biennio;
  • nel biennio precedente il trasferimento del fondo soggetto alla prelazione non abbia alienato fondi rustici (fatta salva l’ipotesi in cui l’eventuale trasferimento sia avvenuto a scopo di ricomposizione fondiaria a favore degli enti di sviluppo o della Cassa per la formazione della proprietà contadina).

PRELAZIONE AGRARIA DEL CONFINANTE COLTIVATORE DIRETTO

 

Diversa, ma con presupposti sostanzialmente simili (per non dire omogenei), è l’ipotesi di prelazione agraria del confinante del fondo offerto in vendita, prevista dall’art. 7 della L. n.817/71.

Il diritto di prelazione agraria, quindi, spetta anche al confinante a patto che siano rispettate determinate condizioni:

  • che il confinante sia “coltivatore diretto” e che detta qualifica inerisca alla conduzione diretta del terreno confinante con quello offerto in vendita;
  • che il confinante coltivi il fondo di sua proprietà da almeno un biennio (e non anche che sia proprietario del fondo stesso da un biennio);
  • che il fondo oggetto della prelazione, in aggiunta a quello (o quelli) posseduti in proprietà dal confinante coltivatore diretto non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia;
  • che non abbia venduto fondi rustici nel biennio antecedente all’esercizio del diritto in commento.

Oltre a detti requisiti fondamentali, perché sorga in capo al confinante il diritto di prelazione agraria, è necessario che il terreno in proprietà ed il fondo offerto in vendita siano tra loro confinanti e che sul fondo offerto in vendita non vi siano insediamenti di affittuari, mezzadri, coloni, compartecipanti o enfiteuti coltivatori diretti.

Invero, l’art.7 (L. n.817/71) esclude l’insorgere del diritto di prelazione a favore del confinante per il solo fatto che sul fondo offerto in vendita siano insediati affittuari, coloni, ecc..


 

L’ESERCIZIO DELLA PRELAZIONE AGRARIA  E IL  DIRITTO DI RISCATTO

 

L’art.8 della Legge n.590/65, nel suo quarto comma, prevede a carico del proprietario del fondo posto in vendita l’obbligo di comunicazione, al titolare del diritto di prelazione, della sua intenzione di vendere il fondo.

Tale notifica, che deve assumere la forma scritta, deve contenere tutti gli elementi utili affinché il titolare del diritto di prelazione (che sia esso conduttore o confinante) possa esercitare il predetto diritto conoscendo anticipatamente e chiaramente le condizioni di vendita.

Più precisamente il proprietario (promissario venditore) dovrà indicare nella comunicazione di notifica (c.d. denuntiatio) il nome dell’acquirente a cui egli intenderebbe vendere il bene, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite, compresa la clausola che fa salvo l’eventuale esercizio della prelazione da parte dell’avente diritto, facendo presente che quest’ultimo ha trenta giorni per decidere se esercitare il proprio diritto di prelazione  e che decorso inutilmente detto diritto sarà da considerarsi rinunciato.

Nell’ipotesi, quindi, in cui il titolare del diritto intenda far valere la prelazione, ne darà comunicazione al proprietario ed il prezzo di vendita dovrà essere da questi corrisposto entro tre mesi (termine che decorre dal trentesimo giorno dalla notifica della proposta di alienazione).

La violazione della prelazione agraria determina, in favore del soggetto titolare, il cosiddetto “diritto di riscatto” ovverosia il diritto di recuperare il bene nei confronti dell’acquirente o di ogni altro successivo avente causa.

Ciò si verifica ogni qualvolta il proprietario lo abbia venduto senza provvedere alla preventiva comunicazione ovvero abbia indicato nella medesima un prezzo superiore rispetto a quello risultante dal contratto di vendita. In tali casi il prelazionista potrà far valere il proprio diritto entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita.

L’azione di riscatto potrà eseguirsi tanto in via stragiudiziale (mediante dichiarazione scritta a mezzo di lettera raccomandata) quanto in via giudiziale (mediante atto di citazione) entrambe, come detto, da rivolgere all’acquirente.


Di seguito proponiamo alcune formule (fac simile) da utilizzare in caso di sussistenza del diritto di prelazione agraria:

Modello per riscatto prelazione agraria

Modello per rinuncia prelazione agraria del conduttore

Modello per rinuncia prelazione agraria del proprietario confinante


 

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