Il vino naturale risponde ad una “filosofia” produttiva, ma la sua commercializzazione presenta serie questioni di ordine legale.
Esse sono state da noi discusse in occasione di questo evento on-line
Video convegno sul Vino Naturale
Consulenza & Assistenza
Il vino naturale risponde ad una “filosofia” produttiva, ma la sua commercializzazione presenta serie questioni di ordine legale.
Esse sono state da noi discusse in occasione di questo evento on-line
Video convegno sul Vino Naturale
Si tratta di una revisione della versione 4.9 del 30 giugno 2020 della guida alle regole tecniche registro telematico cantina, ove sono stati corretti alcuni refusi in precenza presenti.
Regole tecniche - versione 4.9
Sito MIPAAF - Dematerializzazione registri
Sito MIPAAF - Guide per il registro telematico
Di conseguenza, secondo tale orientamento, tale espressione non poteva essere legittimamente usata nell’etichettatura e presentazione dei vini, nè se riferita al vino, nè se riferita al metodo di produzione.
Successivamente, la Commissaria Stella Kyriakides (competente per la salute e la sicurezza alimentare, … quindi un settore diverso rispetto all’agricoltura) ha assunto una posizione più “sfumata”, affermando che tali indicazioni non verranno regolamentate dal diritto dell’Unione, ma restano soggette alle regole geneali sull’etichettaura degli alimenti (regolamento UE/1169/2011) e, comunque, non costituiscono un’indicazione qualificabile come informazione nutrizionale e sulla salute di un prodotto alimentare ai sensi del Regolamento UE/1924/2006.
Tale posizione in risposta ad una lettera aperta inviata alla Commissaria Stella Kyriakides da vari membri del Parlamento Europeo, che invitavano a definire in via regolamentare l’uso del termine “naturale” sull’etichetta degli alimenti.
La posizione assunta dalla Commissaria Stella Kyriakides sul vino naturale vin méthode nature significa sostanzialmente due cose:
Fermo allora restando che non è allora di per sè vietato indicare in etichetta l’espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature”, resta da capire quando essa sia effettivamente legittima.
La posizione assunta dalla Commissaria Stella Kyriakides sposta allora il baricentro decisionale sugli Stati membri e le rispettive autorità nazionali, chiamate a far rispettare la citata legislazione europea sulla corretta etichettutara degli alimenti.
In sostanza, in base all’attuale situazione, compete alle autorità nazionali decidere – con un approccio verosimilmente caso per caso – quando la suddetta etichettatura sia legittima o meno.
Il che significa stabilire sul piano nazionale cosa significa “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature” ed a quali condizioni nonché con quali garanzie un vino può essere etichettato in tal modo.
Discendono allora due ulteriori conseguenze:
In altre parole, in assenza di una regolamentazione a livello europea – lo Stato membro di importazione intra-comunitaria potrebbe ritenere ingannevole espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature”, nonostante sia stata autorizzata nello Stato di produzione del vino: pertanto, invocando proprio le regole del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (che consentono di derogare al principio di libera circolazione per proteggere gli interessi dei consumatori), detto Stato potrebbe vietare la commercializzazione sul proprio territorio del vino di altro Stato membro così etichettato.
In caso di conflitto, la questione giungerebbe inevitabilmente sul tavolo della Corte di Giustizia.
Per cercare di dare una “garanzia” di contenuto all’espressione “Vino naturale” – cosa che potrebbe forse consentire di evitare che detto termine venga considerato ingannevole – sono stati elaborati alcuni disciplinari o regole di produzione (da non confondersi assolutamente con i disciplinari dei vini DOP – IGP) da parte di alcune organizzazioni di natura squisitamente privatistica, quali:
Tali regole volontarie vanno però comparate tra loro.
Se dovessero emergere significative discordanze, ciò potrebbe a sua volta costituire ragione per bloccare l’etichettatura, giacché lo stesso termine “Vino Naturale” andrebbe a contrassegnare prodotti tra loro diversi, così ingenerando confusione nei consumatori.
Per contro , l’etichettatura “Vino biologico” significa che il vino è conforme agli standard fissati dalla legislazione europea in materia.
Vediamo allora perché espressione “Vino naturale” ovvero “vin méthode nature” solleva perplessità sulla sua legittimità.
Tali espressioni vengono usate dai produttori che vinificano seguendo l’idea che al vino nulla deve essere aggiunto.
In primo luogo, i servizi della Commissione avevano osservato che il termine “vino naturale” non è definito dalla disciplina europea, né è incluso nella lista delle categorie di prodotti vitivinicoli di cui all’allegato VII, parte II, del regolamento UE n. 1308/2013.
Inoltre, tale espressione confliggerebbe con i principi che sorreggono le regole dell’Unione sulle pratiche enologiche (dette anche tecniche di cantina), espressi nell’ art.80 del regolamento UE sulla OCM Unica (regolamento n. 1308/2013) ed attuati nel Codice enologico comunitario.
Secondo detti principi, nell’Unione è consentito produrre e commercializzare vino solo se prodotto conformemente alle pratiche enologiche autorizzate, le quali “sono impiegate soltanto per consentire una buona vinificazione, una buona conservazione o un buon affinamento dei prodotti“.
A sua volta, la Commissione ha il potere di consentire una pratica enologica solo considerando:
a) le pratiche enologiche ed i metodi di analisi raccomandati e pubblicati dall’OIV e dei risultati dell’uso sperimentale di pratiche enologiche non ancora autorizzate;
b) la protezione della salute pubblica;
c) il possibile rischio che i consumatori siano indotti in errore in base alle abitudini che abbiano sviluppato sul prodotto e alle aspettative corrispondenti ed esamina se siano disponibili e utilizzabili strumenti di informazione che permettano di escludere tale rischio;
d) la salvaguardia delle caratteristiche naturali ed essenziali del vino, in modo che la composizione del prodotto non subisca modifiche sostanziali;
e) un livello minimo accettabile di protezione dell’ambiente;
f) gli altri principi fissati nell’allegato VIII al citato regolamento 1308/2013.
Di conseguenza, secondo l’originaria impostazione della Commissione, qualsiasi vino prodotto conformemente a tali disposizione può essere considerato naturale: l’uva non si trasforma “naturalmente” in vino, ma necessita – in ogni caso – di una manipolazione.
Il che porta a dire che ogni vino, pur essendo per forza di cose manipolato, è naturale.
In secondo luogo, l’espressione in questione confliggerebbe con i principi in materia di etichettatura (art.120 del regolamento 1308/2013, sulle indicazioni facoltative) nonché sull’informazione dovuta ai consumatori per i prodotti alimentari (in particolare gli art. 7 e 36 del regolamento 1169/2011).
Alla luce del parere inizialmente epresso dai servizi della Commissione, l’espressione “vino naturale” o “vin méthode nature” indurrebbe il consumatore a pensare che il prodotto così designato abbia una qualità o salubrità superiore rispetto ad un altro vino privo della medesima dicitura.
Di conseguenza, siffatte espressioni creerebbero l’idea dell’esistenza di una differenza sostanziale nella composizione e natura dei vini così contrassegnati, risultando potenzialmente ingannevoli.
Alla luce di tale orientamento, dunque, le espressioni “vino naturale” o “vin méthode nature” potrebbero essere legittimanete usate solo quando verrà definita – se mai ciò accadrà, essendo per il momento la cosa esclusa – una specifica categoria di prodotti vitivinicoli ovvero verranno individuate da apposite norme le particolari qualità di siffatti vini ovvero i limiti alle tecniche di cantina attualmente lecitamente utilizzabili per produrli (e cioè i limiti alla citata legittima manipolazione, necessaria per trasformare le uve in vino).
Allo stesso modo di quanto avviene per i vini biologici (per i quali vige un apposito regolamento dell’Unione sulle tecniche di cantina ammissibili e sul metodo di produzione dell’uva da cui sono generati).
L’intervento dei servizi della Commissione seguiva un’interrogazione fatta in sede di Parlamento Europeo, ove si domandavano chiarimenti circa una nuova normativa francese, che – secondo le notizie della stampa – avrebbe riconosciuto formalmente i “vin méthode nature”.
Inoltre, anche la Direction Générale de la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des Fraudes (DGCCRF) aveva a sua volta precisato che la menzione « vin nature » non era ritenuta conforme alla legislazione europea (art.53 del Regolamento UE 33/2018 in particolare), al contrario della menzione « vinification sans intrants ».
Per quanto concerne l’indicazione “Vino senza solfiti aggiunti“, la Commissione aveva reso un proprio parere già nell’anno 2015, sostenendo che – in mancanza di apposite regole sull’etichettatura dei vini per quanto concerne l’indicazione dei loro ingrtedienti (che sono in arrivo per effetto della riforma della “PAC post-2020“) – tale indicazione sarebbe lecita solo se
“il vino contenesse solo solfiti formatisi naturalmente in seguito alla fermentazione ed in concentrazioni non suoperiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini di SO2 totale”
Verosimilmente, la situazione appare destinata ad evolvere anche per effetto indiretto della riforma delle regole dell’Unione sull’etichettatura dei vini, che – una volta entrata in vigore la cosidedetta PAC post-2020 – imporranno di indicare i componenti enologi usati nella vinificazione che costituiscono veri e propri “ingredienti“.
La lettura e la comparazione delle future etichette già potrebbe forse già dare qualche immediata indicazione sul livello di “naturalità” del prodotto, fermo però restando che l’uso degli eccipienti non risulterebbe comunque indicato nelle nuove etichette.
La propensione dei consumatori a sostenere un esborso economico a fronte dell’acquisto di un prodotto etichettato come “naturale” è stato oggetto di un interessante studio scientifico, condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Palermo.
Video convegno sul Vino Naturale
Il convegno si è tenuto dopo che i servizi della Commissione avevano reso nota la loro posizione, ma prima delle dichiarazioni rese dalla Commissaria Stella Kyriakides.
Queste ulltime vengono invece prese in considerazione in un nostro successivo convegno.
Pegno rotativo prodotti agricoli alimentari DOP IGP: in data 23 luglio 2020 è stato emanato dal MIPAAF il relativo decreto (Decreto sulla “Costituzione del pegno rotativo sui prodotti agricoli e alimentari a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose”).
Si tratta di una misura prevista dal decreto legge “Cura Italia” (art. 78 commi 2 – duodecies , 2 – terdecies e 2 – quaterdecies del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni in Legge 24 aprile 2020, n. 27).
Viene quindi ammessa la possibilità di costituire in pegno prodotti agricoli e alimentari a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose.
Il decreto del Ministero prevede inoltre che i prodotti DOP e IGP, costituiti in pegno, possono altresì essere oggetto di patto di rotatività.
Ma che cos’è il pegno?
Il pegno è un diritto reale di garanzia che può essere iscritto su beni mobili, crediti o altri diritti. L’istituto del pegno è sostanzialmente un mezzo di tutela del credito ovvero un vincolo cui viene sottoposto un bene e la cui funzione di garanzia si manifesta attraverso la creazione di un vincolo reale sul bene che ne forma l’oggetto, per consentire al creditore pignoratizio di soddisfare la sua pretesa con preferenza rispetto ai terzi in ordine al bene vincolato. Sotto tale punto di vista, il pegno di beni mobili è costituito a garanzia dell’obbligazione dal debitore mediante la consegna della cosa o del documento che ne conferisce l’esclusiva disponibilità.
La nuova normativasul pegno rotativo prodotti agricoli alimentari DOP IGP permette adesso un più facile accesso al credito da parte di quei produttori che maggiormente hanno accusato il colpo e sono stati messi in ginocchio dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Essa stabilisce (art.1, co.2) che i prodotti agricoli e alimentari, costituiti in pegno, possono essere oggetto di patto di rotatività. Il pegno rotativo è appunto una forma di garanzia che consente la sostituibilità e mutabilità nel tempo del suo oggetto senza comportare, ad ogni mutamento, la rinnovazione del compimento delle modalità richieste per la costituzione della garanzia
(Art. 1, co. 3: “Il pegno rotativo si realizza con la sostituzione delle unità di prodotto sottoposte a pegno, senza necessità di ulteriori stipulazioni, fermo restando il rispetto dei requisiti e le modalità previsti dal presente decreto”).
Sostanzialmente il patto di rotatività ammette la possibilità di sostituire, nel tempo, i beni oggetto di garanzia pignoratizia (si consideri, tra l’altro, anche la deteriorabilità di alcuni prodotti alimentari – non diretti all’invecchiamento – che, in assenza di rotativa, necessiterebbero di svariate pratiche per stipulare numerosi nuovi accordi di pegno su prodotti sempre consumabili e non deteriorati).
Strumento, quello del pegno, che sarà certamente utilizzato dai produttori alimentari e vitivinicoli in cambio di prestiti, al fine di ottenere liquidità pur mantenendo la proprietà e la disponibilità del prodotto impegnato.
Il decreto in commento precisa poi che la costituzione in pegno di un prodotto alimentare non può chiaramente avvenire in ogni momento ma solamente a decorrere dal giorno in cui le unità di prodotto sono collocate nei locali di produzione e/o stagionatura e/o immagazzinamento, a condizione che le stesse unità siano identificate con le modalità previste dal decreto in tema di registri (cartacei e telematici).
Ciò, ovviamente, per garantire l’esistenza e la disponibilità del prodotto che diviene oggetto di vincolo.
Il Decreto Ministeriale non tralascia, poi, gli aspetti puramente pratici e relativi alle modalità di registrazione delle operazioni di costituzione del pegno.
Per agevolare ed uniformare la documentazione, il Ministero ha offerto (allegato n.1 al Decreto) un modello fac-simile che o soggetti interessati potranno utilizzare per costituire ed indicare in maniera formale i beni concessi in pegno.
I dati da indicre sono i seguenti: Data di costituzione, Durata, Azienda, Unità, Elem. Identificativi Mese/anno produz., Varietà, Anno, Rif. Regione produz., Partita/Lotto, Codice identificativo.
Ad eccezione dei prodotti vitivinicoli (di cui al comma 4, art.2), contestualmente alle operazioni di costituzione in pegno, il creditore pignoratizio individua i prodotti DOP e IGP sottoposti a pegno. Dopodiché il produttore/concedente potrà procedere con l’annotazione sul registro cartaceo (registro che dovrà essere annualmente vidimato da un notaio, fatta sempre eccezione per l’ambito vitivinicolo).
Per i prodotti vitivinicoli e per l’olio di oliva (ai sensi del menzionato comma n.4 dell’art.2) esistono apposite regole.
Più precisamente, il debitore può procedere all’annotazione del pegno nei registri telematici istituiti nell’ambito del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), provvedendo alla comunicazione, nei confronti del creditore, dell’effettuazione di detta operazione. Comunicazione che dovrà avvenire entro il giorno successivo alla registrazione. Il creditore può, a sua volta, chiedere ed ottenere in sede contrattuale la visibilità dei registri telematici.
Pare appena il caso ricordare che ogni operazione di cantina e/o ogni spostamento di prodotti che possa andare ad incidere sui beni oggetto di pegno, dovrà essere debitamente annotata nel registro telematico con accortezza, badando bene a dare comunicazione al creditore pignoratizio oltre che all’ente di controllo dell’operazione svolta (ovviamente sempre che si tratti di operazione cui è richiesta la comunicazione all’ente di controllo).
Anche l’estinzione del rapporto obbligatorio tra concedente e creditore pignoratizio necessità di annotazione sul registro. Invero, la constatazione dell’estinzione totale o parziale dell’operazione sui prodotti DOP e IGP costituiti in pegno dovrà avvenire mediante annotazione sul registro artaceo o telematico.
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Disciplina applicabile al vino biologico dal 1 gennaio 2021
Le norme sulla produzione biologica (ivi compresa quella del vino) sono costitute da:
Per quanto concerne il regolamento 848/2018, con riferimento alla produzione del vino rileva il considerando 27 nonché l’art.18 (che rinvia all’allegato II, parte VI).
Il considerando 27 sancisce:
“ |
È opportuno definire norme dettagliate di produzione con riguardo alla produzione vegetale, animale e dell’acquacoltura, comprendenti in particolare norme relative alla raccolta di piante e alghe selvatiche, nonché con riguardo alla produzione di alimenti e di mangimi trasformati e alla produzione di vino e lieviti utilizzati come alimenti o come mangimi, al fine di garantire l’armonizzazione e il rispetto degli obiettivi e dei principi della produzione biologica”. |
L’art.18 prevede:
Norme di produzione per il vino
1. Gli operatori che producono prodotti del settore vinicolo si conformano, in particolare, alle norme dettagliate di produzione di cui all’allegato II, parte VI.
2. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 54 che modificano:
a) |
all’allegato II, parte VI, il punto 3.2, aggiungendo ulteriori pratiche, processi e trattamenti enologici vietati o modificando tali elementi aggiuntivi; |
b) |
all’allegato II, parte VI, il punto 3.3. |
Di conseguenza, salvi eventuali ulteriori atti delegati, le norme per la produzione di vino biologico sono essenzialmente contenute:
Quanto alle norme esecutive, il regolamento della Comissione 464/2020,
Il Regolamento esecutivo 1165/2021/UE autorizza l’utilizzo di taluni prodotti e sostanze nella produzione biologica e stabilisce i relativi elenchi: per quanto concerne il vino biologico, rileva l’art.9 e l’ allegato V, parte D.
Queste sono dunque le norme europee a cui rinvia il Testo Unico Vino.
Disciplina vigente per il vino biologico sino all’anno 2021.
Le norme sulla produzione biologica (ivi compresa quella del vino) sono costitute da:
Detto regolamento esecutivo della Commissione contiene dunque specifiche disposizioni per la produzione e la designazione del ‘vino biologico’, le quali costituiscono le misure applicative al settore vitivinicolo della normativa generale in materia di prodotti biologici, quest’ultima costituita dal Regolamento del Consiglio 834/2007.
Oltre a doversi conformare alle norme in materia di etichettatura applicabili a tutti i vini, l’etichetta di tale tipologia di vino deve altresì:
Per il vino biologico – che deve essere ottenuto solo da uve biologiche (art.29, comma quater, del citato regolamento attuativo) – sono imposte alcune restrizioni nell’impiego di additivi e nelle pratiche di cantina.
A) Presenza di anidride solforosa (allegato VIII bis al regolamento di attazione, con la possibilità di applicare le derroghe previste dall’art.47 dello stesso per le annate caratterizzate da particolri avversità climatiche)
Nel vino biologico è consentito un limite massimo di solfiti inferiore a quello dei vini “tradizionali”.
Infatti, per il vino biologico vigono le seguenti soglie:
Sono previste deroghe
B) Divieto di ricorrere ad alcune pratiche di cantina (art.29 quinquies, comma 2, di detto regolamento).
Nel produrre vino biologico non si può ricorrere alle seguenti tecniche:
C) Limiti ad alcune pratiche (art.29 quinquies, comma 3).
Sono consentite, ma nei seguenti limiti:
Tutte le altre pratiche enologiche, indicate dal regolamento della Commissione 934/2019 (portante il “Codice Enologico Comunitario”, che ha sostituito – senza significative variazioni di sostanza – il precedente regolamento 606/2009, ma ha introdotto la distinzione tra eccipienti ed addittivi, utile ai fini delle future norme sull’indicazione degli ingredienti del vino), sono consentite anche per i vini biologici, con gli stessi eventuali limiti lì specificati.
Nelle operazioni di elaborazione dei vini biologici vanno impiegati prodotti di origine biologica, il che vale anche per quel che riguarda i lieviti, le gelatine, i mosti, ecc.. (art.29 quater, comma 2, del regolamento attuativo).
In base alle conclusioni raggiunte dal gruppo di esperti indipendenti per la consulenza tecnica sulla produzione biologica (EGTOP), la Commissione ha poi prorogato di altre tre anni la vigente disciplina che autorizza le pratiche enologiche – in particolare i trattamenti termici, l’uso di resine a scambio ionico e l’osmosi inversa – nella produzione del vino biologico (dunque sino al 1 agosto 2018, così modificandosi l’art.29 quinquies, comma 4, del regolamento attuativo).
Mediante il regolamento di esecuzione 2164/2019, la Commissione ha poi chiarito quali sono i nomi precisi degli addititivi utilizzabili nella produzione del vino biologico (sostituendo l’allegato VIII bis al regolamento 889/2008).
Sito UE su produzione biologica
Sarà pertanto interessare come il vino biologico (regolamentato a livello dell’Unione Europea) si rapporterà rispetto al vino sostenibile (oggetto invece di disciplina italiana)
Trattasi invece di cosa completamente diversa rispetto al controverso tema del vino naturale.
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