Passaggio generazionale convegno

CONVEGNO

“Il passaggio generazionale nelle aziende vitivinicole:
strumenti, rischi ed opportunità tra gestione della struttura agricola,
pianificazione successoria e tutela degli assetti proprietari”

 

 

 

Sabato 26 ottobre 2019
Enoteca Regionale piemontese “Cavour”
Castello di Grinzane Cavour – CN
Sito UNESCO



Il passaggio generazionale è processo fisiologico inevitabile e particolarmente delicato per le tante aziende del settore vitivinicolo a gestione familiare, dove trend di mercato ed elevato valore dei vigneti di pregio portano a valutare strumenti alternativi o complementari a quelli tradizionali, per pianificare adeguatamente la transizione e garantire continuità aziendale di prodotto e
marchio nel prossimo futuro.

Una giornata di studio e confronto tra professionisti ed operatori del settore per analizzare le principali problematiche, opportunità e soluzioni.



Programma

 

9:00 Registrazione partecipanti

9:15 Saluti istituzionali
Alberto Cirio (Presidente Regione Piemonte)

9:30 Presentazione della giornata di studio
Roberto Bodrito (Presidente Enoteca Regionale Piemontese “Cavour”)
Stefano Dindo (Presidente UGIVI)


Sessione del mattino


9:45 – Prima parte

Passaggio generazionale: profili giuridici

Introduce: Giancarlo Girolami (Presidente del Tribunale di Asti)
Modera: Ermenegildo Mario Appiano (Avvocato in Alba e Torino, Vice-Presidente UGIVI, Professore invitato nell’Università Salesiana di Torino)


Imprese vitivinicole – stato dell’arte e futuro contesto competitivo
Gabriele Barbaresco (AD Ufficio Studi Mediobanca)


Il passaggio generazionale in Langa: il contesto socio-economico
Luciano Bertello (Studioso del Territorio)


Il passaggio generazionale delle strutture agricole. Profili civilistici
Andrea Ferrari (Avvocato in Alba)


Assetti proprietari e circolazione dei fondi vitivinicoli
Marco Didier (Avvocato in Alba)


11:00 – Seconda parte

Prepararsi al passaggio generazionale: profili economici

Modera: Floriana Risuglia (Avvocato in Roma e Segretaria UGIVI)


Ruolo del notaio: pianificazione successoria e patto di famiglia
Andrea Ganelli (Notaio in Torino)


Ruolo dell’istituto bancario nell’agevolare il passaggio generazionale
Enzo Cazzullo (Banca d’Alba)


Ruolo del private banker: soluzioni per trasmettere il patrimonio familiare aziendale
Vincenzo Volpe (Mediobanca)


Sessione pomeridiana


14:00 – Prima parte

Strumenti e soluzioni a disposizione dell’imprenditore

Modera: Oreste Calliano (Professore nell’Università di Torino, Avvocato e membro del Direttivo UGIVI)


Strutturare e gestire il passaggio generazionale: trust, holding di famiglia, family buy-out e operazioni di M&A
Diego Saluzzo (Avvocato in Torino, Direttivo UGIVI)
Gabriele Varrasi (Professore a contratto nell’Università di Torino, Avvocato in Torino)


Il ricorso ai minibond nelle aziende vitivinicole
Massimiliano Elia (Avvocato in Torino)


Gavi La Scolca: un case history di successo
Chiara Soldati (Azienda La Scolca)


16:00 – Seconda parte

Tavola Rotonda

Passaggio generazione e mondo del vino: tra continuità ed innovazione

Modera: Stefano Dindo (Avvocato in Verona, Presidente UGIVI)


Passaggio generazionale e mondo del vino: contesto italiano e esperienze estere
Gelasio Gaetani d’Aragona Lovatelli (Scrittore e giornalista)


Le imprese vitivinicole familiari in Piemonte
Claudio Conterno (CIA Cuneo)
Fabrizio Rapallino (Coldiretti Cuneo)
Gianluca Demaria (ConfAgricoltura)


Passaggio generazionale e vino in Italia: saper salvaguardare le diversità
Stefano Colmo (Terra Madre – Former Secretary)


Promozione e valorizzazione dei vini e delle specialità agroalimentari in Europa
Dino Icardi (Sevinova)



Durante il Convegno verrà presentato il volume

“Il paesaggio vitivinicolo come patrimonio europeo.

Aspetti gius-economici: geografici, ambientali, contrattuali, enoturistici e di marketing”

 



In collaborazione con:



 

 

Castello di Grinzane Cavour, sede UGIVI Piemonte e Valle d'Aosta

Disegni e paesaggi evocativi DOP IGP

Disegni e paesaggi evocativi di un territorio sono riservati ai suoi vini DOP e IGP (Disegni e paesaggi evocativi DOP IGP)


Un disegno oppure un paesaggio, quando particolarmente evocativi nel sentire collettivo (disegni e paesaggi evocativi DOP IGP), possono efficacemente richiamare alle mente dei consumatori un certo territorio.

Disegni e paesaggi evocativi DOP IGP

Qualora il nome di tale territorio sia protetto come denominazione di origine, è allora legittimo utilizzare disegni o immagini di paesaggio – aventi siffatta forte capacità evocativa – su etichette di prodotti agricoli, alimentari o vini che non rispondono alle specifiche fissate dal disciplinare di produzione di tale territorio?

Diversamente detto: l’uso in etichetta di disegni o immagini di paesaggio, fortemente evocativi di un territorio il cui nome è protetto, è  riservato solo ai suoi prodotti DOP, così escludendosi che essi siano apponibili sulle etichette di qualsiasi altro prodotto, che provenga o meno dal medesimo territorio?

Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (resa il 2 maggio 2019 in causa C-614/2017) ha sancito che siffatta riserva sussiste, così rafforzando la tutela di tutte le denominazioni di origine.

Esaminare il caso deciso dalla Corte aiuta non solo a comprendere la situazione, ma anche a capire meglio quando si applica il principio così stabilito.

Una società spagnola commercializzava tre dei suoi formaggi – nessuno dei quali DOP – utilizzando etichette che non solo contenevano il disegno di un cavaliere che assomigliava alle raffigurazioni abituali di Don Chisciotte della Mancia, di un cavallo magro e di paesaggi con mulini a vento e pecore, ma anche i termini «Quesos Rocinante» («Formaggi Ronzinante»).

Tali immagini e il termine «Ronzinante» fanno riferimento al romanzo Don Chisciotte della Mancia, di Miguel de Cervantes, ove «Ronzinante» è il nome del cavallo montato da Don Chisciotte. I formaggi in questione non rientravano nella denominazione di origine protetta (DOP) «queso manchego», che protegge i formaggi lavorati nella regione La Mancia (Spagna) con latte di pecora e nel rispetto dei requisiti del disciplinare di tale DOP.

Insomma: usando in etichetta tali immagini (il disegno del cavaliere che ricordava Don Chisciotte ed il suo magro destriero, ambientati in un paesaggio di mulini a vento), il fabbricante del formaggio non a denominazione di origine riusciva ad evocare nei consumatori il territorio spagnolo La Mancia, nome protetto come DOP, così approfittando della sua notorietà e reputazione per vendere i propri prodotti.

Sebbene i giudici spagnoli di primo e secondo grado avessero escluso in tale condotta la presenza di una violazione della normativa comunitaria a tutela delle denominazioni di origine, il sospetto si è invece insinuato nella Suprema Corte di tale paese, che ha finalmente rinviato il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione, così consentendole di pronunciarsi nel modo che abbiamo riferito.

Il punto chiave è allora il seguente: il diritto dell’Unione non vieta di riprodurre in etichetta qualunque disegno o paesaggio di un territorio, il cui nome è protetto come denominazione di origine o indicazione geografica, ma solo quelli aventi la capacità e la forza di suscitare nel pubblico dei consumatori (la Corte fa riferimento al concetto di “consumatore europeo medio”) il ricordo dello stesso territorio, così evocandolo nella loro mente.

Tuttavia, affinché il divieto si concretizzi (e sia applicabile in tutta l’Unione), per la Corte è sufficiente che l’evocazione avvenga anche solo nei consumatori dello Stato cui appartiene il territorio in questione, i quali potrebbero essere più sensibili per ragioni culturali a determinate immagini e, magari, essere i soli ad identificarne la valenza territoriale.

Il criterio determinante per ravvisare la sussistenza dell’evocazione di una denominazione (e, quindi, la sua violazione, quando ad approfittarne è un prodotto che non può legittimamente fregiarsi della relativa DOP o IGP) è dunque quello di stabilire se il termine ovvero il disegno o il paesaggio evocativo “possa richiamare direttamente nella mente del consumatore, come immagine di riferimento, il prodotto che beneficia di tale denominazione”.

Anche in questo caso, l’azione a tutela della denominazione violata è stata intentata dal relativo consorzio di tutela.

Dichiarazione vendemmia produzione

Dichiarazione vendemmia produzione, il decreto MIPAAF 7701/2019 indica le nuove norme.


Mediante il decreto 7701/2019, il MIPAAFT ha dettato le nuove regole applicabili – a partire dalla campagna agricola 2018/2019 – per la dichiarazione vendemmia produzione.

Il decreto – attuativo della normativa comunitaria in materia nonché del Testo Unico Vino (art.58 di quest’ultimo) – stabilisce che la dichiarazione di vendemmia o produzione va presentata telematicamente e che, a tal fine, il sistema sarà disponibile dal 1 agosto al 31 dicembre di ogni anno.

La dichiarazione di vendemmia va presentata ogni anno entro il 30 novembre, fatte salve alcune regole particolari per le produzioni tardive (ciò anche per l’ipotesi in cui la vendemmia per la campagna intessata abbia dato una produzione pari a zero).

La dichiarazione di produzione va presentata ogni anno entro il 15 dicembre, con riferimento ai prodotti detenuti al 30 novembre (che concerne anche chi opera in conto-lavorazione).

Al più tardi della campagna 2020/2021, chi detiene il registro telematico avrà facoltà compilare la dichiarazione di produzione sulla base dei dati contenuti nel registro stesso, che sarano riportati in automatico, ma andranno corretti se necessario.

I coltivatori di uve che conferiscono interamente la propria produzione ad una associazione oppure una cantina sociale sono tenuti ad indicarlo, mediante la compilazione di appositi quadri (F2 e R). Questi ultimi entreranno a far parte della dichiarazione che l’associazione o la cantina dovrà depositare.

La dichiarazione di vendemmia contiene anche l’eventuale rivendicazione delle uve per la trasformazione in vini IGP o DOP, con l’indicazione degli esuberi delle rese delle stesse uve IGP o DOP, che devono essere nei limiti consentiti dai relativi disciplinari.

E’ prevista la possibilità di presentare dichiarazioni preventive per particolari vini IGP o DOP che siano commericializzati prima della data di presentazione delle dichiarazioni di vendemmia e/o produzione.

Il decreto indica anche i soggetti esonerati dal presentare le dichiarazioni.

AGEA ha il compito di indicare le modalità tecnico-operative.


La riforma dello schedario viticolo comporta variazioni anche per la dichiarazione annuale di vendemmia e produzione.


 

Fabbricati strumentali rurali

Fabbricati strumentali: quali caratteristiche devono avere per essere qualificati come “rurali” (fabbricati strumentali rurali)?


Fabbricati strumentali rurali: perché è importante individuare quali immobili possono essere così qualificati?

Come ben sappiamo, i beni immobili qualificati come “rurali” godono di un regime fiscale di favore.

Ma quali immobili possono essere qualificati come tali (fabbricati strumentali rurali) e possono quindi godere delle agevolazioni fiscali ?

I fabbricati rurali sono sostanzialmente quegli immobili posti al servizio di terreni agricoli, in quanto utilizzati come abitazione dell’imprenditore agricolo oppure in modo strumentale all’attività di coltivazione.

Con l’entrata in vigore dell’articolo 9 del D.L. n.557/1993 (poi convertito con L. n.133/1994) si è previsto l’inserimento nel catasto urbano anche delle costruzioni rurali, individuando criteri diversificati per il riconoscimento della ruralità tra abitazioni ed immobili rurali destinati ad usi diversi da quello squisitamente residenziale.

Mentre l’art.9, comma 3, del citato D.L. individua le caratteristiche per il riconoscimento della ruralità di fabbricati destinati ad edilizia abitativa, il comma 3 bis del medesimo articolo riconosce, ai fini fiscali, la “ruralità” alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 del codice civile.

Ed è proprio di tale ultimo comma che ci occuperemo di trattare.

Il comma 3 bis della norma in commento pone quale unico requisito, ai fini della ruralità, quello della concreta destinazione dei fabbricati strumentali ad una delle attività indicate dal suddetto art. 2135 c.c., andando ad effettuare una precisa elencazione delle stesse attività (tra cui si richiamano, a titolo esemplificativo, la protezione delle piante, la conservazione dei prodotti agricoli, l’allevamento e ricovero animali, l’attività di agriturismo, ecc.).

Dobbiamo però ritenere che non può certamente trattarsi di una elencazione esaustiva dei fabbricati così individuati in quanto rimane comunque aperta la possibilità di individuare e riconoscere come rurali altre fattispecie di fabbricati, anch’essi «strumentali», rispondenti all’esigenza di soddisfare anche le nuove attività agricole «connesse», così ampliando l’elenco delle attività (oltre a quelle elencate nell’art.2135 c.c.).

Ciò pare certamente logico non solo per l’evolversi della tecnologia, che coinvolge anche fortemente il comparto agricolo, ma anche per le nuove ed emergenti forme di agricoltura che si sono sviluppate e che si sviluppano via via negli anni.

I maggiori problemi sulla fiscalità delle costruzioni strumentali sono tuttavia sorti in ragione della loro qualificazione catastale.

Attualmente la ruralità dei fabbricati è certificata catastalmente mediante una specifica «annotazione» che attesta che l’immobile risponde ai requisiti fiscali richiesti dall’art. 9, comma 3 bis, del D.L. n.557/1993; per le costruzioni già censite nella categoria speciale D/10 l’annotazione tuttavia non compare in quanto ritenuta superflua proprio in ragione del fatto che l’inquadramento in detta categoria speciale già ne attesta la ruralità.

Le costruzioni strumentali all’esercizio dell’attività agricola diverse dalle abitazioni, comprese quelle destinate ad attività agrituristiche, vengono infatti censite nella categoria speciale «D/10 – fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole».

In precedenza non era così e la situazione era diversa poiché i fabbricati rurali erano censiti esclusivamente nel Catasto Terreni, proprio perché considerati pertinenze dei terreni agricoli su cui essi sorgevano, e pertanto privi di autonoma capacità reddituale.

La legge ha poi introdotto l’obbligo di censire le costruzioni rurali al catasto fabbricati, con le stesse modalità previste per le costruzioni urbane.

Questo ha ovviamente generato non poche difficoltà e vari contenziosi che hanno coinvolto soprattutto i titolari di imprese agricole i cui immobili strumentali erano appunto classificati a Catasto Fabbricati in categorie diverse da quella appositamente istituita (D/10: fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole).

Sorgeva quindi il problema di capire se tali fabbricati, censiti a catasto urbano e non rientranti nella categoria D/10 pur essendo beni strumentali all’attività agricola, potessero essere definiti “rurali” e quindi godere delle previste agevolazioni fiscali

La recentissima pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. Sez. VI Civ. 7 maggio 2019, n.11974, coeva a tutta una serie di altre conformi decisioni in merito) ha statuito che per la sussistenza del carattere di strumentalità è necessario che il fabbricato abbia una funzione produttiva connessa all’attività agricola, rilevabile dalle caratteristiche proprie dell’immobile, delle pertinenze e degli impianti installati; tipologia tale da renderlo insuscettibile di destinazione diversa da quella originaria, se non ricorrendo a radicali trasformazioni.

Ne deriva che oggi, quindi, non risulta più importante l’inquadramento catastale del fabbricato strumentale ed il suo classamento, ma ciò che assume esclusiva rilevanza ai fini della “ruralità” risulta appunto l’effettivo utilizzo del fabbricato secondo i canoni predetti ovvero, lo si ribadisce, “abbia una funzione produttiva connessa all’attività agricola, rilevabile dalle caratteristiche proprie dell’immobile, delle pertinenze e degli impianti installati”.

Resta ovviamente inteso che detta ruralità, da un punto di vista amministrativo, produce effetti (e quindi i benefici fiscali) solo dal momento in cui viene apposta la relativa annotazione in catasto. Ragion per cui in caso di perdita dei requisiti di ruralità, occorrerà rimuovere l’annotazione dalla banca dati catastale, mediante istanza di cancellazione.


Cassazione, ordinanza 7 maggio 2019, n.11974.

.

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria provinciale di Ravenna, con sentenza n. 18/2003, sez. 3, accoglieva il ricorso proposto dalla Cooperativa CEPAL avverso il classamento dell’immobile sito in Comune di Lugo nella categoria D8 anzichè D10.

Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate proponeva appello innanzi alla CTR E Romagna che, con sentenza 2374/2017, rigettava l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi.

Ha resistito con controricorso la cooperativa CEPAL. La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso l’Ufficio contesta che l’immobile per cui è causa disponesse dei requisiti per essere classificato nella categoria D10 sostenendo che lo stesso aveva la struttura e le caratteristiche per lo svolgimento di una attività ed industriale.

Con il secondo motivo contesta la ritenuta carenza di motivazione del provvedimento amministrativo impugnato.

Osserva la Corte che la sentenza impugnata è basata su una ulteriore ratio decidendi che consiste alla avvenuta presentazione, ai sensi del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis e ss., da parte della contribuente della dichiarazione di classamento in categoria D/10.

Tale dichiarazione, costituente una autocertificazione, comporta, in virtù della norma citata, che alle costruzioni strumentali alle attività agricole sia attribuita la categoria D/10 con effetto retroattivo di 5 anni.

La mancata impugnazione di tale ratio decidendi rende il ricorso inammissibile.

Ancorchè superfluamente, a seguito di quanto appena detto, si osserva comunque che i due motivi sono manifestamente infondati.

La sentenza impugnata ha dato atto che la struttura ha sempre avuto fin dalla sua origine la funzione di stoccare, confezionare e distribuire i prodotti degli agricoltori soci della cooperativa e ciò sulla base dell’esame fatto delle planimetrie, delle fotografie, del libro soci e del bilancio.

Le censure che l’Agenzia ricorrente muove a tale motivazione tendono, per un verso, ad investire inammissibilmente il merito della decisione e, per altro verso, sono manifestamente infondate laddove si basano sulla circostanza che l’immobile, un tempo periferico, è ora divenuto centrale nell’ambito della città.

Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che in tema di classamento, il carattere rurale dei fabbricati diversi da quelli destinati ad abitazione (categoria D/10), non può essere negato ogniqualvolta essi siano strumentalmente destinati allo svolgimento di attività agricole contemplate dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29 (ora 32) o anche di quelle aggiunte dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, comma 3-bis, e ciò a prescindere dal fatto che non coincidano la titolarità del fabbricato e la titolarità dei terreni da cui provengono i prodotti.

I presupposti per valutare la strumentalità, sussistono quando: 1) il fabbricato della cooperativa abbia una funzione produttiva connessa all’attività agricola dei soci; 2) tale funzione sia rivelata dalle caratteristiche proprie dell’immobile, delle pertinenze e degli impianti installati; 3) la tipologia del complesso sia tale da renderlo insuscettibile di destinazione diversa da quella originaria, se non ricorrendo a radicali trasformazioni). (Cass. 20953/08- Cass. 14013/12).

In particolare, si è già avuto modo di chiarire che “il carattere rurale dei fabbricati, diversi da quelli destinati ad abitazione, non può essere negato, ogniqualvolta essi siano strumentalmente destinati allo svolgimento di attività agricole contemplate dal cit. T.U.I.R., art. 29 (ora 32), od anche di quelle aggiunte dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis; a prescindere dal fatto che titolarità del fabbricato e titolarità dei terreni da cui provengono i prodotti agricoli coincidano nello stesso soggetto.” (Cass. 20953/08) Inoltre, per la sussistenza del carattere di “strumentalità” nel caso concreto, e per la conseguente iscrivibilità nella speciale categoria catastale D/10, ai sensi del D.P.R. n. 139 del 1998, art. 1, comma 5, è necessario che il fabbricato della cooperativa abbia una “funzione produttiva connessa all’attività agricola dei soci”; che tale funzione sia rivelata dalle caratteristiche proprie dell’immobile, delle pertinenze e degli impianti installati; che la tipologia del complesso sia tale da renderlo insuscettibile di destinazione diversa da quella originaria, se non ricorrendo a radicali trasformazioni. Di nessuna importanza è invece l’osservazione che lo stesso impianto potrebbe svolgere ordinarie attività commerciali o industriali, anche se non fosse posseduto dalla cooperativa. (Cass. 20953/08).

Tutte tali circostanze sono state accertate dalla sentenza di appello che ha dato atto, come già ricordato, di essersi basata sulle planimetrie, e le fotografie dell’edificio per verificarne la struttura e la destinazione nonchè sul libro soci e sul bilancio a riscontro del carattere agricolo dell’attività.

Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile.

Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3000,00 oltre spese forfettarie 15% ed accessori.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019

Viticultura eroica

 

PANTELLERIA

(1 giugno 2019, ore 10, presso il Castello Medievale)

 

“Diritto ed economia di una DOC eroica

 

Saluti istituzionali

Dott. Vincenzo Campo (Sindaco di Pantelleria)

Dott. Edy Bandiera (Assessore all’Agricoltura, Sviluppo Rurale e Pesca Mediterranea, Regione Siciliana)


Presiede e coordina: Avv. Stefano Dindo – Presidente dell’UGIVI

Introduce: Avv. Diego Maggio – Vice Presidente dell’UGIVI


RELAZIONI


Economia delle aziende vitivinicole operanti a Pantelleria – Analisi delle principali realtà e considerazioni di sintesi

Prof. Sebastiano Torcivia (Ordinario di economia aziendale nell’Università di Palermo, Coordinatore Master MASV – manager aziende vitivinicole)


Garanzia del reddito, difesa del territorio e promozione del turismo: il ruolo della viticoltura

Avv. Filippo Moreschi (Mantova)

Parlamento Europeo - Riforma PAC post-2020

Tutela e promozione dei vigneti storici ed eroici: il regolamento ministeriale in itinere

Prof. Avv. Ermenegildo Mario Appiano (Alba e Torino)

Parentage Atlas of Italian Grapevine Varieties

L’enoturismo, alla luce del nuovo decreto attuativo

Avv. Floriana Risuglia (Roma)

Uniseco EU Project

Dibattito


Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.


La partecipazione al convegno è aperta a tutti gli interessati,

senza la necessità di aderire al programma di soggiorno proposto ai soci UGIVI

Disegno legge su riforma reati alimentari



 


Disegno legge su riforma reati alimentari


Vigneti storici eroici

Il regolamento ministeriale sui vigneti “eroici”  “storici”


La tutela dei vigneti storici eroici ha origine nel Testo Unico Vino (art.7).

Il cosiddetto “Testo Unico del Vino” (e cioè la legge 238/2016, da ora T.U) impegna infatti lo Stato a promuovere “interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia” in favore dei vigneti posti in “aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico” oppure in favore di quelli “aventi particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale”.

Ciò a condizione che detti vigneti siano “situati in aree vocate alla coltivazione della vite nelle quali le particolari condizioni ambientali e climatiche conferiscono al prodotto caratteristiche uniche, in quanto strettamente connesse alle peculiarità del territorio d’origine

vigneti eroici storici
Antica vite ad “alberata”

Il T.U. ha poi demandato al Governo il compito di individuare meglio i vigneti in questione nonché stabilire quali sono gli interventi finanziabili.

Questi ultimi devono però essere caratterizzati dall’impiego di tecniche sostenibili (legate cioè all’agricoltura tradizionale ovvero essere di produzione integrata o biologica), rispettare gli elementi strutturali del paesaggio ed utilizzare tecniche e materiali adeguati al mantenimento delle caratteristiche di tipicità e tradizione delle identità locali.

Il relativo regolamento ministeriale è il n.6899 del 30 giugno 2020.

Esso risulta pressocché simile alla bozza in precedenza sottoposta all’eame della Conferenza Stato-Regioni (di cui infra),  salvo l’aver eliminato – per quanto concerne l’individuazione dei requisiti per qualificare come “storico” un vigneto – l’individuazione specifica delle relative “forme di allevamento tradizionali” (che nella citata bozza erano le seguenti: “alberello, alberata, pergola trentina, pergola romagnola“).

Nella sua versione finale, infatti, il regolamento si limita a richiedere che le “forme di allevamento tradizionale” siano “legate al luogo di produzione” e “debitamente documentate“.

Alla luce di ciò, per un commento al regolamento si può rinviare a quello elaborato in relazione alla sua bozza.

Successivamente, mediante una successiva circolare esplicativa (329363 del 2022), il MIPAAF ha meglio chiarito quali siano i criteri per individuare distinguere i vigneti storici e quelli eroici nonché ha fornito istruzioni operative sul loro riconoscimento ed i relativi controlli.



Quanto ai lavori preparatori del regolamento ministeriale, la relativa bozza (che non brillava per chiarezza,  è stata discussa in occasione di un convegno organizzato da UGIVI a Pantelleria, ove si è esaminata quella pervenuta all’esame della Conferenza Stato – Regioni).

La bozza di regolamento individua due tipologie di vitigni meritevoli di salvaguardia: quelli “eroici” e quelli “storici”.

I vigneti vengono considerati eroici in tre casi: quando insistono in aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico; quando situati in aree ove le condizioni orografiche o particolari forme di allevamento creano impedimenti alla meccanizzazione e presentano particolare pregio paesaggistico e ambientale; quando collocati sulle piccole isole (Pantelleria, Lipari, etcc).

La bozza di regolamento individua però in modo più specifico sia le condizioni orografiche, sia le forme di allevamento in questione.

Quanto alle prime, deve trattarsi di terreni con pendenza superiore al 30% oppure posti ad altitudine superiore ai 500 metri sul livello del mare (ad esclusione dei vigneti situati su altopiano) oppure di impianti viticoli sistemati su terrazze e gradoni.

Quanto alle seconde, deve trattarsi di una delle seguenti forme di allevamento: alberello; alberata (verosimilmente anche la “vite maritata” oltre la “alberata aversana / casertana”); pergola trentina e romagnola (con esclusione della “pergola veronese”?).

Vengono classificati comestorici”, invece, i vigneti cui presenza è “segnalata in una determinata superficie/particella in data antecedente al 1960”.

Tale requisito pare troppo lasso, specie per un paese ove la tradizione viticola è millenaria. Inoltre, nell’epoca di riferimento la produzione di uva (spesso per vini da taglio) era decisamente alta: secondo l’Istat, circa 1.100.000 ettari erano coltivati a vigneto, mentre la produzione di vino superava 50.000.000 ettolitri.

A restringere l’enorme numero di vigneti candidati a potersi definire “storici” non sembra bastino gli altri requisiti fissati dal Ministero: utilizzo di forme di allevamento storiche legate al luogo di produzione (nella bozza esse erano identiche a quelle per i vigneti “eroici”, requisito eliminato nella versione finale, come già illustrato) oppure il presentare sistemazioni idrauliche-agrarie storiche o di particolare pregio paesaggistico, che devono rientrare in una delle seguenti tipologie: terrazzamento, ciglionamento, ritocchino, cavalcapoggio, girapoggio, spina.

vigneti storici eroici
Vigneto di “Villa della Regina”, Torino

Così definiti, i vigneti “storici” sembrano piuttosto impianti un po’ vecchi e non troppo “eroici”, seppure in pendenza.  Per contro, diviene abbastanza facile che un vigneto si qualifichi come “storico ed eroico”.

Sono comunque considerati “storici” i seguenti vigneti: quelli appartenenti a paesaggi iscritti nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali di Interesse Storico; quelli afferenti a territori che hanno ottenuto dall’UNESCO il riconoscimento di eccezionale valore universale (è il caso delle Langhe-Roero-Monferrato e di Pantelleria); infine, quelli ricadenti in aree oggetto di specifiche leggi regionali o individuate dai piani paesaggistici, volti alla conservazione e valorizzazione di specifici territori vitivinicoli.

Vigneti storici eroici
Vigneto nel Roero

Contrariamente a quanto richiede il T.U., secondo la bozza di regolamento al vino derivante da viticultura “eroica” ovvero “storica” non viene richiesto di presentare le cennate “caratteristiche uniche”. Il criterio legislativo si integrerebbe comunque, qualora le uve prodotte in siffatti vigneti venissero rivendicate come atte ad essere trasformate in vino DOP.

Tra le misure di sostegno, viene prevista la creazione di un apposito marchio per identificare i prodotti derivanti dai vigneti in questione: tuttavia, se quelli “storici” abbonderanno, l’uso inflazionato di tale marchio ne svilirà il valore evocativo e commerciale!

In ogni caso sarà necessario coordinare l’uso di tale marchio con quello delle menzioni “classico” e “storico”, già previste dal T.U. (art.31).


vigneti eroici storici
Vite “maritata”

Codice enologico europeo

La Commissione ha adottato il regolamento 934/2019, portante il nuovo codice enologico europeo.


La novità principale del nuovo codice enologico europeo (uno degli atti fondamentali di attuazione della OCM Unica nel settore vitivinicolo) è l’introduzione della distinzione tra “ingredienti” ed “eccipienti” dei vini.

Tale distinzione è stata adottata in vista della futura entrata in vigore (al momento nulla è ancora stato deciso al riguardo) dell’obbligo di indicare sull’etichetta dei vini i relativi ingredienti.

Quest’ultimo discende dalla circostanza che anche ai vini – in quanto alimenti – si applica il regolamento UE 1169/2011 sulle informazioni ai consumatori riguardo ai prodotti alimentari.

Sino ad ora i vini (grazie all’art.41 di detto regolamento) sono stati esentati dall’obbligo di indicare in etichetta gli ingredienti, poiché mancavano regole specifiche in sede di Unione Europea, ma adesso quest’ultima intende colmare la lacuna.

Le sostanze usate durante le pratiche enologiche potrebbero allora dover essere in futuro indicate nell’etichetta.

 

Codice enologico comunitario etichette

La distinzione tra “ingredienti” ed “eccipienti” dei vini, adesso introdotta nel nuovo Codice enologico comunitario, cerca di contenere l’obbligo di indicare in etichetta alle sole sostanze – impiegate durante le pratiche enologiche – considerate come veri e propri tra “ingredienti”, mentre potrebbe portare ad escludere dall’indicazione obbligatoria in etichetta quelle qualificate come meri “eccipienti” dei vini.


In effetti, l’art. 20 del citato regolamento UE 1169/2011 dispone:

“Omissione dei costituenti di un prodotto alimentare dall’elenco degli ingredienti.

Fatto salvo l’articolo 21, nell’elenco degli ingredienti non è richiesta la menzione dei seguenti costituenti di un alimento:

a) ..

b) gli additivi e gli enzimi alimentari:

i) …

ii) che sono utilizzati come coadiuvanti tecnologici“;


La differenza consiste nella circostanza che, come meglio chiarito dal regolamento di Consiglio e Parlamento UE/1333/2008 (art.3),

  • gli additivi sono “qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti, con o senza valore nutritivo, la cui aggiunta intenzionale ad alimenti per uno scopo tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, nell’imballaggio, nel trasporto o nel magazzinaggio degli stessi, abbia o possa presumibilmente avere per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti diventino, direttamente o indirettamente, componenti di tali alimenti“;
  • mentre i coadiuvanti sono “ogni sostanza che: i) non è consumata come un alimento in sé;  ii) è intenzionalmente utilizzata nella trasformazione di materie prime, alimenti o loro ingredienti, per esercitare una determinata funzione tecnologica nella lavorazione o nella trasformazione; e  iii) può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito”.

Detto regolamento si applica solo alle sostanze qualificabili come additivi e, pertanto, prevede solo per esse l’obbligo di indicarne la presenza sull’etichetta degli alimenti che le contengono (art.21 e seguenti).


Nonostante la distinzione adesso introdotta nel Codice enologico comunitario, quale sarà la futura disciplina dipende da cosa verrà deciso in sede europea circa la portata dell’obbligo di etichettatura dei vini.


 Nel contesto delle discussioni sulla riforma della PAC post-2020 si sta discutendo come applicare anche ai vini le norme che impongono di indicare sia gli ingredienti, sia il contenuto calorico.


Oltre al problema di “cosa” si dovrà scrivere in etichetta in merito agli ingredienti, sussiste anche la questione di “dove” tali indicazioni debbano comparire.

La questione è delicata, giacché tale elenco potrebbe sottrarre molto spazio dalla superficie delle etichette dei vini (che, sopratutto per le bottiglie sino a 0,75 l.) non è notoriamente ampio.

Le industrie del settore (riunite in sede di CEEV) hanno proposto di inserire sull’etichetta dei Q-Code, che rinviino ad appositi siti internet.

Tale proposta sembra essere stata adesso accolta dal Parlamento Europeo (emendamento 102, punto 3 ter, alla riforma PAC post-2020).


Proposta del CEEV su etichettatura ingredienti vini


La nuova formulazione del Codice enologico comunitario – sopratutto nel suo allegato I – sovverte quindi la struttura del precedente analogo codice, portato dal regolamento 606/2008 (adesso abrogato), che invece manteneva una certa continuità con quello ancora precedenti (regolamento 423/2008 e regolamento 1622/2000).

Quest’ultimo rappresenta il riferimento normativo recepito dall’Accordo UE/USA del 2006 sul commercio del vino.

Di conseguenza, potrebbe generarsi qualche incertezza al riguardo, per quanto concerne le pratiche di cantina della UE riconosciute ed ammesse dagli USA.


In adempimento a quanto previsto nel Codice enologico europeo,   la Commissione ha pubblicato l’elenco delle pratiche di cantina ammesse da OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), giacché esse sono richiamate dalle stesse tabelle di detto Codice, che individuano le pratiche ed i composti enologici da esso autorizzati (tabelle 1 e 2, portate dall’allegato I al Codice stesso: in entrambe, si veda la colonna n.3).

In effetti, in base a quanto sancito nella regolamento base sulla OCM Unica (regolamento di Consiglio e Parlamento Europeo UE/1308/2013, art.80, comma 5), la Commissione ha sì ricevuto la delega a disciplinare le pratiche di cantina ed i composti enologi, ma nel farlo essa deve adesso basarsi

“sui metodi pertinenti raccomandati e pubblicati dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV), a meno che tali metodi siano inefficaci o inadeguati per conseguire l’obiettivo perseguito dall’Unione”.

Circa i requisiti di purezza di additivi e coadivuanti per il vino, Il Codice enologico europeo (art.9) rinvia – per quanto non specificamente disciplinato dalla normativa comunitaria (costituita dal regolamento della Commissione UE/231/2012)  – al Codice enologico internazionale elaborato sempre da OIV.

La Commissione ha comunque evidenziato che – in caso di contrasto tra  quanto rispettivamente consentito dal Codice enologico europeo e quanto da OIV – prevalgono le disposizioni del primo.

Per quanto concerne gli enzimi (quelli autorizzati dal Codice enologico europeo, che costituiscono dei coadiuvanti tecnologici), sempre all’art.9 quest’ultimo stabilisce che:

 “gli enzimi e i preparati enzimatici utilizzati nelle pratiche e nei trattamenti enologici autorizzati elencati nell’allegato I, parte A, rispondono ai requisiti di cui al regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio.

 


Ricordiamo che – in base al Codice enologico europeo – nessun vino può essere legalmente commercializzato nell’Unione Europea, se prodotto utilizzando:

  • tecniche e/o ingredienti enologici diverse da quelle autorizzate dal Codice stesso (salve sperimentazioni nazionali, debitamente autorizzate seguendo le procedure previste dal Codice in questione)
  • tecniche e/o ingredienti enologici  autorizzati, ma violando i limiti eventualmente stabiliti dal Codice enologico per il loro utilizzo.

Per i vini importati da Stati terzi valgono i medesimi principi, a meno che non siano derogati da appositi accordi internazionali conclusi in materia dall’Unione Europea con lo Stato terzo produttore (si pensi a quello con gli Stati Uniti d’America, fatto nel 2006).


codice enologico europeo

Normativa acqueviti e liquori

Adottato dall’Unione Europea il nuovo regolamento UE/787/2019 sulle bevande spiritose (normativa acqueviti e liquori).


Le norme dell’Unione Europea applicabili alle bevande spiritose (normativa acqueviti e liquori) si prefiggono di:

Normativa acqueviti e liquori

  • contribuire al raggiungimento di un livello elevato di protezione dei consumatori
  • eliminare le asimmetrie informative
  • prevenire le pratiche ingannevoli
  • rendere trasparente il mercato e consentire eque condizioni di concorrenza.

Il nuovo regolamento sulle bevande spiritose si propone di salvaguardare la loro reputazione sul mercato nonchè garantire un certo equlibrio tra il rispetto dei metodi tradizionali di produzione e l’innovazione tecnologica.

L’Unione riconosce che le bevande spiritose rappresentano uno sbocco importante per il proprio settore agricolo, cui sono strettamente legate.

Il nuovo regolamento abroga quello precedente (regolamento UE/2008/110), si applicherà però dal 25/5/2021, fatte salve le disposizioni sulle denominazioni che entrano subito in vigore.

Il regolamento UE/787/2019 sulle bevande spiritose contiene le regole applicabili al tale settore per la tutela delle denominazioni di origine e sulle regole di produzione (si ricorda che per i vini tali materie sono invece disciplinate dal regolamento UE/1308/2013 sulla OCM Unica).


Modificando le pertinenti disposizioni del nuovo regolamento UE/787/2019 sulle bevande spiritose (normativa acqueviti e liquori), mediante il successivo regolamento delegato (UE) 2021/1096 la Comissione del 21 aprile 2021 ha stabilito nuove regole in materia di etichettatura delle “bevande assemblate“.

Successivamente, sempre in tema di etichettatura delle “bevande spiritose” (e cioè degli alcolici), sono stati adottati due ulteriori regolamenti, anche essi modificativi dei citato regolamento UE/787/2019 (suoi art.11 e 12):

      • il regolamento delegato UE n. 2021/1334, concernente le allusioni a denominazioni legali  di bevande spiritose o loro indicazioni geografiche nella designazione, nella presentazione e nell’etichettatura di altre bevande spiritosee
      • il regolamento delegato UE n. 2021/1335, relativo  all’etichettatura delle bevande spiritose risultanti dalla combinazione di una bevanda spiritosa con uno o più prodotti alimentari.

Linee-guida UE su etichettatura bevande spiritose


Schema controlli su distillati

Linee guida su piano controlli per i distillati


I consorzi di tutela delle bevande spiritose recanti una indicazione geografica sono disciplinati dal D.M. 29 agosto 2023, n. 244.

Alcune caratteristiche della nuova regolamentazione sui consorzi di tutela per le bevande spiritose:

    • soggetti partecipanti (volontariamente) possono appartenere alle seguenti categorie:

a) conferitori di materia prima;
b) distillatori;
c) elaboratori;
d) imbottigliatori

    • Il voto di ciascun consorziato e’ determinato dal valore ponderale rapportato alla quantita’ di prodotto conferito, distillato, elaborato, imbottigliato nell’anno solare immediatamente precedente la data dell’assemblea
    • qualora il consorziato svolga contemporaneamente due o piu’ attivita’ produttive, il voto è cumulativo delle attivita’ svolte
    • lo Statuto consortile deve fra l’altro determinare le norme relative alle modalita’ di voto e rappresentanza delle diverse categorie della filiera all’interno del Consorzio che assicurino l’espressione del voto a ciascun consorziato;
    • criteri minimi di rappresentatività:
      • almeno il 66 per cento della quantita’ in litri anidri prodotta (intesa come media, negli ultimi due anni precedenti la data di presentazione della domanda)
      • e almeno il 30 per cento dei distillatori o degli elaboratori (riferiti
        agli ultimi due anni precedenti la data di presentazione della
        domanda, ed inseriti nel sistema di controllo della IG in questione),
        anche se non aderenti al Consorzio di tutela.

Registro nazionale paesaggi rurali storici

 

Il Registro nazionale paesaggi rurali storici cataloga quelli più significativi del nostro paese sul piano storico o tradizionale.


 

Creato grazie aI decreto MIPAAF n. 17070 del 19 novembre 2012 (relativo all’istituzione dell’Osservatorio Nazionale del Paesaggio rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali: ONPR), che ha previsto il “Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali”.

Il Registro nazionale paesaggi rurali storici identifica e cataloga “i paesaggi rurali tradizionali o di interesse storico, le pratiche e le conoscenze tradizionali correlate”, definendo la loro significatività, integrità e vulnerabilità, tenendo conto sia di valutazioni scientifiche, sia dei valori che sono loro attribuiti dalle comunità, dai soggetti e dalle popolazioni interessate.

I paesaggi catalogatidevono soddisfare i requisiti approvati in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni.

L’iscrizione di un paesaggio nel registro prende l’avvio dalla sua candatura, presentata al Ministero dagli Enti interessati su tutto il territorio nazionale

A seguito dell’iter di verifica dei requisiti di ammissibilità espletato dall’ONPR, i paesaggi che superano l’esame vengono iscritti nel registro, mediante un decreto a firma del Ministro, contenente la menzione che esplicita i motivi del riconoscimento.


Il Registro e le mappe dei paesaggi rurali


Alberi monumentali


Piemonte - Enoteche, fiere, paesaggi ed ecomusei


Paesaggi rurali di interesse storico

 

La Corona di Matilde. Alto Reno. Terra di Castagni

Paesaggio collinare policolturale di Pienza e Montepulciano

Paesaggio rurale storico delle praterie e dei canali irrigui della Val d’Enza

Il paesaggio del grano: L’area cerealicola di Melanico in Molise

Le colline terrazzate della Valpolicella

Paesaggio della bonifica romana e dei campi allagati della piana di Rieti

Paesaggio Policolturale di Fibbianello – Comune di Semproniano

Il paesaggio rurale dei “Vigneti terrazzati della Valle di Cembra”

Il paesaggio agro-silvo-pastorale del territorio di Tolfa

Il sistema agricolo terrazzato della Val di Gresta

Alti pascoli della Lessinia

Paesaggio storico della Bonifica Leopoldina in Valdichiana

Paesaggio agrario di olivastri storici del Feudo di Belvedere

Gli uliveti a terrazze e lunette dei monti Lucretili

Vigneti Terrazzati del Versante Retico della Valtellina

Limoneti, vigneti e boschi nel territorio del Comune di Amalfi

Vigneti del Mandrolisai

Il paesaggio rurale storico di Lamole – Greve in Chianti

Paesaggio della Pietra a Secco dell’Isola di Pantelleria

Fascia pedemontana olivata Assisi – Spoleto

Parco regionale Storico agricolo dell’olivo di Venafro

Colline vitate del Soave

I Paesaggi silvo-pastorali di Moscheta

Le Colline di Conegliano Valdobbiadene – Paesaggio del Prosecco Superiore

Oliveti terrazzati di Vallecorsa

Paesaggio Agrario della Piana degli Oliveti Monumentali di Puglia

Il Paesaggio Policolturale di Trequanda

 

Il 10 marzo 2023 ad Arezzo si è costituita  l’Associazione dei Paesaggi rurali di interesse  storico

esami analitici organolettici commissioni degustazione

Con decreto del 12 marzo 2019 il MIPAAFT ha emanato il nuovo regolamento su esami analitici organolettici commissioni degustazione


Il nuovo regolamento su esami analitici organolettici commissioni degustazione (che abroga quello precedente del 2011) costuituisce un importante tassello nel sistema dei controlli sui vini a denominazione ed indicazione geografica, oggetto di altro regolamento.

 

esami analitici organolettici commissioni degustazione

Per i decreti di nomina dei componenti le commissioni, vedere l’apposita pagina del sito MIPAAFT

.

Il decreto su esami analitici organolettici commissioni degustazione disciplina altresì (suo art.19) le modalità di campionamento e di esecuzione di tali esami  per i controlli effettuati sui vini a denominazione ed indicazione geografica dopo l’immissione in commercio.

Le istruzioni per la predisposizione dei nuovi piani di controllo per i vini a denominazione di origine e indicazione geografica, in applicazione del Decreto ministeriale 2 agosto 2018 n. 7552, sono contenute nella circolare ICQRF 2168 del 12/02/2019.


DECRETO MINISTERIALE 12 marzo 2019

Disciplina degli esami analitici per i vini DOP e IGP, degli esami organolettici e dell’attività delle commissioni di degustazione per i vini DOP e del finanziamento dell’attività della commissione di degustazione di appello.

– Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 2019, n. 102.

 


IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE  ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO, DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e successive modifiche ed integrazioni, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricole comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/92, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 e, in particolare, l’art. 90 concernente controlli connessi alle denominazioni di origine, alle indicazioni geografiche e alle menzioni tradizionali protette;

Visto il regolamento delegato (UE) n. 273/2018 della Commissione dell’11 dicembre 2017 che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompagnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbligatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) n. 555/2008, (CE) n. 606/2009 e (CE) n. 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) 2015/560 della Commissione;

Visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 274/2018 della Commissione dell’11 dicembre 2017 recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbligatorie, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2015/561 della Commissione;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 11 novembre 2011 recante la disciplina degli esami analitici per i vini DOP e IGP, degli esami organolettici e dell’attività delle commissioni di degustazione per i vini DOP e del relativo finanziamento;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 13 agosto 2012 recante disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione e del decreto legislativo n. 61/2010, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo;

Visto il decreto del Capo del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari n. 9276 del 12 giugno 2014, recante Approvazione del tariffario di analisi ICQRF;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 marzo 2015, n. 293, recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivinicolo, ai sensi dell’art. 1-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giungo 2014, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino;

Visti in particolare i commi 5, 6 e 8 dell’art. 65 della citata legge 12 dicembre 2016, n. 238;

Sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale;

Ritenuto di dover adottare le disposizioni applicative di cui ai citati commi 5, 6 e 8 dell’art. 65 della citata legge 12 dicembre 2016, n. 238, concernenti la disciplina degli esami chimico-fisici per i vini DOCG, DOC e IGT, degli esami organolettici per i vini DOCG e DOC e dell’attività delle commissioni di degustazione;

Acquisito il parere del Ministero dell’economia e delle finanze con nota n. 19238 dell’8 ottobre 2018, ai fini del concerto;

Vista l’intesa intervenuta in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nella riunione del 20 dicembre 2018;

Decreta:


Art. 1. Definizioni

1. Allorché non sarà diversamente previsto per specifiche disposizioni, ai sensi del presente decreto con i seguenti termini, definizioni, abbreviazioni e/o sigle si intende:

a) «legge»: la legge 12 dicembre 2016, n. 238;
b) «Ministero» e «Ministro»: il Ministero e il Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo;
c) «regioni»: le regioni e Province autonome di Trento e Bolzano;
d) «Autorità di controllo»: il Ministero, quale Autorità nazionale competente incaricata di effettuare i controlli dell’adempimento degli obblighi di cui all’art. 90, par. 2, del regolamento (UE) n. 1306/2013, in materia di denominazioni di origine, indicazioni geografiche e menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, e di controllare, ai sensi dell’art. 146 del regolamento (UE) n. 1308/2013, l’osservanza delle norme dell’Unione europea nel settore vitivinicolo;
e) «ICQRF»: il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del Ministero, attraverso il quale si esercitano le funzioni dell’Autorità di controllo;
f) «organismo di controllo»: persona giuridica pubblica o privata a cui l’Autorità di controllo ha delegato le funzioni di controllo di cui agli articoli 64 e 65 della legge, relativamente alla verifica annuale del rispetto del disciplinare dei vini DOP e IGP, ai sensi degli articoli 24, 25 e 26 del regolamento (CE) n. 607/2009;
g) «DOP», «DO», «DOCG» e «DOC»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a denominazione di origine;
h) «IGP», «IG» e «IGT»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a indicazione geografica;
i) «SIAN»: il sistema informativo agricolo nazionale, di cui all’art. 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194, e i sistemi informativi regionali ove presenti;
l) «detentore»: l’operatore della filiera vitivinicola che detiene la partita di vino oggetto degli esami analitici e/o organolettici;
m) «registro telematico»: il registro tenuto con modalità telematiche, ai sensi del decreto ministeriale 20 marzo 2015, n. 293, nel quale, per ogni stabilimento e deposito dell’impresa, sono indicate le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli;
n) «vigilanza»: complesso delle attività, diverse dalle funzioni di controllo di cui alla lettera f), svolte dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge;
o) «Laboratorio»: i laboratori autorizzati di cui all’art. 6 ed i laboratori pubblici che operano in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025: 2005 «Criteri generali sulla competenza dei laboratori di prova e di taratura», effettuando i controlli sulla base di determinazioni analitiche accreditate dall’Ente unico di accreditamento nazionale ACCREDIA.


Art. 2. Art. 65 della legge – Esami analitici ed organolettici – Attività commissioni di degustazione – Ambito di applicazione

1. Il presente decreto stabilisce le disposizioni applicative dell’art. 65, commi 5, 6 e 8, della legge, per quanto concerne:

a) l’esecuzione degli esami analitici per i vini DOP e IGP;
b) l’esecuzione degli esami organolettici e i criteri per il riconoscimento delle commissioni di degustazione per i vini DOP;
c) le operazioni di prelievo dei campioni da destinare agli esami analitici e organolettici;
d) la comunicazione dei parametri chimico-fisici attestati da parte di un laboratorio autorizzato;
e) le modalità per la determinazione dell’analisi complementare dell’anidride carbonica per i vini frizzanti e spumanti;
f) l’attività ed il finanziamento della commissione di degustazione di appello dei vini DOP;
g) la definizione dei limiti di tolleranza consentiti tra i parametri chimico-fisici comunicati ai sensi della lettera d) e i parametri chimico-fisici riscontrati successivamente nella fase di vigilanza da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge;
h) l’esecuzione degli esami organolettici dei campioni, prelevati nella fase di vigilanza dall’Autorità di controllo o dagli organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge, di vini designati con la DOP o l’IGP, pronti per il consumo e detenuti per la vendita oppure già posti in commercio, e il relativo finanziamento.


Art. 3. Art. 65 della legge – Esami analitici ed organolettici – Attività commissioni di degustazione – Disposizioni generali

1. Ai fini della commercializzazione, dell’etichettatura e della presentazione con la DO, le relative partite di vino devono essere preventivamente sottoposte, a cura dell’organismo di controllo, ad esame analitico e ad esame organolettico, al fine di certificare la corrispondenza delle stesse partite alle caratteristiche previste dai relativi disciplinari di produzione, mediante la verifica annuale di cui all’art. 25 del reg. CE n. 607/2009, con le modalità ed i criteri stabiliti nello specifico piano dei controlli di cui all’art. 64 della legge e nel presente decreto.

2. Per le partite di vini IGT, conformemente alle disposizioni di cui all’art. 25 del regolamento CE n. 607/2009 (norma abrogata, in realtà trattasi dell’art.19 del Regolamento UE 34/2019:  n.d.r.), la verifica annuale è limitata all’esame analitico ed è effettuata, a cura dell’organismo di controllo, nel rispetto delle procedure e dei criteri stabiliti nello specifico piano dei controlli di cui all’art. 64 della legge e nel presente decreto.

3. L’esame analitico deve riguardare almeno i valori degli elementi stabiliti dall’art. 26 del reg. CE n. 607/2009 e quelli indicati negli specifici disciplinari di produzione DOCG, DOC e IGT ed è effettuato nel rispetto delle seguenti modalità e principi:

a) mediante controlli sistematici per vini DOCG;
b) mediante controlli a campione, basati su analisi dei rischi, o controlli sistematici per vini DOC, conformemente alla scelta effettuata dal gruppo dei produttori della specifica DOC di cui all’art. 95, par. 1, del reg. UE n. 1308/2013, ivi incluso il Consorzio di tutela incaricato, o in sua assenza dalla competente regione, in sede di approvazione del relativo piano dei controlli valido per il successivo triennio;
c) mediante controlli a campione, basati su analisi dei rischi, per i vini IGT, conformemente alla scelta effettuata dal gruppo dei produttori della specifica IGT di cui all’art. 95, par. 1, del reg. UE n. 1308/2013, ivi incluso il Consorzio di tutela incaricato, o in sua assenza dalla competente regione, in sede di approvazione del relativo piano dei controlli valido per il successivo triennio.

4. L’esame organolettico delle partite di vini DO, previo esame analitico di cui al comma 3, è effettuato da apposite commissioni di degustazione, nel rispetto delle seguenti modalità e principi:

a) mediante controlli sistematici per vini DOCG e per i vini DOC con produzione certificata pari o superiore a 10.000 ettolitri nell’anno precedente alla data di presentazione della richiesta di approvazione del piano dei controlli;
b) mediante controlli a campione o controlli sistematici per i vini DOC con produzione certificata inferiore a 10.000 ettolitri nell’anno precedente alla data di presentazione della richiesta di approvazione del piano dei controlli, conformemente alla scelta effettuata dal gruppo dei produttori della specifica DOC di cui all’art. 95, par. 1, del reg. UE n. 1308/2013, ivi incluso il Consorzio di tutela incaricato, o in sua assenza dalla competente regione, in sede di approvazione del relativo piano dei controlli valido per il successivo triennio.

5. La determinazione del campione di cui al comma 3, lettera c), può essere riferita:

– ad una percentuale minima del numero totale dei detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica IGT;
– ad una percentuale minima della produzione vinicola rivendicata per la specifica IGT nell’anno cui si riferisce la verifica;
– a tutti i detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica IGT, per una percentuale minima della produzione vinicola rivendicata da ciascun detentore nell’anno cui si riferisce la verifica.

Ciascuna delle opzioni di cui ai trattini precedenti deve comunque assicurare che il campione sia rappresentativo di almeno il 10% della produzione della intera IGT rivendicata nell’anno cui si riferisce la verifica.

6. La determinazione del campione di cui al comma 3, lettera b), ed al comma 4, lettera b), deve essere riferita:

ad almeno il 30% del totale dei detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica DOC, o
a tutti i detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica DOC, per una percentuale minima della produzione vinicola rivendicata da ciascun detentore nell’anno cui si riferisce la verifica.

Ciascuna delle opzioni deve comunque assicurare che il campione sia rappresentativo di almeno il 30% della produzione della intera DOC rivendicata nell’anno cui si riferisce la verifica.

7. Allorché prevista in conformità ai commi 3, 4 e 6, la positiva certificazione analitica e organolettica è condizione per l’utilizzazione della denominazione e ha validità di centottanta giorni per i vini a DOCG, di due anni per i vini a DOC, di tre anni per i vini a DOC liquorosi, per le partite allo stato sfuso. Trascorsi i predetti periodi di validità, in assenza di imbottigliamento, per le relative partite sono applicabili le seguenti condizioni:

a) entro il termine di un anno a decorrere dalla data di certificazione, i vini DOCG devono essere sottoposti ad un nuova certificazione organolettica; trascorso detto termine è da ripetere sia la certificazione analitica che quella organolettica;
b) i vini a DOC devono essere sottoposti ad un nuova certificazione analitica e organolettica.

8. Conformemente all’art. 59, comma 2, e all’art. 65, comma 5, della legge, i detentori delle partite di vino immessi nel sistema di controllo dei vini DOP e IGP di cui all’art. 64 della legge, gli enti ed organismi preposti alla gestione, alla vigilanza ed ai controlli dei vini in questione, espletano le attività e le procedure stabilite nel presente decreto tramite i servizi del SIAN, sulla base degli elementi contenuti nel «registro telematico».


Art. 4. Definizione, collocazione e identificazione della partita di vino da destinare alla certificazione analitica e organolettica

1. Per partita di vino si intende una massa omogenea di prodotto, da destinare alla verifica annuale dei requisiti previsti dal disciplinare di produzione delle specifiche DO e IGT, proveniente da un unico processo di omogeneizzazione della massa stessa e contenuta:

in un unico o più recipienti;
in piccoli recipienti (botti con capacità massima di 10 ettolitri, damigiane o altri) e in bottiglie,
collocati nello stesso stabilimento. Gli stessi recipienti devono essere identificati in conformità alle disposizioni di cui al Capo IV del regolamento UE n. 274/2018 e di cui all’art. 17 del decreto ministeriale 13 agosto 2012, così come inseriti nel «registro telematico».


Art. 5. Presentazione richiesta prelievo campione – Prelievo campione dalla relativa partita

1. Per le DOCG e per le DOC per le quali sono previsti esami analitici e organolettici sistematici, il detentore della partita che intende ottenere la certificazione presenta preventivamente apposita richiesta per via telematica, in conformità all’allegato 1, all’organismo di controllo, indicando gli elementi identificativi della stessa partita di cui all’art. 4, comma 1, come presenti nel «registro telematico». La richiesta è presentata non prima che la partita abbia raggiunto le caratteristiche minime al consumo previste dal disciplinare di produzione per la relativa tipologia regolamentata.

Fatto salvo il rispetto del termine previsto per l’immissione al consumo dallo specifico disciplinare di produzione, la predetta richiesta di prelievo può essere effettuata antecedentemente all’imbottigliamento della stessa partita. Detta possibilità è esclusa per vini spumanti e frizzanti elaborati in bottiglia.

2. Ai fini degli esami analitici per i vini IGT e degli esami analitici e organolettici dei vini DOC per i quali sono previsti controlli a campione, il prelievo è disposto dall’organismo di controllo, conformemente alle condizioni e con le modalità operative stabilite nello specifico piano dei controlli.

Limitatamente ai vini atti a diventare DOC, qualora la partita non abbia raggiunto le caratteristiche organolettiche minime al consumo previste dal disciplinare, il detentore chiede all’organismo di controllo un nuovo prelievo ai soli fini dell’esame organolettico, antecedentemente alla commercializzazione ai fini dell’immissione al consumo, avvalendosi della procedura di cui al comma 1.

3. Nel caso dei vini «novelli» e di altre tipologie di vini DO che, nel rispetto della normativa vigente e per ragioni commerciali, sono immessi al consumo entro un breve lasso di tempo a partire dalla vendemmia la richiesta di prelievo è presentata antecedentemente alla denuncia di produzione delle uve, dichiarando mediante autocertificazione che sono stati rispettati gli adempimenti tecnico-amministrativi previsti dalla normativa vigente in materia. L’organismo di controllo, una volta verificata la regolare presa in carico sul registro telematico delle partite in questione provvede ad effettuare gli opportuni controlli.

4. Il prelievo dei campioni è programmato ed effettuato a cura dell’organismo di controllo.

5. Il campionamento di ciascuna partita è effettuato dal personale ispettivo incaricato dall’organismo di controllo, di seguito denominato «prelevatore», nel rispetto delle condizioni di cui ai successivi commi.

6. Il prelevamento del campione dalla partita, così come identificata all’art. 4, comma 1, per la quale è stata dichiarata dal detentore l’uniformità qualitativa, è effettuato a sondaggio sull’intera partita, assicurando che il campione stesso sia rappresentativo dell’intera partita.

7. Nel caso dei vini spumanti elaborati in bottiglia, qualora la porzione di prodotto da aggiungere successivamente alla sboccatura non sia tale da determinare una variazione del tipo di prodotto relazionato al tenore zuccherino residuo di cui all’allegato XIV, parte A, del regolamento CE n. 607/2009, il prelievo può essere effettuato precedentemente all’operazione di sboccatura della relativa partita, mediante il prelievo degli esemplari di campione all’uopo sboccati.

8. Qualora trattasi di campione di vino spumante o di vino frizzante prodotto in recipiente chiuso (autoclave), il prelievo può essere effettuato, anche nella fase di elaborazione, prima dell’imbottigliamento, direttamente dall’autoclave, adottando apparecchiature atte a far sì che l’operazione avvenga senza perdita di pressione.

9. Per l’espletamento delle operazioni di prelievo, il prelevatore ha diritto di accedere nei locali dove è conservata la partita di vino e preliminarmente al prelievo provvede ad identificare la partita, così come individuata all’art. 4, comma 1. A tal fine, mediante apposito riscontro con gli elementi inseriti nel «registro telematico», accerta la provenienza del prodotto, la tipologia, la sua rispondenza quantitativa, nonché l’ubicazione delle partite del vino oggetto di prelievo.

10. Qualora il prelevatore, nell’espletamento dei propri compiti, rilevi una situazione di difformità tra la consistenza e gli elementi identificativi della partita rispetto a quelli risultanti dagli elementi inseriti nel «registro telematico» sospende le operazioni di prelevamento e procede secondo quanto previsto dal piano dei controlli autorizzato.

11. Effettuati gli accertamenti di cui al comma 9, il prelevatore, in caso di vini DO provvede al prelevamento del campione in sei esemplari. Tali esemplari sono così utilizzati:

a) uno è affidato al detentore della partita;
b) uno è destinato all’esame chimico-fisico;
c) uno è destinato all’esame organolettico;
d) uno è conservato per l’eventuale esame da parte della commissione di appello;
e) due sono tenuti di riserva per almeno sei mesi da parte dell’organismo di controllo, per eventuali ulteriori esami chimico-fisici e organolettici.

12. Per il prelievo del campione ai fini dell’esame analitico dei vini IGT ed ai fini della ripetizione dell’esame organolettico dei vini DOCG e dell’espletamento del solo esame analitico o del solo esame organolettico dei vini DO, il campione è prelevato in quattro esemplari.

13. La capacità dei recipienti per i singoli esemplari del campione è compresa tra 0,375 e 1 litro; gli stessi recipienti sono chiusi ermeticamente. Per i recipienti già confezionati dal produttore-imbottigliatore si procede al prelevamento delle confezioni esistenti per numero di pezzi e volume corrispondenti.

14. Sulla chiusura di ogni recipiente è apposto un sigillo cartaceo recante la dizione: «vino DOC o DOCG o IGT – campione di controllo esente da documento di accompagnamento ai sensi della vigente normativa», completato da un’ala staccabile nella quale figurano il numero e la data del verbale di prelievo, il quantitativo della partita e le firme del prelevatore e dell’incaricato dell’azienda che assiste al prelievo. Può essere utilizzato altro dispositivo alternativo al sigillo cartaceo, a condizione che ciascun esemplare di campione sia sigillato e munito di contrassegno indelebile riportante i seguenti dati identificativi, in maniera tale da essere collegato inequivocabilmente al verbale di campionamento corrispondente: numero e data del verbale di prelievo, entità della relativa partita, eventuale codice aggiuntivo.

15. Al momento del prelievo è redatto, in duplice copia, un verbale conforme al modello di cui all’allegato 2, dal quale devono risultare i seguenti elementi:

a) numero del verbale;
b) data e ora del prelevamento;
c) nominativo del prelevatore;
d) denominazione dell’azienda e relativo indirizzo;
e) nominativo del titolare dell’azienda o di un suo fiduciario, specificatamente delegato, incaricato di presenziare al prelevamento;
f) modalità di prelevamento, specificando che le stesse hanno garantito l’uniformità qualitativa di cui al comma 6;
g) descrizione della partita di vino: quantitativo, provenienza del relativo prodotto, tipologia, recipienti;
h) dichiarazione attestante che tutti gli esemplari di campione asportati e quello lasciato in custodia sono stati sigillati con l’apposizione sulle apposite ali staccabili delle firme del prelevatore e del responsabile dell’azienda o che sono stati sigillati, contrassegnati ed identificati con un sistema alternativo in conformità al comma 14;
i) indicazione relativa al numero d’ordine del prelievo della stessa partita, indicando «primo prelievo» o «prelievo per la ripetizione dell’esame organolettico di partita DOCG» o «prelievo per partita già giudicata non idonea all’esame chimico-fisico» o «prelievo per partita già giudicata rivedibile all’esame organolettico».

16. I verbali sono sottoscritti dal prelevatore e dall’incaricato dell’azienda.

17. Delle due copie del verbale, una copia è consegnata all’azienda e la seconda copia rimane all’organismo di controllo, unitamente agli esemplari di campione.

18. I campioni sono presi in carico e conservati a cura dell’organismo di controllo.

19. Fatte salve le disposizioni più restrittive previste negli specifici disciplinari di produzione, le partite di vino, dalle quali sono stati prelevati i campioni, non possono essere rimosse dal luogo e dai recipienti ove si trovano al momento del prelievo, nel periodo compreso tra il prelievo stesso e la ultimazione dell’esame analitico e organolettico o analitico, fatta eccezione per eventuali cause, relative alle operazioni di cantina o commerciali che non consentono il rispetto dei tempi per il rilascio della certificazione stabiliti nel presente decreto. In tali casi i relativi travasi o spostamenti, in ogni caso nell’ambito della zona di vinificazione delimitata dallo specifico disciplinare di produzione, sono preventivamente comunicati all’organismo di controllo ed i relativi elementi identificativi sono inseriti nel «registro telematico».


Art. 6. Esami analitici per i vini DOP e IGP e relativo procedimento – Comunicazione dei parametri chimico-fisici attestati da parte del laboratorio autorizzato – Determinazione dell’analisi complementare dell’anidride carbonica nei vini frizzanti e spumanti

1. L’esame analitico dei campioni prelevati è effettuato presso il laboratorio scelto dall’organismo di controllo, tra quelli autorizzati dal Ministero ai sensi del regolamento UE n. 1308/2013, art. 146, previo accertamento della conformità ai criteri generali stabiliti dalla norma ISO/IEC 17025. Detta scelta, tra i vari laboratori autorizzati, tiene in particolare conto dei criteri di efficienza, efficacia ed economicità.

2. Il laboratorio autorizzato comunica all’organismo di controllo, per i relativi campioni, l’attestazione dei parametri chimico-fisici riscontrati, con riferimento agli elementi stabiliti dall’art. 26 del regolamento CE n. 607/2009 ed a quelli indicati negli specifici disciplinari di produzione DO e IGT. L’organismo di controllo provvede ad inserire detta attestazione nel «registro telematico».

3. Fatto salvo che all’atto dell’immissione al consumo i vini spumanti e frizzanti DOP e IGP devono possedere un tenore di anidride carbonica (espresso in sovrappressione in bar a 20 °C) nel rispetto dei limiti previsti dagli specifici disciplinari, conformemente alla normativa di riferimento dell’Unione europea, al fine di tener conto delle eventuali fisiologiche perdite di sovrappressione che si possono verificare in fase di confezionamento, per quanto concerne l’esito della determinazione analitica complementare di cui all’art. 26, lettera a) ii), del regolamento CE n. 607/2009, le relative partite di prodotto sono da ritenere idonee anche nel caso in cui il tenore di anidride carbonica, determinato sull’apposito campione, differisce entro un limite del 10% rispetto ai predetti limiti. Nel caso di prodotto elaborato in autoclave il tenore di CO2 può essere rilevato direttamente sul vaso vinario mediante manometro tarato, corretto a 20 °C; il dato rilevato tiene conto della predetta tolleranza.

4. L’esito negativo dell’analisi comporta che la partita sia dichiarata non idonea e preclude il successivo esame organolettico per i vini DO. In tal caso l’organismo di controllo, entro tre giorni dalla data di ricevimento dell’attestazione dell’analisi di cui al comma 2, oltre ad inserire detta attestazione nel registro telematico, ne informa l’azienda interessata, tramite posta elettronica certificata.

5. Entro sette giorni dalla ricezione della comunicazione dell’esito negativo di cui al precedente comma 4, l’azienda interessata può richiedere all’organismo di controllo per la relativa partita un eventuale nuovo prelievo, ai fini della ripetizione dell’esame chimico-fisico, soltanto a condizione che la partita possa essere ancora oggetto di pratiche e trattamenti enologici ammessi dalla normativa nazionale e dell’Unione europea vigente in materia di vini DOP e IGP.

6. Eventuali ricorsi contro l’esito negativo dell’esame analitico di cui al comma 4 ed eventualmente di cui al comma 5, devono essere presentati entro sette giorni dal ricevimento della rispettiva comunicazione. Trascorso tale termine in assenza di ricorso, l’organismo di controllo comunica la non idoneità del prodotto alla azienda interessata che provvede alla riclassificazione in conformità alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.

7. In caso di presentazione del ricorso, l’ulteriore analisi è effettuata su un esemplare di campione di cui all’art. 5, comma 11, lettera e) presso un laboratorio autorizzato, diverso da quello che ha effettuato la prima analisi. In caso di esito positivo dell’analisi l’organismo di controllo provvede ad inserire la relativa attestazione nel «registro telematico». In caso di conferma dell’esito negativo, entro i termini e con le modalità di cui al comma 4, l’organismo di controllo ne dà comunicazione all’azienda interessata.


Art. 7. Esame organolettico per i vini DOP – Commissioni di degustazione: criteri di nomina, composizione

1. Sono ammessi all’esame organolettico i campioni idonei dal punto di vista analitico ai sensi dell’art. 6.

2. L’esame organolettico riguarda il colore, la limpidezza, l’odore e il sapore indicati dal disciplinare di produzione della relativa DOCG o DOC.

3. L’esame organolettico è effettuato da apposite commissioni di degustazione nominate dal competente organismo di controllo per le relative DO. Tali commissioni sono costituite da tecnici ed esperti degustatori scelti negli elenchi di cui all’art. 8, con i criteri di cui ai seguenti commi.

4. Ciascuna commissione di degustazione è composta dal presidente o dal relativo supplente e da quattro membri. Il presidente e almeno due membri devono essere tecnici degustatori.

5. Il presidente e il relativo supplente, il segretario e il relativo supplente sono nominati per un triennio.

6. Per ciascuna seduta di degustazione il segretario, sentito il presidente, costituisce la commissione scegliendo i componenti tra gli iscritti negli elenchi di cui all’art. 8, tenendo conto del criterio della comprovata esperienza professionale per la/le relativa/e denominazione/i ed assicurando comunque la rotazione dei componenti tra gli iscritti nei predetti elenchi.

7. Qualora i campioni da esaminare di una o più DO siano in numero esiguo, può essere nominata un’unica commissione di degustazione per due o più vini DO.

8. Qualora il livello delle produzioni dei vini DO esistenti sia esiguo e si verifichi una carenza degli iscritti agli elenchi dei tecnici e degli esperti degustatori di cui al successivo art. 8, tali da non consentire l’istituzione della relativa commissione di degustazione, in deroga al disposto di cui al comma 3, l’espletamento degli esami organolettici può essere affidato ad altra commissione di degustazione in ambito regionale o interregionale.


Art. 8. Criteri per la formazione degli elenchi dei tecnici degustatori e degli esperti

1. Presso le regioni interessate alla produzione di vini DO sono istituiti l’«Elenco dei tecnici degustatori» e l’«Elenco degli esperti degustatori». Gli iscritti a tali elenchi possono esercitare la propria attività per una o più DO ricadente sul territorio della relativa regione o, in caso di DO interregionali, delle relative regioni.

2. Le regioni possono delegare la funzione di cui al comma 1 alle competenti Camere di commercio.

3. Per l’iscrizione nell’elenco dei tecnici degustatori sono richiesti i seguenti requisiti:

a) possesso di uno dei titoli di studio appresso indicati:
diploma di perito agrario specializzato in viticoltura ed enologia od enotecnico;
diploma di enologo;
diploma di laurea in scienze agrarie con specializzazione nel settore enologico;
diploma di laurea in scienze delle preparazioni alimentari con specializzazione nel settore enologico;
titoli equipollenti conseguiti all’estero;
b) esercizio dell’attività di degustazione per almeno un biennio, in modo continuativo, antecedentemente alla data di presentazione della domanda per la/e denominazione/i interessata/e. Con l’espressione «… in modo continuativo, …» si intende lo svolgimento di almeno cinque prove di degustazione, in date distinte, nel corso di ciascuno dei due anni.

4. Nella domanda i richiedenti dichiarano i propri dati personali e allegano:
a) autodichiarazione relativa ai titoli di studio di cui alla lettera a) del comma 3 del presente articolo, con l’esatta indicazione della data e dell’istituto o della università presso cui gli stessi sono stati conseguiti;
b) attestazione comprovante l’esercizio dell’attività di degustatore nei modi di cui al comma 3, lettera b), rilasciata dal/i soggetto/i presso cui il tecnico degustatore ha svolto l’attività.

5. Per l’iscrizione nell’elenco degli esperti degustatori sono richiesti i seguenti requisiti:

a) partecipazione a corsi organizzati da associazioni nazionali ufficialmente riconosciute operanti nel settore enologico ed in particolare della degustazione dei vini e superamento di esami sostenuti a conclusione dei corsi stessi;
b) esercizio dell’attività di degustazione per almeno un biennio, in modo continuativo, antecedentemente alla data di presentazione della domanda per la/e denominazione/i interessata/e, presso aziende vitivinicole, enoteche e similari, consorzi di tutela e associazioni di cui alla lettera a). Con l’espressione «… in modo continuativo, …» si intende lo svolgimento di almeno cinque prove di degustazione, in date distinte, nel corso di ciascuno dei due anni.

6. Per l’iscrizione nell’elenco degli esperti degustatori, si osservano per analogia le disposizioni procedurali di cui al comma 4, fatto salvo che la documentazione da allegare alla domanda deve essere riferita ai requisiti di cui al comma 5.


Art. 9. Attività commissioni degustazione – Criteri e procedure

1. Il segretario della commissione assicura il rispetto delle procedure tecniche di degustazione, predisponendo, d’intesa col presidente, il piano di attività della commissione e cura lo svolgimento di ciascuna seduta di degustazione.

2. Il segretario della commissione di degustazione esplica le seguenti funzioni:

a) cura, nell’ambito del competente organismo di controllo, la presa in carico dei campioni mediante la loro registrazione cronologica su apposito registro di carico, nonché la conservazione dei campioni stessi;
b) convoca la commissione e, in apertura di seduta, verifica il numero legale;
c) predispone la preparazione dei campioni ai fini della degustazione, attivando tutte le misure necessarie a garantire l’anonimato degli stessi;
d) assiste alle riunioni della commissione di degustazione, ne redige i relativi verbali, comunica le risultanze all’organismo di controllo.

3. La degustazione ha luogo su campioni resi anonimi dal segretario della commissione.

4. Le commissioni sono validamente costituite con la presenza del presidente e di quattro componenti. In caso di impedimento del presidente, questi è sostituito dal relativo supplente. In caso di impedimento di uno o più componenti, gli stessi sono sostituiti da altri componenti scelti con i criteri di cui all’art. 7, comma 6. Il giudizio è espresso a maggioranza. Nel caso in cui sia impossibile sostituire un componente assente, la commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente. In tale fattispecie, in caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.

5. Nel corso di una riunione non possono essere assoggettati ad esame più di venti campioni. La stessa commissione può effettuare, nell’arco di una giornata, non più di due riunioni, previo congruo intervallo tra le stesse.

6. Per ogni campione degustato è compilata apposita scheda individuale di valutazione, secondo il modello di cui all’allegato 3 al presente decreto. Dalla scheda risulta:

a) la data della riunione della commissione;
b) il giudizio espresso, che può essere di «idoneità», di «rivedibilità», o di «non idoneità»;
c) in caso di giudizio di «rivedibilità» o di «non idoneità», l’indicazione, nelle apposite sezioni, di uno o più difetti e la relativa natura;
d) la firma del presidente e del commissario.

In caso di giudizio di «rivedibilità» o di «non idoneità» è compilata una scheda riepilogativa, conforme all’allegato 3-bis, contenente gli elementi rilevati dalle sezioni «difetti» e «natura» delle schede individuali, da firmare da parte del presidente e del segretario della commissione.

7. Nel caso di giudizio di «idoneità» l’organismo di controllo inserisce la certificazione positiva per la relativa partita nel registro telematico.

8. Nei casi di giudizio di «rivedibilità» e di «non idoneità», la comunicazione all’interessato è effettuata dall’organismo di controllo, a mezzo posta elettronica certificata, entro cinque giorni dall’emanazione del giudizio e contiene le motivazioni tecniche del giudizio.

9. Qualora il campione risulti «rivedibile», l’interessato può richiedere, previa effettuazione delle pratiche enologiche ammesse, una nuova campionatura per il definitivo giudizio entro il termine massimo di sessanta giorni dalla comunicazione. In tal caso deve essere ripetuta anche l’analisi chimico-fisica. Per il prelievo dei nuovi campioni, per l’espletamento dell’analisi chimico-fisica e dell’esame organolettico valgono gli stessi termini e condizioni previsti per la prima campionatura. In caso di nuovo giudizio di «rivedibilità», il medesimo è da considerare di «non idoneità».

10. Trascorso il termine stabilito dal comma 9, la partita per la quale non sia stata richiesta nuova campionatura è da considerare «non idonea» e l’organismo di controllo effettua entro cinque giorni la relativa comunicazione alla ditta interessata e inserisce detta attestazione di «non idoneità» nel registro telematico.

11. Qualora il campione sia giudicato «non idoneo», l’interessato può presentare ricorso alla commissione di appello di cui al successivo art. 13, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.

12. Nel caso di mancato ricorso o di conferma del giudizio di «non idoneità» da parte della commissione di appello, l’interessato provvede alla riclassificazione della relativa partita di vino in conformità alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.


Art. 10. Termini del procedimento dell’esame analitico e dell’esame organolettico

1. Il procedimento relativo all’esame analitico del campione si conclude, con il rilascio dell’idoneità chimico-fisica, entro cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data di presa in carico del campione stesso da parte del laboratorio autorizzato.

2. L’intero procedimento dell’esame analitico ed organolettico del campione si conclude, con la certificazione della relativa partita da parte dell’organismo di controllo, dalla data di ricevimento della richiesta di prelievo:

a) entro dodici giorni lavorativi per i vini novelli;
b) entro quindici giorni lavorativi per tutti gli altri vini.

3. Il procedimento relativo al solo esame organolettico dei vini DO, nei casi previsti dal presente decreto, si conclude con la certificazione della corrispondente partita da parte dell’organismo di controllo, dalla data di ricevimento della richiesta di prelievo:

a) entro sette giorni lavorativi per i vini novelli;
b) entro dieci giorni lavorativi per tutti gli altri vini.


Art. 11. Procedimento di appello – disposizioni generali

1. Il ricorso avverso il giudizio di «non idoneità» pronunciato dalle commissioni di degustazione è proposto dall’interessato alla Commissione di appello per i vini DO, istituita presso la segreteria del Comitato nazionale vini DOP e IGP – Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo – Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca – Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – Ufficio PQAI IV, via XX Settembre, 20 – 00187 Roma – PEC saq4@pec. politicheagricole.it

2. Il ricorso, da redigere in conformità al modello di cui all’allegato 4, è depositato presso l’organismo di controllo che, entro sette giorni, lo trasmette, a spese dell’interessato, alla Commissione di appello unitamente ad un campione del vino giudicato «non idoneo», all’uopo accantonato e custodito presso il predetto organismo di controllo, trasmettendo altresì, per via telematica, copia del ricorso e la relativa documentazione di «non idoneità» e il certificato di analisi chimico-fisica, nonché il recapito di posta elettronica certificata dell’istante ai fini della comunicazione di cui all’art. 13, comma 3.


Art. 12. Composizione e durata della Commissione di appello

1. La Commissione è composta da un presidente, da un segretario, dai rispettivi supplenti, e da quattro membri nominati dal Ministero, secondo i criteri di cui al comma 2, e dura in carica tre anni.

2. Il presidente e il relativo supplente sono scelti dal Ministero tra esperti di chiara fama nel settore vitivinicolo; il segretario e due supplenti sono designati tra i funzionari del Ministero; i quattro membri sono scelti dal segretario, per ciascuna seduta di degustazione, a rotazione nell’ambito di un elenco di dodici tecnici degustatori in possesso dei requisiti di cui all’art. 8, comma 3, depositato presso la segreteria del Comitato di cui all’art. 40 della legge. Detti tecnici degustatori sono designati come segue dai rispettivi enti ed organismi:

tre componenti dalla Conferenza delle regioni e province autonome;
tre componenti dal Comitato di cui all’art. 40 della legge;
tre componenti dall’Associazione enologi enotecnici italiani;
tre membri dalla Federazione nazionale dei consorzi di tutela dei vini DOP e IGP.

3. Il presidente ed i membri designati di cui al comma 2 non possono contemporaneamente essere membri delle commissioni di degustazione di primo grado. Detto incarico è incompatibile con il ruolo svolto a qualsiasi titolo presso gli «organismi di controllo» delle DOP o IGP dei vini.


Art. 13. Compiti e funzionamento della Commissione di appello

1. La Commissione di appello esplica la propria attività con la presenza di cinque componenti compreso il presidente. Nel caso in cui sia impossibile sostituire un componente assente, la commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente; in tal caso, ai fini dell’espressione del giudizio di cui al comma 2, in caso di parità prevale il giudizio del presidente.

2. Per ogni campione degustato, il presidente e i componenti della commissione di appello redigono una scheda individuale, conforme al modello riportato nell’allegato 5, sottoscritta dal presidente e dal commissario. Dalla scheda di degustazione individuale deve risultare il giudizio di «idoneità» o di «non idoneità»; in tale ultimo caso deve risultare l’indicazione, nelle apposite sezioni, di uno o più difetti e la relativa natura. Il giudizio definitivo della Commissione di appello è espresso a maggioranza. In caso di giudizio di «non idoneità» è compilata una scheda riepilogativa, conforme al modello riportato nell’allegato 5-bis, contenente gli elementi rilevati dalle sezioni «difetti» e «natura» delle schede individuali, da firmare da parte del presidente e del segretario della commissione.

3. L’esito del giudizio definitivo della Commissione di appello è comunicato, a cura del segretario, entro tre giorni a mezzo di posta elettronica certificata alla ditta interessata e all’organismo di controllo.

In caso di giudizio di «non idoneità», alla predetta comunicazione è allegata la scheda riepilogativa di cui al comma 2. In caso di giudizio di «idoneità» l’organismo di controllo inserisce la certificazione positiva per la relativa partita nel registro telematico.

4. Nel caso di conferma del giudizio di «non idoneità», l’interessato provvede alla riclassificazione della relativa partita di vino in conformità alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.

Art. 14. Funzioni del presidente e del segretario della Commissione di appello

1. Salvo quanto stabilito agli articoli 15 e 16, il presidente ed il segretario della Commissione di appello esercitano le analoghe funzioni rispettivamente previste per il presidente e per il segretario delle commissioni di degustazione all’art. 9.


Art. 15. Registro e verbali della Commissione di appello

1. Il registro di presa in carico dei ricorsi e dei campioni è tenuto dal competente Ufficio del Ministero ove opera la Commissione tramite i servizi del SIAN.

2. Il verbale della seduta di degustazione, oltre a contenere la data della riunione e l’individuazione dei partecipanti, riporta il giudizio conclusivo espresso per ciascun campione degustato e, in caso di «non idoneità», il relativo motivo, nonché il numero attribuito a tale campione in fase di anonimizzazione. Il verbale è sottoscritto dal segretario e dal presidente.


Art. 16. Costi per gli esami analitici e per il funzionamento delle commissioni di degustazione e della Commissione di appello

1. I costi per il prelievo dei campioni, per l’espletamento dell’esame analitico e per il funzionamento delle commissioni di degustazione sono posti a carico dei soggetti che richiedono la certificazione delle relative partite. L’ammontare di tali costi e le modalità di pagamento al competente organismo di controllo sono stabilite per ciascuna DO o IGT nel prospetto tariffario predisposto dal medesimo organismo di controllo ed approvato dal Ministero contestualmente al piano dei controlli, in conformità alle previsioni di cui all’art. 64 della legge.

2. Ai sensi dell’art. 65, comma 7, della legge, i costi per il funzionamento della commissione di appello sono posti a carico dei soggetti che ne richiedono l’operato e fissati, per singola riunione della commissione, o per due riunioni nella stessa giornata, in 1.300.00 euro.

3. La commissione si riunisce con cadenza mensile, in presenza di almeno cinque richiedenti ed al massimo dieci richiedenti per seduta di degustazione. Nella stesso giorno possono tenersi due sedute di degustazione con un intervallo di almeno un’ora tra ciascuna seduta. Il calendario annuale delle riunioni è preventivamente pubblicato sul sito internet del Ministero www.politicheagricole.it

In base alle domande pervenute, il segretario della commissione convoca la riunione. Qualora non si raggiunga il numero di cinque domande, la riunione viene posticipata al mese successivo.

4. Le domande di appello devono pervenire al Ministero, corredate delle ricevute di versamento della tariffa pro-quota stabilita, per ciascun ricorrente, in euro 260,00. Detto versamento è da effettuare sul capitolo 3584, capo 17°, dell’entrata del bilancio dello Stato.

Le richieste eventualmente eccedenti al numero di venti sono esaminate nella successiva riunione.

5. La tariffa è aggiornata almeno ogni tre anni, con decreto del Ministro di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base del costo effettivo del servizio.

6. La partecipazione dei commissari alle riunioni della commissione di appello non dà luogo a compensi ed i rimborsi per i fuori sede sono relativi esclusivamente alle spese di viaggio, vitto e alloggio.


Art. 17. Ripetizione degli esami analitici e/o organolettici in caso di assemblaggio e dolcificazione di partite DO

1. Fatte salve le limitazioni connesse all’indicazione in etichetta della menzione «riserva», della menzione «gran selezione» e dell’annata di produzione delle uve di cui all’art. 31, rispettivamente commi 3, 6 e 12, della legge e fatte salve le misure più restrittive stabilite dagli specifici disciplinari di produzione, in caso di assemblaggio di partite già certificate della medesima tipologia di DO, appartenenti o meno alla stessa annata, per la partita coacervata deve essere prodotta, a cura del detentore entro tre giorni lavorativi dalla data di effettuazione dell’assemblaggio, per via telematica, all’organismo di controllo apposita autocertificazione, corredata dall’attestazione dell’enologo di cui alla legge n. 129/1991, o di altro tecnico abilitato, responsabile del processo di assemblaggio, sulla conformità della partita assemblata ai parametri chimico – fisici stabiliti dall’art. 26 del regolamento CE n. 607/2009 e di quelli previsti dallo specifico disciplinare di produzione.

2. Fatte salve le misure più restrittive stabilite dagli specifici disciplinari di produzione, per le partite di vini DO che successivamente alla certificazione sono state oggetto della pratica di dolcificazione, si applicano le seguenti disposizioni:

a) la partita ottenuta dalla dolcificazione deve rientrare nell’ambito di uno dei tipi di prodotto relazionati al tenore zuccherino residuo previsti dallo specifico disciplinare;
b) la partita deve essere sottoposta ad un nuovo esame analitico; a tal fine può essere seguita l’analoga procedura di autocertificazione prevista al comma 1;
c) nel caso in cui l’entità della dolcificazione della partita sia tale da determinare una variazione del tipo di prodotto relazionato al tenore zuccherino residuo, tenendo conto dei limiti stabiliti dalla vigente normativa dell’Unione europea e nazionale, la stessa partita, oltre ad essere sottoposta ad un nuovo esame analitico con le modalità di cui alla lettera b), deve essere sottoposta ad un nuovo esame organolettico.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono applicabili soltanto nei casi in cui non sia scaduta la validità della certificazione, così come stabilita all’art. 3, comma 7, delle singole partite DO destinate all’assemblaggio o alla dolcificazione; altrimenti sono applicabili le ordinarie disposizioni in materia di esami analitici ed organolettici previste dal presente decreto.


Art. 18. Campioni di vini DOP e IGP pronti per il consumo, detenuti per la vendita o posti in commercio, prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge – Riscontro con precedente certificazione analitica e definizione dei limiti di tolleranza dei parametri chimico-fisici, ai sensi dell’art. 65, comma 5, lettera f, della legge

1. Al fine di assicurare il riscontro fra i parametri chimico-fisici dei campioni di vini DOP e IGP pronti per il consumo, detenuti o posti in commercio, prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri Organi di controllo nel settore agro-alimentare, nell’ambito della loro attività istituzionale, con i parametri della precedente certificazione analitica della relativa partita, rilasciata in conformità alle disposizioni di cui ai precedenti articoli sono stabiliti i seguenti criteri e tolleranze:

a) il riscontro è effettuato con la certificazione analitica inserita nel «registro telematico»;
b) in conformità alla disposizione di etichettatura di cui all’art. 54, par. 1, comma 3, del regolamento CE n. 607/2009, sono consentite le seguenti tolleranze del titolo alcolometrico volumico effettivo:
– nella misura di ± 0,5% vol per i vini diversi da quelli di cui al successivo trattino;
– nella misura di ± 0,8% vol per i vini immagazzinati in bottiglie per oltre tre anni;
– nella misura di ± 0,8 % vol per i vini spumanti, i vini spumanti di qualità, i vini frizzanti, i vini liquorosi e i vini di uve stramature;
c) per le finalità del presente decreto, le tolleranze di cui al primo e terzo trattino della lettera b) sono applicabili anche nei riguardi dei campioni prelevati, dalle predette Autorità di controllo, dalle partite di vino non confezionate.

2. Per i campioni di vini DOP o IGP prelevati nella fase di vigilanza da parte dei Consorzi di tutela ai sensi dell’art. 41 della legge, i parametri chimico-fisici accertati sono riscontrati con i parametri minimi o massimi stabiliti dagli specifici disciplinari, fatte salve le tolleranze di cui al comma 1, lettera b) e fermi restando gli adempimenti connessi alla collaborazione con l’Autorità di controllo.

3. Per le partite di vini DOP o IGP che, in conformità al relativo piano dei controlli, non sono state sottoposte ad esami analitici, i parametri chimico-fisici accertati sui campioni prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge, sono riscontrati con i parametri minimi o massimi stabiliti dagli specifici disciplinari, fatte salve le tolleranze di cui al comma 1, lettera b).


Art. 19. Campioni di vini DOP e IGP pronti per il consumo, detenuti per la vendita o posti in commercio, prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge – Esecuzione degli esami organolettici e relativo finanziamento, ai sensi dell’art. 65, comma 8, della legge

1. Fatte salve le disposizioni vigenti che stabiliscono le modalità con le quali effettuare il prelevamento dei vini, anche in relazione a specifiche finalità, ciascun singolo campione di vini denominati con il nome di una DOP o di una IGP, comprende, almeno, in vista dell’esecuzione dell’esame organolettico, tre esemplari, ciascuno di volume compreso tra 0,375 e 1 litro, il primo dei quali è riservato all’esame di prima istanza, il secondo alla revisione dell’esame stesso, se richiesta dall’interessato, ed il terzo è riservato all’eventuale perizia disposta dall’Autorità giudiziaria.

2. Ai fini del comma 1, è consentito che, nel caso del prelevamento di vini confezionati, l’esemplare sia costituito da più recipienti in confezioni originali di volume nominale conforme a quanto previsto dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 12, fino al raggiungimento del volume minimo.

3. Gli esemplari di cui al comma 1 sono rispettivamente contrassegnati con la dicitura «esemplare per l’esecuzione dell’esame organolettico di prima istanza», «esemplare a disposizione per l’eventuale esecuzione dell’esame organolettico di revisione» ed «esemplare a disposizione per l’esecuzione dell’esame organolettico eventualmente disposto dall’Autorità giudiziaria» e ne è fatta menzione nel verbale di prelevamento.

4. Fatte salve le disposizioni del presente articolo, l’esame organolettico di prima istanza e, se richiesto, di revisione, dei campioni per i quali l’esito dell’esame chimico-fisico è conforme ai parametri del disciplinare, è effettuato dalle commissioni di degustazione conformemente alle disposizioni di cui agli articoli 7 e 8, nonché dell’art. 9 esclusi i commi da 7 a 12.

5. Le disposizioni di cui al comma 4 sono applicabili anche per i campioni di vini IGP, fatto salvo che per l’espletamento dell’esame organolettico di detti campioni sono da ritenersi autorizzate le commissioni di degustazione nominate per le DOP presenti sul medesimo territorio, in ambito regionale o interregionale.

6. Il responsabile del Laboratorio cui sono stati consegnati i campioni, prelevati dall’Autorità di controllo o di altri organi di controllo o dai consorzi di tutela, invia i campioni medesimi, se richiesto dalle stesse autorità o consorzi, alle competenti commissioni di degustazione, che li prendono in carico, curando le necessarie annotazioni sull’apposito registro previsto dall’art. 9, comma 2, lettera a).

7. E’ consentito, nel corso di una stessa seduta di degustazione, l’esame congiunto di campioni di vini DOP e di vini IGP, purché i campioni dei vini IGP siano tutti esaminati all’inizio oppure alla fine della riunione in modo consecutivo, senza che sia alternato l’esame di campioni di vini DOP.

8. Dalla scheda di valutazione dei vini IGP risulta il giudizio della commissione di degustazione, che può essere di «idoneità» oppure di «non idoneità». Ai fini del presente articolo, nel caso dei vini DOP, il giudizio di «rivedibilità» equivale al giudizio di «non idoneità».

9. L’esito dell’esame organolettico è comunicato dalla commissione di degustazione al responsabile del Laboratorio richiedente, per il seguito di competenza.

10. Fatte salve le disposizioni vigenti in materia di accertamenti tramite analisi di campioni, nel caso in cui l’esame organolettico di prima istanza e, se richiesto, di revisione, si concluda con un giudizio di «non idoneità», le spese di funzionamento della commissione di degustazione sono poste a carico del soggetto responsabile della partita sottoposta a prelevamento o dell’imbottigliatore, nel caso dei prodotti confezionati, nella misura determinata dal decreto n. 9276 del 12 giugno 2014, citato in premessa.

11. Il responsabile del Laboratorio, nel comunicare l’esito delle analisi al soggetto responsabile della partita sottoposta a prelevamento o all’imbottigliatore, indica che le spese di cui al comma 10 sono versate direttamente agli organismi di controllo di cui all’art. 64 della legge, previa emissione della relativa fattura.


Art. 20. Disposizioni particolari e transitorie

1. Fatta salva la possibilità di accreditarsi al SIAN per l’utilizzo del registro telematico, per i detentori esonerati dall’obbligo della tenuta del registro telematico, ai sensi dell’art. 58, comma 2 della legge, le informazioni utili per l’applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto sono acquisite dall’organismo di controllo attraverso la dichiarazione di giacenza, la dichiarazione di produzione, la documentazione di accompagnamento dei prodotti vitivinicoli e altra documentazione giustificativa.

2. Gli obblighi relativi alla presentazione, tramite l’inserimento nel registro telematico, delle richieste, dichiarazioni e attestazioni di cui al presente decreto, nei tempi ivi previsti, possono essere assolti dal detentore mediante la trasmissione all’organismo di controllo della predetta documentazione, nonché delle informazioni utili per la verifica del carico e dello scarico, del documento di accompagnamento, della comunicazione di avvenuto imbottigliamento delle relative partite. Restano comunque fermi gli obblighi di aggiornamento del registro telematico nei termini di cui al decreto 20 marzo 2015, n. 293.

3. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto il Ministero effettua la verifica sull’implementazione delle disposizioni dello stesso decreto e, se del caso, con decreto ministeriale, sentita la Conferenza Stato-Regioni, adotta le misure atte a migliorare la funzionalità e l’efficienza del sistema degli esami analitici e/o organolettici dei vini DOP e IGP posto in essere. Da detta verifica e relativo provvedimento ministeriale sono escluse le disposizioni relative al finanziamento della commissione di appello di cui all’art. 16.


Art. 21. Clausola di invarianza finanziaria

1. All’attuazione del presente decreto si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


Art. 22. Entrata in vigore. Abrogazione precedente norma

1. Il presente decreto entra in vigore a decorrere dal 1° aprile 2019.

2. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto 11 novembre 2011 richiamato in premessa.

Il presente decreto è trasmesso all’organo di controllo ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


ALLEGATI