impianti solari agrivoltaici

Impianti solari agrivoltaici: migliorare la sostenibilità del settore agricolo beneficiando degli incentivi del PNRR.

 

Il settore agricolo è uno dei principali settori produttivi del nostro sistema economico, indispensabile per l’alimentazione, nonché per la gestione e la conservazione del patrimonio naturale.

Purtroppo, però, esso si rende responsabile, in Europa, del dieci per cento delle emissioni di gas serra.

“Italia Domani”, il Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) – presentato dall’Italia nel contesto del programma Next Generation EU – prevede investimenti e un pacchetto di riforme, che si sviluppa intorno a tre assi strategici (digitalizzazione e innovazione, inclusione sociale e transizione ecologica) e mira anche a contrastare questo effetto collaterale.

Il principale obiettivo posto alla base del progetto, infatti, è quello di condurre l’Italia lungo un percorso di cambiamento a livello ecologico e ambientale che possa essere d’ausilio per assottigliare i divari territoriali, generazionali e di genere.

Uno degli strumenti su cui si vuole puntare, in particolare per migliorare l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente, sono gli impianti solari agrivoltaici.

Cosa sono gli impianti solari agrivoltaici

Si tratta di un innovativo utilizzo del terreno che sta prendendo piede negli ultimi anni.

Il fondo, infatti, oltre ad essere sfruttato per la coltivazione di vegetali, viene destinato altresì alla produzione di energia fotovoltaica.

Gli impianti solari agrivoltaici concretizzano infatti un virtuoso trait d’union, che pone in relazione le fonti rinnovabili, la sostenibilità ambientale, la tutela della biodiversità con l’attività agricola, consentendo la convivenza e l’interazione tra la generazione dell’energia a partire dai raggi del sole e le pratiche di coltivazione del fondo.

Le Linee Guida in materia di impianti agrivoltaici – messe a punto dal Ministero della Transizione Ecologica, con il contributo di ENEA – forniscono delle puntuali definizioni.

L’impianto agrivoltaico (o agrovoltaico, o ancora agro-fotovoltaico) è, dunque, un impianto fotovoltaico, che consente di mantenere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione.

Per impianto agrivoltaico avanzato si intende un impianto agrivoltaico che (conformemente a quanto stabilito dall’articolo 65, comma 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, e successive modificazioni), non compromette la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale,  anche eventualmente consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione.

Ciò grazie al montaggio di moduli elevati da terra, i quali possono anche ruotare per “seguire il sole”.

Inoltre, gli impianti solari agrivoltaici devono prevedere la contestuale realizzazione di sistemi atti a monitorarel’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture, la continuità delle attività delle aziende agricole interessate, il recupero della fertilità del suolo, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici”.

Benefici degli impianti solari agrivoltaici

Sono molteplici, tra cui:

    • la maggiore resa dei terreni (in relazione a specifiche colture);
    • il minore consumo di acqua per l’irrigazione, grazie ai moduli fotovoltaici che garantiscono un parziale ombreggiamento;
    • una fonte aggiuntiva di reddito che permette agli agricoltori di fare investimenti nella propria attività e guadagnarne in termini di competitività;
    • la collaborazione tra agronomi, imprese agricole e stakeholder del settore.

Quali colture per gli impianti solari agrivoltaici?

Il PNRR si occupa di questa tecnologia, con l’intenzione di rendere sempre più capillare la presenza di impianti agro-voltaici di medie e grandi dimensioni sul territorio nazionale.

La misura di investimento nello specifico consiste, innanzitutto, nell’implementazione di sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia che possano conciliare lo sfruttamento della luce solare con l’utilizzo dei terreni per fini agricoli, incrementando la sostenibilità ambientale ed economica delle imprese aderenti, anche avvantaggiandosi di bacini idrici presso i quali possono essere installate soluzioni galleggianti.

Mediante le citate  Linee Guida in materia di impianti agrivoltaici, le colture sono state suddivise in cinque categorie, individuate in base a come queste reagiscono alla fisiologica riduzione luminosa, appunto derivante dall’ombreggiamento creato dagli impianti fotovoltaici istallati sul fondo.

    • colture “molto adatte”, quelle sulle quali l’ombreggiatura produce effetti positivi sulle rese quantitative, tra cui possiamo citare spinaci e patate.
    • colture “adatte”, ossia quelle indifferenti all’ombreggiatura moderata, come le carote e i finocchi.
    • “mediamente adatte” vengono menzionate le cipolle e le zucchine.
    • “poco adatte” le barbabietole da zucchero e le barbabietole rosse.
    •  “non adatte” quelle che presentano un’importante necessità di esposizione alla luce, per le quali anche una sua pressoché insignificante diminuzione cagionerebbe una grave flessione della resa (alberi da frutto, del frumento e del mais, ad esempio).

Dove installare gli impianti solari agrivoltaici?

Per quanto concerne, invece, le aree su cui si possono andare a collocare gli impianti in questione, va considerato quanto disposto dall’art.20, comma 1, d. lgs. n. 199/2021, che rimette a livello ministeriale l’identificazione dei principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

Sono considerate aree idonee all’installazione di impianti solari agrivoltaici (ai sensi del successivo comma 8, lett. c), quater di detto d. lgs. 199/2021), “le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, né ricadono nella fascia di rispetto de i beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell’arti colo 136 del medesimo decreto legislativo.  …  la fascia di rispetto è determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di sette chilometri per gli impianti eolici e di un chilometro per gli impianti fotovoltaici”.

Quale procedura per installare gli impianti solari agrivoltaici?

Nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l’adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l’espressione del parere non vincolante, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione”.

Così stabilisce  l’art.22, comma 1, lettera a) di detto d. lgs. 199/2021.

In merito al rilascio dei provvedimenti autorizzatori, il TAR di Lecce (sentenza 1750/2022) ha di rendente sancito:

 

4.2. Non esiste, di per sé, un diritto assoluto e incondizionato all’installazione di impianti volti alla produzione di energia, sia pure “pulita” (o verde: green), nel senso di energia prodotta direttamente dal Sole, (e ciò anche nell’ipotesi in cui si tratti di impianti “agrivoltaici”, con insistenza in aree “agricole”), e non mediante il procedimento (assolutamente impattante sul Pianeta, e nel medio/lungo periodo non più sostenibile) di estrazione del carbon-fossile.

In senso opposto, tuttavia, non esiste neppure un generalizzato divieto – del pari assoluto e incondizionato – all’installazione di impianti siffatti, men che meno in caso di insistenza, in situ, di altri impianti analoghi.

4.3. Per dirla con le parole dell’Arbiter Constitutionis: “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca, e non è possibile individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri; … la tutela deve essere sempre sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro, giacché se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe tiranno nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette” (Corte cost, n. 85/13).

Sotto questo profilo, non si vede come si possa decampare dal vero “fulcro” della questione, vale a dire la non qualificabilità dell’impianto in questione come “fotovoltaico”, ma come agrivoltaico”.

6.1. Quello dell’agrivoltaico è, infatti, un settore di recente attenzione. Esso non è ancora molto diffuso, ma sta assumendo (grazie anche alle spinte provenienti dal legislatore nazionale e sovranazionale; il punto verrà ripreso infra) forma e consistenza sconosciute appena dieci o cinque anni orsono.

6.2. Trattasi di un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, attraverso l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica.

6.3. In particolare, come più volte chiarito da questa Sezione (cfr. sentt. nn. 586/22 e 1267/22), mentre nel caso di impianti fotovoltaici tout court il suolo viene reso impermeabile, viene impedita la crescita della vegetazione, e il terreno agricolo perde quindi tutta la sua potenzialità produttiva, nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola sia al di sotto dei moduli fotovoltaici, e sia tra l’uno e l’altro modulo.

6.4. Per effetto di tale tecnica – sicuramente innovativa, in quanto praticamente assente sino a pochi anni fa – la superficie del terreno resta permeabile, come tale raggiungibile dal sole e dalla pioggia, e dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola.

7. Definiti in tal modo i tratti caratteristici dell’agrivoltaico, e differenziali rispetto al fotovoltaico “puro”, non si comprende che valenza assumano, nel caso in esame, le statistiche offerte dalla Regione nell’atto impugnato, in ordine al numero e consistenza di impianti “fotovoltaici” sparsi sul territorio regionale, nonché su quello in esame. Trattasi, invero, di fenomeni non sovrapponibili tra di loro, per la semplice ed elementare considerazione che:

– nel fotovoltaico, le potenzialità agricole del fondo vengono azzerate, ora e per il futuro (essendo del tutto problematica la ripresa dell’attività agricola, dopo decenni di utilizzazione dei fondi per le esigenze della produzione di energia, sia pure green);

– nell’agrivoltaico, invece, le esigenze della produzione agricola restano intatte, e sono anzi spesso accresciute, in quanto il necessario “ibrido” tra le esigenze della coltivazione e quelle della produzione di energia pulita porta sovente a recuperare, da un punto di vista agronomico, fondi che versano in stato di abbandono.

8. Pertanto, a differenza di quanto adombrato dalla Regione, non di rapporto di genus ad species può parlarsi nel caso in esame, ma di progressiva gemmazione di un istituto “nuovo” (l’agrivoltaico), dalla sua casa madre (il fotovoltaico), con conseguente acquisto di una ragione sociale propria.

9. Pertanto, sarebbe sicuramente rilevante – nell’odierno giudizio – conoscere il numero e la consistenza di impianti agrivoltaici insistenti in ambito regionale, e nell’agro brindisino in particolare.

Senonché, la Regione non ha offerto contributo sul punto, limitandosi ad esporre il numero e la potenza degli impianti fotovoltaici classici, privi di ausilio ai fini in esame, in quanto fondati su una errata qualificazione – da genus ad species – del rapporto tra fotovoltaico e agrivoltaico; rapporto dal quale, per le ragioni prima dette, va operata un’affrancazione.

10. Detto in altri termini: non si comprende come un impianto che combina produzione di energia elettrica e coltivazione agricola (l’agrivolotaico), possa essere assimilato ad un impianto che produce unicamente energia elettrica (il fotovoltaico), ma che non contribuisce tuttavia – neppure in minima parte – alle ordinarie esigenze dell’agricoltura.

All’evidenza, non si tratta di rapporto di genus ad species, ma di fenomeni largamente diversi tra loro, nonostante la loro comune base di partenza (la produzione di energia elettrica da fonte pulita).

E in quanto situazioni non sovrapponibili, non possono essere assimilati quoad aeffectum.

….

11. E che l’agrivoltaico, in questi ultimi anni, abbia acquisito una dignità autonoma, emerge dalla legislazione eurounitaria e nazionale sviluppatasi negli ultimi anni sul tema delle energie rinnovabili.

13.2. Per tali ragioni, non si può sic et simpliciter ricondurre gli impianti agrivoltaici all’ambito del fotovoltaico puro, come invece la Regione pretende di fare, con un semplice e anacronistico rapporto (ripreso anche dalla sentenza di questo TAR n. 1376/22, sulla quale v. infra, punti nn. 27 e ss.) di genus ad species.

13.3. Forse quest’assimilazione poteva essere compiuta alcuni anni orsono.

Fondi del PNRR per impianti solari agrivoltaici

Il PNRR italiano si pone un obiettivo ambizioso: potenziare la competitività del settore agricolo, abbattendo i costi di approvvigionamento energetico, che attualmente si attestano a oltre il venti per cento dei costi variabili delle aziende agricole, apportando, unitamente, sensibili miglioramenti nelle prestazioni climatiche-ambientali.

In termini numerici, l’obiettivo del PNRR è quello di arrivare, a regime, ad una capacità produttiva degli impianti agro-voltaici di 1,04 GW, che produrrebbe circa 1.300 GWh annui, garantendo l’altro obiettivo, che è quello della riduzione delle emissioni di gas serra stimabile in circa 0,8 milioni di tonnellate di CO2.

PNRR - Sviluppo Agrivoltaico


 

impianti solari agrivoltaici

 

(a cura della dott.ssa Gerarda Monaco)