Rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo

La rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo è di per sè assicurata dal rispetto degli obblighi previsti dalla vigente legislazione del settore


In merito alla rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo, il MIPAAF ha da tempo assunto la seguente posizione:

Il Dipartimento delle politiche di mercato(Mipaaf) – DGPA – Divisione PAGR. IX – con note prot. n. F/2972 del 6 dicembre 2004 e n. F/349 del 3 febbraio 2005, indirizzate anche alle associazioni di categoria, ha rappresentato la posizione della Commissione UE in materia di rintracciabilità per i vini. Al riguardo la citata Commissione ha precisato che già l’Ocm vitivinicola (Regolamento CE n. 1493/99 e relativi regolamenti di applicazione) ha assicurato, nell’ambito della speciale disciplina, la rintracciabilità dei prodotti vitivinicoli. Pertanto, stante le puntuali disposizioni presenti nelle citate norme di riferimento comunitario, non sussiste una particolare necessità di prevedere ulteriori e specifici obblighi normativi in attuazione del regolamento CE n. 178/2002. Inoltre, anche il settore vitivinicolo è assoggettato al D.Lgs. n. 190/2006 (disciplina sanzionatoria per le violazioni del Reg. CE 178/2002), fatto salvo quanto disposto dall’art. 7, paragrafo 3 riguardo alla specifica disciplina del settore vitivinicolo.

Quanto alla legislazione dell’Unione Europea, le principali norme di riferimento attualmente vigenti – che costituiscono la “speciale disciplina” a cui fa riferimento il MIPAAF – sono i seguenti regolamenti della Commissione, attuativi della OCM Vino 2013:

Ciò non esclude, comunque, che le imprese adottino volontariamente ulteriori sistemi per la rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo.

Ad esempio, la certificazione UNI EN ISO 22005:2008

Detta  norma UNI fornisce i principi e specifica i requisiti di base per progettare ed attuare un sistema di rintracciabilità agroalimentare.

Un sistema di rintracciabilità è un’utile strumento per un’impresa operante nell’ambito della filiera agroalimentare.

Ciò serve per valorizzare particolari caratteristiche di prodotto (es. origine, caratteristiche peculiari degli ingredienti) e per soddisfare in modo efficace le aspettative del cliente, in particolare la Grande Distribuzione (GDO).

Detto sistema di certificazione – che comprende sia alimenti/bevande (quindi il vino) che mangimi – è applicabile sia ai sistemi di rintracciabilità delle filiere che a quelli delle singole aziende.

La progettazione di un sistema di rintracciabilità deve necessariamente definire i seguenti aspetti:
      • obiettivi del sistema di rintracciabilità
      • normativa e documenti applicabili al sistema di rintracciabilità
      • prodotti e ingredienti oggetto di rintracciabilità
      • posizione di ciascuna organizzazione nella catena alimentare, identificazione dei fornitori e dei clienti
      • flussi di materiali
      • le informazioni che devono essere gestite
      • procedure
      • documentazione
      • modalità di gestione della filiera

Si veda anche la guida predisposta da Unione Italiana Vini su rintracciabilita tracciabilita settore vitivinicolo.

Modificazioni 2020 Testo Unico Vino

Modificazioni 2020 Testo Unico Vino


Il cosiddetto “Testo Unico Vino” (legge 238/2016, in appresso detta T.U.V.) ha subito alcune variazione, per effetto del Decreto legge “Semplificazioni” (76/2020, convertito con modificazioni dalla legge 120/2020) nonché dell’antecedente Decreto “Rilancio” (34/2020, convertito a sua volta con legge 77/2020) – Modificazioni 2020 Testo Unico Vino

Fermo restando che la disciplina portata dal “Testo Unico Vino” resta sostanzialmente ferma, vediamo le principali novità così introdotte.

Innanzitutto sono riformate le regole per il riconoscimento della DOCG (art.33, comma 1, del T.U.V.), che diventano più stringenti.

In primo luogo, possono adesso elevarsi alla DOCG solo le DOC “per intero”. Infatti, è stata abolita la previsione che consentiva il passaggio alla DOCG anche alle singole “zone espressamente delimitate o tipologie di una DOC”. Il che rende molto più difficile compiere operazioni simili a quelle avvenute per il Prosecco.

In secondo luogo, aumenta il requisito della rappresentatività minima dei richiedenti il passaggio di categoria.

Da un canto, esso passa dal 51% al 66% dei soggetti – sempre inteso come media – che conducono vigneti dichiarati allo schedario viticolo, i quali devono adesso costituire almeno il 66% (prima era solo il 51%) della superficie totale dei vigneti idonei alla rivendicazione della relativa denominazione.

Dall’altro, si aggiunge un nuovo requisito sull’imbottigliamento. Infatti è ora necessario che i vini della denominazione, candidata al passaggio a DOCG, negli ultimi cinque anni, siano stati certificati e imbottigliati dal 51% degli operatori autorizzati, che rappresentino almeno il 66% della produzione certificata di quella DOC.

Insomma, vendere vini DOC sfusi diviene penalizzante a livello collettivo, nel senso che chi imbottiglia tutta la propria produzione DOC e segue un attento percorso di qualità, con l’idea di puntare anche al passaggio alla DOCG, potrebbe poi vedere sfumare i propri sforzi, qualora altri produttori della stessa DOC vendano sfusi rilevanti quantitativi dello stesso vino.

Immutato invece il requisito della notorietà: il passaggio alla DOCG resta comunque riservato ai vini “già riconosciuti a DOC da almeno sette anni, che siano ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita”. Tuttavia, continuano a non essere codificati i criteri per determinare in concreto la sussistenza di tale indispensabile notorietà.

Altra novità concerne la menzione “superiore”, che può ora essere abbinata a “riserva” (art.31, comma 5, T.U.V.).

L’inizio del periodo vendemmiale è anticipato al 15 luglio, così da seguire le implicazioni del cambiamento climatico (art.10, comma 1, T.U.V.).

Come specificato dal MIPAAF (comunicazione del 25/7/2020), nessuna modificazione indiscriminata è stata apportata al divieto di trasferire i mosti ed i vini atti a divenire vino IG e DO fuori dalla zona di produzione e all’obbligo di ivi imbottigliare, quest’ultimo quando previsto dal relativo disciplinare (commi 7 e 7 bis dell’art.38 T.U.V.). La riforma prevede solo che – in caso di caso di calamità naturali o condizioni meteorologiche sfavorevoli ovvero di adozione di misure sanitarie o fitosanitarie oppure altre cause di forza maggiore – l’Autorità competente possa concedere apposite deroghe, di carattere meramente temporaneo.

Agli agenti vigilatori dei consorzi, incaricati di effettuare i controlli erga-omnes sui prodotti vinicoli esclusivamente dopo l’avvenuta loro immissione in commercio, non è più automaticamente attribuita la qualifica di “agente di pubblica sicurezza”. Concerderla diviene invece una mera facoltà per la pubblica autorità competente. E’ inoltre cancellata l’autorizzazione di accedere al SIAN, di cui prima beneficiavano i consorzi per detta attività di controllo (art.41, comma 5, T.U.V.).

Le norme sui sistemi di chiusura (art.46 T.U.V.) sono state abrogate. Esse imponevano che sulle chiusure dei contenitori di volume inferiore a 60 litri fosse impresso – in modo indelebile e ben visibile dall’esterno – il nome, la ragione sociale o il marchio registrato dell’imbottigliatore o del produttore o, in alternativa, il numero di codice identificativo attribuito dall’ICQRF.

Il  D.L “Semplificazioni” non ha però portato all’abrogazione del contrassegno fiscale di Stato sulle confezioni destinate al mercato nazionale (previsione non contenuta nel T.U. Vino).

Viene ribadito che gli organismi di controllo privati, previsti dai disciplinari di produzione, devono rispettare l’apposita norma UNI, con obbligo di adeguarsi alla sua versione più recente. Eliminato invece ogni riferimento alle autorità pubbliche (art.64, comma 2, T.U.V.).

A decorrere dal 1 gennaio 2021, la resa massima di uva per ettaro viene sensibilmente ridotta, da 50 tonnellate a sole 30, con facoltà al MIPAAF di concedere deroghe sino a 40 tonnellate per specifiche zone, “tenendo conto dei dati degli ultimi cinque anni come risultanti dalle dichiarazioni di produzione” (art.8, commi 10 e 10 bis, T.U.V.).

Infine, resta fermo l’obbligo di comunicare preventivamente la produzione di mosto cotto, ma viene abolito lo specifico termine di cinque giorni (art.12, comma 2, T.U.V.). Lo stesso dicasi per la preparazione di mosti di uve fresche mutizzati con alcol, di vini liquorosi, di prodotti vitivinicoli aromatizzati e di vini spumanti nonché per la preparazione delle bevande spiritose, quando ciò sia eseguito in stabilimenti dai quali si estraggono mosti o vini nella cui preparazione non è ammesso l’impiego di saccarosio, dell’acquavite di vino, dell’alcol e di tutti i prodotti consentiti dal regolamento (UE) n. 251/2014 (art.14, comma 1, T.U.V.).

Imbottigliamento fuori zona

Imbottigliamento fuori zona è regolato dall’art.38 del Testo Unico Vino, il quale deve rispettare i principi fissati dal diritto dell’Unione Europea.


L’imbottigliamento nella zona di produzione – requisito che può essere preteso solo per i vini DOP e IGP, per i quali può dunque essere vietato in determinate circostanze imbottigliamento fuori zona di produzione   –  è regolato dall’art.4 del regolamento della Commissione UE/33/2019, il cui art.4, comma 2, affida la regolamentazione della materia al disciplinare di produzione, siccome sancisce:

“Ove il disciplinare indichi che il condizionamento, compreso l’imbottigliamento, deve aver luogo nella zona geografica delimitata o all’interno di una zona nelle immediate vicinanze della zona delimitata di cui trattasi, esso comprende altresì le motivazioni per cui, nel caso specifico, il condizionamento deve aver luogo in quella particolare zona geografica per salvaguardare la qualità, garantire l’origine o assicurare il controllo, tenendo conto del diritto dell’Unione, in particolare delle norme in materia di libera circolazione delle merci e di libera prestazione dei servizi”.

Il contenuto di tale norma è leggermente variato rispetto a quella previgente (art. 8 del regolamento della Commissione 607/2009), siccome quest’ultima disponeva:

“Qualora il disciplinare di produzione preveda l’obbligo di effettuare il condizionamento all’interno della zona geografica delimitata o in una zona situata nelle immediate vicinanze della zona delimitata, in conformità a una delle condizioni di cui all’articolo 35, paragrafo 2, lettera h), del regolamento (CE) n. 479/2008, è fornita una motivazione di tale obbligo per il prodotto di cui trattasi.”

In Italia, la materia è disciplinata dal Testo Unico Vino all’art.38, il quale così disponeva:

“7. Fatte salve le deroghe previste dagli specifici disciplinari di produzione ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea, il trasferimento delle partite di mosti e di vini atti a divenire DOP o IGP al di fuori della zona di produzione delimitata comporta la perdita del diritto alla rivendicazione della DOP o dell’IGP per le partite medesime”.

 

Tale previsione è stata modificata dal D. L “semplificazioni” 16/7/2020, n.76 (art.43), converito – a sua volta con modificazioni –  dalla  legge 120/2020.

Il testo vigente diviene quindi il seguente:

7. Fatte salve le deroghe previste dagli specifici disciplinari di produzione ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea, il trasferimento delle partite di mosti e di vini atti a divenire DOP o IGP al di fuori della zona di produzione delimitata comporta la perdita del diritto alla rivendicazione della DOP o dell’IGP per le partite medesime fatti salvi eventuali provvedimenti adottati dall’Autorità competente in caso di calamità naturali o condizioni meteorologiche sfavorevoli ovvero di adozione di misure sanitarie o fitosanitarie che impediscano temporaneamente agli operatori di rispettare il disciplinare di produzione.

7-bis. In caso di dichiarazione di calamità naturali ovvero di adozione di misure sanitarie o fitosanitarie, o altre cause di forza maggiore, riconosciute dall’Autorità competente, che impediscano temporaneamente agli operatori di rispettare il disciplinare di produzione, è consentito imbottigliare un vino soggetto all’obbligo di cui all’articolo 35, comma 2, lettera c), al di fuori della pertinente zona geografica delimitata.

 

Con riferimento a tali disposizioni del Testo Univo Vino (nella loro versione antecedente la conversione con modificazioni) su imbottigliamento fuori zona di produzione, aggiunte dal DL “semplificazioni”con apposita comunicazione del 25/7/2020 il MIPAAF ha precisato:

“Con la modifica introdotta al Testo unico del vino nessun via libera indiscriminato è stato concesso all’imbottigliamento fuori zona dei vini a denominazione.
Lo comunica l’ICQRF con riferimento ad alcune interpretazioni giornalistiche relative a norme sull’imbottigliamento dei vini a DO/IGT recate dal DL Semplificazione.

In particolare:
La norma contenuta all’ art. 43, comma 4, lett. d), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, che introduce un comma 7-bis all’art. 38 della legge sul vino n. 238/16, prevede, “in caso di dichiarazione di calamità naturali ovvero di adozione di misure sanitarie o fitosanitarie, o altre cause di forza maggiore” la deroga alle regole di imbottigliamento previste dai rispettivi disciplinari esclusivamente con due, contemporanee condizioni:
a.     che vi sia una calamità/emergenza/forza maggiore “riconosciuta dall’Autorità competente”;
b.    che tali eventi “impediscano temporaneamente agli operatori di rispettare il disciplinare di produzione”.
Si tratta di due condizioni verificatesi durante il periodo di lock down e che, per una gestione futura di emergenza, che nessuno si augura debba essere vissuta di nuovo, necessitano di una previsione normativa.

Il principio della deroga, peraltro, è già contenuto nell’art. 38 della predetta legge 238/16 “testo unico del vino”: il comma 8 dell’art. 38 della legge 238 recita: “8.  In casi eccezionali, non previsti dalla vigente normativa, su istanza motivata dell’interessato può essere consentito il trasferimento delle partite di mosti e di vini di cui al comma 7 al di fuori della zona di produzione delimitata, previa specifica autorizzazione rilasciata dal Ministero.”
Con l’introduzione della specificazione che le deroghe possono riguardare anche l’imbottigliamento, la legislazione nazionale si premunisce di uno strumento emergenziale, specie in caso di futuri lock down che, si ribadisce, ci si augura mai debba essere applicato. In ogni caso, nell’infausta previsione che la norma sia necessaria, il Ministero dovrà puntualmente accertare il verificarsi di entrambe le condizioni suddette, consentendo eccezionalmente la procedura in deroga soggetta a verifica e ad autorizzazione ministeriale.
Infine l’ICQRF comunica che la norma sarà, come di consueto accade, oggetto di specifica, imminente circolare da parte del Ministero: nessun “libera tutti” o “smantellamento del sistema delle DOC“, quindi, ma il prudente premunirsi per future emergenze.”