Specializzazione ed interdisciplinarità, il nostro punto di forza per la consulenza aziende agricole vitivinicole.
Consulenza aziende agricole vitivinicole: sia sul diritto vitivincolo, sia sulle altre materia di loro interesse (diritto agrario, contratti commerciali, ….)
Assistiamo tutte le aziende che operano nel settore agricolo, qualsiasi forma esse rivestano (quindi anche le società commerciali).
Il diritto vitivinicolo è una materia molto complessa, che trova le sue fonti non solo in normative nazionali ma anche e soprattutto in regolamenti comunitari e nei trattati internazionali. Il diritto vitivinicolo si occupa di ogni aspetto giuridico del settore vitivinicolo, dalla produzione e commercializzazione del vino sino ai protocolli produttivi ed alle etichettature. Si tratta, pertanto, di una materia multidisciplinare il cui studio necessità anche di competenze in ambito amministrativo, civile e penale.
Nostro lavoro è dare assistenza professionale, stragiudiziale e giudiziale, sul diritto vitivinicolo e gli altri temi importanti per le imprese del settore (consulenza aziende agricole vitivinicole). Nell’ambito di questa nostra attività, ci avvaliamo della collaborazione di altri professionisti, che vantano esperienza pluriennale nel campo delle analisi, delle pratiche tecniche e quant’altro necessario per sostenere al meglio i nostri clienti.
Il nostro approccio al lavoro di consulenza aziende agricole vitivinicole è quello della specializzazione accompagnato dall’interdisciplinarietà.
Ci accomuna la passione per il vino. Un prodotto che non è solo il frutto della terra, ma cultura, territorio e storia.
Abbiamo fra l’altro collaborato a questi due eventi formativi, organizzati presso l’Università di Torino, Dipartimento di Management:
Il nostro approccio professionale è quello di affontare ogno caso previa una sua discussione franca ed approfondita, prospettando – qualora si tratti di un conflutto – il negoziato come via preferenziale per risolvere la situazione, ogni volta che ciò sia concretamente possibile.
Disaminiamo insieme ai nostri clileti i rapporti costi/benefici, prima di accettare qualunque caso.
Il cosiddetto “Testo Unico del Vino” (e cioè la legge 238/2016, da ora T.U) impegna infatti lo Stato a promuovere “interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia” in favore dei vigneti posti in “aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico” oppure in favore di quelli “aventi particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale”.
Ciò a condizione che detti vigneti siano “situati in aree vocate alla coltivazione della vite nelle quali le particolari condizioni ambientali e climatiche conferiscono al prodotto caratteristiche uniche, in quanto strettamente connesse alle peculiarità del territorio d’origine”
Il T.U. ha poi demandato al Governo il compito di individuare meglio i vigneti in questione nonché stabilire quali sono gli interventi finanziabili.
Questi ultimi devono però essere caratterizzati dall’impiego di tecniche sostenibili (legate cioè all’agricoltura tradizionale ovvero essere di produzione integrata o biologica), rispettare gli elementi strutturali del paesaggio ed utilizzare tecniche e materiali adeguati al mantenimento delle caratteristiche di tipicità e tradizione delle identità locali.
Esso risulta pressocché simile alla bozza in precedenza sottoposta all’eame della Conferenza Stato-Regioni (di cui infra), salvo l’aver eliminato – per quanto concerne l’individuazione dei requisiti per qualificare come “storico” un vigneto – l’individuazione specifica delle relative “forme di allevamento tradizionali” (che nella citata bozza erano le seguenti: “alberello, alberata, pergola trentina, pergola romagnola“).
Nella sua versione finale, infatti, il regolamento si limita a richiedere che le “forme di allevamento tradizionale” siano “legate al luogo di produzione” e “debitamente documentate“.
Alla luce di ciò, per un commento al regolamento si può rinviare a quello elaborato in relazione alla sua bozza.
La bozza di regolamento individua due tipologie di vitigni meritevoli di salvaguardia: quelli “eroici” e quelli “storici”.
I vigneti vengono considerati “eroici” in tre casi: quando insistono in aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico; quando situati in aree ove le condizioni orografiche o particolari forme di allevamento creano impedimenti alla meccanizzazione e presentano particolare pregio paesaggistico e ambientale; quando collocati sulle piccole isole (Pantelleria, Lipari, etcc).
La bozza di regolamento individua però in modo più specifico sia le condizioni orografiche, sia le forme di allevamento in questione.
Quanto alle prime, deve trattarsi di terreni con pendenza superiore al 30% oppure posti ad altitudine superiore ai 500 metri sul livello del mare (ad esclusione dei vigneti situati su altopiano) oppure di impianti viticoli sistemati su terrazze e gradoni.
Quanto alle seconde, deve trattarsi di una delle seguenti forme di allevamento: alberello; alberata (verosimilmente anche la “vite maritata” oltre la “alberata aversana / casertana”); pergola trentina e romagnola (con esclusione della “pergola veronese”?).
Vengono classificati come “storici”, invece, i vigneti cui presenza è “segnalata in una determinata superficie/particella in data antecedente al 1960”.
Tale requisito pare troppo lasso, specie per un paese ove la tradizione viticola è millenaria. Inoltre, nell’epoca di riferimento la produzione di uva (spesso per vini da taglio) era decisamente alta: secondo l’Istat, circa 1.100.000 ettari erano coltivati a vigneto, mentre la produzione di vino superava 50.000.000 ettolitri.
A restringere l’enorme numero di vigneti candidati a potersi definire “storici” non sembra bastino gli altri requisiti fissati dal Ministero: utilizzo di forme di allevamento storiche legate al luogo di produzione (nella bozza esse erano identiche a quelle per i vigneti “eroici”, requisito eliminato nella versione finale, come già illustrato) oppure il presentare sistemazioni idrauliche-agrarie storiche o di particolare pregio paesaggistico, che devono rientrare in una delle seguenti tipologie: terrazzamento, ciglionamento, ritocchino, cavalcapoggio, girapoggio, spina.
Così definiti, i vigneti “storici” sembrano piuttosto impianti un po’ vecchi e non troppo “eroici”, seppure in pendenza. Per contro, diviene abbastanza facile che un vigneto si qualifichi come “storico ed eroico”.
Sono comunque considerati “storici” i seguenti vigneti: quelli appartenenti a paesaggi iscritti nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali di Interesse Storico; quelli afferenti a territori che hanno ottenuto dall’UNESCO il riconoscimento di eccezionale valore universale (è il caso delle Langhe-Roero-Monferrato e di Pantelleria); infine, quelli ricadenti in aree oggetto di specifiche leggi regionali o individuate dai piani paesaggistici, volti alla conservazione e valorizzazione di specifici territori vitivinicoli.
Contrariamente a quanto richiede il T.U., secondo la bozza di regolamento al vino derivante da viticultura “eroica” ovvero “storica” non viene richiesto di presentare le cennate “caratteristiche uniche”. Il criterio legislativo si integrerebbe comunque, qualora le uve prodotte in siffatti vigneti venissero rivendicate come atte ad essere trasformate in vino DOP.
Tra le misure di sostegno, viene prevista la creazione di un apposito marchio per identificare i prodotti derivanti dai vigneti in questione: tuttavia, se quelli “storici” abbonderanno, l’uso inflazionato di tale marchio ne svilirà il valore evocativo e commerciale!
“502. Con il termine « enoturismo » si intendono tutte le attivita’ di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine.
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503. Allo svolgimento dell’attivita’ enoturistica si applicano le disposizioni fiscali di cui all’articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413. Il regime forfettario dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’articolo 5, comma 2, della legge n. 413 del 1991 si applica solo per i produttori agricoli di cui agli articoli 295 e seguenti della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006.
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504. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo, adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualita’, con particolare riferimento alle produzioni vitivinicole del territorio, per l’esercizio dell’attivita’ enoturistica.
505. L’attivita’ enoturistica e’ esercitata, previa presentazione al comune di competenza della segnalazione certificata di inizio attivita’ (SCIA), ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in conformita’ alle normative regionali, sulla base dei requisiti e degli standard disciplinati dal decreto di cui al comma 504″.
consente che “i consorzi di tutela di cui al comma 4, anche in collaborazione con enti e organismi pubblici e privati, possono favorire e promuovere attivita’ di promozione dell’enoturismo” (art.40, comma 11);
modifica la disciplina delle “strade del vino” (art.87), consentendo alle aziende agricole la somministrazione di produzioni agroalimentari tradizionali e delle produzioni designate con denominazione di origine protetta (DOP) o indicazione geografica protetta (IGP) della regione di appartenza (art.87)
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