Pratiche commerciali sleali filiera agricola alimentare

L’Unione Europea ha adottato la direttiva sulle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare (pratiche commerciali sleali filiera agricola alimentare)


Parlamento Europeo e Consiglio hanno emanato la direttiva del 17 aprile 2019, n.633, sulle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare.

Ecco il testo:

25.4.2019

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 111/59


IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 43, paragrafo 2,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

visto il parere del Comitato delle regioni (2),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),

considerando quanto segue:

(1)

Nella filiera agricola e alimentare sono comuni squilibri considerevoli nel potere contrattuale tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari. È probabile che tali squilibri nel potere contrattuale comportino pratiche commerciali sleali nel momento in cui partner commerciali più grandi e potenti cerchino di imporre determinate pratiche o accordi contrattuali a proprio vantaggio relativamente a un’operazione di vendita. Tali pratiche possono ad esempio: discostarsi nettamente dalle buone pratiche commerciali, essere in contrasto con i principi di buona fede e correttezza ed essere imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte, imporre un trasferimento ingiustificato e sproporzionato del rischio economico da un partner commerciale alla sua controparte, oppure imporre un significativo squilibrio di diritti e doveri a uno dei partner commerciali. Alcune pratiche potrebbero essere manifestatamente sleali anche quando entrambe le parti le accettano. È opportuno introdurre, nell’Unione, un livello minimo di tutela rispetto alle pratiche commerciali sleali per ridurne la frequenza, in quanto possono avere un effetto negativo sul tenore di vita della comunità agricola. L’approccio di armonizzazione minima della presente direttiva consente agli Stati membri di adottare o mantenere norme nazionali che vanno al di là delle pratiche commerciali sleali elencate nella presente direttiva.

(2)

Dal 2009 tre pubblicazioni della Commissione (la comunicazione della Commissione del 28 ottobre 2009 sul migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa, la comunicazione della Commissione del 15 luglio 2014 per affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese, e la relazione della Commissione del 29 gennaio 2016 sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese) si sono incentrate sul funzionamento della filiera alimentare, comprese le pratiche commerciali sleali che vi sono attuate. La Commissione ha suggerito gli elementi specifici da includere preferibilmente in eventuali quadri di gestione, su base nazionale e volontaria, riguardanti le pratiche commerciali sleali attuate nella filiera alimentare. Non essendo tali elementi entrati tutti a far parte del quadro giuridico o dei regimi di gestione volontaria degli Stati membri, il verificarsi di tali pratiche è rimasto al centro del dibattito politico nell’Unione.

(3)

Nel 2011, il Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare, guidato dalla Commissione, ha approvato una serie di principi di buone prassi nelle relazioni verticali nella filiera alimentare, concordati dalle organizzazioni che rappresentano la maggioranza degli operatori della filiera alimentare. Tali principi sono diventati la base per l’iniziativa della filiera avviata nel 2013.

(4)

Nella sua risoluzione del 7 giugno 2016 sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare (4) il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare una proposta relativa a un quadro giuridico dell’Unione in materia di pratiche commerciali sleali. Nelle sue conclusioni del 12 dicembre 2016 sul rafforzamento della posizione degli agricoltori nella filiera alimentare e sulla lotta contro le pratiche commerciali sleali, il Consiglio ha invitato la Commissione ad avviare tempestivamente una valutazione d’impatto al fine di proporre un quadro legislativo dell’Unione o misure non legislative per affrontare le pratiche commerciali sleali. La Commissione ha preparato una valutazione d’impatto, preceduta da una consultazione pubblica aperta e da consultazioni mirate. Inoltre, durante il processo legislativo la Commissione ha fornito informazioni che dimostrano come i grandi operatori rappresentino una percentuale considerevole del valore complessivo della produzione.

(5)

Nella filiera agricola e alimentare operano diversi soggetti, a livelli diversi delle fasi di produzione, trasformazione, marketing, distribuzione e vendita al dettaglio dei prodotti agricoli e alimentari. Per questi prodotti, tale filiera è di gran lunga il più importante canale di transito «dal produttore al consumatore». Gli operatori commercializzano i prodotti agricoli e alimentari, segnatamente i prodotti agricoli primari, inclusi quelli della pesca e dell’acquacoltura, elencati nell’allegato I del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e i prodotti non elencati in tale allegato ma trasformati per uso alimentare a partire dai prodotti elencati in tale allegato.

(6)

Che il rischio commerciale sia implicito in qualunque attività economica è un dato di fatto, ma la produzione agricola è caratterizzata anche da un’estrema incertezza dovuta sia alla dipendenza dai processi biologici sia all’esposizione ai fattori meteorologici. Tale incertezza è aggravata dal fatto che i prodotti agricoli e alimentari sono più o meno deperibili e stagionali. In un contesto di politica agricola decisamente più orientato al mercato rispetto al passato, proteggersi dalle pratiche commerciali sleali è ora più importante per gli operatori presenti nella filiera agricola e alimentare.

(7)

In particolare è probabile che tali pratiche commerciali sleali abbiano un impatto negativo sul tenore di vita della comunità agricola. Tale impatto è ritenuto sia diretto, in quanto riguarda i produttori agricoli e le loro organizzazioni in qualità di fornitori, che indiretto, poiché le conseguenze delle pratiche commerciali sleali che avvengono nella filiera agricola e alimentare si ripercuotono «a cascata» con effetti negativi sui produttori primari in tale filiera.

(8)

Nella maggior parte degli Stati membri, anche se non in tutti, esistono norme nazionali specifiche che tutelano i fornitori dalle pratiche commerciali sleali attuate nei rapporti tra imprese lungo la filiera agricola e alimentare. Anche quando è possibile fare affidamento sul diritto contrattuale o su iniziative di autoregolamentazione, il timore di ritorsioni commerciali nei confronti di un denunciante, così come i rischi finanziari associati al contrasto di tali pratiche, limitano di fatto l’utilità tali mezzi di ricorso previsti. Di conseguenza, alcuni Stati membri che dispongono di norme specifiche in materia di pratiche commerciali sleali affidano l’applicazione di tali norme alle autorità amministrative. Laddove esistono, tuttavia, le norme degli Stati membri contro le pratiche commerciali sleali sono caratterizzate da notevoli differenze tra uno Stato membro e l’altro.

(9)

Il numero e le dimensioni degli operatori variano tra una fase e l’altra della filiera agricola e alimentare. È probabile che le differenze nel potere contrattuale, che corrispondono alla dipendenza economica del fornitore dall’acquirente, portino gli operatori più grandi a imporre agli operatori più piccoli pratiche commerciali sleali. Un approccio dinamico, basato sulle dimensioni relative del fornitore e dell’acquirente in termini di fatturato, dovrebbe fornire agli operatori che ne hanno maggiormente bisogno una maggiore tutela contro le pratiche commerciali sleali. Le pratiche commerciali sleali sono dannose soprattutto per le imprese di dimensioni medio-piccole (PMI) presenti nella filiera agricola e alimentare. Anche le imprese più grandi delle PMI ma con un fatturato annuale non superiore a 350 000 000 EUR dovrebbero essere tutelate dalle pratiche commerciali sleali, onde evitare che il costo di tali pratiche sia trasferito ai produttori agricoli. L’effetto a cascata sui produttori agricoli sembra essere particolarmente significativo per le imprese il cui fatturato annuale arriva a un massimo di 350 000 000 EUR. La tutela dei fornitori intermedi di prodotti agricoli ed alimentari, inclusi i prodotti trasformati, può servire anche a evitare una diversione degli scambi dai produttori agricoli e dalle loro associazioni, che producono prodotti trasformati, verso fornitori non tutelati.

(10)

Della tutela garantita dalla presente direttiva dovrebbero beneficiare i produttori agricoli e le persone fisiche e giuridiche che forniscono prodotti agricoli e alimentari, comprese le organizzazioni di produttori, riconosciute o meno, e le associazioni di organizzazioni di produttori, riconosciute o meno, in funzione del loro potere contrattuale relativo. Tali organizzazioni di produttori e associazioni di organizzazioni di produttori comprendono le cooperative. Tali produttori e persone sono particolarmente vulnerabili alle pratiche commerciali sleali e meno in grado di farvi fronte senza subirne un impatto negativo sulla loro sostenibilità economica. Per quanto riguarda le categorie di fornitori che dovrebbero essere tutelati ai sensi della presente direttiva, va rilevato che parte rilevante delle cooperative composte da agricoltori sono imprese più grandi delle PMI ma con un fatturato annuale non superiore a 350 000 000 EUR.

(11)

Nella presente direttiva dovrebbero rientrare le transazioni commerciali indipendentemente dal fatto che siano effettuate tra imprese oppure tra imprese e autorità pubbliche, dato che queste ultime dovrebbero essere vincolate al rispetto delle stesse norme quando acquistano prodotti agricoli e alimentari. La presente direttiva si dovrebbe applicare a tutte le autorità pubbliche che agiscono quali acquirenti.

(12)

È opportuno tutelare i fornitori nell’Unione non solo dalle pratiche commerciali sleali attuate da acquirenti che sono nello stesso Stato membro dell’acquirente o in uno Stato membro diverso da quello dell’acquirente, ma anche contro pratiche commerciali sleali attuate da acquirenti stabiliti al di fuori dell’Unione. Tale tutela potrebbe evitare eventuali conseguenze indesiderate, quali la scelta del luogo di stabilimento sulla base delle norme applicabili. Anche i fornitori stabiliti al di fuori dell’Unione dovrebbero beneficiare della tutela da pratiche commerciali sleali qualora vendano prodotti agricoli e alimentari nell’Unione. Non solo tali fornitori sono probabilmente altrettanto vulnerabili rispetto a pratiche commerciali sleali, ma un ambito di applicazione più ampio potrebbe evitare la diversione indesiderata degli scambi verso fornitori non tutelati, che vanificherebbe la tutela dei fornitori nell’Unione.

(13)

L’ambito di applicazione della presente direttiva dovrebbe comprendere alcuni servizi accessori alla vendita di prodotti agricoli e alimentari.

(14)

La presente direttiva dovrebbe applicarsi al comportamento commerciale degli operatori più grandi rispetto agli operatori con un minor potere contrattuale. Un’approssimazione adeguata del potere contrattuale relativo è il fatturato annuale dei diversi operatori. Pur essendo un’approssimazione, questo criterio consente agli operatori di poter prevedere i propri diritti e obblighi ai sensi della presente direttiva. Un limite massimo dovrebbe impedire che la tutela sia accordata a operatori che non sono vulnerabili o lo sono considerevolmente meno rispetto alle controparti o ai concorrenti più piccoli. La presente direttiva stabilisce pertanto categorie di operatori della filiera definite sulla base del fatturato, in base alle quali è accordata la tutela.

(15)

Poiché le pratiche commerciali sleali possono verificarsi in qualsiasi fase della vendita di un prodotto agricolo o alimentare, prima, durante o dopo un’operazione di vendita, gli Stati membri dovrebbero far sì che la presente direttiva si applichi a questo tipo di pratiche indipendentemente dal momento in cui si verificano.

(16)

Nel decidere se una particolare pratica commerciale è da considerarsi sleale è importante ridurre il rischio che il ricorso ad accordi equi tra le parti, volti a creare efficienza, venga limitato. È quindi opportuno operare una distinzione tra le pratiche che sono previste in termini chiari ed univoci negli accordi di fornitura o in accordi successivi fra le parti e pratiche messe in atto dopo l’inizio dell’operazione, senza essere state preventivamente concordate, in modo tale da vietare unicamente le modifiche unilaterali e retroattive apportate alle condizioni chiare ed univoche pertinenti dell’accordo di fornitura. Alcune pratiche commerciali sono però considerate sleali per loro stessa natura e non dovrebbero essere soggette alla libertà contrattuale delle parti.

(17)

I ritardi di pagamento dei prodotti agricoli e alimentari, compresi i ritardi di pagamenti per prodotti deperibili, e gli annullamenti di ordini di prodotti deperibili con un breve preavviso incidono negativamente sulla sostenibilità economica del fornitore, senza fornire alcuna forma di beneficio compensativo. Tali pratiche dovrebbero pertanto essere vietate. In tale contesto, ai fini della presente direttiva è opportuno prevedere una definizione di prodotti agricoli e alimentari deperibili. Le definizioni utilizzate negli atti dell’Unione connessi alla legislazione alimentare hanno obiettivi diversi, ad esempio la salute e la sicurezza alimentare, e pertanto non sono appropriate ai fini della presente direttiva. Un prodotto dovrebbe essere considerato deperibile se si può presumere che diventerà inadatto alla vendita entro 30 giorni dall’ultima fase della raccolta, produzione o trasformazione da parte del fornitore, indipendentemente dall’ulteriore trasformazione del prodotto dopo la vendita e dal fatto che esso sia trattato dopo la vendita conformemente ad altre norme, in particolare quelle in materia di sicurezza alimentare. I prodotti deperibili sono generalmente utilizzati o venduti rapidamente. Non sono compatibili con la correttezza delle transazioni commerciali i pagamenti per prodotti deperibili effettuati a oltre 30 giorni dalla consegna, oppure oltre 30 giorni dopo il termine di un periodo di consegna convenuto in cui i prodotti sono consegnati periodicamente, oppure oltre 30 giorni dopo la data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere. Al fine di garantire una maggiore tutela agli agricoltori e alla loro liquidità, i fornitori di altri prodotti agricoli e alimentari non dovrebbero dover aspettare i pagamenti oltre 60 giorni dalla consegna, oppure oltre 60 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui i prodotti sono consegnati periodicamente, oppure oltre 60 giorni dalla data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere.

Tali limiti dovrebbero applicarsi solo ai pagamenti connessi alla vendita di prodotti agricoli e alimentari e non ad altri pagamenti, quali i pagamenti supplementari versati da una cooperativa ai propri membri. Conformemente alla direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), dovrebbe anche essere possibile considerare la data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere per un periodo di consegna concordato, ai fini della presente direttiva, la data di emissione della fattura, oppure la data della sua ricezione da parte dell’acquirente.

(18)

Le disposizioni stabilite dalla presente direttiva in merito ai ritardi di pagamento costituiscono norme specifiche per il settore agricolo e alimentare in relazione alle disposizioni sui periodi di pagamento definite nella direttiva 2011/7/UE. Le disposizioni stabilite dalla presente direttiva in merito ai ritardi di pagamento non dovrebbero ripercuotersi su accordi relativi a clausole di ripartizione del valore ai sensi dell’articolo 172 bis del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Al fine di salvaguardare lo svolgimento regolare del programma destinato alle scuole di cui all’articolo 23 del regolamento (UE) n. 1308/2013, le disposizioni stabilite dalla presente direttiva in merito ai ritardi di pagamento non dovrebbero applicarsi a pagamenti effettuati da un acquirente (ossia richiedente dell’aiuto) a un fornitore nel quadro del programma destinato alle scuole. Tenendo conto del fatto che per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria dare priorità all’assistenza sanitaria in modo da trovare un equilibrio tra le esigenze dei singoli pazienti e le risorse finanziarie rappresenta una sfida, queste disposizioni non dovrebbero applicarsi nemmeno agli enti pubblici ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE.

(19)

Le uve e il mosto per la produzione di vino hanno specifiche caratteristiche in quanto le uve sono raccolte solo nel corso di un periodo dell’anno molto limitato, ma sono utilizzate per produrre vino che in alcuni casi sarà venduto solo molti anni dopo. Al fine di rispondere a tale situazione specifica, le organizzazioni di produttori e le organizzazioni interprofessionali hanno tradizionalmente sviluppato per la fornitura di tali prodotti contratti tipo. Tali contratti tipo prevedono specifici termini di pagamento a rate. Poiché sono utilizzati dai fornitori e dagli acquirenti nell’ambito di accordi pluriennali, tali contratti tipo non si limitano pertanto a fornire ai produttori agricoli la sicurezza di relazioni di vendita durature, ma contribuiscono anche alla stabilità della filiera. Qualora detti contratti tipo siano stati elaborati da parte di organizzazioni di produttori, organizzazioni interprofessionali o associazioni di organizzazioni di produttori riconosciute e siano stati resi vincolanti da uno Stato membro entro il 1o gennaio 2019 ai sensi dell’articolo 164 del regolamento (UE) n. 1308/2013 («estensione») oppure qualora l’estensione dei contratti tipo sia rinnovata da uno Stato membro senza che ai termini di pagamento siano apportate modifiche significative svantaggiose per i fornitori di uve e mosto, le disposizioni stabilite dalla presente direttiva in merito ai ritardi di pagamento non dovrebbero applicarsi ai contratti tra fornitori di uve e mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti. Gli Stati membri hanno l’obbligo di notificare alla Commissione i relativi accordi di organizzazioni di produttori, organizzazioni interprofessionali e associazioni di organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi dell’articolo 164, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1308/2013.

(20)

Un preavviso di annullamento per prodotti deperibili inferiore a 30 giorni dovrebbe essere considerato sleale in quanto il fornitore non sarebbe in grado di trovare uno sbocco alternativo per tali prodotti. Tuttavia, nel caso di prodotti in determinati settori, anche un preavviso di annullamento più breve potrebbe comunque lasciare ai fornitori tempo sufficiente per vendere i prodotti altrove oppure utilizzarli essi stessi. È pertanto opportuno consentire agli Stati membri di prevedere, per questi settori, preavvisi di annullamento più brevi in casi debitamente giustificati.

(21)

Gli acquirenti più forti non dovrebbero modificare unilateralmente condizioni contrattuali concordate, ad esempio eliminando dal listino prodotti coperti da un accordo di fornitura. Ciò non dovrebbe tuttavia applicarsi a situazioni in cui tra il fornitore e l’acquirente esiste un accordo che stipuli espressamente la possibilità che l’acquirente specifichi in un momento successivo un elemento specifico della transazione relativamente a ordini futuri. Ciò potrebbe riguardare ad esempio le quantità ordinate. Un accordo non è necessariamente concluso in un momento preciso per tutti gli aspetti della transazione tra il fornitore e l’acquirente.

(22)

Fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari dovrebbero poter negoziare liberamente operazioni di vendita, compresi i prezzi. Tali negoziati comprendono anche pagamenti per servizi forniti dall’acquirente al fornitore, quali l’inserimento in listino, il marketing e la promozione. Qualora tuttavia un acquirente imponga al fornitore pagamenti non connessi a una specifica operazione di vendita, tale pratica dovrebbe essere ritenuta sleale ed essere vietata dalla presente direttiva.

(23)

Anche se non dovrebbe sussistere alcun obbligo di ricorrere a contratti scritti, il loro uso nella filiera agricola e alimentare può contribuire a evitare determinate pratiche commerciali sleali. Pertanto, e al fine di tutelare i fornitori da tali pratiche sleali, è opportuno che i fornitori o le loro associazioni abbiano il diritto di richiedere una conferma scritta delle condizioni di un accordo di fornitura quando tali condizioni siano già state concordate. In questi casi il rifiuto di un acquirente di confermare per iscritto le condizioni dell’accordo di fornitura dovrebbe essere ritenuta una pratica commerciale sleale e dovrebbe essere vietata. Inoltre gli Stati membri potrebbero individuare, condividere e promuovere le migliori pratiche in materia di conclusione di contratti a lungo termine, al fine di rafforzare il potere contrattuale dei produttori nella filiera agricola e alimentare.

(24)

La presente direttiva non armonizza le norme relative all’onere della prova applicabili nei procedimenti dinanzi alle autorità nazionali di contrasto, né la definizione di accordi di fornitura. Le norme relative all’onere della prova e la definizione di accordi di fornitura sono pertanto quelle stabilite dal diritto nazionale degli Stati membri.

(25)

A norma della presente direttiva, i fornitori dovrebbero poter denunciare determinate pratiche commerciali sleali. Le ritorsioni commerciali da parte degli acquirenti contro i fornitori che esercitano i propri diritti, o la minaccia di ricorrervi, ad esempio eliminando prodotti dal listino, riducendo le quantità dei prodotti ordinati oppure interrompendo determinati servizi forniti dall’acquirente al fornitore, quali il marketing o le promozioni sui prodotti del fornitore, dovrebbero essere vietate e considerate come pratiche commerciali sleali.

(26)

Normalmente è l’acquirente a farsi carico dei costi dell’immagazzinamento, dell’esposizione, dell’inserimento in listino di prodotti agricoli e alimentari, o della messa a disposizione sul mercato. La presente direttiva dovrebbe pertanto vietare che a un fornitore sia imposto un pagamento a favore dell’acquirente o di una terza parte per tali servizi, a meno che il pagamento sia stato concordato in termini chiari e univoci al momento della conclusione dell’accordo di fornitura o in eventuali accordi successivi tra l’acquirente e il fornitore. Qualora tale pagamento sia stato concordato, dovrebbe fondarsi su stime oggettive e ragionevoli.

(27)

Affinché i contributi di un fornitore ai costi della promozione, del marketing o della pubblicità dei prodotti agricoli e alimentari, comprese l’esposizione promozionale nei punti vendita e le campagne di vendita, siano considerati equi, è opportuno che siano concordati in termini chiari e univoci al momento della conclusione dell’accordo di fornitura o in eventuali accordi successivi tra l’acquirente e il fornitore. In caso contrario, dovrebbero essere vietati dalla presente direttiva. Qualora tale contributo sia stato concordato, dovrebbe fondarsi su stime oggettive e ragionevoli.

(28)

Gli Stati membri dovrebbero designare autorità di contrasto al fine di garantire l’efficace applicazione dei divieti previsti dalla presente direttiva. Tali autorità dovrebbero essere in grado di agire di propria iniziativa o sulla base di denunce presentate dalle parti vittime di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare, di denunce provenienti da informatori, o sulla base di denunce anonime. Un’autorità di contrasto potrebbe ritenere che non vi siano motivi sufficienti per dare seguito a una denuncia. Tale conclusione potrebbe essere dovuta anche a priorità amministrative. Nel caso in cui l’autorità di contrasto ritenga di non essere in grado di dare priorità a una denuncia, dovrebbe informarne il denunciante indicandone le motivazioni. Quando un denunciante chiede che la sua identità rimanga riservata per paura di ritorsioni commerciali, le autorità di contrasto dello Stato membro dovrebbero adottare opportuni provvedimenti.

(29)

Se uno Stato membro dispone di più di un’autorità di contrasto, dovrebbe designare un unico punto di contatto al fine di facilitare una cooperazione efficace tra le autorità di contrasto e la cooperazione con la Commissione.

(30)

I fornitori potrebbero avere più facilità a presentare denunce all’autorità di contrasto del proprio Stato membro, ad esempio per motivi linguistici. Ciononostante, in termini di esecuzione, potrebbe risultare più efficace presentare una denuncia all’autorità di contrasto dello Stato membro in cui è stabilito l’acquirente. Ai fornitori dovrebbe essere lasciata la scelta dell’autorità a cui desiderano rivolgere le denunce.

(31)

Le denunce da parte di organizzazioni di produttori, altre organizzazioni di fornitori e associazioni di tali organizzazioni, organizzazioni rappresentative comprese, possono servire a tutelare le identità dei singoli membri dell’organizzazione che si ritengono colpiti da pratiche commerciali sleali. Altre organizzazioni che hanno un interesse legittimo a rappresentare i fornitori dovrebbero anche avere il diritto di presentare denunce, su richiesta di un fornitore e nel suo interesse, a condizione che dette organizzazioni siano persone giuridiche indipendenti senza scopo di lucro. Le autorità di contrasto degli Stati membri dovrebbero pertanto essere in grado di ricevere e dar seguito alle denunce presentate da tali entità, salvaguardando nel contempo i diritti processuali dell’acquirente.

(32)

Al fine di garantire l’efficace applicazione del divieto di pratiche commerciali sleali, le autorità di contrasto designate dovrebbero disporre di tutte le risorse e le competenze necessari.

(33)

Le autorità di contrasto degli Stati membri dovrebbero disporre dei poteri e delle competenze necessari a condurre indagini. Il conferimento di tali poteri alle autorità non comporta l’obbligo di utilizzarli in ciascuna indagine che esse effettuano. I poteri delle autorità di contrasto dovrebbero ad esempio consentire loro di raccogliere efficacemente informazioni fattuali; esse dovrebbero altresì avere il potere di ordinare, se del caso, la cessazione di una pratica vietata.

(34)

Eventuali elementi deterrenti, quali il potere di imporre o avviare procedimenti, per esempio procedimenti giurisdizionali per l’imposizione di sanzioni pecuniarie e altre sanzioni altrettanto efficaci, e la pubblicazione dei risultati delle indagini, compresa la pubblicazione di informazioni relative all’acquirente che ha commesso la violazione, possono favorire un cambiamento dei comportamenti e soluzioni tra le parti in fase di precontenzioso e, pertanto, dovrebbero essere parte integrante dei poteri conferiti alle autorità di contrasto. Le sanzioni pecuniarie possono essere particolarmente effettive e dissuasive. Tuttavia, dovrebbe spettare all’autorità di contrasto decidere quali dei suoi poteri eserciterà in ciascuna indagine e se imporrà o avvierà un procedimento per l’imposizione di una sanzione pecuniaria o un’altra sanzione altrettanto efficace.

(35)

L’esercizio dei poteri conferiti alle autorità di contrasto ai sensi della presente direttiva dovrebbe essere soggetto a opportune salvaguardie, che soddisfino gli standard dei principi generali del diritto dell’Unione e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, tra cui il rispetto dei diritti della difesa dell’acquirente.

(36)

La Commissione e le autorità di contrasto degli Stati membri dovrebbero collaborare strettamente per garantire un approccio comune in merito all’applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva. In particolare, le autorità di contrasto dovrebbero fornirsi assistenza reciproca, ad esempio scambiandosi informazioni e dando supporto alle indagini che hanno una dimensione transfrontaliera.

(37)

Per favorire un contrasto efficace, la Commissione dovrebbe contribuire all’organizzazione di riunioni periodiche tra le autorità di contrasto degli Stati membri in cui sia possibile scambiarsi informazioni pertinenti, migliori pratiche, nuovi sviluppi, pratiche di contrasto e raccomandazioni relative all’applicazione delle disposizioni stabilite dalla presente direttiva.

(38)

Per agevolare questo tipo di scambi, la Commissione dovrebbe creare sito Internet pubblico che contenga riferimenti alle autorità nazionali di contrasto, comprese informazioni sulle misure nazionali di recepimento della presente direttiva.

(39)

Poiché la maggior parte degli Stati membri dispone già di norme nazionali in materia di pratiche commerciali sleali, ancorché discordanti, è opportuno usare lo strumento della direttiva per introdurre un livello minimo di tutela disciplinato dal diritto dell’Unione. In tal modo gli Stati membri dovrebbero poter integrare le norme pertinenti nel loro ordinamento giuridico nazionale così da rendere possibile l’istituzione di regimi coerenti. Si dovrebbe lasciare agli Stati membri la possibilità di mantenere o introdurre nel loro territorio norme nazionali più rigorose che prevedano un livello più alto di tutela dalle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese lungo la filiera agricola e alimentare, rispettando i limiti imposti dal diritto dell’Unione applicabile al funzionamento del mercato interno, a condizione che tali norme siano proporzionate.

(40)

Gli Stati membri dovrebbero anche poter mantenere o introdurre norme nazionali volte a contrastare le pratiche commerciali sleali che non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, rispettando i limiti imposti dal diritto dell’Unione applicabile al funzionamento del mercato interno, a condizione che tali norme siano proporzionate. Tali norme nazionali potrebbero andare al di là della presente direttiva, ad esempio per quanto riguarda le dimensioni di acquirenti e fornitori, la tutela degli acquirenti, il ventaglio di prodotti interessati nonché il ventaglio di servizi. Esse potrebbero altresì andare al di là del numero e del tipo di pratiche commerciali sleali vietate elencate nella presente direttiva.

(41)

Tali norme nazionali si applicherebbero parallelamente a misure di gestione volontarie, quali i codici di condotta nazionali o l’iniziativa sulla catena di approvvigionamento. Il ricorso a volontario a risoluzioni alternative delle controversie tra acquirenti e fornitori è espressamente incoraggiato, fatto salvo il diritto del fornitore di presentare una denuncia o di rivolgersi a giudici competenti in materia civile.

(42)

È opportuno che la Commissione abbia una visione d’insieme dell’attuazione della presente direttiva negli Stati membri. Essa, inoltre, dovrebbe essere in grado di valutare l’efficacia della presente direttiva. A tal fine, le autorità di contrasto degli Stati membri dovrebbero presentarle relazioni annuali. Tali relazioni dovrebbero, se del caso, fornire informazioni quantitative e qualitative in merito a denunce, indagini e decisioni adottate. È opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione in modo da garantire condizioni uniformi di esecuzione dell’obbligo di presentare relazioni. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (7).

(43)

Ai fini di un’efficace attuazione della politica riguardante le pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, è opportuno che la Commissione riesamini l’applicazione della presente direttiva e presenti una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Tale riesame dovrebbe valutare, in particolare, l’efficacia delle misure nazionali tese a combattere le pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare nonché l’efficacia della cooperazione tra le autorità di contrasto. Il riesame dovrebbe inoltre soffermarsi su un’eventuale giustificazione, in futuro, della tutela, oltre che dei fornitori, anche degli acquirenti di prodotti agricoli e alimentari lungo la filiera. La relazione dovrebbe essere corredata, se del caso, delle proposte legislative.

(44)

Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire stabilire un livello minimo di tutela da parte dell’Unione armonizzando le misure divergenti in materia di pratiche commerciali sleali degli Stati membri, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma, a motivo della portata e dei suoi effetti, possono essere conseguiti meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Oggetto e ambito di applicazione

1.   Allo scopo di contrastare le pratiche che si discostano nettamente dalle buone pratiche commerciali, sono contrarie ai principi di buona fede e correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte, la presente direttiva definisce un elenco minimo di pratiche commerciali sleali vietate nelle relazioni tra acquirenti e fornitori lungo la filiera agricola e alimentare e stabilisce norme minime concernenti l’applicazione di tali divieti, nonché disposizioni per il coordinamento tra le autorità di contrasto.

2.   La presente direttiva si applica a determinate pratiche commerciali sleali attuate nella vendita di prodotti agricoli e alimentari:

a)

da parte di fornitori con un fatturato annuale pari o inferiore a 2 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 2 000 000 EUR;

b)

da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 2 000 000 EUR e 10 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 10 000 000 EUR;

c)

da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 10 000 000 EUR e 50 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 50 000 000 EUR;

d)

da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 50 000 000 EUR e 150 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 150 000 000 EUR;

e)

da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 150 000 000 EUR e 350 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 350 000 000 EUR.

Il fatturato annuale dei fornitori e degli acquirenti di cui al primo comma, lettere da a) a e) è da intendersi in conformità delle parti pertinenti dell’allegato della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (8), in particolare degli articoli 3, 4 e 6, comprese le definizioni di «impresa autonoma», «impresa associata», «impresa collegata», e altre questioni relative al fatturato annuale.

In deroga al primo comma, la presente direttiva si applica in relazione alle vendite di prodotti agricoli e alimentari da parte di fornitori con un fatturato annuale pari o inferiore a 350 000 000 EUR ad acquirenti che siano autorità pubbliche.

La presente direttiva si applica alle vendite in cui il fornitore o l’acquirente, o entrambi, sono stabiliti nell’Unione.

Nella misura in cui vi è fatto esplicito riferimento all’articolo 3, la presente direttiva si applica anche ai servizi forniti dall’acquirente al fornitore.

La presente direttiva non si applica agli accordi tra fornitori e consumatori.

3.   La presente direttiva si applica ai contratti di fornitura conclusi dopo la data di applicazione delle misure di recepimento della presente direttiva ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma.

4.   Gli accordi di fornitura conclusi prima della data di pubblicazione delle misure che recepiscono la presente direttiva in conformità dell’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, sono resi conformi alla presente direttiva entro 12 mesi da tale data di pubblicazione.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

1)   «prodotti agricoli e alimentari»: i prodotti elencati nell’allegato I del TFUE e i prodotti non elencati in tale allegato, ma trasformati per uso alimentare a partire dai prodotti elencati in tale allegato;

2)   «acquirente»: qualsiasi persona fisica o giuridica, indipendentemente dal luogo di stabilimento di tale persona, o qualsiasi autorità pubblica nell’Unione che acquista prodotti agricoli e alimentari; il termine «acquirente» può includere un gruppo di tali persone fisiche e giuridiche;

3)   «autorità pubblica»: autorità nazionali, regionali o locali, organismi di diritto pubblico o le associazioni costituite da una o più di tali autorità o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico;

4)   «fornitore»: qualsiasi produttore agricolo o persona fisica o giuridica, indipendentemente dal suo luogo di stabilimento, che vende prodotti agricoli e alimentari. Il termine «fornitore» può includere un gruppo di tali produttori agricoli o un gruppo di tali persone fisiche e giuridiche, come le organizzazioni di produttori, le organizzazioni di fornitori e le associazioni di tali organizzazioni;

5)   «prodotti agricoli e alimentari deperibili»: i prodotti agricoli e alimentari che per loro natura o nella fase della loro trasformazione potrebbero diventare inadatti alla vendita entro 30 giorni dalla raccolta, produzione o trasformazione.

Articolo 3

Divieto di pratiche commerciali sleali

1.   Gli Stati membri provvedono affinché almeno tutte le seguenti pratiche commerciali sleali siano vietate:

a)

l’acquirente versa al fornitore il corrispettivo a lui spettante,

i)

se l’accordo di fornitura comporta la consegna dei prodotti su base regolare:

per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre 30 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate oppure dopo oltre 30 giorni dalla data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere per il periodo di consegna in questione, a seconda di quale delle due date sia successiva;

per gli altri prodotti agricoli e alimentari, dopo oltre 60 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate oppure dopo oltre 60 giorni dalla data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere per il periodo di consegna in questione, a seconda di quale delle due date sia successiva;

ai fini dei periodi di pagamento di cui al presente punto, si considera che i periodi di consegna convenuti non superino comunque un mese;

ii)

se l’accordo di fornitura non comporta la consegna dei prodotti su base regolare:

per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre 30 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 30 giorni dalla data in cui è stabilito l’importo da corrispondere a seconda di quale delle due date sia successiva;

per gli altri prodotti agricoli e alimentari, dopo oltre 60 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 60 giorni dalla data in cui è stabilito l’importo da corrispondere, a seconda di quale delle due date sia successiva;

Fatti salvi i punti i) e ii) della presente la lettera, se l’acquirente stabilisce l’importo da corrispondere:

i periodi di pagamento di cui al punto i) decorrono a partire dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate; e

i periodi di pagamento di cui al punto ii) decorrono a partire dalla data di consegna;

b)

l’acquirente annulla ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili con un preavviso talmente breve da far ragionevolmente presumere che il fornitore non riuscirà a trovare un’alternativa per commercializzare o utilizzare tali prodotti; per preavviso breve si intende sempre un preavviso inferiore a 30 giorni; in casi debitamente giustificati e in determinati settori gli Stati membri possono stabilire periodi di durata inferiore a 30 giorni;

c)

l’acquirente modifica unilateralmente le condizioni di un accordo di fornitura di prodotti agricoli e alimentari relative alla frequenza, al metodo, al luogo, ai tempi o al volume della fornitura o della consegna dei prodotti agricoli e alimentari, alle norme di qualità, ai termini di pagamento o ai prezzi oppure relative alla prestazione di servizi nella misura in cui vi è fatto esplicito riferimento al paragrafo 2;

d)

l’acquirente richiede al fornitore pagamenti che non sono connessi alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari del fornitore;

e)

l’acquirente richiede che il fornitore paghi per il deterioramento o la perdita, o entrambi, di prodotti agricoli e alimentari che si verificano presso i locali dell’acquirente o dopo che tali prodotti sono divenuti di sua proprietà, quando tale deterioramento o perdita non siano stati causati dalla negligenza o colpa del fornitore;

f)

l’acquirente rifiuta di confermare per iscritto le condizioni di un accordo di fornitura tra l’acquirente e il fornitore per il quale quest’ultimo abbia richiesto una conferma scritta; ciò non si applica quando l’accordo di fornitura riguardi prodotti che devono essere consegnati da un socio di un’organizzazione di produttori, compresa una cooperativa, all’organizzazione di produttori della quale il fornitore è socio, se lo statuto di tale organizzazione di produttori o le regole e decisioni previste in detto statuto o ai sensi di esso contengono disposizioni aventi effetti analoghi alle disposizioni dell’accordo di fornitura;

g)

l’acquirente acquisisce, utilizza o divulga illecitamente segreti commerciali del fornitore ai sensi della direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio (9);

h)

l’acquirente minaccia di mettere in atto, o mette in atto, ritorsioni commerciali nei confronti del fornitore quando quest’ultimo esercita i diritti contrattuali e legali di cui gode, anche presentando una denuncia alle autorità di contrasto o cooperando con le autorità di contrasto durante un’indagine;

i)

l’acquirente chiede al fornitore il risarcimento del costo sostenuto per esaminare i reclami dei clienti relativi alla vendita dei prodotti del fornitore, benché non risultino negligenze o colpe da parte del fornitore;

Il divieto di cui al primo comma, lettera a), è fatto salvo:

le conseguenze dei ritardi di pagamento e i mezzi di ricorso di cui alla direttiva 2011/7/UE, che si applicano, in deroga ai periodi di pagamento stabiliti nella suddetta direttiva, sulla base dei periodi di pagamento di cui alla presente direttiva;

la possibilità che un acquirente e un fornitore concordino una clausola di ripartizione del valore ai sensi dell’articolo 172 bis del regolamento (UE) n. 1308/2013.

Il divieto di cui al primo comma, lettera a) non si applica ai pagamenti:

effettuati da un acquirente a un fornitore quando tali pagamenti siano effettuati nel quadro del programma destinato alle scuole a norma dell’articolo 23 del regolamento (UE) n. 1308/2013;

effettuati da enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria a norma dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE;

nell’ambito di contratti di fornitura tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti, a condizione che:

i)

i termini di pagamento specifici delle operazioni di vendita siano inclusi nei contratti tipo resi vincolanti dallo Stato membro a norma dell’articolo 164 del regolamento (UE) n. 1308/2013 prima del 1o gennaio 2019 e che tale estensione dei contratti tipo sia rinnovata dallo Stato membro a decorrere da tale data senza modificare sostanzialmente i termini di pagamento a danno dei fornitori di uve o mosto; e

ii)

che i contratti di fornitura tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti siano pluriennali o lo diventino.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché almeno tutte le seguenti pratiche commerciali siano vietate, a meno che non siano state precedentemente concordate in termini chiari ed univoci nell’accordo di fornitura o in un altro accordo successivo tra il fornitore e l’acquirente:

a)

l’acquirente restituisce al fornitore prodotti agricoli e alimentari rimasti invenduti, senza corrispondere alcun pagamento per tali prodotti invenduti o senza corrispondere alcun pagamento per il loro smaltimento, o entrambi;

b)

al fornitore è richiesto un pagamento come condizione per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’inserimento in listino dei suoi prodotti agricoli e alimentari, o per la messa a disposizione sul mercato;

c)

l’acquirente richiede al fornitore di farsi carico, in toto o in parte, del costo degli sconti sui prodotti agricoli e alimentari venduti dall’acquirente come parte di una promozione;

d)

l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi della pubblicità, effettuata dall’acquirente, dei prodotti agricoli e alimentari;

e)

l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi del marketing, effettuato dall’acquirente, dei prodotti agricoli e alimentari;

f)

l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi del personale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita dei prodotti del fornitore.

Gli Stati membri provvedono affinché la pratica commerciale di cui al primo comma, lettera c) sia vietata a meno che, prima di una promozione avviata dall’acquirente, quest’ultimo ne specifichi il periodo e indichi la quantità prevista dei prodotti agricoli e alimentari da ordinare a prezzo scontato.

3.   Se l’acquirente richiede un pagamento nelle situazioni di cui al paragrafo 2, primo comma, lettere b), c), d), e) o f), l’acquirente fornisce al fornitore, qualora questi ne faccia richiesta, una stima per iscritto dei pagamenti unitari o dei pagamenti complessivi a seconda dei casi e, per le situazioni di cui al paragrafo 2, primo comma, lettere b), d), e) e f), fornisce anche una stima, per iscritto, dei costi per il fornitore e i criteri alla base di tale stima.

4.   Gli Stati membri provvedono affinché i divieti di cui ai paragrafi 1 e 2 costituiscano disposizioni imperative prioritarie, applicabili a tutte le situazioni che rientrano nel campo di applicazione di tali divieti, qualunque sia la legge altrimenti applicabile al contratto di fornitura tra le parti.

Articolo 4

Autorità di contrasto designate

1.   Ogni Stato membro designa una o più autorità incaricate di applicare i divieti di cui all’articolo 3 a livello nazionale («autorità di contrasto») e informa la Commissione di tale designazione.

2.   Se uno Stato membro designa più di una autorità di contrasto nel suo territorio, designa un unico punto di contatto sia per la cooperazione tra autorità di contrasto sia per la cooperazione con la Commissione.

Articolo 5

Denunce e riservatezza

1.   I fornitori possono presentare denunce all’autorità di contrasto dello Stato membro in cui essi sono stabiliti oppure all’autorità di contrasto dello Stato membro in cui è stabilito l’acquirente sospettato di avere attuato una pratica commerciale vietata. L’autorità di contrasto a cui è presentata la denuncia è competente per applicare i divieti di cui all’articolo 3.

2.   Le organizzazioni di produttori, altre organizzazioni di fornitori e le associazioni di tali organizzazioni hanno il diritto di presentare una denuncia su richiesta di uno o più dei loro membri o, se del caso, su richiesta di uno o più dei soci delle rispettive organizzazioni membro, qualora tali membri si ritengano vittime di una pratica commerciale vietata. Altre organizzazioni che hanno un interesse legittimo a rappresentare i fornitori hanno il diritto di presentare denunce su richiesta di un fornitore, e nell’interesse di tale fornitore, a condizione che dette organizzazioni siano persone giuridiche indipendenti senza scopo di lucro.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché, qualora il denunciante lo richieda, l’autorità di contrasto adotti le misure necessarie per tutelare adeguatamente l’identità del denunciante o dei membri o fornitori di cui al paragrafo 2 e per tutelare adeguatamente qualunque altra informazione la cui divulgazione, secondo il denunciante, sarebbe lesiva degli interessi del denunciante o di quei membri o fornitori. Il denunciante specifica le informazioni per le quali chiede un trattamento riservato.

4.   Gli Stati membri provvedono affinché l’autorità di contrasto che riceve la denuncia informi il denunciante, entro un periodo di tempo ragionevole dal ricevimento della denuncia, di come intende dare seguito alla denuncia.

5.   Gli Stati membri provvedono affinché, se ritiene che non vi siano ragioni sufficienti per agire a seguito della denuncia, l’autorità di contrasto informi il denunciante dei motivi della sua decisione entro un periodo di tempo ragionevole dal ricevimento della denuncia.

6.   Gli Stati membri provvedono affinché, se ritiene che vi siano ragioni sufficienti per agire a seguito della denuncia, l’autorità di contrasto avvii, conduca e concluda un’indagine sulla denuncia entro un periodo di tempo ragionevole.

7.   Gli Stati membri fanno in modo che, una volta accertata la violazione dei divieti di cui all’articolo 3, l’autorità di contrasto imponga all’acquirente di porre fine alla pratica commerciale vietata.

Articolo 6

Poteri dell’autorità di contrasto

1.   Gli Stati membri provvedono affinché tutte le autorità di contrasto nazionali dispongano delle risorse e delle competenze necessarie per assolvere i propri doveri e conferiscono loro i poteri seguenti:

a)

il potere di avviare e condurre indagini di propria iniziativa o a seguito di una denuncia;

b)

il potere di chiedere agli acquirenti e ai fornitori di fornire tutte le informazioni necessarie al fine di condurre indagini sulle pratiche commerciali vietate;

c)

il potere di effettuare ispezioni in loco, senza preavviso, nel quadro delle indagini, in conformità delle norme e delle procedure nazionali;

d)

il potere di adottare decisioni in cui accerta la violazione dei divieti di cui all’articolo 3 e impone all’acquirente di porre fine alla pratica commerciale vietata; l’autorità può astenersi dall’adottare una siffatta decisione qualora tale decisione rischi di rivelare l’identità del denunciante o qualsiasi altra informazione la cui divulgazione, secondo il denunciante stesso, potrebbe essere lesiva dei suoi interessi, e a condizione che egli abbia specificato quali sono tali informazioni conformemente all’articolo 5, paragrafo 3;

e)

il potere di imporre o avviare procedimenti finalizzati all’imposizione di sanzioni pecuniarie e altre sanzioni di pari efficacia e provvedimenti provvisori, nei confronti dell’autore della violazione, in conformità delle norme e procedure nazionali;

f)

il potere di pubblicare regolarmente le decisioni adottate ai sensi delle lettere d) ed e).

Le sanzioni di cui al primo comma, lettera e), sono efficaci, proporzionate e dissuasive e tengono conto della natura, della durata, della frequenza e della gravità della violazione.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché l’esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 sia soggetto a opportune tutele riguardo ai diritti della difesa, conformemente ai principi generali del diritto dell’Unione e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, compreso nei casi in cui il denunciante chiede il trattamento riservato delle informazioni a norma dell’articolo 5, paragrafo 3.

Articolo 7

Risoluzione alternativa delle controversie

Fatto salvo il diritto dei fornitori di presentare denunce a norma dell’articolo 5, e fatti salvi i poteri delle autorità di contrasto di cui all’articolo 6, gli Stati membri possono promuovere il ricorso volontario a meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie efficaci e indipendenti, quali la mediazione, allo scopo di risolvere le controversie tra fornitori e acquirenti relative all’attuazione di pratiche commerciali sleali.

Articolo 8

Cooperazione tra autorità di contrasto

1.   Gli Stati membri provvedono affinché le autorità di contrasto cooperino efficacemente tra loro e con la Commissione e affinché si prestino reciproca assistenza nelle indagini che presentano una dimensione transfrontaliera.

2.   Le autorità di contrasto si riuniscono almeno una volta all’anno per discutere dell’applicazione della presente direttiva sulla base delle relazioni annuali di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Le autorità di contrasto discutono delle migliori pratiche, dei nuovi casi e degli ultimi sviluppi nell’ambito delle pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare e scambiano informazioni, in particolare sulle misure di attuazione che hanno adottato ai sensi della presente direttiva e sulle rispettive pratiche di contrasto. Le autorità di contrasto possono adottare raccomandazioni volte a promuovere l’applicazione coerente della presente direttiva e a potenziare il contrasto. La Commissione agevola lo svolgimento di tali riunioni.

3.   La Commissione istituisce e gestisce un sito web che consenta lo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto e la Commissione, in particolare per quanto riguarda le riunioni annuali. La Commissione crea un sito web pubblico che riporta i recapiti delle autorità di contrasto designate e i link ai siti web delle autorità di contrasto nazionali o di altre autorità degli Stati membri che a loro volta contengono informazioni sulle misure di recepimento della presente direttiva di cui all’articolo 13, paragrafo 1.

Articolo 9

Norme nazionali

1.   Per garantire un più alto livello di tutela, gli Stati membri possono mantenere o introdurre norme nazionali volte a contrastare le pratiche commerciali sleali più rigorose di quelle previste nella presente direttiva, a condizione che esse siano compatibili con le norme relative al funzionamento del mercato interno.

2.   La presente direttiva lascia impregiudicate le norme nazionali finalizzate a contrastare le pratiche commerciali sleali che non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva, a condizione che esse siano compatibili con le norme relative al funzionamento del mercato interno.


Nota all’art.9

Per quanto concerne l’Italia, prima che venisse attuata la direttiva mediante il D. Lgs. 198/2021, le pratiche sleali nel settore agricolo erano:


Articolo 10

Relazioni

1.   Gli Stati membri provvedono affinché le loro autorità di contrasto pubblichino una relazione annuale sulle loro attività che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, che, tra l’altro, indichi il numero delle denunce ricevute e il numero delle indagini da esse aperte o concluse nel corso dell’anno precedente. Per ogni indagine conclusa, la relazione contiene un’illustrazione sommaria del caso, l’esito dell’indagine e, se del caso, la decisione presa, nel rispetto degli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 5, paragrafo 3.

2.   Entro il 15 marzo di ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sulle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare. Tale relazione contiene, in particolare, tutti i dati pertinenti riguardanti il contrasto e l’applicazione delle norme ai sensi della presente direttiva nello Stato membro interessato nel corso dell’anno precedente.

3.   La Commissione può adottare atti di esecuzione che stabiliscano:

a)

le norme relative alle informazioni necessarie ai fini dell’applicazione del paragrafo 2;

b)

le disposizioni riguardanti la gestione delle informazioni da inviare dagli Stati membri alla Commissione e le norme sul contenuto e sulla forma di tali informazioni;

c)

le modalità relative alla trasmissione o alla messa a disposizione delle informazioni e dei documenti agli Stati membri, alle organizzazioni internazionali, alle autorità competenti dei paesi terzi o al pubblico, fermi restando la protezione dei dati personali e i legittimi interessi dei produttori agricoli e delle imprese alla tutela dei segreti aziendali.

Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 11, paragrafo 2.

Articolo 11

Procedura di comitato

1.   La Commissione è assistita dal comitato per l’organizzazione comune dei mercati agricoli istituito dall’articolo 229 del regolamento (UE) n. 1308/2013. Tale comitato è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.

Articolo 12

Valutazione

1.   Entro il 1o novembre 2025, la Commissione procede a una prima valutazione della presente direttiva e presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione in cui espone le principali conclusioni di tale valutazione. Tale relazione è corredata, se del caso, da proposte legislative.

2.   Tale valutazione esamina almeno i seguenti aspetti:

a)

l’efficacia delle misure attuate a livello nazionale volte a contrastare le pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare;

b)

l’efficacia della cooperazione tra le autorità di contrasto competenti e, se del caso, i modi in cui è possibile migliorare tale cooperazione.

3.   Per la relazione di cui al paragrafo 1, la Commissione si basa anzitutto sulle relazioni annuali di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Se necessario, la Commissione può chiedere agli Stati membri informazioni aggiuntive, comprese informazioni sull’efficacia delle misure attuate a livello nazionale e sull’efficacia della cooperazione e dell’assistenza reciproca.

4.   Entro il 1o novembre 2021, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione intermedia sullo stato del recepimento e dell’attuazione.

Articolo 13

Recepimento

1.   Entro il 1o maggio 2021, gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarvisi. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali misure.

Gli Stati membri applicano le suddette misure entro il 1o novembre 2021.

Le misure adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

2.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 14

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il quinto giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Articolo 15

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Strasburgo, il 17 aprile 2019

Per il Parlamento europeo

Il presidente

A. TAJANI

Per il Consiglio

Il presidente

G. CIAMBA


(1)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165.

(2)  GU C 387 del 25.10.2018, pag. 48.

(3)  Posizione del Parlamento europeo del 12 marzo 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 9 aprile 2019.

(4)  GU C 86 del 6.3.2018, pag. 40.

(5)  Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU L 48 del 23.2.2011, pag. 1).

(6)  Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671).

(7)  Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).

(8)  Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).

(9)  Direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti (GU L 157 del 15.6.2016, pag. 1).



Entro il 10 maggio 2021 gli Stati membri erano tenuti ad la direttiva UE/2019/633 sulle pratiche commerciali sleali filiera agricola alimentare, in modo da tutelare in modo adeguato le imprese agricole.

L’Italia ha provveduto mediante il decreto legislativo 8 novembre 2021, n.198.


 

Ristrutturazione riconversione vigneti

Circolare AGEA 39883 del 2 maggio 2019 su ristrutturazione e riconversione vigneti.


Agea ha adottato una Circolare AGEA 39883_2019 su ristrutturazione e riconversione vigneti su ristrutturazione riconversione vigneti, che sostituisce quelle precedenti.

Vanno evidenziati i seguenti punti:

  • le domande di aiuto devono essere presentate ogni anno entro il 31 maggio ai sensi del DM 3843 del 3 aprile 2019;
  • i lavori di ristrutturazione o riconversione non possono essere iniziati prima del 15 settembre dell’anno in cui la misura di aiuto viene richiesta, al fine di consentire l’effettuazione di controlli “ex ante”;
  • i fondi disponibili subiscono una limitazione:

“a decorrere dall’esercizio finanziario 2021, il pagamento degli aiuti per il Programma nazionale di sostegno al settore vitivinicolo (PNS) è commisurato alla relativa dotazione finanziaria assegnata dall’Unione Europea all’Italia per il finanziamento delle misure previste dal PNS medesimo. Pertanto, a decorrere dall’esercizio finanziario 2021, qualora gli importi previsti per il pagamento degli aiuti delle singole misure superino la predetta dotazione, gli aiuti medesimo verranno proporzionalmente ridotti.”

 

Si attua così quanto era stato annunciato nell’anno 2018, durante il convegno organizzato dal UGIVI al Castello di Grinzane Cavour sulle riforme in discussione per la politica agricola dell’Unione Europea (vedere la relazione del dott. Gabriele Castelli).


Ristrutturazione riconversione vigneti

Enoturismo

Enoturismo: pubblicato il decreto attuativo.


Il MIPAAFT ha pubblicato il  decreto su enoturismo, e cioè le linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio della attività enoturistica.

Tale attività è disciplinata dalla legge 205 del 27 dicembre 2017 (art.1, commi da 502 a 505), che così dispone:

“502. Con il termine « enoturismo » si intendono tutte le attivita’ di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine.
.
503.  Allo svolgimento dell’attivita’ enoturistica si applicano le disposizioni fiscali di cui all’articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413. Il regime forfettario dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’articolo 5, comma 2, della legge n. 413 del 1991 si applica solo per i produttori agricoli di cui agli articoli 295 e seguenti della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006.
.
504.  Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo, adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualita’, con particolare riferimento alle produzioni vitivinicole del territorio, per l’esercizio dell’attivita’ enoturistica.
505.  L’attivita’ enoturistica e’ esercitata, previa presentazione al comune di competenza della segnalazione certificata di inizio attivita’ (SCIA), ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in conformita’ alle normative regionali, sulla base dei requisiti e degli standard disciplinati dal decreto di cui al comma 504″.

 

 

Va ricordato che il Testo Unico Vino:

    • consente che “i consorzi di tutela di cui al comma 4, anche in collaborazione con enti e organismi pubblici e privati, possono favorire e promuovere attivita’ di promozione dell’enoturismo” (art.40, comma 11);
    • modifica la disciplina delle “strade del vino” (art.87), consentendo alle aziende agricole la somministrazione di produzioni agroalimentari tradizionali e delle produzioni designate con denominazione di origine protetta (DOP) o indicazione geografica protetta (IGP) della regione di appartenza (art.87)

Vendemmia turistica


 

Autorizzazioni impianto vigneti 2019

Autorizzazioni impianto vigneti 2019:  pubblicata una nuova guida di AGEA (circolare AGEA  n.12599 del  14 febbraio 2019).


La guida (circolare AGEA n.12599 del 14 febbraio 2019) fa il punto sulla legislazione nazionale nonché sulle posizioni adottate dalle Regioni in merito ai criteri di priorità nell’assegnazione delle nuove Autorizzazioni impianto vigneti 2019.

Il quadro normativo italiano di riferimento resta quello portato dal D.M. 12272 del 15 dicembre 2015, come in ultimo modificato dal DM 935 del 13 febbraio 2018.

Il tutto in applicazione delle regole portate dalla OCM Unica (Regolamento UE 1308/2013, articoli 62 e seguenti, che a sua volta è stato oggetto di successive modificazioni).

La guida (Autorizzazioni impianto vigneti 2019) appare particolarmente interessante, poiché affronta il tema del trasferimento delle autorizzazioni fra Regioni, che è stato oggetto di apposita regolamentazione negli ultimi anni, al fine di evitare abusi, tali da depauperare il potenziale viticolo delle Regioni da cui “emigrano” le autorizzazioni.

Gia nelle premesse, la guida (Autorizzazioni impianto vigneti 2019)  richiama il parere della Commissione europea (ARES 2017-5680223), secondo cui:

“l’affitto di superfici vitate, al solo scopo di procedere alla loro immediata estirpazione ed al reimpianto in località differente e molto distante, non può essere considerato una normale attività agricola, sopratutto se la superficie vitata oggetto di estirpazione non è gestita dall’affittuario per un certo lasso di tempo e se il contratto di affitto è rescisso dopo l’estirpazione”.

Alla luce di ciò e delle disposizioni contenute nelle citate norme comunitarie ed italiane, AGEA conclude (pag.11):

” NON è consentita la modifica della regione di riferimento di autorizzazioni per reimpianto anticipato.

Al fine di contrastare fenomeni elusivi del principio della gratuità e non trasferibilità della titolarità delle autorizzazioni conseguenti ad atti di trasferimento temporaneo della conduzione, l’estirpazione dei vigneti effettuata prima dello scadere dei 6 anni dalla data di registrazione dell’atto di conduzione non dà origine ad autorizzazioni di reimpianto in una Regione differente da quella in cui è avvenuto l’estirpo. La presente disposizione non si applica agli atti di trasferimento temporaneo registrati prima dell’entrata in vigore del DM 935 del 13 febbraio 2018 (21 marzo 2018, data della registrazione alla Corte dei Conti ai sensi dell’art. 32 della legge n. 69/2009) e per i quali è stata già effettuata l’estirpazione del vigneto con contestuale comunicazione alla regione competente. Per tale finalità, nelle sole Regioni che hanno una procedura che prevede una “comunicazione di intenzione di estirpo” a cui segue – dopo verifica regionale – l’estirpo effettivo, la “comunicazione d’intenzione di estirpo”, o la data nel successivo Nulla Osta regionale se previsto, è da ritenersi equivalente all’estirpo effettivo.

Tale disposizione, per identità di ratio, è applicabile anche all’ipotesi di richiesta di trasferimento di una autorizzazione al reimpianto su terreni in conduzione (mediante atti di trasferimento temporaneo) da meno di 6 anni in una regione differente”.

Quest’ultimo requisito (necessità che il terreno nella Regione di “importazione” sia in locazione da almeno sei anni prima del trasferimento della autorizzazioni da usare su di esso) non trova però corrispondenza in una norma di legge, il che pare discutibile.

Sempre in tale ottica, AGEA aggiunge (pag.12):

“Al fine di contrastare fenomeni elusivi del criterio di distribuzione  proporzionale, anche nell’ambito dell’introduzione di criteri di priorità e del rispetto del miglioramento della competitività del settore nell’ambito delle singole Regioni, dal 2017 sono state introdotte le seguenti prescrizioni:

1) nelle domande di autorizzazione per nuovi impianti dovranno essere specificate la dimensione richiesta e la Regione nella quale si intende localizzare le superfìci oggetto di richiesta. Le autorizzazioni per nuovi impianti concesse dalla campagna 2017 e 2018, quindi, non sono più trasferibili da una regione ad un’altra, in quanto ciò contrasta con il criterio di ammissibilità.

2) Il vigneto impiantato a seguito del rilascio dell’autorizzazione è mantenuto per un numero minimo di 5 anni, fatti salvi i casi di forza maggiore e/o motivi fitosanitari. Per tale motivo, l’estirpazione dei vigneti impiantati con autorizzazioni di nuovo impianto prima dello scadere dei 5 anni dalla data di impianto non dà origine ad autorizzazioni di reimpianto“.

Quest’ultima restrizione vale anche se il trasferimento dovesse avvenire su fondi in altra Regione che siano di proprietà dell’azienda che procede all’espianto.

 

La guida (Autorizzazioni impianto vigneti 2019)  non menziona però la  circolare MIPAAF 5852 del 25/10/2016, mediante la quale il Ministero aveva anche  stabilito che:

“in caso di vendita,la vendita di una particella o azienda non autorizza il trasferimento delle autorizzazioni all’acquirente, anche se esse sono state rilasciate per particelle specifiche. Il trasferimento delle autorizzazioni in questo contesto è vietato al fine di evitare ogni forma di speculazione. Colui che vende conserva nel proprio portafoglio le autorizzazioni”.

Fermo quindi l’obbligo di mantenere i nuovi impianti per almeno 5 anni sul fondo ove il vigneto è stato messo a dimora, sussistevano ulteriori elementi per ritenere che tale obbligo – sulla cui legitttimità già si dubitava, perlomeno nei casi in cui le autorizzazioni non siano state assegnate in base a criteri di priorità – non sia più in essere. Quanto meno, la situazione non era chiara.

Allegati alla circolare AGEA 2019 su autorizzazione nuovi vigneti


Quadro normativo su autorizzazioni impianto nuovi vigneti


Regione Piemonte - Autorizzazione impianto vitigni



La circolare che AGEA ha emesso per l’anno 2020 (circolare 11517 del 13 febbraio 2020) ha superato tale dubbio, poichè cita espressamente anche la suddetta circolare circolare MIPAAF 5852 del 25/10/2016.

Inoltre, la nuova circolare AGEA del 2020  ha abrogato quella del 2019.

Legislazione vitivinicola

Produzione e commercio vino sono oggetto di minuziosa regolamentazione già a livello comunitario, sulla quale si fonda poi tutta la copiosa normativa nazionale (legislazione vitivinicola).


La legislazione vitivinicola europea (la quale condiziona fortemente la legislazione vitivinicola italiana, così come quella degli altri Stati membri dell’Unione) discende dall’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) per il vino, che sussiste nel più ampio contesto della Politica Comune Agricola (una delle competenze originarie della Comunità Europea).


Grazie a queste norme, su tutto il terriorio dell’Unione Europea:

  • i vini italiani possono essere facilmente commercializzati
  • le nostre denominazioni di origine trovano efficace protezione

In assenza invece di tali norme, tutto ciò non sarebbe possibile.

 


DIRITTO UNIONE EUROPEA 

(legislazione vitivinicola europea)

 

Normativa principale (regolamento “base”):

Regolamento UE n.1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla “OCM Unica” (all’interno del testo, bisogna individuare le norme applicabili ai prodotti vitivinicoli), come modificato dal regolamento UE/2127/2021) per effetto della riforma della PAC 2023/2027 (“PAC post-2020”)

Regolamento UE/2126/2021) sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune, che dal 1/1/2023 abroga e sostituisce il regolamento UE 1306/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla medesima materia.
.
Regolamento UE/2125/2021 sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (il quale abroga e sostituisce i regolamenti UE/1305/2013 e UE/1307/2013 sulla medesima materia)
.
.

*  Norme di attuazione per la OCM Vino:

Regolamento UE n.555/2008 della Commissione, concernente i programmi di sostegno, agli scambi con i paesi terzi, il potenziale produttivo ed i controlli nel settore vitivinicolo

Regolamento delegato UE 273/2018, concernente (anche) lo schedario viticolo, le dichiarazioni obbligatorie e le informazioni per il controllo del mercato, i documenti che scortano il trasporto dei prodotti e la tenuta dei registri nel settore vitivinicolo. Tale regolamento fra l’altro abroga il previgente regolamento UE n. 436/2009 della Commissione.

Regolamento 934/2019 della Commissione, recante il  Codice Enologico (che abroga il precedente regolamento UE n.606/2009)

Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione.   Tale regolamento abroga il regolamento UE n.607/2009 della Commissione.

Regolamento di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, del 17 ottobre 2018. , recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le modifiche del disciplinare di produzione, il registro dei nomi protetti, la cancellazione della protezione nonché l’uso dei simboli, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un idoneo sistema di controlli

Si tenga conto che detti regolamenti subiscono modificazioni con una certa frequenza, per cui ne va preso in considerazione il testo consolidato, vigente nel momento che interessa.


Per effetto dei poteri che le sono stati delegati mediante la riforma della PAC nel 2013, la Commissione ha quindi adottato i regolamenti delegati ed esecutivi per l’attuazione delle norme previste dal regolamento sulla OCM Unica.

Cronologicamente, ciò è avvenuto nel seguente modo:

 

Nel 2015 sono  stati pubblicati i due regolamenti concernenti il regime delle autorizzazioni agli impianti viticoli: il 560/2015 (regolamento delegato) ed il 561/2015 (regolamento esecutivo). Essi sono poi stati abrogati a fine 2017, venendo rispettivamente sostituiti dal regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

Nel 2016 ha invece fatto seguito l’emanazione di altri due regolamenti, aventi ad oggetto i programmi di sostegno al settore vitivinicolo:

  • il Regolamento di esecuzione (UE) 2016/1150 della Commissione, del 15 aprile 2016, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo;
  • il Regolamento delegato (UE) 2016/1149 della Commissione, del 15 aprile 2016, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo e che modifica il regolamento (CE) n. 555/2008 della Commissione.

 

A fine 2017 sono intervenute nuove modificazioni alla legislazione attuativa del regolamento base, portate dai già citati regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

 

Agli inizi del 2019 sono stati pubblicati i seguenti regolamenti:

  • Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione;
  • Regolamento di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, del 17 ottobre 2018, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le modifiche del disciplinare di produzione, il registro dei nomi protetti, la cancellazione della protezione nonché l’uso dei simboli, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un idoneo sistema di controlli.

 

Norme apposite vigono per il vino biologico (regolamento di Parlamento e Consiglio .n.848/2018, art.18 e 35 nonché Allegato II, parte VI, la cui disciplina è andata a sostituire quella contenuta nel regolamento della Commissione n.203/2012) ed  i vini aromatizzati (regolamento del Consiglio e del Parlamento Europeo n.251/2014).


Le nuove norme su tutela DOP-IGP per vini, agrifood e liquori



 

DIRITTO ITALIANO

(legislazione vitivinicola italia)

 
* Leggi ed atti equivalenti

Testo Unico Vino“, nel quale sono confluiti i seguenti provvedimenti, ora abrogati di conseguenza:

 


* Decreti del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf)

 

Per orientarsi, è bene distinguere tra:

 

30 novembre 2011, Approvazione dei  disciplinari di produzione dei vini DOP e IGP consolidati e dei relativi fascicoli tecnici

13 agosto 2012, Disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo.

7 novembre 2012 – Procedura a livello nazionale per la presentazione e l’esame delle domande di protezione delle DOP e IGP dei vini e di modifica dei disciplinari, ai sensi del Regolamento CE n. 1234/2007 e del decreto legislativo n. 61/2010. (Gazz. Uff. 24 novembre 2012, n.275).

26 ottobre 2015, Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (UE) della Commissione n.436/2009, inerenti la dichiarazione vendemmia e produzione vinicola.

19 febbraio 2015, n.1213, Conversione in autorizzazione dei diritti reimpianto vigneto.

15 dicembre 2015, n.12272,  Sistema di autorizzazione per gli impianti viticoli,  poi modificato dal D.M. 935 del 13 febbraio 2018 (che, fra l’altro, ha introdotto un quantro comma all’art.10, per evitare speculazioni nell’uso delle autorizzazioni stesse, in particolare i trasferimenti tra Regioni)

23 dicembre 2015, Aspetti procedurali per il rilascio dell’autorizzazione per l’etichettatura transitoria dei vini DOP e IGP.


Per quanto concerne i prelievi dei campioni da analizzare, la disciplina è quella portata dal DPR del 26 marzo 1989, n.327



Decreti MIPAAF su settore vitivinicolo

Circolari AGEA su settore vitivinicolo



Il rispetto di dette disposizioni consente la tracciabilità/rintracciabilità nel settore vitivinicolo.




legislazione vitivinicolA

Brexit tutela denominazioni Regno Unito

La tutela di DOP e IGP nel Regno Unito in seguito alla Brexit : una disciplina vaga e debole (Brexit tutela denominazioni Regno Unito)



BREXIT - Accordo di cooperazione economica tra UE e Regno Unito

BREXIT - Accordo di recesso



Mediante un accordo concluso la vigilia di Natale, è stata scongiurato che il Regno Unito uscisse dall’Unione Europea senza alcun accordo per regolare i successivi rapporti tra i due ordinamenti giuridici (la cosiddetta “Hard Brexit”).

Tuttavia, in materia di tutela delle denominazioni di origine ed indicazioni geografiche, l’accordo tra UE e Regno Unito è decisamente scarno.

Stabilisce infatti l’Accordo tra UE e Regno Unito (art. IP.57):

Noting the relevant provisions of any earlier bilateral agreement between the United Kingdom of the one part and the European Union and European Atomic Energy Community of the other part, the Parties may jointly use reasonable endeavours to agree rules for the protection and effective domestic enforcement of their geographical indications.

Quindi nessun concreto impegno viene assunto dal Regno Unito per tutelare le DOP e IGP europee (e viceversa): le Parti si sono solo impegnate ad impegnarsi per concordare in futuro eventuali regole in materia (” … may jointly use reasonable endeavours to agree rules for the protection …”).

La portata della tutela è allora quella discendente dall’accordo TRIPS (art.22, 23 e 24), cui aderiscono sia il Regno Unito che l’Unione Europea.

Inoltre, nel Regno Unito le DOP e IGP europee troveranno tutela sulla base dei mezzi previsti dalla legge locale.

In altre parole, il Regno Unito regolerà autonomamente la tutela delle denominazioni di origine sul proprio territorio, secondo la propria disciplina nazionale.

Il problema di fondo è che gli Accordi TRIPS sono poco efficaci, sopratutto poiché non vengono individuate quali sono le indicazioni geografiche che devono ricevere protezione.

Di conseguenza, negli ultimi venti anni l’Unione Europea ha concluso una rete di appositi accordi internazionali con molti altri Stati – fra cui: U.S.A, Canada, Sud Africa, Cile, Australia, Giappone, Cina) – per vedere protette sul loro territorio le nostre DOP e IGP.

In tali accordi vengono specificamente individuate quali sono le indicazioni geografiche di ciascuna parte che l’altra deve proteggere.

Esattamente ciò che manca nell’accordo commerciale appena concluso tra UE e Regno Unito!

Nell’accordo commerciale post-Brexit, un’apposita sezione (Parte 2, Titolo V) è dedicata alla proprietà intellettuale, disciplinata mediante 57 articoli: di essi, solo l’ultimo tratta le indicazioni geografiche, nello scarno e vago modo che si è sopra trascritto.

Il problema – costituito dalla mancata individuazione delle indicazioni geografiche da proteggere – nemmeno è superabile per effetto dell’Accordo di Lisbona concluso in sede WIPO (World Intellectual Property Organization), poiché ad esso attualmente non aderisce il Regno Unito, ma la sola Unione Europea.

L’accordo commerciale post-Brexit si applicherà in via provvisoria, sino al momento in cui interverrà la ratifica da parte dei competenti organi nazionali.

Il Parlamento del Regno Unito e quello dell’Unione Europea si sono espressi in senso favorevole, il primo il 30/12/2020 ed il secondo il 28/4/2021.


BREXIT - Circolari Agenzia delle Dogane


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Brexit tutela denominazioni Regno Unito

Brexit tutela denominazioni Regno Unito

Opposizione sanzione amministrativa

Il procedimento di opposizione sanzione amministrativa, previsto dalla legge 689/1981, è quello da seguire per contestare le sanzioni amministrative irrogate per violazioni alle disposizioni del Testo Unico Vino.


Il procedimento per opposizione sanzione amministrativa è disciplinato dalle seguenti disposizioni della legge 689/1981 (infra nel testo oggi vigente):

 

Capo I

LE SANZIONI AMMINISTRATIVE

Sezione I

Principi generali


Art. 1  (Principio di legalità)

Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.

Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati.


Art. 2  (Capacità di intendere e di volere)

Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i diciotto anni o non aveva, in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua colpa o sia stato da lui preordinato.

Fuori dei casi previsti dall’ultima parte del precedente comma, della violazione risponde chi era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.


Art. 3  (Elemento soggettivo)

Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa.


Art. 4  (Cause di esclusione della responsabilità)

Non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima ovvero in stato di necessità o di legittima difesa.

Se la violazione è commessa per ordine dell’autorità, della stessa risponde il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine.

I comuni, le province, le comunità montane e i loro consorzi, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di lucro che svolgono attività socio-assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio sanitario nazionale ed i loro amministratori non rispondono delle sanzioni amministrative e civili che riguardano l’assunzione di lavoratori, le assicurazioni obbligatorie e gli ulteriori adempimenti, relativi a prestazioni lavorative stipulate nella forma del contratto d’opera e successivamente riconosciute come rapporti di lavoro subordinato, purché esaurite alla data del 31 dicembre 1997.


Art. 5  (Concorso di persone)

Quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge.


Art. 6  (Solidarietà)

Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.

Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all’altrui autorità, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell’autorità o incaricata della direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.

Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore, nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l’ente o l’imprenditore è obbligata in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.

Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione.


Art. 7  (Non trasmissibilità dell’obbligazione)

L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi.


Art. 8  (Più violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative)

Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo.

Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

La disposizione di cui al precedente comma si applica anche alle violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 2 dicembre 1985, n.688,  per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato.


Art. 8-bis.  (Reiterazione delle violazioni)

Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.

Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.

La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione.

Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.

La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta.

Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall’autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno.

Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato.


Art. 9  (Principio di specialità)

Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.

Tuttavia quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano che preveda una sanzione amministrativa, si applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest’ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali.

Ai fatti puniti dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni ed integrazioni, si applicano soltanto le disposizioni penali, anche quando i fatti stessi sono puniti con sanzioni amministrative previste da disposizioni speciali in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande.


Art. 10  (Sanzione amministrativa pecuniaria e rapporto tra limite minimo e limite massimo)

La sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma non inferiore a euro 10 e non superiore a euro 15.000. Le sanzioni proporzionali non hanno limite massimo.

Fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, il limite massimo della sanzione amministrativa pecuniaria non può, per ciascuna violazione, superare il decuplo del minimo.


Art. 11  (Criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie)

Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.


Art. 12  (Ambito di applicazione)

Le disposizioni di questo Capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari.


Sezione II

Applicazione


Art. 13  (Atti di accertamento)

Gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.

Possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.

E’ sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o del natante posto in circolazione senza essere coperto dall’assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato il documento di circolazione.

All’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell’art. 333 e del primo e secondo comma dell’art.334 del codice di procedura penale.

E’ fatto salvo l’esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti.


Art. 14  (Contestazione e notificazione)

La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.

Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento.

Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all’autorità competente con provvedimento dell’autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione.

Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche da un funzionario dell’amministrazione che ha accertato la violazione. Quando la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, si osservano le modalità previste dall’articolo 137, terzo comma, del medesimo codice.

Per i residenti all’estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto nel secondo comma dell’art.22 per il giudizio di opposizione.

L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto.


Art. 15  (Accertamenti mediante analisi di campioni)

Se per l’accertamento della violazione sono compiute analisi di campioni, il dirigente del laboratorio deve comunicare all’interessato, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l’esito dell’analisi.

L’interessato può chiedere la revisione dell’analisi con la partecipazione di un proprio consulente tecnico. La richiesta è presentata con istanza scritta all’organo che ha prelevato i campioni da analizzare, nel termine di quindici giorni dalla comunicazione dell’esito della prima analisi, che deve essere allegato all’istanza medesima.

Delle operazioni di revisione dell’analisi è data comunicazione all’interessato almeno dieci giorni prima del loro inizio.

I risultati della revisione dell’analisi sono comunicati all’interessato a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, a cura del dirigente del laboratorio che ha eseguito la revisione dell’analisi.

Le comunicazioni di cui al primo e al quarto comma equivalgono alla contestazione di cui al primo comma dell’art.14 ed il termine per il pagamento in misura ridotta di cui all’art.16 decorre dalla comunicazione dell’esito della prima analisi o, quando è stata chiesta la revisione dell’analisi, dalla comunicazione dell’esito della stessa.

Ove non sia possibile effettuare la comunicazione all’interessato nelle forme di cui al primo e al quarto comma, si applicano le disposizioni dell’art.14 .

Con il decreto o con la legge regionale indicati nell’ultimo comma dell’art.17 sarà altresì fissata la somma di denaro che il richiedente la revisione dell’analisi è tenuto a versare e potranno essere indicati, anche a modifica delle vigenti disposizioni di legge, gli istituti incaricati della stessa analisi.

–> L’importo da versare per ogni richiesta di revisione di analisi è stato attualmente determinato con  Decreto 24 dicembre 2018.

–> Le norme di attuazione previste dal presente comma sono state emanate con D.P.R. 29 luglio 1982, n.571.


Art. 16 (Pagamento in misura ridotta)

E’ ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.

… comma abrogato

Il pagamento in misura ridotta è ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all’entrata in vigore della presente legge non consentivano l’oblazione.


Nota: la possibilità di pagare in via ridotta è esclusa per l’ipotesi di sanzioni conseguenti all’inosservanza di un provvedimento di diffida.


Art. 17  (Obbligo del rapporto)

Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione, salvo che ricorra l’ipotesi prevista nell’art. 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all’ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto.

Deve essere presentato al prefetto il rapporto relativo alle violazioni previste dal testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, dal testo unico per la tutela delle strade, approvato con R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740, e dalla legge 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.

Nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all’ufficio regionale competente.

Per le violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al sindaco.

L’ufficio territorialmente competente è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione.

Il funzionario o l’agente che ha proceduto al sequestro previsto dall’art. 13 deve immediatamente informare l’autorità amministrativa competente a norma dei precedenti commi, inviandole il processo verbale di sequestro.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, in sostituzione del D.P.R. 13 maggio 1976, n. 407, saranno indicati gli uffici periferici dei singoli Ministeri, previsti nel primo comma, anche per i casi in cui leggi precedenti abbiano regolato diversamente la competenza.

Con il decreto indicato nel comma precedente saranno stabilite le modalità relative all’esecuzione del sequestro previsto dall’art. 13, al trasporto ed alla consegna delle cose sequestrate, alla custodia ed alla eventuale alienazione o distruzione delle stesse; sarà altresì stabilita la destinazione delle cose confiscate. Le regioni, per le materie di loro competenza, provvederanno con legge nel termine previsto dal comma precedente.


Art. 18 (Ordinanza-ingiunzione)

Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.

L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto.

Con l’ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l’ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca.

Il pagamento è effettuato all’ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall’art. 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell’ufficio che lo ha ricevuto, all’autorità che ha emesso l’ordinanza.

Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l’interessato risiede all’estero.

La notificazione dell’ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall’ufficio che adotta l’atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890.

L’ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l’ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l’opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l’opposizione, o quando l’ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l’opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.


Art. 19 (Sequestro)

Quando si è proceduto a sequestro, gli interessati possono, anche immediatamente, proporre opposizione all’autorità indicata nel primo comma dell’art. 18, con atto esente da bollo. Sull’opposizione la decisione è adottata con ordinanza motivata emessa entro il decimo giorno successivo alla sua proposizione. Se non è rigettata entro questo termine, l’opposizione si intende accolta.

Anche prima che sia concluso il procedimento amministrativo, l’autorità competente può disporre la restituzione della cosa sequestrata, previo pagamento delle spese di custodia, a chi prova di averne diritto e ne fa istanza, salvo che si tratti di cose soggette a confisca obbligatoria.

Quando l’opposizione al sequestro è stata rigettata, il sequestro cessa di avere efficacia se non è emessa ordinanza-ingiunzione di pagamento o se non è disposta la confisca entro due mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro.


Art. 20 (Sanzioni amministrative accessorie)

L’autorità amministrativa con l’ordinanza-ingiunzione o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall’art. 24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione.

Le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione di cui all’art. 24, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo.

Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento.

In presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza – ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa ovvero quando in relazione ad essa è consentita la messa a norma e quest’ultima risulta effettuata secondo le disposizioni vigenti.

E’ sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento.

La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.


Art. 21 (Casi speciali di sanzioni amministrative accessorie)

Quando è accertata la violazione del primo comma dell’art. 32 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, è sempre disposta la confisca del veicolo a motore o del natante che appartiene alla persona a cui è ingiunto il pagamento, se entro il termine fissato con l’ordinanza-ingiunzione non viene pagato, oltre alla sanzione pecuniaria applicata, anche il premio di assicurazione per almeno sei mesi.

Nel caso in cui sia proposta opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione, il termine di cui al primo comma decorre dal passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l’opposizione ovvero dal momento in cui diventa inoppugnabile l’ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l’opposizione o convalidato il provvedimento opposto ovvero viene dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.

Quando è accertata la violazione dell’ottavo comma dell’art. 58 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, è sempre disposta la confisca del veicolo. (*)

Quando è accertata la violazione del secondo comma dell’art. 14 della legge 30 aprile 1962, n. 283, è sempre disposta la sospensione della licenza per un periodo non superiore a dieci giorni.

(*) La Corte costituzionale, con sentenza 24-27 ottobre 1994, n. 371 (Gazz. Uff. 2 novembre 1994, n. 45 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede la confisca del veicolo privo della carta di circolazione, anche se già immatricolato.


Art. 22 (Opposizione all’ordinanza-ingiunzione)

Salvo quanto previsto dall’articolo 133 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e da altre disposizioni di legge, contro l’ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l’ordinanza che dispone la sola confisca gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria. L’opposizione è regolata dall’articolo 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

[… commi restanti abrogati]


Art. 22-bis (Competenza per il giudizio di opposizione)

[abrogato]


Art. 23 (Giudizio di opposizione)

[abrogato]


Art. 24 (Connessione obiettiva con un reato)

Qualora l’esistenza di un reato dipenda dall’accertamento di una violazione non costituente reato, e per questa non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il giudice penale competente a conoscere del reato è pure competente a decidere sulla predetta violazione e ad applicare con la sentenza di condanna la sanzione stabilita dalla legge per la violazione stessa.

Se ricorre l’ipotesi prevista dal precedente comma, il rapporto di cui all’art. 17 è trasmesso, anche senza che si sia proceduto alla notificazione prevista dal secondo comma dell’art. 14, all’autorità giudiziaria competente per il reato, la quale, quando invia la comunicazione giudiziaria, dispone la notifica degli estremi della violazione amministrativa agli obbligati per i quali essa non è avvenuta. Dalla notifica decorre il termine per il pagamento in misura ridotta.

Se l’autorità giudiziaria non procede ad istruzione, il pagamento in misura ridotta può essere effettuato prima dell’apertura del dibattimento.

La persona obbligata in solido con l’autore della violazione deve essere citata nell’istruzione o nel giudizio penale su richiesta del pubblico ministero. Il pretore ne dispone di ufficio la citazione. Alla predetta persona, per la difesa dei propri interessi, spettano i diritti e le garanzie riconosciuti all’imputato, esclusa la nomina del difensore d’ufficio.

Il pretore, quando provvede con decreto penale, con lo stesso decreto applica, nei confronti dei responsabili, la sanzione stabilita dalla legge per la violazione.

La competenza del giudice penale in ordine alla violazione non costituente reato cessa se il procedimento penale si chiude per estinzione del reato o per difetto di una condizione di procedibilità.


Art. 25 (Impugnabilità del provvedimento del giudice penale)

La sentenza del giudice penale, relativamente al capo che, ai sensi dell’articolo precedente, decide sulla violazione non costituente reato, è impugnabile, oltre che dall’imputato e dal pubblico ministero, anche dalla persona che sia stata solidalmente condannata al pagamento della somma dovuta per la violazione.

Avverso il decreto penale, relativamente al capo che dichiara la responsabilità per la predetta violazione, può proporre opposizione anche la persona indicata nel comma precedente.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice di procedura penale concernenti l’impugnazione per i soli interessi civili.


Art. 26 (Pagamento rateale della sanzione pecuniaria)

L’autorità giudiziaria o amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria può disporre, su richiesta dell’interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che la sanzione medesima venga pagata in rate mensili da tre a trenta; ciascuna rata non può essere inferiore a euro 15. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.

Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato dall’autorità giudiziaria o amministrativa, l’obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in un’unica soluzione.


Art. 27 (Esecuzione forzata)

Salvo quanto disposto nell’ultimo comma dell’art. 22, decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento, l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione procede alla riscossione delle somme dovute in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette, trasmettendo il ruolo all’intendenza di finanza che lo dà in carico all’esattore per la riscossione in unica soluzione, senza l’obbligo del non riscosso come riscosso.

E’ competente l’intendenza di finanza del luogo ove ha sede l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione.

Gli esattori, dopo aver trattenuto l’aggio nella misura ridotta del 50 per cento rispetto a quella ordinaria e comunque non superiore al 2 per cento delle somme riscosse, effettuano il versamento delle somme medesime ai destinatari dei proventi.

Le regioni possono avvalersi anche delle procedure previste per la riscossione delle proprie entrate.

Se la somma è dovuta in virtù di una sentenza o di un decreto penale di condanna ai sensi dell’art. 24, si procede alla riscossione con l’osservanza delle norme sul recupero delle spese processuali.

Salvo quanto previsto nell’art. 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

Le disposizioni relative alla competenza dell’esattore si applicano fino alla riforma del sistema di riscossione delle imposte dirette.


Art. 28 (Prescrizione)

Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

L’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile.


Art. 29 (Devoluzione dei proventi)

I proventi delle sanzioni sono devoluti agli enti a cui era attribuito, secondo le leggi anteriori, l’ammontare della multa o dell’ammenda.

Il provento delle sanzioni per le violazioni previste dalla legge 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci, è devoluto allo Stato.

Nei casi previsti dal terzo comma dell’art. 17 i proventi spettano alle regioni.

Continuano ad applicarsi, se previsti, i criteri di ripartizione attualmente vigenti. Sono tuttavia escluse dalla ripartizione le autorità competenti ad emanare l’ordinanza-ingiunzione di pagamento e la quota loro spettante è ripartita tra gli altri aventi diritto, nella proporzione attribuita a ciascuno di essi.


Art. 30 (Valutazione delle violazioni in materia di circolazione stradale)

Agli effetti della sospensione e della revoca della patente di guida e del documento di circolazione, si tiene conto anche delle violazioni non costituenti reato previste, rispettivamente, dalle norme del testo unico sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, e dalle norme della legge 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.

Per le stesse violazioni, il prefetto dispone la sospensione della patente di guida o del documento di circolazione, quando ne ricorrono le condizioni, anche se è avvenuto il pagamento in misura ridotta. Il provvedimento di sospensione è revocato, qualora l’autorità giudiziaria, pronunziando ai sensi degli artt. 23, 24 e 25, abbia escluso la responsabilità per la violazione.

Nei casi sopra previsti e in ogni altro caso di revoca o sospensione del documento di circolazione da parte del prefetto o di altra autorità, il provvedimento è immediatamente comunicato al competente ufficio provinciale della motorizzazione civile.


Art. 31 (Provvedimenti dell’autorità regionale)

I provvedimenti emessi dall’autorità regionale per l’applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro non sono soggetti al controllo della Commissione prevista dall’art. 41 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.

L’opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione è regolata dagli artt. 22 e 23.



Nel caso di opposizione sanzione amministrativa, occorre valutare fra l’altro se la contestazione della violazione è avvenuta in modo adeguato e corretto.

Al riguardo, il Tribunale di Taranto (sentenza 8 luglio 2021) ha stabilito:

Per quanto la contestazione non rappresenti il vero e proprio provvedimento irrogativo della sanzione, essa assolve un ruolo determinante nell’ambito del procedimento sanzionatorio, risultando funzionale all’esercizio del diritto di difesa, posto che attraverso il verbale si rappresenta ad un determinato soggetto il fatto del quale egli deve rispondere sul piano sanzionatorio amministrativo, affinché l’interessato possa valutare se e come predisporre le proprie difese.

Ne consegue che, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, “l’atto di contestazione deve contenere gli estremi di fatto e di diritto della violazione, che successivamente non possono essere modificati dall’amministrazione” (Cass. n. 23018/2006) e che “sussiste la violazione del principio tra fatto contestato e fatto assunto a base della sanzione irrogata, previsto dall’art. 14 l. 689/81, tutte le volte in cui la sanzione venga comminata per una fattispecie, individuata nei suoi elementi costitutivi e nelle circostanze rilevanti delineate dalla norma, diversa da quella attribuita al trasgressore in sede di contestazione, posto che in tali casi viene leso il diritto di difesa del trasgressore medesimo

Decreto controlli vini senza DOC DOCG IGT

I controlli sui vini non DOC, DOCG o IGT (decreto controlli vini senza denominazione o indicazione geografica) sono disciplinati dall’apposito decreto ministeriale 6778 del 18/7/2018, attuativo del Testo Unico Vino.


I vini non DOP o IGP,  etichettatti con l’indicazione del vigneto (vini varietali) e/o con l’indicazione dell’annata, sono soggetti ai controlli previsito dal Decreto controlli vini senza DOC DOCG IGT.

Per quanto concerne i vini varietali, però, non è possibile indicare sull’etichetta qualsiasi vitigno, ma solo quelli consentiti (come individuati dal DM 13 agosto 2012 sull’etichettatura, attualmente in fase di revisione).


I controlli sui vini con denominazione o indicazione geografica sono invece disciplinati dal D.M. 7552/2018.


 

DECRETO MINISTERIALE 18 luglio 2018.

Sistema dei controlli e vigilanza per i vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta e sono designati con l’annata e il nome delle varietà di vite, ai sensi dell’articolo 66, della legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.

    • pubblicato nella Gazz. Uff. 21 settembre 2018, n. 220.
    • emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE

ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO

Visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e successive modifiche ed integrazioni, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e, in particolare, l’art. 120;

Visto il regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017 che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompagnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbligatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) n. 555/2008, (CE) n. 606/2009 e (CE) n. 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) n. 2015/560 della Commissione;

Visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/274 della Commissione, dell’11 dicembre 2017, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbligatorie, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/561 della Commissione;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino e, in particolare, l’art. 66 che stabilisce che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono fissate le procedure e le modalità per il controllo per le produzioni dei vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta designati con l’annata e il nome delle varietà di vite;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 19 marzo 2010, n. 381 recante approvazione dello schema di piano dei controlli, in applicazione dell’art. 63 del regolamento (CE) n. 607 del 2009;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 16 febbraio 2012 recante il sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 13 agosto 2012 recante disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione e del decreto legislativo n. 61/2010, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 marzo 2015, n. 293, recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivinicolo, ai sensi dell’articolo l-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

Visto il decreto dipartimentale 12 marzo 2015, n. 271, che, in attuazione alle disposizioni di cui all’art. 6, commi 1 e 2, del citato decreto ministeriale del 16 febbraio 2012, ha stabilito le modalità di funzionamento della banca dati vigilanza;

Ritenuto di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 66 della legge 12 dicembre 2016, n. 238, con l’emanazione di norme sul sistema dei controlli e vigilanza sui vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta designati con l’annata e il nome delle varietà di vite;

Sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e province autonome in data 19 aprile 2018;

Sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale;

Decreta:

Art. 1. Scopo e ambito di applicazione

1. Il presente decreto ministeriale, di seguito decreto, disciplina, in attuazione dell’art. 66 della legge 12 dicembre 2016, n. 238, di seguito legge, il sistema di controllo e vigilanza per vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta e sono designati con l’annata e/o il nome delle varietà di vite.

2. Le disposizioni di cui al presente decreto non si applicano agli operatori che commercializzano vini designati con l’indicazione dell’annata di produzione delle uve o del nome di una varietà di uve da vino ottenuti esclusivamente dalla riclassificazione o dal declassamento di prodotti a denominazione di origine protetta e ad indicazione geografica protetta effettuate dai medesimi operatori.

Art. 2. Definizioni e termini

1. Ai fini del presente decreto, si intende per:

a) «Ministero» e «Ministro»: il Ministero e il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
b) «ICQRF»: il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del Ministero;
c) «ufficio territoriale» l’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per il luogo ove ha sede lo stabilimento o il deposito dell’operatore obbligato o interessato;
d) «Regioni e PP.AA.»: le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
e) «operatori»: viticoltori, vinificatori, imbottigliatori, confezionatori, intermediari e altri operatori;
f) «SIAN»: il sistema informativo agricolo nazionale, di cui all’art. 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194 e i sistemi informativi regionali ove presenti;
g) «organismo di controllo/organismi di controllo»: persona giuridica pubblica o privata a cui l’autorità competente ha delegato compiti di controllo, ai sensi dell’art. 2, secondo comma, punto 5), del regolamento (CE) n. 882/2004 e che operano come organismi di certificazione dei prodotti secondo i criteri fissati nell’art. 5 di detto regolamento;
h) «fascicolo aziendale/di controllo»: insieme delle informazioni e dei documenti funzionali all’attività di controllo di cui dispongono gli organismi di controllo, relativi a ogni operatore immesso nel sistema di controllo e alle attività di tale operatore;
i) «vigilanza»: complesso delle attività svolte dall’autorità competente, attraverso l’organizzazione di audit o ispezioni, finalizzate a verificare che non sussistano carenze di requisiti e carenze dell’Organismo di controllo nell’espletamento dei compiti delegati e che per la risoluzione di tali carenze, ove rilevate, lo stesso abbia adottato correttivi appropriati e tempestivi.
j) «BdV »: la Banca dati vigilanza istituita ai sensi decreto ministeriale del 16 febbraio 2012 recante Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate;
k) «schedario viticolo»: lo strumento previsto dall’art. 145 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e dal regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017, parte integrante del SIAN nonché del Sistema integrato di gestione e controllo (SIGC) e dotato di un sistema di identificazione geografica (GIS), contenente informazioni aggiornate sul potenziale produttivo;
l) «registro telematico»: il registro tenuto con modalità telematiche, ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 marzo 2015, n. 293 nel quale, per ogni stabilimento e deposito dell’impresa, sono indicate le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli.

Art. 3. Sistema di controllo e vigilanza

1. Il Ministero è l’autorità competente per l’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dei vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta e sono designati con l’annata e il nome delle varietà di vite.

2. La verifica del rispetto della veridicità delle indicazioni facoltative è affidata agli organismi di controllo iscritti nell’elenco, di cui all’art. 64, comma 4, della legge e agli organismi di controllo, di cui all’art. 14, della legge 21 dicembre 1999, n. 526.

3. Il Ministero esercita l’attività di vigilanza attraverso l’ICQRF.

4. Gli organismi di controllo di cui al comma 2 sono inseriti in appositi elenchi pubblicati sul sito istituzionale del Ministero.

5. Gli operatori che intendono commercializzare prodotti vitivinicoli, confezionati e sfusi, che riportano le indicazioni facoltative relative all’annata e/o al nome di una o più varietà di uve da vino sono tenuti a sottoporsi al controllo da parte di uno dei soggetti di cui al comma 2.

6. Gli operatori comunicano l’organismo di controllo scelto all’ICQRF, alle regioni ed all’ufficio territoriale, in cui ha sede lo stabilimento.

Art. 4. Procedura per il controllo

1. Gli organismi di controllo garantiscono la veridicità delle indicazioni facoltative indicate nel sistema di etichettatura dei vini di cui all’articolo l attraverso la verifica delle informazioni acquisite nel rispetto delle modalità indicate nei commi successivi.

2. L’acquisizione delle informazioni necessarie per consentire agli organismi di controllo la verifica del carico e delle operazioni di imbottigliamento avviene attraverso i servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN.

3. Per i soggetti esonerati, ai sensi dell’art. 58, comma 2, della legge, l’acquisizione delle informazioni avviene attraverso la consultazione della dichiarazione di produzione, della dichiarazione di giacenza e della documentazione di accompagnamento e commerciale, che deve essere trasmessa a cura degli stessi agli organismi di controllo. Tali soggetti sono tenuti, altresì, a comunicare preventivamente all’organismo di controllo l’inizio delle operazioni di imbottigliamento e il numero di lotto attribuito alla partita e, nel caso di vini sfusi commercializzati verso gli stati membri o paesi terzi, anche la data di inizio delle spedizioni.

4. Fino alla realizzazione delle apposite funzionalità in ambito SIAN, in caso di cessione o trasferimento di prodotto con indicazioni facoltative indicate nel sistema di etichettatura dei vini di cui all’articolo 1, l’operatore aggiorna il registro telematico, relativamente al prodotto movimentato, entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello della cessione o trasferimento.

5. Fino alla realizzazione delle apposite funzionalità in ambito SIAN, l’operatore è tenuto a comunicare preventivamente all’organismo di controllo l’inizio delle operazioni di imbottigliamento e il numero di lotto attribuito alla partita.

6. Gli obblighi di cui ai commi 2, 3 e 4, possono essere assolti dall’operatore con la trasmissione all’organismo di controllo, nei tempi ivi previsti, delle informazioni utili per la verifica del carico e dello scarico, del documento di accompagnamento del prodotto e della comunicazione di avvenuto imbottigliamento. Restano, comunque, fermi gli obblighi aggiornamento del registro telematico nei termini di cui al decreto 20 marzo 2015 n. 293.

7. L’organismo di controllo comunica all’operatore e all’ICQRF le non conformità rilevate nel corso delle verifiche, entro tre giorni dall’accertamento.

8. Gli Organismi di controllo trasmettono all’ICQRF ed alle regioni e PP.AA. competenti, entro il 31 gennaio, una relazione annuale sull’attività di controllo svolta.

9. Gli obblighi informativi posti a carico degli organismi di controllo sono assolti attraverso il caricamento delle relative informazioni nella BdV.

10. Gli organi di controllo ufficiali tengono conto, ai fini della programmazione delle attività di controllo, delle verifiche eseguite dagli organismi di controllo e dei relativi esiti, attraverso la consultazione del registro unico controlli ispettivi di cui articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.

Art. 5. Tariffe e modalità di pagamento

1. Il costo del servizio di controllo è calcolato in funzione dei quantitativi di prodotto di cui all’art. 1 commercializzati.

2. Gli organismi di controllo, nella determinazione delle tariffe, tengono conto dei minori costi derivanti dall’utilizzo delle funzionalità realizzate nell’ambito dei servizi del SIAN e rendono pubblici sui propri siti internet i tariffari applicati.

Art. 6. Disposizioni finali

1. Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito istituzionale del Ministero.

2. Il decreto ministeriale 19 marzo 2010, n. 381, è abrogato.



La resa massima di uva per ettaro è fissata dal Testo Unico Vino all’art.8, commi 10 e 10 bis, oltre che dal relativo decreto attuativo.


 

decreto consorzi tutela vini

ll decreto ministeriale 18/7/2018 regola la costituzione e la gestione dei consorzi tutela vini a denominazione ed indicazione geografica (decreto consorzi tutela vini), dando così attuazione al Testo Unico Vino.


DECRETO MINISTERIALE 18 luglio 2018.

Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche dei vini (decreto consorzi tutela vini).

  • pubblicato nella Gazz. Uff. 5 ottobre 2018, n. 232.
  • emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE

ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della commissione del 14 luglio 2009 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (di seguito denominata «Legge»);

Visto l’art. 41 della Legge, concernente disposizioni generali sui consorzi di tutela per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche protette;

Visto in particolare l’art. 41, comma 4, lettere a) e b) il quale prevede la possibilità per il consorzio di tutela di contribuire a migliorare il coordinamento dell’immissione sul mercato della denominazione tutelata, la definizione di piani di miglioramento della qualità del prodotto nonché di organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione ed alla commercializzazione della denominazione tutelata;

Visto inoltre l’art. 41, comma 5 il quale dispone che il consorzio di tutela svolge l’attività di vigilanza, prevalentemente nella fase del commercio, sotto il coordinamento dell’ICQRF ed in raccordo con le regioni, avvalendosi, per lo svolgimento di tale attività, di agenti vigilatori ai quali è attribuita la qualifica di pubblica sicurezza;

Visto altresì il comma 7 del citato art. 41 che prevede l’individuazione delle procedure e delle modalità in base alle quali il consorzio di tutela riconosciuto garantisce una corretta e trasparente informazione sulle funzioni svolte ai sensi dell’art. 41, comma 4, a tutti i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione tutelata;

Visto inoltre il comma 8 del citato art. 41 il quale prevede la determinazione dei criteri e delle modalità per richiedere, da parte del consorzio di tutela riconosciuto ad esercitare le funzioni di cui all’art. 41, comma 4, ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione tutelata al momento della loro immissione al sistema di controllo, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201;

Visto l’art. 41, comma 12, il quale prevede l’emanazione di un decreto nel quale siano stabilite le condizioni per consentire ai consorzi di svolgere le attività di promozione, valorizzazione tutela, vigilanza, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini per i quali risultano incaricati;

Visto altresì l’art. 41, comma 12, ultimo periodo della Legge, il quale dispone che siano individuate le cause di incompatibilità degli organi amministrativi dei consorzi di tutela, comprese altresì le cause di incompatibilità relative agli incarichi dirigenziali svolti presso i consorzi di tutela;

Visto l’art. 39 della Legge che prevede la possibilità per i consorzi di tutela, in particolari annate climatiche, di formulare alle regioni proposte relative all’attuazione della gestione delle produzioni;

Visto l’art. 44 della Legge ed in particolare il comma 9, il quale prevede che il consorzio di tutela rappresentativo ai sensi dell’art. 41, comma 4 rilascia l’autorizzazione all’utilizzo del riferimento ad una DOP o IGP tutelata, nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di prodotti composti, elaborati o trasformati;

Visto l’art. 82 della Legge che stabilisce che siano comminate sanzioni nei confronti del consorzio di tutela autorizzato che non ottemperi alle prescrizioni ed agli obblighi che derivano dal decreto di riconoscimento;

Visti l’art. 90 della Legge ed in particolare il comma 3 il quale prevede l’applicazione, fino all’emanazione dei decreti applicativi della legge, delle disposizioni dei decreti attuativi emanati ai sensi della preesistente normativa nazionale e dell’Unione europea che non siano in contrasto con le materie disciplinate dalla legge e dalla normativa europea;

Visto l’art. 91 della Legge che disciplina, in particolare, al comma 1, lettera c) l’abrogazione del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61;

Considerato che l’art. 41 della Legge non disciplina il riconoscimento dei consorzi di tutela delle sottozone dei vini DOP e ritenuto, tuttavia, opportuno prevedere un periodo transitorio di un anno per consentire la cessazione degli incarichi conferiti ai consorzi predetti, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo citato;

Considerato che la vigilanza sui consorzi di tutela dei vini è esercitata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi del decreto dipartimentale n. 7422 del 12 maggio 2010 recante disposizioni generali in materia di verifica delle attività attribuite ai consorzi di tutela;

Ritenuto opportuno disciplinare compiutamente le modalità di riconoscimento e conferimento dell’incarico a svolgere le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini;

Ritenuto inoltre necessario disciplinare l’attività di vigilanza svolta dal consorzio di tutela ai sensi dell’art. 41, comma 1, lettera e) e comma 4, lettera e) della Legge da espletare prevalentemente nella fase di mercato nonché disciplinare le modalità di rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 44;

Ritenuto altresì opportuno disciplinare le modalità per i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione per accedere alle informazioni relative ai costi sostenuti dal consorzio incaricato a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, secondo criteri di trasparenza e chiarezza nonché di stabilire le disposizioni in base alle quali richiedere il contributo di avviamento ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione al momento della loro immissione al sistema di controllo della denominazione stessa;

Ritenuto necessario, inoltre, disciplinare le modalità per approvare le proposte dei consorzi di tutela, avanzate alle regioni ai sensi dell’art. 39 della Legge;

Visto il parere favorevole della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano reso nella seduta del 19 aprile 2018;

Decreta:


Art. 1. Definizioni

Ai fini del presente decreto si intendono:

a) Legge: la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino;
b) Decreto legislativo: il decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61 recante la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell’art. 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88;
c) Decreto dipartimentale: il decreto dipartimentale 12 maggio 2010, n. 7422 recante le disposizioni generali in materia di verifica delle attività attribuite ai consorzi di tutela;
d) DIQPAI: il Dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare e dell’ippica del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – ufficio PQAI IV;
e) ICQRF: il Dipartimento dell’ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari;
f) PREF: la Direzione generale della prevenzione e del contrasto alle frodi agro-alimentari dell’ICQRF;
g) VICO: la Direzione generale per il riconoscimento degli organismi di controllo e di certificazione e tutela del consumatore dell’ICQRF;
h) Piano: lo strumento adottato dai consorzi in applicazione dell’art. 41, comma 4, lettera b), della legge, al fine di regolare l’offerta allo scopo di migliorare e stabilizzare il funzionamento del mercato comune dei vini, comprese le uve, i mosti e vini da cui sono ottenuti.


Art. 2. Disposizioni generali

1. I consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini sono costituiti ai sensi dell’art. 2602 e ss. del codice civile fra i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge.

2. Il consorzio di tutela, riconosciuto ed incaricato con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, svolge le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge, ovvero, qualora dimostri la rappresentatività nella compagine sociale del consorzio di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento della produzione di competenza dei vigneti dichiarati a DOP o IGP, calcolata sulla base del quantitativo rivendicato e/o certificato, negli ultimi due anni, inteso come media, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC, può svolgere anche le funzioni di cui all’art. 41, comma 4.

3. Le percentuali di rappresentanza relative alla produzione di competenza dei vigneti iscritti nello schedario viticolo indicate al precedente comma sono determinate considerando la produzione oggetto di lavorazione di una qualsiasi fase della filiera (viticoltura, vinificazione ed imbottigliamento), fatto salvo il divieto di considerare più di una volta il prodotto originato dalle uve ottenute dai medesimi vigneti iscritti.

4. Il 66% della produzione di cui al precedente comma 2 deve essere composto per almeno il 33% da prodotto certificato ed imbottigliato.


Art. 3. Statuto

1. Il consorzio di tutela che intende ottenere il riconoscimento ministeriale trasmette al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali lo statuto che deve contenere, ai fini dell’approvazione, fatte salve le previsioni del codice civile:

a) il nome della denominazione per la quale il consorzio opera;
b) le modalità per l’ammissione al consorzio, garantendo espressamente l’accesso, senza discriminazione, in maniera singola o associata, esclusivamente ai viticoltori, ai vinificatori ed agli imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge, della DO o della IG tutelata;
c) gli obblighi degli associati, le modalità per la loro esclusione e/o l’esercizio della facoltà di recesso, che deve essere sempre consentita;
d) l’individuazione e le funzioni degli organi sociali (Assemblea, Consiglio di amministrazione, Presidente, Organo di controllo);
e) norme per la nomina dell’organo di controllo che, se costituito in forma collegiale deve prevedere che almeno un membro effettivo ed uno supplente siano scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili; se costituito in forma monocratica, deve prevedere che il sindaco unico sia scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro;
f) modalità di nomina dei componenti degli organi sociali secondo i criteri di rappresentanza fissati dall’art. 41 della Legge e dal presente decreto nonché le norme di funzionamento degli organi medesimi;
g) norme relative alle modalità di voto e rappresentanza delle diverse categorie della filiera all’interno del consorzio;
h) norme che garantiscano l’autonomia decisionale in tutte le istanze consortili, nel caso in cui il consorzio operi per più DO ed IG;
i) norme per il componimento amichevole nella forma dell’arbitrato – anche irrituale – delle eventuali controversie che dovessero insorgere tra i soci ovvero tra i soci e il consorzio e tutte le controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci, ovvero nei loro confronti, o che abbiano per oggetto la validità di delibere assembleari.


Art. 4. Rappresentanza all’interno del consorzio di tutela per lo svolgimento delle funzioni i cui all’art. 41, comma 1 della Legge

1. Per ottenere il riconoscimento ministeriale e poter quindi perseguire le finalità di cui all’art. 41, comma 1, lettere da a) ad e), il consorzio di tutela deve essere rappresentativo di almeno il 35 per cento dei viticoltori e di almeno il 51 per cento, per cento della produzione di competenza dei vigneti dichiarati a DOP o IGP, calcolata sulla base del quantitativo rivendicato e/o certificato, negli ultimi due anni, inteso come media, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC.

2. Il 51% della produzione di cui al precedente comma 1 deve essere composto per almeno il 25% da prodotto certificato ed imbottigliato.

3. Nel caso in cui il riconoscimento sia richiesto da un consorzio di tutela per più denominazioni, così come previsto dall’art. 41, comma 2 della Legge, la percentuale di rappresentanza, così come individuata al precedente comma 1, deve sussistere per ciascuna denominazione protetta per la quale il consorzio di tutela è incaricato.


Art. 5. Rappresentanza all’interno del consorzio di tutela per lo svolgimento delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge

1. Il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi del precedente art. 4 ed incaricato con decreto ministeriale a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge, che intende esercitare nell’interesse della DO o IG per il quale risulta incaricato e nei confronti di tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG, anche non aderenti, le funzioni di cui all’art. 41, comma 4, è tenuto a dimostrare la rappresentatività nella compagine sociale di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento, inteso come media, della produzione rivendicata e/o certificata, di competenza dei vigneti dichiarati a DO o IG negli ultimi due anni, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC.

2. Nel caso in cui le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della legge siano esercitate da un consorzio di tutela per più denominazioni, così come previsto dall’art. 41, comma 2 della citata Legge, la percentuale di rappresentanza, così come individuata al precedente comma 1, deve sussistere per ciascuna denominazione protetta per la quale il consorzio è incaricato.


Art. 6. Gestione delle attività dei consorzi di tutela

1. Le attività di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, sono svolte dal consorzio di tutela incaricato nel rispetto dei principi e delle modalità di seguito indicati.

2. Ai sensi di quanto previsto dall’art. 39, comma 1 e comma 2, della Legge, al fine di salvaguardare e tutelare la qualità del prodotto a DO o IG e contribuire ad un migliore coordinamento dell’immissione sul mercato della DO o IG tutelata, il consorzio di tutela formula alle regioni proposte relative all’attuazione della gestione delle produzioni, fatto salvo quanto già eventualmente disciplinato dalle regioni in conformità alla Legge.

3. Le proposte avanzate dal consorzio di tutela, ai sensi del precedente comma 2, devono essere adottate in sede di assemblea ordinaria, dopo aver dato ampia diffusione della citata proposta agli utilizzatori inseriti nel sistema di controllo della denominazione.

4. La regione, su proposta del consorzio di tutela adottata ai sensi del precedente comma 3 ed acquisito il parere delle organizzazioni rappresentative della filiera regionale, fissa con provvedimento regionale gli strumenti di gestione delle produzioni di cui all’art. 39 della Legge. Il provvedimento regionale deve essere adottato entro trenta giorni dal ricevimento della proposta, in coerenza con gli obiettivi proposti con l’intervento del consorzio di tutela e comunque, ad eccezione della riduzione della resa massima di vino classificabile come DO, prima dell’inizio della campagna vendemmiale.

5. Il consorzio di tutela al fine di organizzare e coordinare le attività delle categorie della filiera interessate alla produzione ed alla commercializzazione della denominazione tutelata può adottare e presentare un «Piano» nel rispetto dei principi di cui all’art. 167 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e di quanto disposto dai successivi commi 6 e 7 del presente articolo. Il Piano non può in alcun caso riguardare la fissazione dei prezzi.

6. La proposta di Piano di cui al precedente comma, elaborata previa consultazione dei rappresentanti di categoria della denominazione interessata, e dopo ampia diffusione agli utilizzatori inseriti nel sistema di controllo della denominazione, può essere presentata dal consorzio di tutela soltanto ove approvata in sede di assemblea da almeno l’85 per cento dei soci iscritti al consorzio di tutela e da almeno il 51 per cento dei soggetti viticoltori che rappresentano almeno il 66 per cento della produzione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG, intesi come media negli ultimi due anni. Le modalità di voto sono quelle di cui all’art. 8. La proposta di Piano è presentata dal consorzio al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – DIQPAI e contestualmente inviata per conoscenza alle regioni nel cui territorio ricade la DO o IG oggetto del Piano.

7. Il DIQPAI decide sulla proposta di Piano entro tre mesi dalla presentazione della proposta. In mancanza di una decisione espressa la proposta di Piano si intende rigettata. Il Piano di produzione approvato dal DIQPAI è vincolante per tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG tutelata dal consorzio di tutela, anche non aderenti. Il provvedimento è pubblicato sul sito Internet del Ministero e notificato alla commissione europea, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013. Il Piano ha una durata di tre anni dalla data di pubblicazione, salva la sua revisione nel triennio con il medesimo procedimento di approvazione ove intervengano modifiche nei presupposti o nelle prospettive di mercato. Alla scadenza del Piano il consorzio di tutela può presentare una nuova proposta di Piano.

8. La denominazione è tutelata ai sensi dell’art. 103 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 e dell’art. 90, par. 1, del Regolamento (UE) n. 1306/2013 ed il consorzio di tutela incaricato, ai sensi dell’art. 41 della Legge, può esercitare e promuovere ogni azione avanti a qualsiasi organo e qualsiasi giurisdizione, sia nazionale che internazionale, per la tutela e la salvaguardia della denominazione.


Art. 7. Attività di vigilanza dei consorzi di tutela

1. L’attività di vigilanza, di cui all’art. 41, comma 1, lettera e) e comma 4, lettera e) della Legge, è svolta dal consorzio di tutela in collaborazione e sotto il coordinamento dell’ICQRF, prevalentemente nella fase del commercio, attraverso la definizione di un programma di vigilanza, che ha durata triennale, salvo modifiche.

2. L’attività di vigilanza di cui al precedente comma 1 consiste nelle seguenti azioni:

a. nella verifica che le produzioni tutelate rispondano ai requisiti previsti dai disciplinari di produzione. Tali attività di verifica sono espletate solo successivamente all’avvenuta certificazione;
b. nella vigilanza operata sui prodotti similari, prodotti e/o commercializzati sul territorio dell’Unione europea che, con false indicazioni sull’origine, la specie, la natura e le qualità specifiche dei prodotti medesimi, possano ingenerare confusione nei consumatori e recare danno alle produzioni DO e IG.
c. per il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41, comma 4, nella vigilanza sull’utilizzo del riferimento ad una DO o IG nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto composto, elaborato o trasformato, da parte dei soggetti che ha autorizzato ai sensi dell’art. 44 della Legge.

3. Il consorzio di tutela in nessun modo può effettuare verifiche sull’attività svolta dagli organismi di controllo né può svolgere attività di autocontrollo sulle produzioni.

4. Il coordinamento delle attività di cui al precedente comma 2 è affidato all’ufficio territoriale dell’ICQRF territorialmente competente per ogni singola DO o IG.

5. Nell’ipotesi in cui l’area di produzione della DO o IG ricada su un territorio di competenza di più uffici territoriali dell’ICQRF, l’ufficio competente al coordinamento dell’attività di vigilanza di cui al precedente comma 1 è quello competente per il territorio ove il consorzio di tutela ha la sede legale.

6. Il programma di vigilanza da effettuarsi sulle singole DO o IG di cui al precedente comma 1, elaborato dall’ufficio territoriale dell’ICQRF territorialmente competente e dal consorzio di tutela, deve contenere i seguenti elementi:

a. modalità e numero delle visite ispettive da effettuare;
b. numero dei campioni da prelevare;
c. vigilanza da espletare sulle produzioni similari;
d. individuazione laboratori accreditati ove effettuare le analisi dei campioni prelevati, preventivamente anonimizzati;
e. modalità di rendicontazione.

7. Il programma di vigilanza è predisposto secondo le linee guida impartite dall’ICQRF sulla base delle indicazioni di cui al comma 6 ed è trasmesso a cura dell’ufficio territoriale alla PREF che, previa approvazione da parte della stessa PREF, provvederà ad inviarlo per opportuna conoscenza alla regione o provincia autonoma interessata per territorio e al DIQPAI.

8. Il consorzio di tutela elabora un rendiconto dell’attività svolta nell’anno precedente, secondo le linee guida di cui al comma 6 e lo trasmette entro il mese di marzo dell’anno successivo, al competente ufficio territoriale dell’ICQRF, che lo invia alla PREF e per conoscenza alla regione o provincia autonoma interessata per territorio. Il rendiconto viene trasmesso dal consorzio di tutela al DIQPAI nell’ambito della relazione di cui al decreto dipartimentale e successive integrazioni e modifiche.

9. Il consorzio di tutela informa tempestivamente il competente ufficio territoriale dell’ICQRF in merito alle operazioni non pianificate a norma del precedente comma, nonché sulle segnalazioni ricevute in ordine ad eventuali violazioni concernenti la tutela e la salvaguardia delle produzioni dei vini DO e IG.

10. Qualora dalla vigilanza sulla commercializzazione dovesse emergere l’esigenza di effettuare verifiche nelle fasi di produzione, vinificazione e confezionamento, il consorzio di tutela è tenuto ad informare il competente ufficio territoriale dell’ICQRF. Nell’organizzazione della conseguente attività di vigilanza della denominazione, il direttore dell’ufficio territoriale competente – sempre nel rispetto di quanto previsto dal precedente comma 3 – può avvalersi anche degli agenti vigilatori del consorzio di tutela.

11. Le attività di cui all’art. 41, comma 1 lettera e) e comma 4 lettera e) della legge sono svolte dagli agenti vigilatori del consorzio di tutela dei vini DO ed IG ai quali è attribuita nei modi e nelle forme di legge la qualifica di agente di pubblica sicurezza.

12. Il rilascio della tessera di riconoscimento della qualifica di agente vigilatore è di competenza del DIQPAI.

13. I campioni prelevati dagli agenti vigilatori di cui al precedente comma 12 vengono analizzati dai laboratori individuati ai sensi del comma 6, lettera d) del presente articolo. Il proprietario della partita oggetto di prelevamento può chiedere il pagamento del campione al prezzo di acquisto.

14. Il costo delle analisi dei campioni, prelevati dal consorzio di tutela nell’ambito della loro collaborazione all’attività di vigilanza, grava sui bilanci del medesimo consorzio.

15. Gli agenti vigilatori del consorzio di tutela, aventi qualifica di agente di pubblica sicurezza, qualora nel corso dell’attività di vigilanza accertino:

a. illeciti di natura penale, redigono l’informativa della notizia di reato e l’inoltrano all’autorità giudiziaria competente, trasmettendone copia, previa autorizzazione della medesima autorità, al direttore dell’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per territorio;
b. gli illeciti amministrativi di cui all’art. 74 della Legge, provvedono ai sensi dell’art. 41 comma 6 della legge a contestarli e notificarli al trasgressore nei tempi e nei modi previsti dalla legge 24 novembre 1981 n. 689. Inoltre, i medesimi agenti vigilatori provvedono a presentare il rapporto, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689 del 1981, con la prova delle avvenute contestazioni e notificazioni, all’ufficio dell’ICQRF competente per territorio.

16. L’attuazione delle disposizioni dell’articolo grava sulle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri sulla finanza pubblica.


Art. 8. Modalità di voto

1. Lo statuto del consorzio di tutela deve assicurare a ciascun consorziato avente diritto ed appartenente alle categorie viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori l’espressione del voto.

2. A ciascun consorziato avente diritto (appartenente alle categorie dei viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori) deve essere assicurata l’espressione di un voto con valore ponderale rapportato alla quantità di prodotto ottenuto nella campagna vendemmiale immediatamente precedente la data dell’assemblea (rispettivamente uva denunciata, vino denunciato, vino imbottigliato). La ponderazione può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.

3. Qualora il consorziato svolga contemporaneamente due o tre attività produttive, il voto è cumulativo delle attività svolte.

4. Nel caso in cui il consorzio di tutela sia riconosciuto per più denominazioni, il valore del voto è determinato dalla somma dei singoli valori di voto allo stesso consorziato spettanti per ciascuna DO o IG.

5. L’adesione in forma associativa dei soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione a tutela della quale opera il consorzio, ai fini della manifestazione del voto e a condizione della espressa delega dei singoli, consente l’utilizzo cumulativo delle singole quote di voto.


Art. 9. Ripartizione dei costi relativi alle funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge

1. I costi derivanti dall’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 1 sono ripartiti esclusivamente tra i soci del consorzio di tutela.

2. La quota da porre a carico di ciascuna categoria della filiera (viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori) è stabilita dal consorzio di tutela e commisurata alla quantità di prodotto DO o IG (uva, vino denunciato, vino imbottigliato) sottoposto al sistema di controllo nella campagna vendemmiale immediatamente precedente l’anno nel quale vengono attribuiti i costi.

3. La commisurazione della quota di cui al precedente comma 2 può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.


Art. 10. Ripartizione dei costi relativi alle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge

1. I costi derivanti dall’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge sono determinati dal consorzio di tutela e sono posti a carico di tutti i soci del consorzio di tutela e di tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge, anche se non aderenti al consorzio di tutela.

2. I contributi di cui al precedente comma 1 sono costituiti da tariffe applicabili a ciascun socio e agli altri soggetti imponibili viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sulla base della quantità di prodotto DO o IG (uva, vino denunciato, vino imbottigliato) sottoposto al sistema di controllo nella campagna vendemmiale immediatamente precedente l’anno nel quale vengono attribuiti i costi.

3. La commisurazione dei contributi di cui al precedente comma 2 può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.

4. I contributi di cui al presente articolo devono essere riportati in bilancio in conti separati.


Art. 11. Contributo di avviamento di cui all’art. 41, comma 8 della Legge

1. Il consorzio di tutela che svolge le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, può richiedere ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione al momento dell’immissione nel sistema di controllo, di cui all’art. 64 della Legge, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201.

2. La quota del contributo di avviamento indicata al precedente comma 1, è determinata con delibera del Consiglio di amministrazione ed è stabilita in misura fissa, e non superiore al contributo determinato ai sensi dell’art. 10, comma 2.

3. L’entità della quota determinata può essere diversificata per le diverse denominazioni tutelate dal consorzio di tutela e per le categorie della filiera (viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori).

4. Qualora un nuovo soggetto utilizzatore sia immesso nel sistema di controllo per più di una fra le denominazioni tutelate dal consorzio di tutela, è tenuto, al pagamento del contributo di avviamento, laddove richiesto dal consorzio di tutela, come individuato al precedente comma 2, per tutte le denominazioni tutelate dal consorzio di tutela, per le quali richiede l’immissione.

5. Qualora un nuovo soggetto utilizzatore sia immesso nel sistema di controllo per più di una fra le categorie della filiera della denominazione tutelata, è tenuto al pagamento del contributo di avviamento, laddove richiesto dal consorzio di tutela come individuato al precedente comma 2, per tutte le categorie della filiera per cui richiede di essere immesso.

6. Il soggetto utilizzatore che ha provveduto al pagamento del contributo di avviamento di cui al presente articolo, è esonerato dal pagamento al consorzio di tutela del contributo previsto all’art. 10, per il primo anno in cui è richiesto.

7. Il contributo di avviamento richiesto dal consorzio di tutela è destinato all’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge.

8. Il contributo di cui al presente articolo deve essere riportato in bilancio in conti separati.


Art. 12. Fondo consortile

1. Ciascun consorziato ha l’obbligo di contribuire alla formazione del Fondo consortile che è costituito da quote il cui valore sarà determinato dall’assemblea del consorzio di tutela. Il fondo patrimoniale netto di bilancio è determinato, alla fine di ogni esercizio, dalla somma algebrica:

a. del fondo inizialmente conferito in sede di costituzione del consorzio di tutela;
b. delle quote versate dai consorziati ammessi a far parte del consorzio di tutela;
c. dagli eventuali nuovi versamenti in conto capitale deliberati dall’assemblea dei consorziati;
d. dei risultati economici dei bilanci annuali (avanzi e disavanzi di gestione);
e. dell’eventuale contributo di avviamento versato dai nuovi soggetti utilizzatori della DO o IG, al momento della immissione nel sistema di controllo, di cui al precedente art. 11;
f. delle componenti straordinarie positive o negative non riferibili alla gestione ordinaria quali contributi volontari versati da consorziati o da terzi (enti pubblici e privati) ed eventuali lasciti o donazioni.


Art. 13. Obbligo di informazione di cui all’art. 41, comma 7 della Legge

1. Il consorzio di tutela riconosciuto che esercita le funzioni previste all’art. 41, comma 4 della Legge, e che richiede i contributi per lo svolgimento di tali funzioni ai soggetti non aderenti al consorzio di tutela immessi nel sistema di controllo della relativa denominazione tutelata, rende disponibile, anche in forma telematica, ai soci ed ai non aderenti al consorzio di tutela la seguente documentazione e/o informazioni inerenti le attività di cui all’art. 41, comma 4, lettere da a) ad e) della Legge:

a. bilanci preventivi e consuntivi;
b. comunicazioni inerenti l’importo e le modalità di pagamento dei contributi annuali;
c. delibere delle assemblee di approvazione dei bilanci;
d. delibere delle assemblee e/o del Consiglio di amministrazione, relative all’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 lettere da a) a e) della Legge;
e. relazione annuale sulle attività svolte, trasmessa al DIQPAI, ai sensi del decreto dipartimentale;
f. programma annuale o pluriennale delle attività di promozione di cui all’art. 41, comma 4, lettera d) della legge nonché la rendicontazione delle attività di promozione svolte;
g. programma di vigilanza concordato con l’ICQRF, ai sensi dell’art. 7 del presente decreto.

2. Il consorzio di tutela riconosciuto che esercita le funzioni previste all’art. 41, comma 4 della Legge, rende disponibile ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione, al momento dell’immissione nel sistema di controllo, ai quali richiedano il contributo di avviamento, la delibera del Consiglio di amministrazione che ha determinato l’ammontare del contributo, di cui all’art. 11 del presente decreto.

3. Le modalità relative a tali comunicazioni sono stabilite da un regolamento consortile predisposto dal consorzio di tutela ed approvato dal DIQPAI.


Art. 14. Cause di incompatibilità di cui all’art. 41, comma 12 della Legge

1. La nomina come componente dell’organo amministrativo e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, in un consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41 della legge, sono incompatibili con l’assunzione ed il mantenimento di incarichi aventi ad oggetto deleghe gestionali dirette presso le autorità pubbliche e gli organismi di controllo privati, di cui all’art. 64 della legge, e presso gli organismi di accreditamento degli organismi di controllo. (comma così modifcato per effetto del D.M. 17/1/2019).

2. La nomina come componente di un organo sociale del consorzio di tutela, riconosciuto ai sensi dell’art. 41 della Legge è incompatibile con l’assunzione ed il mantenimento dell’incarico di agente vigilatore per la DO od IG per il quale il consorzio di tutela risulta incaricato.


Art. 15. Vigilanza sull’operatività dei consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell’art. 41 della Legge

1. La vigilanza sul rispetto, da parte del consorzio di tutela, delle prescrizioni ministeriali è effettuata dal DIQPAI sulla base del decreto dipartimentale.

2. L’intimazione ad adempiere al consorzio di tutela prevista dall’art. 82, comma 1, della Legge, anche a seguito di segnalazione degli organi di controllo ufficiali, è effettuata dal DIQPAI e trasmessa per conoscenza, anche all’ufficio territoriale dell’ICQRF, individuato ai sensi dell’art. 7, commi 4 e 5. Il consorzio di tutela deve dare riscontro dell’avvenuto adempimento al DIQPAI e per conoscenza all’ufficio territoriale dell’ICQRF, come sopra individuato. Quest’ultimo, in caso di mancato adempimento da parte del consorzio di tutela entro i termini previsti dal medesimo art. 82, comma 1, procede all’accertamento ed alla contestazione della relativa violazione.


Art. 16. Autorizzazione per l’utilizzo del riferimento della DOP O IGP sui prodotti composti, elaborati o trasformati

1. Il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41, comma 4 della legge rilascia, a titolo gratuito, l’autorizzazione di cui all’art. 44 della legge ai soggetti che utilizzano il riferimento a una DO o IG nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di prodotti composti, elaborati o trasformati. Lo stesso consorzio provvede all’attivazione, alla tenuta e al mantenimento dell’elenco delle autorizzazioni rilasciate ai soggetti utilizzatori.

2. Per il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il consorzio di tutela opera senza discriminazione e secondo i principi della comunicazione della commissione UE 2010/C341/03 concernente gli «Orientamenti sull’etichettatura dei prodotti alimentari che utilizzano come ingredienti prodotti a denominazione di origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP)» o, in alternativa, secondo i «Criteri per l’utilizzo del riferimento ad una denominazione d’origine protetta o ad una indicazione geografica protetta nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto composto, elaborato o trasformato» predisposti dal DIQPAI e pubblicati sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

3. Il consorzio può adottare un prospetto tariffario da applicarsi a carico dei soggetti autorizzati ai sensi del comma 1, per il rimborso dei costi sostenuti per l’effettuazione dell’attività di vigilanza sul rispetto delle condizioni alla base del rilascio della medesima autorizzazione. Il consorzio di tutela trasmette al DIQPAI il predetto prospetto tariffario al fine della sua verifica e approvazione.

4. Il consorzio di tutela trasmette, trimestralmente, l’elenco delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del precedente comma 1 al DIQPAI che provvederà ad inoltrarlo alla PREF. DIQPAI provvede altresì a trasmettere trimestralmente alla PREF l’elenco aggiornato delle autorizzazioni rilasciate dal medesimo, ai sensi dell’art. 44 della Legge.


Art. 17. Disposizioni transitorie e finali

1. I consorzi di tutela, riconosciuti ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono tenuti ad adeguarsi alle disposizioni di cui al presente decreto ed a trasmettere al Ministero – entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto stesso – tutta la documentazione atta a comprovare il rispetto delle prescrizioni ministeriali.

2. I consorzi di tutela, riconosciuti ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo alla data di entrata in vigore del presente decreto, adeguano, nel caso in cui si renda necessario i propri statuti alle disposizioni di cui al presente decreto, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto stesso.

3. Il Ministero verificata la documentazione e l’adeguamento dello statuto di cui ai precedenti comma e, qualora conformi alle prescrizioni ministeriali, conferma – con decreto – il riconoscimento ai consorzi di tutela e l’incarico a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 ovvero – qualora vi siano i presupposti richiesti – le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge.

4. L’incarico attribuito ai consorzi di tutela delle sottozone dei vini a DO ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo, scade un anno dopo l’entrata in vigore del presente decreto.

5. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 16 dicembre 2010, recante «Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini».

6. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto il Ministero effettua la verifica sull’implementazione delle disposizioni dello stesso decreto e, se del caso, con decreto ministeriale, sentita la conferenza Stato-Regioni, adotta le misure atte a migliorare l’efficienza della gestione delle attività dei consorzi di tutela.

Il presente decreto è trasmesso all’organo di controllo per la registrazione ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Ratifica accordo CETA




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Anzi, nemmeno esiste un apposito disegno di legge in proposito.
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Quanto al dibattito in corso:
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Si veda anche:

Legislatura 18^ Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-01494 (28 marzo 2019).

Legislatura 18^, Interrogiazione parlamentare (3-01165) – Politiche di contrasto alla contraffazione alimentare, anche in relazione al Trattato CETA con il Canada (14 gennaio 2021)



Ad ogni modo, ostacoli ben più gravi all’entrata in vigore definitiva dell’Accordo CETA giungono da Cipro, il cui Parlamento ha bocciato (senza motivazioni formalmente espresse) la ratifica, in realtà per questioni non pertinenti, poiché riconducibili alla tutela di un loro formaggio locale (chiamato “Hallouimi”), il cui riconoscimento come DOP nella UE trovava ostacolo, a causa dell’impossibilità di verificare in modo adeguato le condizioni sanitarie di sua produzione nella zona di Cipro occupata dalla Turchia.

Insomma, un Accordo interazionale di libero scambio – il cui valore economico è decisamente ampio, andando ad interessare gli scambi commerciali di beni e servizi dell’intera Unione europea – viene bloccato, perchè i produttori di un formaggio, pressocchè sconosciuto, riescono ad esercitare pressioni lobbistiche sul Parlamento nazionale di una piccola isola con nemmeno 1 milione di abitanti …. che attua così una sorta di “ritorsione”, peraltro su un oggetto (la ratifica dell’Accordo CETA) privo di connessione con l’oggetto della disputa con la UE (il mancato riconoscimento della DOP “Hallouimi” al loro formaggio tipico).

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