Accordi internazionali UE commercio vino

Commercio internazionale vino: gli accordi internazionali UE commercio vino


Il commercio internazionale vino è favorito da un complesso nonché sofisticato sistema di accordi internazionali conclusi dalla Unione Europea con altri paesi del mondo (accordi internazionali UE commercio vino), in modo tale da eliminare o almeno ridurre fortemente le barriere che altrimenti si oppongono agli scambi.

Diciamo subito che non si è affatto trattato di una liberalizzazione selvaggia, ma di un lungo lavoro per una condivisione delle regole in materia, che – per forza di cose – ha anche comportato qualche mediazione e qualche reciproca concessione in capo a tutte le parti.

Gli accordi internazionali sono stati conclusi nell’arco di circa quindici anni dalla Comunità con vari Stati terzi (fra cui Canada, Svizzera, Messico, Repubblica Sudafricana, Australia, Cile e Stati Uniti d’America: quanto pattuito tra la Comunità e gli USA è però considerato dagli stessi contraenti solo come un primo passo verso la definizione di un trattato di più ampio respiro) in materia di commercio del vino, senza mai proporsi di pregiudicare i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dalla loro adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio: semmai l’idea è quella di darvi maggiore effettività.

Tali specifici trattati sono volti a disciplinare varie questioni cruciali per gli scambi commerciali di vino:

Da un canto, le tecniche di cantina rappresentano notoriamente le modalità con cui viene prodotto il vino, spesso comportanti l’utilizzo di additivi, talora suscettibili di lasciare residui nella bevanda finale (uno per tutti, l’anidride solforosa utilizzata come conservante). Inoltre, se la qualità di un vino discende soprattutto o, addirittura, unicamente dall’insieme dei trattamenti somministrati durante la sua lavorazione, al punto da fargli perdere o rendere molto labile il collegamento con le caratteristiche dell’uva pigiata, insorge il rischio per il consumatore di essere tratto in inganno sulle reali qualità del prodotto acquistato. La legislazione su tale materia persegue allora una duplice finalità: tutelare sia la salute, sia l’interesse economico del consumatore.

Disciplinare le regole sulle tecniche di cantina comporta fissare specifiche di produzione, foriere però di creare ostacolo agli scambi (rallentandoli con gravose incombenze burocratiche ovvero impedendoli) tra la Comunità e gli Stati terzi, qualora il paese importatore non riconosca o ponga limiti o ancor più non ammetta tout court il ricorso ad una determinata pratica, invece normalmente utilizzata nel paese ove un vino viene prodotto.

Dall’altro canto, se tra vari Stati sussistono differenze nel livello e nelle modalità di protezione per le denominazioni di origine, ciò può sensibilmente falsare la concorrenza tra i produttori siti nei differenti paesi. Difatti, se uno Stato non protegge adeguatamente le denominazioni riconducibili a territori esteri, i produttori nazionali riescono a produrre e commercializzare nel loro paese vini locali etichettandoli legalmente con nomi geografici esteri, in danno a chi vinifica nella località realmente corrispondente alla denominazione rispettando il relativo disciplinare.

E’ vero che, a livello internazionale, la tutela delle denominazioni di origine è più di recente stata disciplinata dagli accordi Trips (Trade – Related Aspects of Intellectual Property Rights), conclusi a Marrakesh il 15 aprile 1994 durante “l’Uruguay Round” del General Agreements on Trade and Tariffs (Gatt), attraverso i quali le tematiche inerenti i diritti della proprietà intellettuale – ivi inclusi quelli relativi alle indicazioni geografiche –  sono stati inseriti negli accordi inerenti l’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organisation – WTO), vincolanti per tutti i paesi ad essa aderenti.

E’ altresì vero che – con riferimento alla protezione delle indicazioni geografiche – i Trips recepiscono in verità molto più l’impostazione europea rispetto a quella accolta dagli altri paesi. Tuttavia, ciò è avvenuto soprattutto in linea teorica e con scarsa rilevanza pratica, a seguito della mancata esecuzione delle fasi attuative previste in detto accordo: cosa imputabile alla nota resistenza opposta dagli Stati Uniti d’America e dagli altri paesi di influenza anglosassone (fatta ovviamente eccezione per il Regno Unito, perchè al momento di concluderli esso faceva parte dell’Unione Europea). Questo dunque il nocciolo della questione.

Di recente, in materia di tutela delle denominazioni di origine, si sono aggiunti gli accordi con la Cina ed il Giappone.

D’altro canto ancora, anche a prescindere dalle delicate questioni riconducibili alla tutela delle denominazioni di origine, le regole sull’etichettatura – previste nell’interesse del consumatore – comportano a loro volta ulteriori ostacoli al commercio. Se esse non sono in qualche modo concordate, ogni Stato può opporsi al fatto che sul proprio territorio vengano immessi in commercio vini etichettati in modo diverso da quanto stabilito dalla rispettiva legislazione nazionale. Ciò comporta per i produttori esteri l’obbligo di adeguarsi, sostenendo ulteriori costi e difficoltà burocratiche.


Impatto economico accordi internazionali UE su commercio vino


Ecco spiegata la ragione dei trattati internazionali conclusi dalla Comunità sul commercio del vino (per una loro analisi approfondita, mi permetto di rinviare al mio lavoro pubblicato nel libro “Le indicazioni di qualità degli alimenti. Diritto internazionale e europeo”, Giuffrè, Milano, 2009).

A ben vedere, si tratta di un’ampia rete di relazioni internazionali, intessuta dalla Comunità, al fine di creare un contesto giuridico ove sono trattate nel modo più unitario possibile le soluzioni per le principali  problematiche che affliggono il commercio del vino, appena illustrate.

Nel valutare il risultato attualmente raggiunto va peraltro tenuto in debito conto che, a livello internazionale, è forse molto difficile pervenire ad una disciplina totalmente unitaria, viste le differenze esistenti tra i vari ordinamenti giuridici, a loro volta alimentate dalla circostanza che gli interessi economici sottostanti – conseguenti anche alla natura dimensionale dei produttori nei diversi paesi ed alla relativa disponibilità di risorse economiche – spesso divergono sensibilmente.

Così facendo, dal proprio punto di vista la Comunità ha in buona sostanza gradualmente realizzato un obiettivo – tutt’oggi in evoluzione – simile a quello conseguibile mediante un trattato multilaterale, ove peraltro spesso solo apparentemente si ha una disciplina uniforme, mentre in realtà la situazione risulta frammentata a causa delle varie deroghe e riserve spesso pattuite in simili accordi, capaci talora di minarne la loro stessa efficacia.

Un approccio dunque pragmatico, che consente peraltro di tutelare nello stesso modo all’estero sia le denominazioni d’origine sia le indicazioni geografiche comunitarie. Ciò verosimilmente evita alla radice l’insorgere di pericolose future falle nel loro sistema di protezione, magari scaturenti dalla circostanza che è la stessa Comunità a differenziare le prime dalle seconde, sì da ricollegare la tipicità dei prodotti contrassegnate da quest’ultime a presupposti un poco più lassi rispetto a quelli indicati negli accordi Trips, i quali paiono in realtà proteggere solo le denominazioni di origine in senso stretto.

Per quanto concerne le pratiche di cantina, sebbene sul piano della tecnica giuridica i trattati stipulati con i diversi Stati terzi operano con modalità differenti (essendo talora basati sul principio del mutuo riconoscimento delle rispettive legislazioni in materia, talora sull’individuazione delle singole tecniche reciprocamente consentite), il risultato tende sostanzialmente ad essere il medesimo: ciascun paese autorizza l’importazione ed il commercio sul proprio territorio dei vini prodotti su quello dell’altra parte, conformemente alle pratiche o trattamenti enologici concordate. L’aspetto più interessante è che – in via di massima – le pratiche autorizzate sono sempre le stesse, il che semplifica notevolmente il lavoro per i produttori. Permangono tuttavia alcune differenze (non proprie tutte le tecniche sono sempre reciprocamente ammesse ovvero possono variare le condizioni operative): ciò non permette allora di confidare che basti semplicemente la mera osservanza della normativa comunitaria interna per esportare ovunque il vino realizzato in conformità solo a quest’ultima.

Quanto concordato sulla protezione delle denominazioni di origine e sul riconoscimento delle tecniche di cantina, si riflette poi sull’etichettatura dei prodotti, facilitando così l’individuazione di regole condivise in materia, cui si accompagna spesso la creazione di appositi organismi o procedure di semplificazione amministrativa.

Vista la portata degli impegni assunti sul piano internazionale, è poi difficile pensare che essi non esplichino anche un effetto sulla stessa evoluzione del diritto comunitario interno in materia vitivinicola, lasciando quest’ultimo libero di svilupparsi del tutto autonomamente.

Inoltre, coerentemente con tale strategia di internazionalizzazione, l’Unione Europea partecipa come osservatore con statuto speciale (la Commissione aveva addirittura proposto la vera e propria adesione) ai lavori dell’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV), i cui principali compiti sono l’indicare ai suoi membri le misure atte a tener conto delle esigenze di tutti i soggetti coinvolti nel mondo vitivinicolo nonché il contribuire all’armonizzazione internazionale delle pratiche e delle norme esistenti in materia, unitamente all’elaborare nuovi criteri internazionali utili a migliorare le condizioni di produzione e commercializzazione dei prodotti in questione.

Peraltro, già a seguito della riforma dell’organizzazione comune di mercato vitivinicola, l’OIV ha aumentato considerevolmente la propria influenza sul diritto vitivinicolo comunitario, visto il ruolo ora attribuito sul piano normativo non solo più ai metodi di analisi, ma anche alle  raccomandazioni sulle pratiche di cantina elaborate dall’OIV stessa.

In primo luogo, esse sono ora divenute uno dei criteri cui deve attenersi la Commissione nell’esercitare il potere delegatole per elaborare norme regolamentari sulle tecniche di cantina: ciò si è poi concretizzato nel suo citato regolamento n.606/2009, che dell’OIV sostanzialmente recepisce il Codex enologico internazionale e la Raccolta dei metodi internazionali d’analisi dei vini e dei mosti. In secondo luogo, l’importazione di vini stranieri nel territorio comunitario viene subordinata al rispetto di dette raccomandazioni durante la loro lavorazione, a meno che venga diversamente disposto da appositi accordi internazionali conclusi dalla Comunità con il paese di provenienza del prodotto.


PER APPROFONDIRE: “Le pratiche enologiche e la tutela delle indicazioni di qualità nell’accordo UE/USA sul commercio del vino ed in altri trattati conclusi dalla Comunità” , in AA.VV., Le indicazioni di qualità degli alimenti – Diritto internazionale e europeo, Milano, 2009, p. 348.

Pratiche enologiche OIV

La Commissione ha pubblicato l’elenco delle Pratiche enologiche ammesse da OIV (Pratiche enologiche OIV)


Schede pratiche enologiche OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino):   in adempimento a quanto previsto nel Codice enologico europeo, la Commissione ha pubblicato l’elenco delle pratiche di cantina ammesse da OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), giacché esse sono richiamate dalle stesse tabelle di detto Codice, che individuano le pratiche ed i composti enologici da esso autorizzati (tabelle 1 e 2, portate dall’allegato I al Codice stesso).

In adempimento a quanto previsto nel Codice enologico europeo,   la Commissione ha pubblicato l’elenco delle pratiche di cantina ammesse da OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), giacché esse sono richiamate dalle stesse tabelle di detto Codice, che individuano le pratiche ed i composti enologici da esso autorizzati (tabelle 1 e 2, portate dall’allegato I al Codice stesso: in entrambe, si veda la colonna n.3).

In effetti, in base a quanto sancito nella regolamento base sulla OCM Unica (regolamento di Consiglio e Parlamento Europeo UE/1308/2013, art.80, comma 5), la Commissione ha sì ricevuto la delega a disciplinare le pratiche di cantina ed i composti enologi, ma nel farlo essa deve adesso basarsi

“sui metodi pertinenti raccomandati e pubblicati dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV), a meno che tali metodi siano inefficaci o inadeguati per conseguire l’obiettivo perseguito dall’Unione”.

Circa i requisiti di purezza di additivi e coadivuanti per il vino, Il Codice enologico europeo (art.9) rinvia – per quanto non specificamente disciplinato dalla normativa comunitaria (costituita dal regolamento della Commissione UE/231/2012)  – al Codice enologico internazionale elaborato sempre da OIV.

La Commissione ha comunque evidenziato che – in caso di contrasto tra  quanto rispettivamente consentito dal Codice enologico europeo e quanto da OIV – prevalgono le disposizioni del primo.

Per quanto concerne gli enzimi (quelli autorizzati dal Codice enologico europeo, che costituiscono dei coadiuvanti tecnologici), sempre all’art.9 quest’ultimo stabilisce che:

 “gli enzimi e i preparati enzimatici utilizzati nelle pratiche e nei trattamenti enologici autorizzati elencati nell’allegato I, parte A, rispondono ai requisiti di cui al regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio.


Il Codice enologico europeo è attualmente costituito dal regolamento della Commissione UE/934/2019, il quale indica quali sono le pratiche enologiche e quali gli ingredienti enologici autorizzati per la produzione di vino nell’Unione Europea.

Di conseguenza, nessun vino può essere legalmente commercializzato nell’Unione Europea, se prodotto utilizzando:

  • tecniche e/o ingredienti enologici diverse da quelle autorizzate dal Codice stesso (salve sperimentazioni nazionali, debitamente autorizzate seguendo le procedure previste dal Codice in questione)
  • tecniche e/o ingredienti enologici  autorizzati, ma violando i limiti eventualmente stabiliti dal Codice enologico per il loro utilizzo.

Per i vini importati da Stati terzi valgono i medesimi principi, a meno che non siano derogati da appositi accordi intrnazionali conclusi in materia dall’Unione Europea con lo Stato terzo produttore (si pensi a quello con gli Stati Uniti d’America, fatto nel 2006).


OIV - Nornativa tecnica


 

Codice enologico europeo

La Commissione ha adottato il regolamento 934/2019, portante il nuovo codice enologico europeo.


La novità principale del nuovo codice enologico europeo (uno degli atti fondamentali di attuazione della OCM Unica nel settore vitivinicolo) è l’introduzione della distinzione tra “ingredienti” ed “eccipienti” dei vini.

Tale distinzione è stata adottata in vista della futura entrata in vigore (al momento nulla è ancora stato deciso al riguardo) dell’obbligo di indicare sull’etichetta dei vini i relativi ingredienti.

Quest’ultimo discende dalla circostanza che anche ai vini – in quanto alimenti – si applica il regolamento UE 1169/2011 sulle informazioni ai consumatori riguardo ai prodotti alimentari.

Sino ad ora i vini (grazie all’art.41 di detto regolamento) sono stati esentati dall’obbligo di indicare in etichetta gli ingredienti, poiché mancavano regole specifiche in sede di Unione Europea, ma adesso quest’ultima intende colmare la lacuna.

Le sostanze usate durante le pratiche enologiche potrebbero allora dover essere in futuro indicate nell’etichetta.

 

Codice enologico comunitario etichette

La distinzione tra “ingredienti” ed “eccipienti” dei vini, adesso introdotta nel nuovo Codice enologico comunitario, cerca di contenere l’obbligo di indicare in etichetta alle sole sostanze – impiegate durante le pratiche enologiche – considerate come veri e propri tra “ingredienti”, mentre potrebbe portare ad escludere dall’indicazione obbligatoria in etichetta quelle qualificate come meri “eccipienti” dei vini.


In effetti, l’art. 20 del citato regolamento UE 1169/2011 dispone:

“Omissione dei costituenti di un prodotto alimentare dall’elenco degli ingredienti.

Fatto salvo l’articolo 21, nell’elenco degli ingredienti non è richiesta la menzione dei seguenti costituenti di un alimento:

a) ..

b) gli additivi e gli enzimi alimentari:

i) …

ii) che sono utilizzati come coadiuvanti tecnologici“;


La differenza consiste nella circostanza che, come meglio chiarito dal regolamento di Consiglio e Parlamento UE/1333/2008 (art.3),

  • gli additivi sono “qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti, con o senza valore nutritivo, la cui aggiunta intenzionale ad alimenti per uno scopo tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, nell’imballaggio, nel trasporto o nel magazzinaggio degli stessi, abbia o possa presumibilmente avere per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti diventino, direttamente o indirettamente, componenti di tali alimenti“;
  • mentre i coadiuvanti sono “ogni sostanza che: i) non è consumata come un alimento in sé;  ii) è intenzionalmente utilizzata nella trasformazione di materie prime, alimenti o loro ingredienti, per esercitare una determinata funzione tecnologica nella lavorazione o nella trasformazione; e  iii) può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito”.

Detto regolamento si applica solo alle sostanze qualificabili come additivi e, pertanto, prevede solo per esse l’obbligo di indicarne la presenza sull’etichetta degli alimenti che le contengono (art.21 e seguenti).


Nonostante la distinzione adesso introdotta nel Codice enologico comunitario, quale sarà la futura disciplina dipende da cosa verrà deciso in sede europea circa la portata dell’obbligo di etichettatura dei vini.


 Nel contesto delle discussioni sulla riforma della PAC post-2020 si sta discutendo come applicare anche ai vini le norme che impongono di indicare sia gli ingredienti, sia il contenuto calorico.


Oltre al problema di “cosa” si dovrà scrivere in etichetta in merito agli ingredienti, sussiste anche la questione di “dove” tali indicazioni debbano comparire.

La questione è delicata, giacché tale elenco potrebbe sottrarre molto spazio dalla superficie delle etichette dei vini (che, sopratutto per le bottiglie sino a 0,75 l.) non è notoriamente ampio.

Le industrie del settore (riunite in sede di CEEV) hanno proposto di inserire sull’etichetta dei Q-Code, che rinviino ad appositi siti internet.

Tale proposta sembra essere stata adesso accolta dal Parlamento Europeo (emendamento 102, punto 3 ter, alla riforma PAC post-2020).


Proposta del CEEV su etichettatura ingredienti vini


La nuova formulazione del Codice enologico comunitario – sopratutto nel suo allegato I – sovverte quindi la struttura del precedente analogo codice, portato dal regolamento 606/2008 (adesso abrogato), che invece manteneva una certa continuità con quello ancora precedenti (regolamento 423/2008 e regolamento 1622/2000).

Quest’ultimo rappresenta il riferimento normativo recepito dall’Accordo UE/USA del 2006 sul commercio del vino.

Di conseguenza, potrebbe generarsi qualche incertezza al riguardo, per quanto concerne le pratiche di cantina della UE riconosciute ed ammesse dagli USA.


In adempimento a quanto previsto nel Codice enologico europeo,   la Commissione ha pubblicato l’elenco delle pratiche di cantina ammesse da OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), giacché esse sono richiamate dalle stesse tabelle di detto Codice, che individuano le pratiche ed i composti enologici da esso autorizzati (tabelle 1 e 2, portate dall’allegato I al Codice stesso: in entrambe, si veda la colonna n.3).

In effetti, in base a quanto sancito nella regolamento base sulla OCM Unica (regolamento di Consiglio e Parlamento Europeo UE/1308/2013, art.80, comma 5), la Commissione ha sì ricevuto la delega a disciplinare le pratiche di cantina ed i composti enologi, ma nel farlo essa deve adesso basarsi

“sui metodi pertinenti raccomandati e pubblicati dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV), a meno che tali metodi siano inefficaci o inadeguati per conseguire l’obiettivo perseguito dall’Unione”.

Circa i requisiti di purezza di additivi e coadivuanti per il vino, Il Codice enologico europeo (art.9) rinvia – per quanto non specificamente disciplinato dalla normativa comunitaria (costituita dal regolamento della Commissione UE/231/2012)  – al Codice enologico internazionale elaborato sempre da OIV.

La Commissione ha comunque evidenziato che – in caso di contrasto tra  quanto rispettivamente consentito dal Codice enologico europeo e quanto da OIV – prevalgono le disposizioni del primo.

Per quanto concerne gli enzimi (quelli autorizzati dal Codice enologico europeo, che costituiscono dei coadiuvanti tecnologici), sempre all’art.9 quest’ultimo stabilisce che:

 “gli enzimi e i preparati enzimatici utilizzati nelle pratiche e nei trattamenti enologici autorizzati elencati nell’allegato I, parte A, rispondono ai requisiti di cui al regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio.

 


Ricordiamo che – in base al Codice enologico europeo – nessun vino può essere legalmente commercializzato nell’Unione Europea, se prodotto utilizzando:

  • tecniche e/o ingredienti enologici diverse da quelle autorizzate dal Codice stesso (salve sperimentazioni nazionali, debitamente autorizzate seguendo le procedure previste dal Codice in questione)
  • tecniche e/o ingredienti enologici  autorizzati, ma violando i limiti eventualmente stabiliti dal Codice enologico per il loro utilizzo.

Per i vini importati da Stati terzi valgono i medesimi principi, a meno che non siano derogati da appositi accordi internazionali conclusi in materia dall’Unione Europea con lo Stato terzo produttore (si pensi a quello con gli Stati Uniti d’America, fatto nel 2006).


codice enologico europeo

Legislazione vitivinicola

Produzione e commercio vino sono oggetto di minuziosa regolamentazione già a livello comunitario, sulla quale si fonda poi tutta la copiosa normativa nazionale (legislazione vitivinicola).


La legislazione vitivinicola europea (la quale condiziona fortemente la legislazione vitivinicola italiana, così come quella degli altri Stati membri dell’Unione) discende dall’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) per il vino, che sussiste nel più ampio contesto della Politica Comune Agricola (una delle competenze originarie della Comunità Europea).


Grazie a queste norme, su tutto il terriorio dell’Unione Europea:

  • i vini italiani possono essere facilmente commercializzati
  • le nostre denominazioni di origine trovano efficace protezione

In assenza invece di tali norme, tutto ciò non sarebbe possibile.

 


DIRITTO UNIONE EUROPEA 

(legislazione vitivinicola europea)

 

Normativa principale (regolamento “base”):

Regolamento UE n.1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla “OCM Unica” (all’interno del testo, bisogna individuare le norme applicabili ai prodotti vitivinicoli), come modificato dal regolamento UE/2127/2021) per effetto della riforma della PAC 2023/2027 (“PAC post-2020”)

Regolamento UE/2126/2021) sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune, che dal 1/1/2023 abroga e sostituisce il regolamento UE 1306/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla medesima materia.
.
Regolamento UE/2125/2021 sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (il quale abroga e sostituisce i regolamenti UE/1305/2013 e UE/1307/2013 sulla medesima materia)
.

*  Norme di attuazione per la OCM Vino:

Regolamento UE n.555/2008 della Commissione, concernente i programmi di sostegno, agli scambi con i paesi terzi, il potenziale produttivo ed i controlli nel settore vitivinicolo

Regolamento delegato UE 273/2018, concernente (anche) lo schedario viticolo, le dichiarazioni obbligatorie e le informazioni per il controllo del mercato, i documenti che scortano il trasporto dei prodotti e la tenuta dei registri nel settore vitivinicolo. Tale regolamento fra l’altro abroga il previgente regolamento UE n. 436/2009 della Commissione.

Regolamento 934/2019 della Commissione, recante il  Codice Enologico (che abroga il precedente regolamento UE n.606/2009)

Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione.   Tale regolamento abroga il regolamento UE n.607/2009 della Commissione.

Regolamento di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, del 17 ottobre 2018. , recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le modifiche del disciplinare di produzione, il registro dei nomi protetti, la cancellazione della protezione nonché l’uso dei simboli, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un idoneo sistema di controlli

Si tenga conto che detti regolamenti subiscono modificazioni con una certa frequenza, per cui ne va preso in considerazione il testo consolidato, vigente nel momento che interessa.


Per effetto dei poteri che le sono stati delegati mediante la riforma della PAC nel 2013, la Commissione ha quindi adottato i regolamenti delegati ed esecutivi per l’attuazione delle norme previste dal regolamento sulla OCM Unica.

Cronologicamente, ciò è avvenuto nel seguente modo:

 

Nel 2015 sono  stati pubblicati i due regolamenti concernenti il regime delle autorizzazioni agli impianti viticoli: il 560/2015 (regolamento delegato) ed il 561/2015 (regolamento esecutivo). Essi sono poi stati abrogati a fine 2017, venendo rispettivamente sostituiti dal regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

Nel 2016 ha invece fatto seguito l’emanazione di altri due regolamenti, aventi ad oggetto i programmi di sostegno al settore vitivinicolo:

  • il Regolamento di esecuzione (UE) 2016/1150 della Commissione, del 15 aprile 2016, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo;
  • il Regolamento delegato (UE) 2016/1149 della Commissione, del 15 aprile 2016, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo e che modifica il regolamento (CE) n. 555/2008 della Commissione.

 

A fine 2017 sono intervenute nuove modificazioni alla legislazione attuativa del regolamento base, portate dai già citati regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

 

Agli inizi del 2019 sono stati pubblicati i seguenti regolamenti:

  • Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione;
  • Regolamento di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, del 17 ottobre 2018, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le modifiche del disciplinare di produzione, il registro dei nomi protetti, la cancellazione della protezione nonché l’uso dei simboli, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un idoneo sistema di controlli.

 

Norme apposite vigono per il vino biologico (regolamento di Parlamento e Consiglio .n.848/2018, art.18 e 35 nonché Allegato II, parte VI, la cui disciplina è andata a sostituire quella contenuta nel regolamento della Commissione n.203/2012) ed  i vini aromatizzati (regolamento del Consiglio e del Parlamento Europeo n.251/2014).


Procedura legislativa EU per riforma DOP-IGP



 

DIRITTO ITALIANO

(legislazione vitivinicola italia)

 
* Leggi ed atti equivalenti

Testo Unico Vino“, nel quale sono confluiti i seguenti provvedimenti, ora abrogati di conseguenza:

 


* Decreti del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf)

 

Per orientarsi, è bene distinguere tra:

 

30 novembre 2011, Approvazione dei  disciplinari di produzione dei vini DOP e IGP consolidati e dei relativi fascicoli tecnici

13 agosto 2012, Disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo.

7 novembre 2012 – Procedura a livello nazionale per la presentazione e l’esame delle domande di protezione delle DOP e IGP dei vini e di modifica dei disciplinari, ai sensi del Regolamento CE n. 1234/2007 e del decreto legislativo n. 61/2010. (Gazz. Uff. 24 novembre 2012, n.275).

26 ottobre 2015, Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (UE) della Commissione n.436/2009, inerenti la dichiarazione vendemmia e produzione vinicola.

19 febbraio 2015, n.1213, Conversione in autorizzazione dei diritti reimpianto vigneto.

15 dicembre 2015, n.12272,  Sistema di autorizzazione per gli impianti viticoli,  poi modificato dal D.M. 935 del 13 febbraio 2018 (che, fra l’altro, ha introdotto un quantro comma all’art.10, per evitare speculazioni nell’uso delle autorizzazioni stesse, in particolare i trasferimenti tra Regioni)

23 dicembre 2015, Aspetti procedurali per il rilascio dell’autorizzazione per l’etichettatura transitoria dei vini DOP e IGP.


Per quanto concerne i prelievi dei campioni da analizzare, la disciplina è quella portata dal DPR del 26 marzo 1989, n.327



Decreti MIPAAF su settore vitivinicolo

Circolari AGEA su settore vitivinicolo



Il rispetto di dette disposizioni consente la tracciabilità/rintracciabilità nel settore vitivinicolo.




legislazione vitivinicolA

Decreto controlli vini senza DOC DOCG IGT

I controlli sui vini non DOC, DOCG o IGT (decreto controlli vini senza denominazione o indicazione geografica) sono disciplinati dall’apposito decreto ministeriale 6778 del 18/7/2018, attuativo del Testo Unico Vino.


I vini non DOP o IGP,  etichettatti con l’indicazione del vigneto (vini varietali) e/o con l’indicazione dell’annata, sono soggetti ai controlli previsito dal Decreto controlli vini senza DOC DOCG IGT.

Per quanto concerne i vini varietali, però, non è possibile indicare sull’etichetta qualsiasi vitigno, ma solo quelli consentiti (come individuati dal DM 13 agosto 2012 sull’etichettatura, attualmente in fase di revisione).


I controlli sui vini con denominazione o indicazione geografica sono invece disciplinati dal D.M. 7552/2018.


 

DECRETO MINISTERIALE 18 luglio 2018.

Sistema dei controlli e vigilanza per i vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta e sono designati con l’annata e il nome delle varietà di vite, ai sensi dell’articolo 66, della legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.

    • pubblicato nella Gazz. Uff. 21 settembre 2018, n. 220.
    • emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE

ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO

Visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e successive modifiche ed integrazioni, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e, in particolare, l’art. 120;

Visto il regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017 che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompagnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbligatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) n. 555/2008, (CE) n. 606/2009 e (CE) n. 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) n. 2015/560 della Commissione;

Visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/274 della Commissione, dell’11 dicembre 2017, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbligatorie, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/561 della Commissione;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino e, in particolare, l’art. 66 che stabilisce che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono fissate le procedure e le modalità per il controllo per le produzioni dei vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta designati con l’annata e il nome delle varietà di vite;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 19 marzo 2010, n. 381 recante approvazione dello schema di piano dei controlli, in applicazione dell’art. 63 del regolamento (CE) n. 607 del 2009;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 16 febbraio 2012 recante il sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 13 agosto 2012 recante disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione e del decreto legislativo n. 61/2010, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 marzo 2015, n. 293, recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivinicolo, ai sensi dell’articolo l-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

Visto il decreto dipartimentale 12 marzo 2015, n. 271, che, in attuazione alle disposizioni di cui all’art. 6, commi 1 e 2, del citato decreto ministeriale del 16 febbraio 2012, ha stabilito le modalità di funzionamento della banca dati vigilanza;

Ritenuto di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 66 della legge 12 dicembre 2016, n. 238, con l’emanazione di norme sul sistema dei controlli e vigilanza sui vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta designati con l’annata e il nome delle varietà di vite;

Sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e province autonome in data 19 aprile 2018;

Sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale;

Decreta:

Art. 1. Scopo e ambito di applicazione

1. Il presente decreto ministeriale, di seguito decreto, disciplina, in attuazione dell’art. 66 della legge 12 dicembre 2016, n. 238, di seguito legge, il sistema di controllo e vigilanza per vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta e sono designati con l’annata e/o il nome delle varietà di vite.

2. Le disposizioni di cui al presente decreto non si applicano agli operatori che commercializzano vini designati con l’indicazione dell’annata di produzione delle uve o del nome di una varietà di uve da vino ottenuti esclusivamente dalla riclassificazione o dal declassamento di prodotti a denominazione di origine protetta e ad indicazione geografica protetta effettuate dai medesimi operatori.

Art. 2. Definizioni e termini

1. Ai fini del presente decreto, si intende per:

a) «Ministero» e «Ministro»: il Ministero e il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
b) «ICQRF»: il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del Ministero;
c) «ufficio territoriale» l’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per il luogo ove ha sede lo stabilimento o il deposito dell’operatore obbligato o interessato;
d) «Regioni e PP.AA.»: le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
e) «operatori»: viticoltori, vinificatori, imbottigliatori, confezionatori, intermediari e altri operatori;
f) «SIAN»: il sistema informativo agricolo nazionale, di cui all’art. 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194 e i sistemi informativi regionali ove presenti;
g) «organismo di controllo/organismi di controllo»: persona giuridica pubblica o privata a cui l’autorità competente ha delegato compiti di controllo, ai sensi dell’art. 2, secondo comma, punto 5), del regolamento (CE) n. 882/2004 e che operano come organismi di certificazione dei prodotti secondo i criteri fissati nell’art. 5 di detto regolamento;
h) «fascicolo aziendale/di controllo»: insieme delle informazioni e dei documenti funzionali all’attività di controllo di cui dispongono gli organismi di controllo, relativi a ogni operatore immesso nel sistema di controllo e alle attività di tale operatore;
i) «vigilanza»: complesso delle attività svolte dall’autorità competente, attraverso l’organizzazione di audit o ispezioni, finalizzate a verificare che non sussistano carenze di requisiti e carenze dell’Organismo di controllo nell’espletamento dei compiti delegati e che per la risoluzione di tali carenze, ove rilevate, lo stesso abbia adottato correttivi appropriati e tempestivi.
j) «BdV »: la Banca dati vigilanza istituita ai sensi decreto ministeriale del 16 febbraio 2012 recante Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate;
k) «schedario viticolo»: lo strumento previsto dall’art. 145 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e dal regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017, parte integrante del SIAN nonché del Sistema integrato di gestione e controllo (SIGC) e dotato di un sistema di identificazione geografica (GIS), contenente informazioni aggiornate sul potenziale produttivo;
l) «registro telematico»: il registro tenuto con modalità telematiche, ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 marzo 2015, n. 293 nel quale, per ogni stabilimento e deposito dell’impresa, sono indicate le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli.

Art. 3. Sistema di controllo e vigilanza

1. Il Ministero è l’autorità competente per l’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dei vini che non vantano una denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta e sono designati con l’annata e il nome delle varietà di vite.

2. La verifica del rispetto della veridicità delle indicazioni facoltative è affidata agli organismi di controllo iscritti nell’elenco, di cui all’art. 64, comma 4, della legge e agli organismi di controllo, di cui all’art. 14, della legge 21 dicembre 1999, n. 526.

3. Il Ministero esercita l’attività di vigilanza attraverso l’ICQRF.

4. Gli organismi di controllo di cui al comma 2 sono inseriti in appositi elenchi pubblicati sul sito istituzionale del Ministero.

5. Gli operatori che intendono commercializzare prodotti vitivinicoli, confezionati e sfusi, che riportano le indicazioni facoltative relative all’annata e/o al nome di una o più varietà di uve da vino sono tenuti a sottoporsi al controllo da parte di uno dei soggetti di cui al comma 2.

6. Gli operatori comunicano l’organismo di controllo scelto all’ICQRF, alle regioni ed all’ufficio territoriale, in cui ha sede lo stabilimento.

Art. 4. Procedura per il controllo

1. Gli organismi di controllo garantiscono la veridicità delle indicazioni facoltative indicate nel sistema di etichettatura dei vini di cui all’articolo l attraverso la verifica delle informazioni acquisite nel rispetto delle modalità indicate nei commi successivi.

2. L’acquisizione delle informazioni necessarie per consentire agli organismi di controllo la verifica del carico e delle operazioni di imbottigliamento avviene attraverso i servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN.

3. Per i soggetti esonerati, ai sensi dell’art. 58, comma 2, della legge, l’acquisizione delle informazioni avviene attraverso la consultazione della dichiarazione di produzione, della dichiarazione di giacenza e della documentazione di accompagnamento e commerciale, che deve essere trasmessa a cura degli stessi agli organismi di controllo. Tali soggetti sono tenuti, altresì, a comunicare preventivamente all’organismo di controllo l’inizio delle operazioni di imbottigliamento e il numero di lotto attribuito alla partita e, nel caso di vini sfusi commercializzati verso gli stati membri o paesi terzi, anche la data di inizio delle spedizioni.

4. Fino alla realizzazione delle apposite funzionalità in ambito SIAN, in caso di cessione o trasferimento di prodotto con indicazioni facoltative indicate nel sistema di etichettatura dei vini di cui all’articolo 1, l’operatore aggiorna il registro telematico, relativamente al prodotto movimentato, entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello della cessione o trasferimento.

5. Fino alla realizzazione delle apposite funzionalità in ambito SIAN, l’operatore è tenuto a comunicare preventivamente all’organismo di controllo l’inizio delle operazioni di imbottigliamento e il numero di lotto attribuito alla partita.

6. Gli obblighi di cui ai commi 2, 3 e 4, possono essere assolti dall’operatore con la trasmissione all’organismo di controllo, nei tempi ivi previsti, delle informazioni utili per la verifica del carico e dello scarico, del documento di accompagnamento del prodotto e della comunicazione di avvenuto imbottigliamento. Restano, comunque, fermi gli obblighi aggiornamento del registro telematico nei termini di cui al decreto 20 marzo 2015 n. 293.

7. L’organismo di controllo comunica all’operatore e all’ICQRF le non conformità rilevate nel corso delle verifiche, entro tre giorni dall’accertamento.

8. Gli Organismi di controllo trasmettono all’ICQRF ed alle regioni e PP.AA. competenti, entro il 31 gennaio, una relazione annuale sull’attività di controllo svolta.

9. Gli obblighi informativi posti a carico degli organismi di controllo sono assolti attraverso il caricamento delle relative informazioni nella BdV.

10. Gli organi di controllo ufficiali tengono conto, ai fini della programmazione delle attività di controllo, delle verifiche eseguite dagli organismi di controllo e dei relativi esiti, attraverso la consultazione del registro unico controlli ispettivi di cui articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.

Art. 5. Tariffe e modalità di pagamento

1. Il costo del servizio di controllo è calcolato in funzione dei quantitativi di prodotto di cui all’art. 1 commercializzati.

2. Gli organismi di controllo, nella determinazione delle tariffe, tengono conto dei minori costi derivanti dall’utilizzo delle funzionalità realizzate nell’ambito dei servizi del SIAN e rendono pubblici sui propri siti internet i tariffari applicati.

Art. 6. Disposizioni finali

1. Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito istituzionale del Ministero.

2. Il decreto ministeriale 19 marzo 2010, n. 381, è abrogato.



La resa massima di uva per ettaro è fissata dal Testo Unico Vino all’art.8, commi 10 e 10 bis, oltre che dal relativo decreto attuativo.


 

Decreto controlli vini DOC DOCG IGT

l controlli sui vini a denominazione o indicazione geografica (decreto controlli vini doc docg igt) sono disciplinati dall’apposito decreto ministeriale 7552/2018,   attuativo del Testo Unico Vino.


Purtroppo nel decreto controlli vini DOC DOCG IGT è stata stralciata – non trovandosi accordo – la parte più significativa della riforma in materia portata dal Testo Unico Vino, e cioè il controllore unico (art.64 T.U.).

Ad integrare la disciplina sui controlli interviene il regolamento sugli esami analitici ed organolettici nonchè sulle commissioni di degustazione dei vini a denominazione di origine ed indicazione geografica (art.64  e 65 T.U.):  D.M. 12 marzo 2019.

I controlli sui vini privi di denominazione o indicazione geografica, ma rencanti indicazione annata e/o della varietà di vite,  sono invece disciplinati dal D.M. 6778 del 18 luglio 2018.


DECRETO MINISTERIALE 2 agosto 2018, n. 7552.

Sistema dei controlli e vigilanza sui vini a DO e IG, ai sensi dell’articolo 64, della legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.

    • Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 ottobre 2018, n. 253.
    • Emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

IL MINISTRO DELLE POLITICHE

AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI

E DEL TURISMO

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricole comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/92, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 e, in particolare, l’art. 90 rubricato controlli connessi alle denominazioni di origine, alle indicazioni geografiche e alle menzioni tradizionali protette;

Visto il regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017 che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompagnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbligatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) n. 555/2008, (CE) n. 606/2009 e (CE) n. 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) n. 2015/560 della Commissione;

Visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/274 della Commissione, dell’11 dicembre 2017, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbligatorie, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/561 della Commissione;

Visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e successive modifiche ed integrazioni, recante Modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino e, in particolare, gli articoli 59, 64 e 90;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 16 febbraio 2012 recante «Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate»;

Visto il decreto dipartimentale 12 marzo 2015, n. 271, che, in attuazione alle disposizioni di cui all’art. 6, commi 1 e 2, del citato decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 16 febbraio 2012, ha stabilito le modalità di funzionamento della banca dati vigilanza;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 marzo 2015, n. 293 recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivinicolo, ai sensi dell’ art. 1-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 14 giugno 2012, n. 794, recante «approvazione dello schema di piano dei controlli, in applicazione dell’art. 13, comma 17, del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61»;

Ritenuto di procedere, al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 64, comma 20, ed all’art. 90 della legge n. 238/2016, all’emanazione di norme sul sistema dei controlli e vigilanza sui vini a DO e IG;

Sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome in data 19 aprile 2018;

Decreta:

Art. 1. Scopo e ambito di applicazione

Il presente decreto ministeriale, di seguito decreto, disciplina, in attuazione dell’art. 64, comma 20, della legge 12 dicembre 2016, n. 238, di seguito legge, il sistema di controllo e vigilanza dei vini a denominazione di origine e a indicazione geografica, ai sensi dell’art. 90 del regolamento (UE) n. 1306/2013 e degli articoli 4 e 5 del regolamento (CE) n. 882/2004 e successive modifiche.

Art. 2. Definizioni e termini

1. Ai fini del presente decreto, si intende per:

a) «Ministero» e «Ministro»: il Ministero e il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;
b) «ICQRF»: il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del Ministero;
c) «ufficio territoriale» l’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per il luogo ove ha sede lo stabilimento o il deposito dell’operatore obbligato o interessato;
d) «Regioni e PP.AA.»: le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
e) «categorie di operatori della filiera vitivinicola»: viticoltori, vinificatori, imbottigliatori, etichettatori, intermediari e altri specifiche categorie di operatori non classificabili tra le precedenti categorie, inseriti nel sistema di controllo;
f) «DO», «DOP», «DOCG» e «DOC»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a denominazione di origine;
g) «IG», «IGP» e «IGT»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a indicazione geografica;
h) «SIAN»: il sistema informativo agricolo nazionale, di cui all’art. 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194 e i Sistemi informativi regionali, ove presenti;
i) «organismo di controllo/organismi di controllo»: persona giuridica pubblica o privata a cui l’autorità competente ha delegato compiti di controllo, ai sensi dell’art. 2, comma 2, punto 5), del regolamento (CE) n. 882/2004 c ss..mm.., e che operano come organismi di certificazione dei prodotti secondo i criteri fissati nell’art. 5 di detto regolamento;
j) «fascicolo di controllo»: insieme delle informazioni e dei documenti funzionali all’attività di controllo di cui dispongono gli organismi di controllo, relativi a ogni operatore immesso nel sistema di controllo e alle attività di tale operatore;
k) «vigilanza»: complesso delle attività svolte dall’autorità competente, attraverso l’organizzazione di audit o ispezioni, finalizzate a verificare che non sussistano carenze di requisiti e carenze dell’organismo di controllo nell’espletamento dei compiti delegati e che per la risoluzione di tali carenze, ove rilevate, lo stesso abbia adottato correttivi appropriati e tempestivi;
l) «BdV»: l’acronimo di Banca dati Vigilanza istituita ai sensi decreto ministeriale del 16 febbraio 2012 recante Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate;
m) «schedario viticolo»: lo strumento previsto dall’art. 145 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e dal regolamento delegato (UE) n. 2018/273 della Commissione dell’11 dicembre 2017, parte integrante del SIAN nonché del Sistema integrato di gestione e controllo (SIGC) e dotato di un sistema di identificazione geografica (GIS), contenente informazioni aggiornate sul potenziale produttivo;
n) «registro telematico»: il registro tenuto con modalità telematiche, ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 marzo 2015, n. 293 nel quale, per ogni stabilimento e deposito dell’ impresa, sono indicate le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli;
o) «imbottigliamento»: la definizione riportata all’art. 56 del regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009;
p) «operazioni di etichettatura»: apposizione sui prodotti già imbottigliati delle informazioni sui recipienti;
q) «R.U.C.I.»: Registro unico dei controlli ispettivi di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, e di cui al decreto interministeriale del 20 luglio 2015.

Art. 3. Sistema di controllo

1. Il Ministero è l’autorità competente per l’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dei vini a DO e IG.

2. Il Ministero delega i compiti di controllo ad uno o più organismi di controllo ed è, altresì, l’autorità responsabile della vigilanza sugli organismi di controllo, ai sensi dell’art. 64, commi 1, 2 e 17, della legge.

3. Il Ministero esercita i compiti di cui ai commi 1 e 2 attraverso l’ICQRF.

4. La verifica annuale del rispetto del disciplinare nel corso della produzione e durante o dopo il condizionamento del vino è effettuata da organismi di controllo iscritti nell’ «Elenco degli organismi di controllo per le denominazioni di origine protetta (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP) del settore vitivinicolo», di cui all’art. 64, comma 3, della legge.

5. La scelta dell’organismo di controllo è effettuata secondo le modalità stabilite nell’art. 64, commi 12, 13 e 14 della legge e dell’art. 4 del decreto.

6. Gli organismi di controllo possono svolgere la loro attività per una o più produzioni riconosciute, ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea.

7. Ogni produzione riconosciuta, comprese le eventuali sottozone e tipologie previste dal disciplinare di produzione, è soggetta al controllo di un solo organismo di controllo, salvo il caso di cui all’art. 64, comma 14, ultimo periodo.

Art. 4. Scelta dell’organismo di controllo

1. La scelta dell’organismo di controllo è effettuata, tra quelli iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge, dai soggetti proponenti le registrazioni, contestualmente alla presentazione dell’istanza di riconoscimento della DO o della IG e, per le denominazioni o indicazioni già riconosciute, dai Consorzi di tutela incaricati dal Ministero.

2. In assenza dei Consorzi di tutela, le Regioni e PP.AA., nelle cui aree geografiche ricadono le produzioni delle uve e del vino rivendicati, sentite le organizzazioni rappresentative della filiera vitivinicola, indicano al Ministero, per ciascuna DO e IG, l’organismo di controllo tra quelli iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge. Nel caso di denominazioni interregionali e nel caso di mancato accordo, la scelta è effettuata dalla Regione o dalla Provincia Autonoma nel cui territorio ricade la maggiore produzione di uve e di vino rivendicati, con riferimento alla media dell’ultimo biennio.

3. I soggetti di cui ai commi 1 e 2 comunicano all’ICQRF, almeno sessanta giorni prima della scadenza dell’autorizzazione, l’organismo di controllo scelto per la singola DO o IG.

Art. 5. Iscrizione nell’elenco, autorizzazione, revoca e sospensione degli organismi di controllo

1. L’organismo di controllo che intende proporsi per il controllo delle denominazioni di origine o delle indicazioni geografiche, presenta apposita istanza al Ministero, ai sensi dell’art. 64, comma 3, della legge, unitamente alla documentazione indicata nell’ allegato 1 e redatta secondo le istruzioni ivi previste.

2. L’organismo di controllo scelto per il controllo della specifica DO o IG presenta all’ICQRF, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione sul sito internet del Ministero del documento unico e del disciplinare di produzione, un’istanza di autorizzazione, unitamente al certificato di accreditamento aggiornato, se organismo di controllo privato, alla procedura di controllo e certificazione aggiornata, se organismo di controllo pubblico, al piano di controllo e al tariffario, per ciascuna DO e IG per la quale è richiesta l’autorizzazione.

3. Il piano di controllo si compone di una parte generale, facente esplicito riferimento alle disposizioni di cui all’allegato 2, e di un’eventuale parte speciale contenente disposizioni specifiche di controllo rese necessarie dal disciplinare di produzione di ciascuna DO/IG ovvero dalla scelta di effettuare controlli analitici e organolettici a campione per le DO con produzione annuale certificata inferiore a 10.000 hl, ai sensi dell’art. 65, comma 5, lettera b) della legge.

4. Il tariffario è redatto secondo i criteri previsti dall’allegato 3.

5. Il provvedimento di autorizzazione contiene la descrizione dei compiti che l’organismo di controllo può espletare e delle condizioni alle quali può svolgerli. L’autorizzazione è rilasciata dall’ICQRF entro sessanta giorni dalla data di ricevimento dell’istanza.

6. L’autorizzazione ha durata triennale ed è rinnovabile a seguito di conferma della scelta effettuata ai sensi dell’art. 64, commi 12, 13 e 14, della legge. In caso di riconoscimento di nuove DO o IG, la relativa autorizzazione all’organismo di controllo avrà la medesima scadenza delle autorizzazioni già rilasciate per il triennio in corso.

7. La documentazione di cui all’art. 64, comma 5, della legge è approvata con apposito provvedimento in caso di modifica della stessa nel corso del triennio di validità dell’autorizzazione a seguito di presentazione di istanza motivata, dimostrando la preventiva comunicazione al Consorzio di tutela riconosciuto o alla Regioni e PP.AA. competenti.

8. Ai sensi dell’art. 64, comma 7, l’autorizzazione può essere sospesa in caso di:

a) mancato rispetto delle percentuali di controllo stabilite nel piano di controllo;
b) mancato rispetto delle procedure di controllo e certificazione;
c) inadempimento delle prescrizioni impartite dall’autorità competente;
d) carenze generalizzate nel sistema dei controlli che possono compromettere l’affidabilità e l’efficacia del sistema e dell’organismo di controllo stesso;
e) adozione di comportamenti discriminatori nei confronti degli operatori assoggettati al controllo.

9. La sospensione, a seconda della gravità dei casi, può avere una durata da tre a sei mesi. Al termine del periodo, l’organismo di controllo deve provare di aver risolto le criticità rilevate. L’organismo di controllo, durante il periodo di sospensione, è sottoposto, in ogni caso, ad attività di vigilanza da parte dell’ICQRF.

10. L’autorizzazione di cui al comma 5 è revocata in caso di:

a) perdita dell’accreditamento, se organismo privato;
b) tre provvedimenti di sospensione, ovvero un periodo di sospensione complessivamente superiore a nove mesi nel triennio di durata dell’autorizzazione.

11. La revoca è immediata nel caso di perdita dell’accreditamento. L’organismo di controllo, tuttavia, continua a svolgere l’attività di controllo fino a sostituzione. Nelle altre ipotesi, la revoca dell’autorizzazione decorre dalla data di scadenza della stessa e comporta l’impossibilità di rinnovo dell’autorizzazione al controllo per la denominazione in questione.

12. In caso di revoca immediata, i soggetti legittimati di cui all’art. 64, commi 12, 13 e 14, comunicano, nel termine di venti giorni, la scelta del nuovo organismo di controllo.

13. La revoca e la sospensione dell’autorizzazione possono riguardare anche una singola produzione riconosciuta ovvero una singola sede operativa dell’organismo di controllo.

14. Prima della scadenza del triennio, i soggetti legittimati, ai sensi dell’art. 64, commi 12, 13 e 14 della legge, possono, a seguito di provvedimenti di sospensione o a seguito di ordinanza ingiunzione emessa per gli illeciti di cui all’art. 80 della legge, scegliere un altro organismo di controllo tra quelli iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge. La nuova scelta deve essere comunicata all’ICQRF per l’apertura del nuovo procedimento di autorizzazione.

15. L’ICQRF comunica ai soggetti legittimati di cui all’art. 64, commi 12, 13 e 14 i provvedimenti rilevanti ai fini dei commi 8 e 11.

16. L’ICQRF pubblica, sul sito internet del Ministero, i piani di controllo e i tariffari approvati e cura la tenuta dell’elenco di cui all’art. 64, comma 4 della legge.

17. Gli organismi di controllo sono cancellati dall’elenco di cui all’art. 64, comma 4, in caso di revoca e se, al termine del quarto anno di iscrizione nello stesso, non sono stati scelti per effettuare il controllo di alcuna DO o IG. In caso di revoca, la nuova iscrizione nell’elenco può essere richiesto solo dopo che siano trascorsi quattro anni dalla cancellazione.

18. L’organismo di controllo autorizzato per la specifica DO o IG può avvalersi, delle strutture e del personale di altri soggetti iscritti nell’elenco di cui all’art. 64, comma 4, della legge. In tal caso le relative attività devono essere svolte conformemente a quanto disposto dalla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17065:2012, sulla base di una convenzione. L’organismo di controllo autorizzato è responsabile delle attività affidate ad altro organismo di controllo. Le attività di certificazione non possono essere affidate a terzi.

Art. 6. Obblighi degli organismi di controllo

1. Gli organismi di controllo assicurano per l’intera durata dell’autorizzazione:

a) la verifica dell’idoneità morale, dell’imparzialità e dell’assenza di conflitto di interesse dei propri rappresentanti, degli amministratori, del personale addetto all’attività di controllo e certificazione; prevedendo anche a tal fine, un numero dispari di componenti per gli organi collegiali che deliberano su certificazione, non conformità e ricorsi e per quest’ ultimo che lo stesso sia indipendente dalla struttura gerarchica dell’organismo;
b) che i componenti degli organi collegiali non partecipino alla composizione di altri organi collegiali dello stesso organismo di controllo, ad esclusione delle commissioni di degustazione;
c) che i componenti degli organi collegiali non partecipino alla composizione di altri organi collegiali di altri organismi di controllo ad esclusione dei Comitati di salvaguardia;
d) che il ruolo di valutazione sia distinto dal ruolo di riesame e di decisione nell’organizzazione dell’organismo di controllo;
e) l’adeguatezza delle strutture e delle risorse umane e strumentali rispetto ai compiti delegati;
f) l’impiego esclusivo di risorse umane dotate di esperienza e competenza specifica per i compiti e i ruoli svolti per ciascuna funzione del processo di controllo e certificazione;
g) una formazione periodica sui processi di controllo e certificazione specifici;
h) la rotazione del personale impiegato nell’attività di controllo, compreso il personale addetto al prelievo dei campioni, prevedendo almeno che gli operatori non possono essere controllati dal medesimo ispettore per più di tre visite ispettive consecutive.

2. Gli organismi di controllo comunicano al Ministero le modifiche giuridiche o organizzative intervenute successivamente all’autorizzazione.

3. Gli organismi di controllo non svolgono né direttamente né indirettamente attività di consulenza e di servizi, ivi compreso la fornitura a titolo oneroso di applicativi informatici.

4. Il personale degli organismi di controllo nello svolgimento dell’attività di controllo è incaricato di pubblico servizio, ai sensi dell’art. 358 del codice penale.

5. Gli organismi di controllo utilizzano esclusivamente i laboratori di analisi autorizzati dal Ministero.

6. L’accertamento di non conformità comporta l’applicazione puntuale del livello di gravità e del trattamento previsto dal piano di controllo autorizzato.

7. In caso di subentro, nel corso dell’anno, da parte di altro organismo nell’attività di controllo e certificazione, a ciascuno degli organismi spetta la parte dei proventi delle tariffe approvate relativa al servizio effettivamente svolto fino al momento del subentro.

8. Nell’esercizio dell’attività di controllo, gli organismi di controllo hanno, inoltre, l’obbligo di:

a) comunicare all’ICQRF e, per gli aspetti di competenza, alle Regioni e PP.AA., territorialmente competenti, i risultati dei controlli effettuati in modo regolare e ogniqualvolta sia richiesto;
b) deliberare, entro quindici giorni lavorativi, la non conformità rilevata nel corso delle verifiche;
c) di decidere i ricorsi entro trenta giorni dalla presentazione;
d) trasferire i fascicoli di controllo all’organismo di controllo subentrante entro trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento di autorizzazione e concludere le attività di controllo in corso;
e) adempiere alle richieste e prescrizioni impartite dalle autorità di cui all’art. 3.

Art. 7. I soggetti della filiera vitivinicola

1. L’attività di controllo e certificazione per i vini a DO e IG è svolta dagli organismi di controllo su tutti i soggetti della filiera di produzione della singola DO o IG secondo i criteri e con le modalità stabiliti nei rispettivi piani di controllo e nei tariffari approvati.

2. Ai sensi dell’art. 64, comma 16, della legge, tutti i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lettera e) partecipanti alla filiera di produzione della singola DO o IG sono automaticamente inseriti nel sistema di controllo al momento della rivendicazione della produzione tutelata e accettano le condizioni del servizio di controllo e certificazione.

3. La dichiarazione di vendemmia e di produzione vitivinicola costituiscono causa di inserimento nel sistema di controllo per la relativa produzione DO o IG.

4. Gli imbottigliatori e gli etichettatori, per l’inserimento nel sistema di controllo, inviano all’organismo di controllo autorizzato la comunicazione di imbottigliamento o di etichettatura.

5. L’organismo di controllo assoggetta al controllo anche gli imbottigliatori esteri ove previsto dal piano dei controlli della singola DO/IG.

6. Il piano dei controlli approvato e il prospetto tariffario, per le singole DO o IG, sono resi disponibili ai soggetti della filiera vitivinicola interessata anche attraverso la loro pubblicazione sul sito internet dell’organismo di controllo.

7. L’organismo di controllo deve tenere un elenco aggiornato dei soggetti iscritti.

Art. 8. Attività di controllo e certificazione

1. Gli organismi di controllo svolgono l’attività di controllo e certificazione nel rispetto del piano di controllo e del tariffario approvato, delle norme cogenti, delle istruzioni impartite dall’autorità competente e delle procedure e istruzioni contenute nella documentazione di sistema, per gli organismi privati, e nella procedura di controllo e certificazione, per gli organismi pubblici.

2. L’organismo di controllo verifica la conformità ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione e la rintracciabilità del prodotto a DO e IG certificato e destinato alla certificazione e assicura la corrispondenza dei quantitativi certificati o destinati alla certificazione con le risultanze della contabilità ufficiale.

3. L’organismo di controllo, per ciascuna DO o IG controllata, deve assicurare l’evidenza documentale delle azioni e delle attività previste dal piano dei controlli approvato. Tale documentazione è messa a disposizione delle autorità competenti c deve essere trasmessa all’organismo di controllo subentrante, in caso di revoca dell’autorizzazione o nuova scelta effettuata dai soggetti legittimati.

4. Il campione di soggetti da sottoporre a verifica ispettiva annuale è determinato tramite sorteggio. L’estrazione del campione deve essere eseguita per ciascuna DO e IG e per ogni categoria della filiera vitivinicola, nelle percentuali minime e secondo i criteri e le modalità stabiliti nell’allegato 2 del decreto.

5. Le operazioni di sorteggio devono essere eseguite in tempo utile sia per la conclusione dei controlli entro l’anno solare di sorteggio e sia per assicurare lo svolgimento dei controlli nel periodo più funzionale al controllo stesso.

6. L’organismo di controllo trasmette all’ICQRF gli elenchi degli operatori assoggettati, suddivisi per categoria, alla specifica DO e IG indicando quelli oggetto di sorteggio per l’anno solare in corso.

7. Il Comitato di certificazione dell’organismo di controllo, in caso di non conformità rilevata nell’ambito del piano dei controlli di una specifica DO e IG, valuta l’impatto della non conformità anche rispetto ai requisiti dei disciplinari delle DO e a IG coesistenti sulla stessa unità vitata nonché rispetto alla possibilità di eventuali riclassificazioni e declassamenti ad altra DO o IG.

8. Ai fini della certificazione delle produzioni di vino atto a divenire DO si applicano le disposizioni di cui all’art. 65 della legge e le relative norme attuative. In caso di giudizio di idoneità, l’organismo di controllo rilascia la certificazione per la relativa partita.

9. Gli imbottigliatori di vini DOCG e DOC richiedono i contrassegni all’organismo di controllo autorizzato o al Consorzio di tutela riconosciuto, se delegato a tal fine dal organismo di controllo autorizzato.

10. L’organismo di controllo autorizzato, previa verifica della sussistenza dei requisiti quantitativi e qualitativi del prodotto nel registro telematico, consegna i contrassegni richiesti o autorizza alla consegna il Consorzio di tutela riconosciuto, se delegato.

11. Gli organi di controllo ufficiali tengono conto, ai fini della programmazione delle attività di controllo, delle verifiche eseguite dagli organismi di controllo e dei relativi esiti, attraverso la consultazione del R.U.C.I.

Art. 9. Acquisizione delle informazioni ai fini del controllo e certificazione

1. L’acquisizione delle informazioni da parte degli organismi di controllo avviene attraverso i servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN e, per i soggetti esonerati ai sensi dell’art. 58, comma 2, della legge, attraverso la dichiarazione di produzione, la dichiarazione di giacenza, la documentazione di accompagnamento e commerciale e da altra documentazione giustificativa.

2. I soggetti esonerati di cui al precedente comma possono chiedere l’accesso ai servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN.

3. L’operatore aggiorna il registro telematico per il prodotto oggetto di richiesta di certificazione per consentire la verifica del carico e il rilascio della certificazione.

4. In caso di cessione o trasferimento di prodotto sfuso atto a divenire DO, di prodotto a DO o rivendicato a IG, compresa la commercializzazione di vino sfuso verso altri Stati membri o Paesi terzi, l’operatore aggiorna il registro telematico, relativamente al prodotto movimentato, entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello della cessione o trasferimento.

5. Gli imbottigliatori, qualora non siano previsti termini più restrittivi dal decreto 20 marzo 2015, n. 293, aggiornano il registro telematico non oltre sette giorni lavorativi dalla data di conclusione delle operazioni di imbottigliamento dello specifico prodotto.

6. Gli obblighi di cui ai commi 3, 4 e 5 possono essere assolti dall’operatore con la trasmissione all’organismo di controllo, nei tempi ivi previsti, delle informazioni utili per la verifica del carico e dello scarico, del documento di accompagnamento del prodotto e della comunicazione di avvenuto imbottigliamento ovvero della comunicazione riepilogativa dei quantitativi di vini a DO e IG ceduti direttamente al consumatore finale con i riferimenti alla certificazione di idoneità, per i casi in cui è prevista. In tal caso, restano fermi gli obblighi aggiornamento del registro telematico nei termini di cui al decreto 20 marzo 2015, n. 293.

Art. 10. Oneri informativi a carico dell’organismo di controllo

1. L’organismo di controllo comunica all’operatore interessato la non conformità rilevata nel corso delle verifiche, entro cinque giorni dalla relativa deliberazione del Comitato di certificazione.

2. Le comunicazioni di non conformità sono redatte secondo il modello di cui all’allegato 4 del decreto e devono dettagliatamente indicare il trattamento, l’azione correttiva, i termini entro i quali è verificata e le modalità di risoluzione della stessa, la facoltà per l’operatore di presentare ricorso avverso la deliberazione del Comitato di certificazione, nonché il termine di presentazione, che non può essere fissato oltre il trentesimo giorno dalla notifica all’operatore della non conformità.

3. L’organismo di controllo comunica all’ufficio territoriale competente le non conformità gravi deliberate dal Comitato di certificazione, entro venti giorni lavorativi dalla verifica. In tali casi, l’organismo di controllo deve tempestivamente informare l’ufficio territoriale competente del ricorso eventualmente presentato dal soggetto interessato e, in seguito, del suo esito, ai sensi dell’art. 79 della legge.

4. L’ufficio territoriale informa sollecitamente l’organismo di controllo dei provvedimenti adottati in esito alle comunicazioni di cui al comma 3.

5. Le non conformità lievi, avverso le quali non è stato presentato ricorso ovvero in caso di rigetto del ricorso presentato, che non sono state risolte nelle modalità e nei tempi indicati dall’organismo di controllo, diventano gravi a seguito di deliberazione del Comitato di certificazione.

6. L’organismo di controllo comunica mensilmente all’ICQRF le non conformità lievi diventate definitive per assenza di ricorso o per rigetto del ricorso nonché i dati relativi alle verifiche a carico di operatori con esito positivo.

7. L’organismo di controllo comunica al soggetto interessato e alla Regione e Provincia Autonoma competente qualsiasi non conformità riconducibile al vigneto e al mancato aggiornamento dei dati contenuti nello schedario viticolo. Le Regioni e PP.AA., entro la data di rivendicazione delle produzioni ottenute sulle superfici oggetto delle non conformità, verificano l’aggiornamento e la validità del dato relativo alle superfici vitate operato dal soggetto interessato, tenuto conto anche delle informazioni contenute nelle comunicazioni di non conformità. Le comunicazioni di non conformità effettuate entro il 31 luglio di ogni anno hanno effetto per la compagna in corso, quelle effettuate dopo il 31 luglio di ogni anno hanno effetto per la campagna successiva, ai sensi dell’art. 8, comma 8, della legge.

8. Gli eventuali disallineamenti, che non costituiscono una violazione del disciplinare di produzione, sono comunicati alle Regioni e PP.AA., ai sensi dell’art. 8, comma 8, della legge, e all’interessato.

9. All’organismo di controllo è fornito l’accesso telematico ai servizi SIAN per la consultazione e l’acquisizione dello schedario viticolo, delle dichiarazioni di vendemmia e di produzione, delle dichiarazioni di giacenza dei vini, del registro telematico nonché per l’inserimento dei dati nella BdV.

10. L’organismo di controllo deve fornire al Consorzio di tutela, di cui all’art. 41, comma 1, della legge i dati relativi alla quantità di prodotto a DO e IG (uva rivendicata, vino rivendicato e vino imbottigliato) ottenuto nella campagna vendemmiate dai soci del Consorzio medesimo. I medesimi Consorzi devono richiedere tali dati comunicando annualmente l’elenco dci soci.

11. L’organismo di controllo deve fornire al Consorzio di tutela, di cui all’art. 41, comma 4, della legge i dati relativi alla quantità di prodotto DO e IG (uva rivendicata, vino rivendicato e vino effettivamente imbottigliato) ottenuto nella campagna vendemmiale precedente a carico di tutti i soggetti immessi nel sistema di controllo della DO e IG anche se non soci del Consorzio di tutela.

12. Gli obblighi informativi posti a carico degli organismi di controllo sono assolti attraverso il caricamento delle relative informazioni nella BdV.

13. L’organismo di controllo è tenuto a trasmettere all’ICQRF e alle Regioni e PP.AA. competenti, entro il 1° marzo di ciascun anno, una relazione sulle criticità riscontrate durante l’anno precedente, nello svolgimento delle attività di certificazione e controllo, corredata dai dati previsti nell’allegato 5.

14. Gli enti detentori e gestori dei dati sono obbligati a metterli a disposizione gratuitamente degli organismi di controllo.

Art. 11. Disposizioni finali

1. Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito istituzionale del Ministero.

2. Il decreto ministeriale 14 giugno 2012, n. 794, è abrogato.

3. Dopo il primo anno di applicazione del presente decreto, le disposizioni in esso contenute possono essere modificate con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa comunicazione alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

4. Gli allegati al decreto possono essere modificati con decreto del capo dell’ICQRF, sentito il Comitato nazionale di Vigilanza MIPAAF – Regioni di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 2012 citato in premessa.

 

ALLEGATI AL DECRETO  7552/2018


Circolare ICQRF 2168/2019 su piano controlli vini DOP-IGP


Piani controlli vini DOP - IGP


 

pratiche enologiche tecniche cantina

Le tecniche di cantina rappresentano le modalità con cui viene prodotto il vino, spesso comportanti l’utilizzo di additivi, talora suscettibili di lasciare residui nella bevanda finale (uno per tutti, l’anidride solforosa utilizzata come conservante). Inoltre, se la qualità di un vino discende soprattutto o, addirittura, unicamente dall’insieme dei trattamenti somministrati durante la sua lavorazione, al punto da fargli perdere o rendere molto labile il collegamento con le caratteristiche dell’uva pigiata, insorge il rischio per il consumatore di essere tratto in inganno sulle reali qualità del prodotto acquistato.

La legislazione su tale materia persegue allora una triplice finalità: tutelare sia la salute sia l’interesse economico del consumatore e quello dei produttori concorrenti (uno onesto potrebbe essere danneggiato da chi usa pratiche scorrette, poiché quest’ultimo potrebbe così risucire ad abbatere i costi di produzione, facendo uscire dal mercato chi opera correttamente).

A livello internazionale, le pratiche di cantina vengono concordate in sede OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), la quale ha elaborato due codici (tra loro complementari):

  • il Codice delle pratiche enologiche, il quale comprende la definizione dei prodotti vitivinicoli nonché l’elendo e le specifiche delle pratiche e dei trattamenti enologici (ammessi o non ammessi)
  • il Codice enologico internazionale, che riunisce le descrizioni dei principali prodotti chimici, organici o gas utilizzati nell’elaborazione e la conservazione dei vini. Le condizioni del loro impiego, la modalità e i limiti del loro utilizzo sono stabiliti dal Codice Internazionale delle Pratiche Enologiche.

Tali atti non hanno però effetto vincolante, giacché si deve invece guardare alle norme emanate dallo Stato in cui un vino viene prodotto.

Nell’Unione Europea, è la normativa comunitaria a stabilire quali sono le pratiche enologiche permesse.

Ciò avveiene mediante il cosiddetto “Codice enologico comunitario“, costituito dal regolamento 934/2019 della Commissione (che ha sostituito abrogandolo il precedente regolamento 606/2009/UE della Commissione), il quale dà attuazione ai principi sulle tecniche di cantina stabilite nella regolamento sulla OCM Unica (regolamento 1308/2013/UE di Consiglio e Parlamento Europeo), il quale nell’Allegato VII già contiene regole alquanto stringenti sulle operazioni di arricchimento, acidificazione e deacidificazione dei vini.

Bisogna tuttavia avvisare che la normativa comunitaria si isprira fortemente alle regole stabilite in sede OIV: di conseguenza, queste ultime diventano un criterio interpretativo ed integrativo delle prime.

Il regolamento sulla OCM Unica fa poi salvo il diritto degli Stati membri di limitare l’uso delle pratiche enologiche ammesse a livello comunitario, qualora ciò serva per tutelare la qualità dei vini DOP e IGP.

Il Testo Unico Vino ben poco dice al riguardo, giacché così sancisce all’art.4:

 

Per la produzione e la commercializzazione dei prodotti
vitivinicoli sono direttamente applicabili le specifiche disposizioni
stabilite dalla normativa dell’Unione europea e le disposizioni
nazionali della presente legge e dei relativi decreti attuativi del
Ministro emanati ai sensi della medesima legge.

 

Sono infatti i disciplinari delle singole denominazioni a stabilire quali sono le pratiche enologiche tecniche cantina ammesse per produrre il relativo vino.

 

Nel contesto degli scambi internazionali, il commercio del vino può essere ostacolato, qualora lo Stato di importazione preveda pratiche enologiche tecniche cantina diverse da quelle del paese ove il vino viene prodotto.

L’ostacolo discende dalla circostanza che solitamente ogni paese ammette sul proprio territorio la commercializzazione solo del vino che sia prodotto in conformità alle proprie regole nazionali in materia.

Per ovviare a ciò, l’Unione Europea ha concluso una rete di accordi con i principali paesi del mondo, sia produttori che consumatori di vino, così ottenendo che le regole di produzione fissate dall’Unione sia riconosciute anche negli Stati che sono parte di detti accordi.

Ciò è avvenuto con gli Stati Uniti d’America, il Cile, il Sud-Africa, l’Australia e molti altri paesi.

Ovviamente, tali accordi si fondano sul principio della reciprocità, il che necessariamente favorisce anche le importazioni di vini extra-comunitari nel territorio dell’Unione.