Autorizzazione impianto vigneti 2020

Autorizzazione impianto vigneti 2020:  pubblicata una nuova guida di AGEA (circolare AGEA  n.11517 del  13 febbraio 2020).


Autorizzazione impianto vigneti 2020: la circolare AGEA n.11517 del 13 febbraio 2020 fa il punto sulla legislazione nazionale nonché sulle posizioni adottate dalle Regioni in merito ai criteri di priorità.

Essa sostituisce integralmente quella adottata per l’anno 2019 (circolare 12599 del 14 febbraio 2019), ma ne riprende sostanzialmente i contenuti, sopratutto per quanto concerne il rispetto dei criteri di priorità  e di ammissibilità (che vengono anzi ulteriormente salvaguardati) ed i limiti al traferimento tra Regioni.

Il quadro normativo italiano di riferimento resta quello portato dal D.M. 12272 del 15 dicembre 2015 , (come precisato dalla circolare MIPAAF 5852 del 25/10/2016), in ultimo modificato dal DM 935 del 13 febbraio 2018.

Il tutto in applicazione delle regole portate dalla OCM Unica (Regolamento UE 1308/2013, articoli 62 e seguenti, che a sua volta è stato oggetto di successive modificazioni), su cui si è espressa la Commissione UE con il parere (ARES 2017-5680223), secondo cui:

“l’affitto di superfici vitate, al solo scopo di procedere alla loro immediata estirpazione ed al reimpianto in località differente e molto distante, non può essere considerato una normale attività agricola, sopratutto se la superficie vitata oggetto di estirpazione non è gestita dall’affittuario per un certo lasso di tempo e se il contratto di affitto è rescisso dopo l’estirpazione”.

Di conseguenza, la circolare AGEA 11517 del 13 febbraio 2020 individua i seguenti principi:

 

3) Modifica della superficie per cui è concessa l’autorizzazione

Dal 2018 la modifica di una superficie rilasciata sulla base di un criterio di priorità individuato dalla Regione secondo l’articolo 7bis del DM n. 12272 del 15 dicembre 2015, è da intendersi analoga alla fattispecie riportata nell’articolo 7 paragrafo 3 per la quale trova applicazione l’articolo 14del medesimo decreto, ovvero, su domanda del richiedente, un impianto di viti può essere effettuato in una superficie dell’azienda diversa dalla superficie per cui è stata concessa l’autorizzazione solo nel caso in cui anche la nuova superficie rispetti i medesimi criteri di priorità di cui all’articolo 7bis per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione.

 

4) Modifica della Regione/P.A. di riferimento

Il titolare dell’autorizzazione al reimpianto può richiedere, in modalità telematica, di variare la regione di riferimento al fine di poter utilizzare l’autorizzazione per impiantare un vigneto in una regione diversa da quella per cui ha ottenuto l’autorizzazione.

La modifica della regione di riferimento delle autorizzazioni per i nuovi impianti non è permessa se non vengono rispettati i criteri di ammissibilità e gli eventuali criteri di priorità previsti alla presentazione della domanda e che hanno determinato il rilascio dell’autorizzazione.

La richiesta di modifica della regione di riferimento delle autorizzazioni deve essere inoltrata alla regione dove si vuole effettuare l’impianto. La richiesta di modifica della regione di riferimento deve ricevere il nulla osta sia da parte della regione dove si vuole effettuare l’impianto, sia da parte della regione di origine.

Non è consentita la modifica della regione di riferimento di autorizzazioni per reimpianto anticipato. Al fine di contrastare fenomeni elusivi del principio della gratuità e non trasferibilità della titolarità delle autorizzazioni conseguenti ad atti di trasferimento temporaneo della conduzione, l’estirpazione dei vigneti effettuata prima dello scadere dei 6 anni dalla data di registrazione dell’atto di conduzione non dà origine ad autorizzazioni di reimpianto in una Regione differente da quella in cui è avvenuto l’estirpo. La presente disposizione non si applica agli atti di trasferimento temporaneo registrati prima dell’entrata in vigore del DM 935 del 13 febbraio2018 ….  Tale disposizione, per identità di ratio, è applicabile anche all’ipotesi di richiesta di trasferimento di una autorizzazione al reimpianto su terreni  in conduzione (mediante atti di trasferimento temporaneo) da meno di 6 anni in una regione differente.

 

Ribadendo un principio già fissato dalla precedente circolare del 2019, la circolare AGEA emessa per l’anno 2020 (circolare 11517 del 13 febbraio 2020) ha altresì sancito:

 

“A.Rilascio di autorizzazioni per nuovi impianti (annuale)

Il Ministero rende nota con decreto direttoriale entro il 30 settembre di ogni annola superficie nazionale che può essere oggetto di autorizzazioniper nuovi impianti nell’annualità successiva(da qui in avanti“superficie nazionale autorizzabile”).

Al fine di contrastare fenomeni elusivi del criterio di distribuzione proporzionale, anche nell’ambito dell’introduzione di criteri di priorità e del rispetto del miglioramento della competitività del settore nell’ambito delle singole Regioni, dal2017 sono state introdottele seguenti prescrizioni:

1) nelle domande di autorizzazione per nuovi impianti dovranno essere specificate la dimensione richiesta e la Regione nella quale si intende localizzare le superfici oggetto di richiesta. Le autorizzazioni per nuovi impianti concesse dalla campagna 2017 e 2018, quindi, non sono più trasferibili da una regione ad un’altra, in quanto ciò contrasta con il criterio di ammissibilità.

2) Il vigneto impiantato a seguito del rilascio dell’autorizzazione è mantenuto per un numero minimo di 5 anni, fatti salvi i casi di forza maggiore e/omotivi fitosanitari. Per tale motivo, l’estirpazione dei vigneti impiantati con autorizzazioni di nuovo impianto prima dello scadere dei 5 anni dalla data di impianto non dà origine ad autorizzazioni di reimpianto.”

 

Per quanto concerne i criteri di prorità adottati dalle singole Regioni (nel rispetto dei criteri fissati dalla normativa comunitaria), si veda l’allegato n.1 alla stessa circolare Agea del 2020.


Autorizzazioni impianto nuovi vigneti: normativa italiana


Regione Piemonte - Autorizzazione impianto vitigni


 

Accordo UE Giappone tutela DOP IGP

Gli accordi della UE con Cina e Giappone per la tutela di alcune DOP(Accordo UE-Giappone tutela DOP IGP)


Nell’anno 2019 l’Unione Europea ha concluso due accordi internazionali – uno con la Cina (Accordo UE-Cina tutela DOP IGP) e l’altro con il Giappone (Accordo UE-Giappone tutela DOP IGP) – che aggiungono nuovi nodi ad una rete di appositi trattati internazionali, pazientemente tessuta al fine di salvaguardare nel mondo le nostre DOP e IGP.

Cerchiamo innanzitutto di capire perché tali accordi sono indispensabili.

I nomi geografici, costituenti DOP ovvero IGP, sono protetti – quando ciò avviene, ma non è cosa scontata nel mondo! – per effetto di norme giuridiche, le quali esplicano però effetto unicamente sul territorio dell’ordinamento che le prevede. Va da sé che, più è ampio il territorio dell’ordinamento giuridico in questione, maggiore è l’estensione geografica delle zone ove vige siffatta tutela.

In buone sostanza, i confini nazionali rappresentano un grave ostacolo alla tutela in questione.

In Europa, tale problema è stato risolto – con notevole efficacia! – proprio grazie alle norme comunitarie: facendo discendere da esse la protezione di DOP e IGP, i confini nazionali all’interno dell’Unione non ledono minimamente la loro tutela. In altre parole, in virtù del diritto comunitario, una denominazione italiana è protetta nello stesso modo tanto in Italia, quanto in Francia, quanto in Germania, e così via in tutti gli altri Paesi dell’Unione.

La protezione, peraltro, è molto estesa, siccome essa vieta (art.103 del Regolamento 1308/2013/UE) – fra l’altro – di ledere le DOP e le IGP con «qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione, una trascrizione o una traslitterazione o è accompagnato da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o espressioni simili».

Superando i confini dell’Unione Europea, ciò viene meno.

L’unica possibilità, per mantenere una certa tutela, è che anche gli Stati non facenti parte dell’Unione riconoscano sul loro territorio una qualche protezione a DOP e IGP comunitarie.

E’ vero che gli Accordi TRIPS, conclusi in sede dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, comportano l’obbligo per tutti gli Stati aderenti di proteggere le denominazioni di origine (ma non le indicazioni geografiche!), ma è parimenti vero che detti accordi sono assai poco efficaci.

Per rimediare, non restava che stringere appositi trattati con i singoli paesi.

Per farlo è tuttavia necessario disporre di molto potere negoziale: forza che l’Italia – da sola – avrebbe in misura alquanto limitata.

A partire dagli anni ‘90, dunque, l’Unione Europea ha gradatamente concluso molteplici accordi in materia con molti altri Stati – fra cui: U.S.A., Canada, Sud Africa, Cile, Australia, … – per vedere protette sul loro territorio le nostre DOP e IGP, così intessendo una vera e propria “rete” in loro difesa.

In buona sostanza: è grazie all’Unione Europea che le nostre DOP e IGP vengono tutelate in gran parte del mondo con una certa effettività.

Siffatta “rete” presentava però due preoccupanti buchi, adesso in qualche modo tappati: mancavano infatti la Cina ed il Giappone.

Il tema era particolarmente cruciale per i produttori europei, giacché per noi le denominazioni di origine rappresentano un patrimonio economico assolutamente significativo. Tuttavia, negli ultimi anni anche la Cina – volendo entrare sempre più nel mondo del commercio internazionale – ha iniziato a riconoscere alcune denominazioni di origine del proprio territorio (la prima riguarda le lingue d’oca).

E’ però errato pensare che tale complesso sistema di protezione sia omogeneo.

Ad esempio, l’Accordo tra UE ed USA verte esclusivamente sul commercio del vino: esso pertanto tutela in modo abbastanza esteso le DOP europee relative a tale settore, ma esclude quelle dei prodotti alimentari. Lo stesso dicasi per i trattati con l’Australia, la Repubblica Sudafricana ed il Cile.

Per contro, il recente Accordo con la Cina concerne anche le DOP alimentari. Tuttavia, le DOP europee che ne beneficiano – vedendo così riservata sia la loro espressione in caratteri latini che la loro traslitterazione in ideogrammi cinesi – sono al momento relativamente poche, e cioè solo un centinaio, di cui ben 26 italiane.

Ecco quali sono queste ultime: Aceto Balsamico di Modena, Asti, Barbaresco, Bardolino Superiore, Barolo, Brachetto d’Acqui, Brunello di Montalcino, Chianti, Conegliano-Valdobbiadene Prosecco, Dolcetto d’Alba, Franciacorta, Montepulciano d’Abruzzo, Soave, Toscano/Toscana, Vino Nobile di Montepulciano (per quanto concerne i vini); Grappa (in relazione ai liquori); Asiago, Bresaola della Valtellina, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Prosciutto di Parma, Prosciutto San Daniele, Taleggio (DOP alimentari).

Di certo, dette DOP sono tra le nostre più significative, il che è un gran successo. Però il loro numero è comunque modesto, per cui è da augurarsi che l’attuale accordo con la Cina rappresenti un primo passo per una tutela numericamente più diffusa. In effetti, nell’Unione Europea sono tutelate ben 573 DOP e 248 IGP italiane (di cui, rispettivamente, 167 e 130 agroalimentari nonché 406 e 118 per i vini)!

Anche il recente ampio accordo commerciale tra Unione Europea e Giappone, che tra le sue molteplici pattuizioni prevede pure la protezione delle rispettive DOP, non rappresenta una misura di loro generale salvaguardia, essendo limitato il numero delle denominazioni di origine che ne beneficiano.

Per quanto concerne le DOP italiane, il Giappone ha accettato di proteggere sul proprio territorio – oltre a tutte quelle oggetto dell’accordo tra UE e Cina – anche i seguenti ulteriori nomi geografici o di prodotti: Sicilia, Soave, Valpolicella, Vernaccia di San Gimignano, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Gasparossa di Castelvetro, Marsala, Montepulciano di Abruzzo, Campania, Bolgheri / Bolgheri Sassicaia, Bardolino / Bardolino Superiore (con riferimento ai vini); Fontina, Mela Alto Adige / Südtiroler Apfel, Mortadella Bologna, Pecorino Toscano, Prosciutto Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Zampone Modena.

Inoltre, sia l’accordo con la Cina sia quello con il Giappone – al pari di molti altri accordi internazionali – esplicano i loro effetti solo in favore dei citati nomi geografici, lasciando invece scoperte le relative sotto-zone ed indicazioni geografiche aggiuntive, che nemmeno sono tutelate (proprio perché sono cosa diversa dalle denominazioni), ma semplicemente consentite dalla legislazione dell’Unione Europea sull’organizzazione comune dei mercati e che trovano il loro fondamento nel Testo Unico Vino del nostro paese (il che implica una protezione molto più limitata e flebile).

Pure le menzioni tradizionali connesse alle denominazioni coperte dai nuovi accordi con Cina e Giappone non trovano protezione, ma ciò vale anche per molti altri accordi internazionali sul commercio del vino conclusi dalla UE (fanno eccezione quelli con l’Australia ed il Cile), mentre all’interno della Unione esse sono salvaguardate. Anzi, il relativo livello di protezione è aumentato con l’adozione del regolamento della Commissione 33/2019, che ha sostanzialmente assimilato la portata della protezione per le menzioni a quella per le dominazioni (fatta salva la differenza che le prime sono tutelate solo nella versione linguistica con cui sono registrate, mentre per le seconde la tutela copre anche la loro espressione nelle altre lingue dell’Unione).

Insomma, questi due nuovi accordi internazionali – che vanno sicuramente apprezzati e ben accolti! – iniziano forse a connotare una sorta di differenziazione all’interno delle stesse DOP e IGP, sostanzialmente ricollegabile al peso economico delle rispettive produzioni.

Chi realizza quelle attualmente escluse dalla protezione, dovrà quindi prestare attenzione all’evoluzione della situazione, per capire se in futuro essa si consoliderà alle restrittive attuali condizioni ovvero si assisterà ad una graduale estensione del campo di operatività della tutela di DOP e IGP europee in Cina e Giappone. La questione appare particolarmente delicata per quei produttori che puntano a vedere proprio su tali importanti mercati.


Circolare Agenzia dogane su accordo UE - Giappone


Sempre a fine dell’anno 2019, l’Unione Europea ha compiuto ulteriori passi per perfezionare la propria adesione al cosiddetto “Accordo di Lisbona” (così come modificato da quello successivo di Ginevra), che – in sede WIPO (World Intellectual Property Organization) – ha come obiettivo la tutela sia delle denominazioni di origine, sia delle indicazioni geografiche.

Ciò consente di rafforzare la tutela di DOP e IGP dell’Unione Europea nei seguenti paesi, magari meno rilevanti sul piano dell’export dei nostri vini, ma che – in assenza di tale trattato – avrebbero potuto costituire un “porto sicuro” per eventuali operazioni di contraffazione: Albania, Algeria, Bosnia ed Herzegovina, Burkina Faso, Congo, Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, Korea del Nord, Repubblica Dominicana, Gabon, Georgia, Haiti, Iran, Israele, Mexico, Montenegro, Nicaragua, Macedonia del Nord, Peru, Moldavia, Togo e Tunisia.

Accordo UE-Cina tutela DOP IGP

Gli accordi della UE con Cina e Giappone per la tutela di alcune DOP(Accordo UE-Cina tutela DOP IGP)


Nell’anno 2019 l’Unione Europea ha concluso due accordi internazionali – uno con la Cina (Accordo UE-Cina tutela DOP IGP) e l’altro con il Giappone (Accordo UE-Giappone tutela DOP IGP) – che aggiungono nuovi nodi ad una rete di appositi trattati internazionali, pazientemente tessuta al fine di salvaguardare nel mondo le nostre DOP e IGP.

Cerchiamo innanzitutto di capire perché tali accordi sono indispensabili.

I nomi geografici, costituenti DOP ovvero IGP, sono protetti – quando ciò avviene, ma non è cosa scontata nel mondo! – per effetto di norme giuridiche, le quali esplicano però effetto unicamente sul territorio dell’ordinamento che le prevede. Va da sé che, più è ampio il territorio dell’ordinamento giuridico in questione, maggiore è l’estensione geografica delle zone ove vige siffatta tutela.

In buone sostanza, i confini nazionali rappresentano un grave ostacolo alla tutela in questione.

In Europa, tale problema è stato risolto – con notevole efficacia! – proprio grazie alle norme comunitarie: facendo discendere da esse la protezione di DOP e IGP, i confini nazionali all’interno dell’Unione non ledono minimamente la loro tutela. In altre parole, in virtù del diritto comunitario, una denominazione italiana è protetta nello stesso modo tanto in Italia, quanto in Francia, quanto in Germania, e così via in tutti gli altri Paesi dell’Unione.

La protezione, peraltro, è molto estesa, siccome essa vieta (art.103 del Regolamento 1308/2013/UE) – fra l’altro – di ledere le DOP e le IGP con «qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione, una trascrizione o una traslitterazione o è accompagnato da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o espressioni simili».

Superando i confini dell’Unione Europea, ciò viene meno.

L’unica possibilità, per mantenere una certa tutela, è che anche gli Stati non facenti parte dell’Unione riconoscano sul loro territorio una qualche protezione a DOP e IGP comunitarie.

E’ vero che gli Accordi TRIPS, conclusi in sede dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, comportano l’obbligo per tutti gli Stati aderenti di proteggere le denominazioni di origine (ma non le indicazioni geografiche!), ma è parimenti vero che detti accordi sono assai poco efficaci.

Per rimediare, non restava che stringere appositi trattati con i singoli paesi.

Per farlo è tuttavia necessario disporre di molto potere negoziale: forza che l’Italia – da sola – avrebbe in misura alquanto limitata.

A partire dagli anni ‘90, dunque, l’Unione Europea ha gradatamente concluso molteplici accordi in materia con molti altri Stati – fra cui: U.S.A., Canada, Sud Africa, Cile, Australia, … – per vedere protette sul loro territorio le nostre DOP e IGP, così intessendo una vera e propria “rete” in loro difesa.

In buona sostanza: è grazie all’Unione Europea che le nostre DOP e IGP vengono tutelate in gran parte del mondo con una certa effettività.

Siffatta “rete” presentava però due preoccupanti buchi, adesso in qualche modo tappati: mancavano infatti la Cina ed il Giappone.

Il tema era particolarmente cruciale per i produttori europei, giacché per noi le denominazioni di origine rappresentano un patrimonio economico assolutamente significativo. Tuttavia, negli ultimi anni anche la Cina – volendo entrare sempre più nel mondo del commercio internazionale – ha iniziato a riconoscere alcune denominazioni di origine del proprio territorio (la prima riguarda le lingue d’oca).

E’ però errato pensare che tale complesso sistema di protezione sia omogeneo.

Ad esempio, l’Accordo tra UE ed USA verte esclusivamente sul commercio del vino: esso pertanto tutela in modo abbastanza esteso le DOP europee relative a tale settore, ma esclude quelle dei prodotti alimentari. Lo stesso dicasi per i trattati con l’Australia, la Repubblica Sudafricana ed il Cile.

Per contro, il recente Accordo con la Cina concerne anche le DOP alimentari. Tuttavia, le DOP europee che ne beneficiano – vedendo così riservata sia la loro espressione in caratteri latini che la loro traslitterazione in ideogrammi cinesi – sono al momento relativamente poche, e cioè solo un centinaio, di cui ben 26 italiane.

Ecco quali sono queste ultime: Aceto Balsamico di Modena, Asti, Barbaresco, Bardolino Superiore, Barolo, Brachetto d’Acqui, Brunello di Montalcino, Chianti, Conegliano-Valdobbiadene Prosecco, Dolcetto d’Alba, Franciacorta, Montepulciano d’Abruzzo, Soave, Toscano/Toscana, Vino Nobile di Montepulciano (per quanto concerne i vini); Grappa (in relazione ai liquori); Asiago, Bresaola della Valtellina, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Prosciutto di Parma, Prosciutto San Daniele, Taleggio (DOP alimentari).

Di certo, dette DOP sono tra le nostre più significative, il che è un gran successo. Però il loro numero è comunque modesto, per cui è da augurarsi che l’attuale accordo con la Cina rappresenti un primo passo per una tutela numericamente più diffusa. In effetti, nell’Unione Europea sono tutelate ben 573 DOP e 248 IGP italiane (di cui, rispettivamente, 167 e 130 agroalimentari nonché 406 e 118 per i vini)!

Anche il recente ampio accordo commerciale tra Unione Europea e Giappone, che tra le sue molteplici pattuizioni prevede pure la protezione delle rispettive DOP, non rappresenta una misura di loro generale salvaguardia, essendo limitato il numero delle denominazioni di origine che ne beneficiano.

Per quanto concerne le DOP italiane, il Giappone ha accettato di proteggere sul proprio territorio – oltre a tutte quelle oggetto dell’accordo tra UE e Cina – anche i seguenti ulteriori nomi geografici o di prodotti: Sicilia, Soave, Valpolicella, Vernaccia di San Gimignano, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Gasparossa di Castelvetro, Marsala, Montepulciano di Abruzzo, Campania, Bolgheri / Bolgheri Sassicaia, Bardolino / Bardolino Superiore (con riferimento ai vini); Fontina, Mela Alto Adige / Südtiroler Apfel, Mortadella Bologna, Pecorino Toscano, Prosciutto Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Zampone Modena.

Inoltre, sia l’accordo con la Cina sia quello con il Giappone – al pari di molti altri accordi internazionali – esplicano i loro effetti solo in favore dei citati nomi geografici, lasciando invece scoperte le relative sotto-zone ed indicazioni geografiche aggiuntive, che nemmeno sono tutelate (proprio perché sono cosa diversa dalle denominazioni), ma semplicemente consentite dalla legislazione dell’Unione Europea sull’organizzazione comune dei mercati e che trovano il loro fondamento nel Testo Unico Vino del nostro paese (il che implica una protezione molto più limitata e flebile).

Pure le menzioni tradizionali connesse alle denominazioni coperte dai nuovi accordi con Cina e Giappone non trovano protezione, ma ciò vale anche per molti altri accordi internazionali sul commercio del vino conclusi dalla UE (fanno eccezione quelli con l’Australia ed il Cile), mentre all’interno della Unione esse sono salvaguardate. Anzi, il relativo livello di protezione è aumentato con l’adozione del regolamento della Commissione 33/2019, che ha sostanzialmente assimilato la portata della protezione per le menzioni a quella per le dominazioni (fatta salva la differenza che le prime sono tutelate solo nella versione linguistica con cui sono registrate, mentre per le seconde la tutela copre anche la loro espressione nelle altre lingue dell’Unione).

Insomma, questi due nuovi accordi internazionali – che vanno sicuramente apprezzati e ben accolti! – iniziano forse a connotare una sorta di differenziazione all’interno delle stesse DOP e IGP, sostanzialmente ricollegabile al peso economico delle rispettive produzioni.

Chi realizza quelle attualmente escluse dalla protezione, dovrà quindi prestare attenzione all’evoluzione della situazione, per capire se in futuro essa si consoliderà alle restrittive attuali condizioni ovvero si assisterà ad una graduale estensione del campo di operatività della tutela di DOP e IGP europee in Cina e Giappone. La questione appare particolarmente delicata per quei produttori che puntano a vedere proprio su tali importanti mercati.


Circolare Agenzia dogane su accordo UE - Giappone


Sempre a fine dell’anno 2019, l’Unione Europea ha compiuto ulteriori passi per perfezionare la propria adesione al cosiddetto “Accordo di Lisbona” (così come modificato da quello successivo di Ginevra), che – in sede WIPO (World Intellectual Property Organization) – ha come obiettivo la tutela sia delle denominazioni di origine, sia delle indicazioni geografiche.

Ciò consente di rafforzare la tutela di DOP e IGP dell’Unione Europea nei seguenti paesi, magari meno rilevanti sul piano dell’export dei nostri vini, ma che – in assenza di tale trattato – avrebbero potuto costituire un “porto sicuro” per eventuali operazioni di contraffazione: Albania, Algeria, Bosnia ed Herzegovina, Burkina Faso, Congo, Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, Korea del Nord, Repubblica Dominicana, Gabon, Georgia, Haiti, Iran, Israele, Mexico, Montenegro, Nicaragua, Macedonia del Nord, Peru, Moldavia, Togo e Tunisia.


Passaggio generazionale convegno

CONVEGNO

“Il passaggio generazionale nelle aziende vitivinicole:
strumenti, rischi ed opportunità tra gestione della struttura agricola,
pianificazione successoria e tutela degli assetti proprietari”

 

 

 

Sabato 26 ottobre 2019
Enoteca Regionale piemontese “Cavour”
Castello di Grinzane Cavour – CN
Sito UNESCO



Il passaggio generazionale è processo fisiologico inevitabile e particolarmente delicato per le tante aziende del settore vitivinicolo a gestione familiare, dove trend di mercato ed elevato valore dei vigneti di pregio portano a valutare strumenti alternativi o complementari a quelli tradizionali, per pianificare adeguatamente la transizione e garantire continuità aziendale di prodotto e
marchio nel prossimo futuro.

Una giornata di studio e confronto tra professionisti ed operatori del settore per analizzare le principali problematiche, opportunità e soluzioni.



Programma

 

9:00 Registrazione partecipanti

9:15 Saluti istituzionali
Alberto Cirio (Presidente Regione Piemonte)

9:30 Presentazione della giornata di studio
Roberto Bodrito (Presidente Enoteca Regionale Piemontese “Cavour”)
Stefano Dindo (Presidente UGIVI)


Sessione del mattino


9:45 – Prima parte

Passaggio generazionale: profili giuridici

Introduce: Giancarlo Girolami (Presidente del Tribunale di Asti)
Modera: Ermenegildo Mario Appiano (Avvocato in Alba e Torino, Vice-Presidente UGIVI, Professore invitato nell’Università Salesiana di Torino)


Imprese vitivinicole – stato dell’arte e futuro contesto competitivo
Gabriele Barbaresco (AD Ufficio Studi Mediobanca)


Il passaggio generazionale in Langa: il contesto socio-economico
Luciano Bertello (Studioso del Territorio)


Il passaggio generazionale delle strutture agricole. Profili civilistici
Andrea Ferrari (Avvocato in Alba)


Assetti proprietari e circolazione dei fondi vitivinicoli
Marco Didier (Avvocato in Alba)


11:00 – Seconda parte

Prepararsi al passaggio generazionale: profili economici

Modera: Floriana Risuglia (Avvocato in Roma e Segretaria UGIVI)


Ruolo del notaio: pianificazione successoria e patto di famiglia
Andrea Ganelli (Notaio in Torino)


Ruolo dell’istituto bancario nell’agevolare il passaggio generazionale
Enzo Cazzullo (Banca d’Alba)


Ruolo del private banker: soluzioni per trasmettere il patrimonio familiare aziendale
Vincenzo Volpe (Mediobanca)


Sessione pomeridiana


14:00 – Prima parte

Strumenti e soluzioni a disposizione dell’imprenditore

Modera: Oreste Calliano (Professore nell’Università di Torino, Avvocato e membro del Direttivo UGIVI)


Strutturare e gestire il passaggio generazionale: trust, holding di famiglia, family buy-out e operazioni di M&A
Diego Saluzzo (Avvocato in Torino, Direttivo UGIVI)
Gabriele Varrasi (Professore a contratto nell’Università di Torino, Avvocato in Torino)


Il ricorso ai minibond nelle aziende vitivinicole
Massimiliano Elia (Avvocato in Torino)


Gavi La Scolca: un case history di successo
Chiara Soldati (Azienda La Scolca)


16:00 – Seconda parte

Tavola Rotonda

Passaggio generazione e mondo del vino: tra continuità ed innovazione

Modera: Stefano Dindo (Avvocato in Verona, Presidente UGIVI)


Passaggio generazionale e mondo del vino: contesto italiano e esperienze estere
Gelasio Gaetani d’Aragona Lovatelli (Scrittore e giornalista)


Le imprese vitivinicole familiari in Piemonte
Claudio Conterno (CIA Cuneo)
Fabrizio Rapallino (Coldiretti Cuneo)
Gianluca Demaria (ConfAgricoltura)


Passaggio generazionale e vino in Italia: saper salvaguardare le diversità
Stefano Colmo (Terra Madre – Former Secretary)


Promozione e valorizzazione dei vini e delle specialità agroalimentari in Europa
Dino Icardi (Sevinova)



Durante il Convegno verrà presentato il volume

“Il paesaggio vitivinicolo come patrimonio europeo.

Aspetti gius-economici: geografici, ambientali, contrattuali, enoturistici e di marketing”

 



In collaborazione con:



 

 

Castello di Grinzane Cavour, sede UGIVI Piemonte e Valle d'Aosta

Disegni e paesaggi evocativi DOP IGP

Disegni e paesaggi evocativi di un territorio sono riservati ai suoi vini DOP e IGP (Disegni e paesaggi evocativi DOP IGP)


Un disegno oppure un paesaggio, quando particolarmente evocativi nel sentire collettivo (disegni e paesaggi evocativi DOP IGP), possono efficacemente richiamare alle mente dei consumatori un certo territorio.

Disegni e paesaggi evocativi DOP IGP

Qualora il nome di tale territorio sia protetto come denominazione di origine, è allora legittimo utilizzare disegni o immagini di paesaggio – aventi siffatta forte capacità evocativa – su etichette di prodotti agricoli, alimentari o vini che non rispondono alle specifiche fissate dal disciplinare di produzione di tale territorio?

Diversamente detto: l’uso in etichetta di disegni o immagini di paesaggio, fortemente evocativi di un territorio il cui nome è protetto, è  riservato solo ai suoi prodotti DOP, così escludendosi che essi siano apponibili sulle etichette di qualsiasi altro prodotto, che provenga o meno dal medesimo territorio?

Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (resa il 2 maggio 2019 in causa C-614/2017) ha sancito che siffatta riserva sussiste, così rafforzando la tutela di tutte le denominazioni di origine.

Esaminare il caso deciso dalla Corte aiuta non solo a comprendere la situazione, ma anche a capire meglio quando si applica il principio così stabilito.

Una società spagnola commercializzava tre dei suoi formaggi – nessuno dei quali DOP – utilizzando etichette che non solo contenevano il disegno di un cavaliere che assomigliava alle raffigurazioni abituali di Don Chisciotte della Mancia, di un cavallo magro e di paesaggi con mulini a vento e pecore, ma anche i termini «Quesos Rocinante» («Formaggi Ronzinante»).

Tali immagini e il termine «Ronzinante» fanno riferimento al romanzo Don Chisciotte della Mancia, di Miguel de Cervantes, ove «Ronzinante» è il nome del cavallo montato da Don Chisciotte. I formaggi in questione non rientravano nella denominazione di origine protetta (DOP) «queso manchego», che protegge i formaggi lavorati nella regione La Mancia (Spagna) con latte di pecora e nel rispetto dei requisiti del disciplinare di tale DOP.

Insomma: usando in etichetta tali immagini (il disegno del cavaliere che ricordava Don Chisciotte ed il suo magro destriero, ambientati in un paesaggio di mulini a vento), il fabbricante del formaggio non a denominazione di origine riusciva ad evocare nei consumatori il territorio spagnolo La Mancia, nome protetto come DOP, così approfittando della sua notorietà e reputazione per vendere i propri prodotti.

Sebbene i giudici spagnoli di primo e secondo grado avessero escluso in tale condotta la presenza di una violazione della normativa comunitaria a tutela delle denominazioni di origine, il sospetto si è invece insinuato nella Suprema Corte di tale paese, che ha finalmente rinviato il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione, così consentendole di pronunciarsi nel modo che abbiamo riferito.

Il punto chiave è allora il seguente: il diritto dell’Unione non vieta di riprodurre in etichetta qualunque disegno o paesaggio di un territorio, il cui nome è protetto come denominazione di origine o indicazione geografica, ma solo quelli aventi la capacità e la forza di suscitare nel pubblico dei consumatori (la Corte fa riferimento al concetto di “consumatore europeo medio”) il ricordo dello stesso territorio, così evocandolo nella loro mente.

Tuttavia, affinché il divieto si concretizzi (e sia applicabile in tutta l’Unione), per la Corte è sufficiente che l’evocazione avvenga anche solo nei consumatori dello Stato cui appartiene il territorio in questione, i quali potrebbero essere più sensibili per ragioni culturali a determinate immagini e, magari, essere i soli ad identificarne la valenza territoriale.

Il criterio determinante per ravvisare la sussistenza dell’evocazione di una denominazione (e, quindi, la sua violazione, quando ad approfittarne è un prodotto che non può legittimamente fregiarsi della relativa DOP o IGP) è dunque quello di stabilire se il termine ovvero il disegno o il paesaggio evocativo “possa richiamare direttamente nella mente del consumatore, come immagine di riferimento, il prodotto che beneficia di tale denominazione”.

Anche in questo caso, l’azione a tutela della denominazione violata è stata intentata dal relativo consorzio di tutela.

Dichiarazione vendemmia produzione

Dichiarazione vendemmia produzione, il decreto MIPAAF 7701/2019 indica le nuove norme.


Mediante il decreto 7701/2019, il MIPAAFT ha dettato le nuove regole applicabili – a partire dalla campagna agricola 2018/2019 – per la dichiarazione vendemmia produzione.

Il decreto – attuativo della normativa comunitaria in materia nonché del Testo Unico Vino (art.58 di quest’ultimo) – stabilisce che la dichiarazione di vendemmia o produzione va presentata telematicamente e che, a tal fine, il sistema sarà disponibile dal 1 agosto al 31 dicembre di ogni anno.

La dichiarazione di vendemmia va presentata ogni anno entro il 30 novembre, fatte salve alcune regole particolari per le produzioni tardive (ciò anche per l’ipotesi in cui la vendemmia per la campagna intessata abbia dato una produzione pari a zero).

La dichiarazione di produzione va presentata ogni anno entro il 15 dicembre, con riferimento ai prodotti detenuti al 30 novembre (che concerne anche chi opera in conto-lavorazione).

Al più tardi della campagna 2020/2021, chi detiene il registro telematico avrà facoltà compilare la dichiarazione di produzione sulla base dei dati contenuti nel registro stesso, che sarano riportati in automatico, ma andranno corretti se necessario.

I coltivatori di uve che conferiscono interamente la propria produzione ad una associazione oppure una cantina sociale sono tenuti ad indicarlo, mediante la compilazione di appositi quadri (F2 e R). Questi ultimi entreranno a far parte della dichiarazione che l’associazione o la cantina dovrà depositare.

La dichiarazione di vendemmia contiene anche l’eventuale rivendicazione delle uve per la trasformazione in vini IGP o DOP, con l’indicazione degli esuberi delle rese delle stesse uve IGP o DOP, che devono essere nei limiti consentiti dai relativi disciplinari.

E’ prevista la possibilità di presentare dichiarazioni preventive per particolari vini IGP o DOP che siano commericializzati prima della data di presentazione delle dichiarazioni di vendemmia e/o produzione.

Il decreto indica anche i soggetti esonerati dal presentare le dichiarazioni.

AGEA ha il compito di indicare le modalità tecnico-operative.


La riforma dello schedario viticolo comporta variazioni anche per la dichiarazione annuale di vendemmia e produzione.


 

Viticultura eroica

 

PANTELLERIA

(1 giugno 2019, ore 10, presso il Castello Medievale)

 

“Diritto ed economia di una DOC eroica

 

Saluti istituzionali

Dott. Vincenzo Campo (Sindaco di Pantelleria)

Dott. Edy Bandiera (Assessore all’Agricoltura, Sviluppo Rurale e Pesca Mediterranea, Regione Siciliana)


Presiede e coordina: Avv. Stefano Dindo – Presidente dell’UGIVI

Introduce: Avv. Diego Maggio – Vice Presidente dell’UGIVI


RELAZIONI


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Dibattito


Licenza Creative Commons
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La partecipazione al convegno è aperta a tutti gli interessati,

senza la necessità di aderire al programma di soggiorno proposto ai soci UGIVI

Disegno legge su riforma reati alimentari



 


Disegno legge su riforma reati alimentari


Vigneti storici eroici

Il regolamento ministeriale sui vigneti “eroici”  “storici”


La tutela dei vigneti storici eroici ha origine nel Testo Unico Vino (art.7).

Il cosiddetto “Testo Unico del Vino” (e cioè la legge 238/2016, da ora T.U) impegna infatti lo Stato a promuovere “interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia” in favore dei vigneti posti in “aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico” oppure in favore di quelli “aventi particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale”.

Ciò a condizione che detti vigneti siano “situati in aree vocate alla coltivazione della vite nelle quali le particolari condizioni ambientali e climatiche conferiscono al prodotto caratteristiche uniche, in quanto strettamente connesse alle peculiarità del territorio d’origine

vigneti eroici storici
Antica vite ad “alberata”

Il T.U. ha poi demandato al Governo il compito di individuare meglio i vigneti in questione nonché stabilire quali sono gli interventi finanziabili.

Questi ultimi devono però essere caratterizzati dall’impiego di tecniche sostenibili (legate cioè all’agricoltura tradizionale ovvero essere di produzione integrata o biologica), rispettare gli elementi strutturali del paesaggio ed utilizzare tecniche e materiali adeguati al mantenimento delle caratteristiche di tipicità e tradizione delle identità locali.

Il relativo regolamento ministeriale è il n.6899 del 30 giugno 2020.

Esso risulta pressocché simile alla bozza in precedenza sottoposta all’eame della Conferenza Stato-Regioni (di cui infra),  salvo l’aver eliminato – per quanto concerne l’individuazione dei requisiti per qualificare come “storico” un vigneto – l’individuazione specifica delle relative “forme di allevamento tradizionali” (che nella citata bozza erano le seguenti: “alberello, alberata, pergola trentina, pergola romagnola“).

Nella sua versione finale, infatti, il regolamento si limita a richiedere che le “forme di allevamento tradizionale” siano “legate al luogo di produzione” e “debitamente documentate“.

Alla luce di ciò, per un commento al regolamento si può rinviare a quello elaborato in relazione alla sua bozza.

Successivamente, mediante una successiva circolare esplicativa (329363 del 2022), il MIPAAF ha meglio chiarito quali siano i criteri per individuare distinguere i vigneti storici e quelli eroici nonché ha fornito istruzioni operative sul loro riconoscimento ed i relativi controlli.



Quanto ai lavori preparatori del regolamento ministeriale, la relativa bozza (che non brillava per chiarezza,  è stata discussa in occasione di un convegno organizzato da UGIVI a Pantelleria, ove si è esaminata quella pervenuta all’esame della Conferenza Stato – Regioni).

La bozza di regolamento individua due tipologie di vitigni meritevoli di salvaguardia: quelli “eroici” e quelli “storici”.

I vigneti vengono considerati eroici in tre casi: quando insistono in aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico; quando situati in aree ove le condizioni orografiche o particolari forme di allevamento creano impedimenti alla meccanizzazione e presentano particolare pregio paesaggistico e ambientale; quando collocati sulle piccole isole (Pantelleria, Lipari, etcc).

La bozza di regolamento individua però in modo più specifico sia le condizioni orografiche, sia le forme di allevamento in questione.

Quanto alle prime, deve trattarsi di terreni con pendenza superiore al 30% oppure posti ad altitudine superiore ai 500 metri sul livello del mare (ad esclusione dei vigneti situati su altopiano) oppure di impianti viticoli sistemati su terrazze e gradoni.

Quanto alle seconde, deve trattarsi di una delle seguenti forme di allevamento: alberello; alberata (verosimilmente anche la “vite maritata” oltre la “alberata aversana / casertana”); pergola trentina e romagnola (con esclusione della “pergola veronese”?).

Vengono classificati comestorici”, invece, i vigneti cui presenza è “segnalata in una determinata superficie/particella in data antecedente al 1960”.

Tale requisito pare troppo lasso, specie per un paese ove la tradizione viticola è millenaria. Inoltre, nell’epoca di riferimento la produzione di uva (spesso per vini da taglio) era decisamente alta: secondo l’Istat, circa 1.100.000 ettari erano coltivati a vigneto, mentre la produzione di vino superava 50.000.000 ettolitri.

A restringere l’enorme numero di vigneti candidati a potersi definire “storici” non sembra bastino gli altri requisiti fissati dal Ministero: utilizzo di forme di allevamento storiche legate al luogo di produzione (nella bozza esse erano identiche a quelle per i vigneti “eroici”, requisito eliminato nella versione finale, come già illustrato) oppure il presentare sistemazioni idrauliche-agrarie storiche o di particolare pregio paesaggistico, che devono rientrare in una delle seguenti tipologie: terrazzamento, ciglionamento, ritocchino, cavalcapoggio, girapoggio, spina.

vigneti storici eroici
Vigneto di “Villa della Regina”, Torino

Così definiti, i vigneti “storici” sembrano piuttosto impianti un po’ vecchi e non troppo “eroici”, seppure in pendenza.  Per contro, diviene abbastanza facile che un vigneto si qualifichi come “storico ed eroico”.

Sono comunque considerati “storici” i seguenti vigneti: quelli appartenenti a paesaggi iscritti nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali di Interesse Storico; quelli afferenti a territori che hanno ottenuto dall’UNESCO il riconoscimento di eccezionale valore universale (è il caso delle Langhe-Roero-Monferrato e di Pantelleria); infine, quelli ricadenti in aree oggetto di specifiche leggi regionali o individuate dai piani paesaggistici, volti alla conservazione e valorizzazione di specifici territori vitivinicoli.

Vigneti storici eroici
Vigneto nel Roero

Contrariamente a quanto richiede il T.U., secondo la bozza di regolamento al vino derivante da viticultura “eroica” ovvero “storica” non viene richiesto di presentare le cennate “caratteristiche uniche”. Il criterio legislativo si integrerebbe comunque, qualora le uve prodotte in siffatti vigneti venissero rivendicate come atte ad essere trasformate in vino DOP.

Tra le misure di sostegno, viene prevista la creazione di un apposito marchio per identificare i prodotti derivanti dai vigneti in questione: tuttavia, se quelli “storici” abbonderanno, l’uso inflazionato di tale marchio ne svilirà il valore evocativo e commerciale!

In ogni caso sarà necessario coordinare l’uso di tale marchio con quello delle menzioni “classico” e “storico”, già previste dal T.U. (art.31).


vigneti eroici storici
Vite “maritata”

Normativa acqueviti e liquori

Adottato dall’Unione Europea il nuovo regolamento UE/787/2019 sulle bevande spiritose (normativa acqueviti e liquori).


Le norme dell’Unione Europea applicabili alle bevande spiritose (normativa acqueviti e liquori) si prefiggono di:

Normativa acqueviti e liquori

  • contribuire al raggiungimento di un livello elevato di protezione dei consumatori
  • eliminare le asimmetrie informative
  • prevenire le pratiche ingannevoli
  • rendere trasparente il mercato e consentire eque condizioni di concorrenza.

Il nuovo regolamento sulle bevande spiritose si propone di salvaguardare la loro reputazione sul mercato nonchè garantire un certo equlibrio tra il rispetto dei metodi tradizionali di produzione e l’innovazione tecnologica.

L’Unione riconosce che le bevande spiritose rappresentano uno sbocco importante per il proprio settore agricolo, cui sono strettamente legate.

Il nuovo regolamento abroga quello precedente (regolamento UE/2008/110), si applicherà però dal 25/5/2021, fatte salve le disposizioni sulle denominazioni che entrano subito in vigore.

Il regolamento UE/787/2019 sulle bevande spiritose contiene le regole applicabili al tale settore per la tutela delle denominazioni di origine e sulle regole di produzione (si ricorda che per i vini tali materie sono invece disciplinate dal regolamento UE/1308/2013 sulla OCM Unica).


Modificando le pertinenti disposizioni del nuovo regolamento UE/787/2019 sulle bevande spiritose (normativa acqueviti e liquori), mediante il successivo regolamento delegato (UE) 2021/1096 la Comissione del 21 aprile 2021 ha stabilito nuove regole in materia di etichettatura delle “bevande assemblate“.

Successivamente, sempre in tema di etichettatura delle “bevande spiritose” (e cioè degli alcolici), sono stati adottati due ulteriori regolamenti, anche essi modificativi dei citato regolamento UE/787/2019 (suoi art.11 e 12):

      • il regolamento delegato UE n. 2021/1334, concernente le allusioni a denominazioni legali  di bevande spiritose o loro indicazioni geografiche nella designazione, nella presentazione e nell’etichettatura di altre bevande spiritosee
      • il regolamento delegato UE n. 2021/1335, relativo  all’etichettatura delle bevande spiritose risultanti dalla combinazione di una bevanda spiritosa con uno o più prodotti alimentari.

Linee-guida UE su etichettatura bevande spiritose


Schema controlli su distillati

Linee guida su piano controlli per i distillati


I consorzi di tutela delle bevande spiritose recanti una indicazione geografica sono disciplinati dal D.M. 29 agosto 2023, n. 244.

Alcune caratteristiche della nuova regolamentazione sui consorzi di tutela per le bevande spiritose:

    • soggetti partecipanti (volontariamente) possono appartenere alle seguenti categorie:

a) conferitori di materia prima;
b) distillatori;
c) elaboratori;
d) imbottigliatori

    • Il voto di ciascun consorziato e’ determinato dal valore ponderale rapportato alla quantita’ di prodotto conferito, distillato, elaborato, imbottigliato nell’anno solare immediatamente precedente la data dell’assemblea
    • qualora il consorziato svolga contemporaneamente due o piu’ attivita’ produttive, il voto è cumulativo delle attivita’ svolte
    • lo Statuto consortile deve fra l’altro determinare le norme relative alle modalita’ di voto e rappresentanza delle diverse categorie della filiera all’interno del Consorzio che assicurino l’espressione del voto a ciascun consorziato;
    • criteri minimi di rappresentatività:
      • almeno il 66 per cento della quantita’ in litri anidri prodotta (intesa come media, negli ultimi due anni precedenti la data di presentazione della domanda)
      • e almeno il 30 per cento dei distillatori o degli elaboratori (riferiti
        agli ultimi due anni precedenti la data di presentazione della
        domanda, ed inseriti nel sistema di controllo della IG in questione),
        anche se non aderenti al Consorzio di tutela.

Registro nazionale paesaggi rurali storici

 

Il Registro nazionale paesaggi rurali storici cataloga quelli più significativi del nostro paese sul piano storico o tradizionale.


 

Creato grazie aI decreto MIPAAF n. 17070 del 19 novembre 2012 (relativo all’istituzione dell’Osservatorio Nazionale del Paesaggio rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali: ONPR), che ha previsto il “Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali”.

Il Registro nazionale paesaggi rurali storici identifica e cataloga “i paesaggi rurali tradizionali o di interesse storico, le pratiche e le conoscenze tradizionali correlate”, definendo la loro significatività, integrità e vulnerabilità, tenendo conto sia di valutazioni scientifiche, sia dei valori che sono loro attribuiti dalle comunità, dai soggetti e dalle popolazioni interessate.

I paesaggi catalogatidevono soddisfare i requisiti approvati in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni.

L’iscrizione di un paesaggio nel registro prende l’avvio dalla sua candatura, presentata al Ministero dagli Enti interessati su tutto il territorio nazionale

A seguito dell’iter di verifica dei requisiti di ammissibilità espletato dall’ONPR, i paesaggi che superano l’esame vengono iscritti nel registro, mediante un decreto a firma del Ministro, contenente la menzione che esplicita i motivi del riconoscimento.


Il Registro e le mappe dei paesaggi rurali


Alberi monumentali


Piemonte - Enoteche, fiere, paesaggi ed ecomusei


Paesaggi rurali di interesse storico

 

La Corona di Matilde. Alto Reno. Terra di Castagni

Paesaggio collinare policolturale di Pienza e Montepulciano

Paesaggio rurale storico delle praterie e dei canali irrigui della Val d’Enza

Il paesaggio del grano: L’area cerealicola di Melanico in Molise

Le colline terrazzate della Valpolicella

Paesaggio della bonifica romana e dei campi allagati della piana di Rieti

Paesaggio Policolturale di Fibbianello – Comune di Semproniano

Il paesaggio rurale dei “Vigneti terrazzati della Valle di Cembra”

Il paesaggio agro-silvo-pastorale del territorio di Tolfa

Il sistema agricolo terrazzato della Val di Gresta

Alti pascoli della Lessinia

Paesaggio storico della Bonifica Leopoldina in Valdichiana

Paesaggio agrario di olivastri storici del Feudo di Belvedere

Gli uliveti a terrazze e lunette dei monti Lucretili

Vigneti Terrazzati del Versante Retico della Valtellina

Limoneti, vigneti e boschi nel territorio del Comune di Amalfi

Vigneti del Mandrolisai

Il paesaggio rurale storico di Lamole – Greve in Chianti

Paesaggio della Pietra a Secco dell’Isola di Pantelleria

Fascia pedemontana olivata Assisi – Spoleto

Parco regionale Storico agricolo dell’olivo di Venafro

Colline vitate del Soave

I Paesaggi silvo-pastorali di Moscheta

Le Colline di Conegliano Valdobbiadene – Paesaggio del Prosecco Superiore

Oliveti terrazzati di Vallecorsa

Paesaggio Agrario della Piana degli Oliveti Monumentali di Puglia

Il Paesaggio Policolturale di Trequanda

 

Il 10 marzo 2023 ad Arezzo si è costituita  l’Associazione dei Paesaggi rurali di interesse  storico