Sostenibilità Circolarità Vitivinicolo Alimentare

Una panoramica sulle principali questioni legali in tema di sostenibilità e circolarità in campo alimentare e vitivinicolo


Tre incontri di approfondimento (Sostenibilità Circolarità  Vitivinicolo Alimentare): ecco il  nostro nuovo master breve, organizzato da Ascheri Academy con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia nel maggio 2023.

Analizziamo, fra l’altro, i disciplinari volontari e quello ministeriale per la sostenibilità della filiera vitivinicola.


Aspetti generali in tema di circolarità e sostenibilità

 


Analisi della sostenibilità in campo alimentare e vitivinicolo

 


Greenwashing ” e suo contrasto.


Circa il tema dell’uso di nuove varietà vegetali e, in particolare, nuovi incroci ibridi, rimandiamo invece alla relativa pagina del nostro sito.


Criteri ESG: una chance di proteggere il pianeta Terra

 

Sostenibilità e circolarità delle attività economiche rappresentano un obiettivo oramai imprescindibile per la salvaguadia del nostro pianeta, ove sembra che sia ormai molto prossimo il superamento dell’aumento di temperatura di 1,5 gradi (BBC news, 17 maggio 2023):

Sostenibilità Circolarità Vitivinicolo Alimentare

Tuttavia, appare sconcertante che negli Stati Uniti le stesse istituzioni governative ormai “boiccottano” le imprese che valorizzano il rispetto dei criteri ESG, nel momento in cui decidere dove orientare i propri investimenti (così riferisce la BBC, 17 maggio 2023).

Boicottaggio riconducibile peraltro a questioni prettamente di politica interna, se non addirittura di natura elettorale:

“… dozens of (U.S.) States are considering proposals aimed at stopping government from doing business with financial firms that consider environmental, social and governance factors when making investments – moves that had cost one of the major targets of the campaign, BlackRock, more than $4bn in customer funds as of January”.

 

 

Ibridi incroci varietali vinificazione

Limiti legali all’uso di incroci / ibridi varietali nella vinificazione (ibridi incroci varietali vinificazione)


Secondo la legislazione europea (art.81 del Regolamento UE/1308/2013), compete agli Stati membri determinare quali sono le varietà di uve da vino (e cioè i vitigni le cui cui bacche sono ammesse alla vinificazione a fini commerciali), a condizione però che esse appartengano alla specie Vitis vinifera o provengano da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis (ibridi incroci varietali vinificazione), fermo poi il divieto all’uso delle varietà Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton e Herbemont.

Con la riforma della PAC 2023/2027 è stato peraltro rimosso il divieto di utilizzare i suddetti incroci per la produzione dei vini DOP e IGP (art.93 di detto regolamento UE), che in precedenza consentiva invece l’impiego delle sole varietà del genere Vitis vinifera.

In Italia la competenza in questione spetta alle Regioni, alla luce dell’accordo concluso tra le medesime e lo Stato il 25 luglio 2002. Di conseguenza, ciascuna Regione procede ad individuare quali sono le varietà di uve da vino coltivabili sul proprio territorio, nel rispetto dei limiti unionali sopra indicati.

Ovviamente, per quanto riguarda le singole denominazioni di origine e indicazioni geografiche, è alla fine il relativo disciplinare a determinare la specifica base ampelografica dei rispettivi vini, purché nell’ambito dei limiti unionali e regionali.

Breeding: tecniche genetiche per realizzare incroci – ibridi e disciplina degli OGM

In tale contesto normativo, vi è dunque ampio spazio per il ricorso agli incroci (“breeding”), i quali possono presentare qualità di resistenza – sia agli agenti patogeni che alle avversità climatiche, prima fra tutte la siccità – superiori rispetto alle qualità da cui derivano e, se adeguatamente selezionati, produrre frutti con valide caratteristiche qualitative.

Il modo tradizionale per ottenere gli incroci è quello discendente dalla ibridazione naturale, e cioè attraverso tecniche botaniche che – usando i sistemi riproduttivi esistenti in natura – consentono di ottenere un nuovo vegetale, ove alcune caratteristiche genetiche sono variate rispetto a quelle delle piante da cui esso è originato.

Esempi famosi sono il Bianco Manzoni (incrocio tra il Riesling renano e Pinot bianco) e il Muller Thurgau (incrocio tra Riesling renano e Madeleine Royale). I tempi medi di realizzazione variano tra i 15 ed i 25 anni.

L’ibridazione naturale ha così condotto alla creazione dei cosiddetti PIWI, il quale  è un acronimo che viene dal tedesco “pilzwiderstandfähig”, significante  “viti resistenti ai funghi”.

La scienza moderna ha però capito come ottenere mutamenti genetici nelle piante anche mediante altre metodologie (ibridi incroci varietali vinificazione) .

Negli anni ‘90 si è iniziato a parlare di OGM (organismi genericamente modificati), ove particolari tecniche permettono di creare nuovi individui (piante o animali) con un patrimonio genetico variato, frutto dell’inserzione – tendenzialmente casuale quanto alla sua “localizzazione” nel genoma – di elementi esogeni nel loro DNA, cosa non possibile in natura.

Al contrario degli Stati Uniti, nel disciplinare la loro introduzione in natura, l’Unione Europea ha assunto un atteggiamento ispirato al criterio di precauzione, secondo cui ciò può avvenire solo dopo un’attenta ed approfondita valutazione dei rischi possibili per l’ambiente e la salute (Direttiva CE/18/2001, art.4).

In particolare, detta direttiva definisce in modo molto ampio un OGM, intendendo per tale “un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale”.

Inoltre, è completamente vietato l’uso di OGM nella produzione biologica (Regolamento UE/848/2018, art.5).

Le varietà vegetali ottenute con le tecniche Crispr/Cas9 sono considerate OGM.

A parte le guerre commerciali con gli Stati Uniti, nei venti anni successivi sono sostanzialmente avvenute due cose.

In primo luogo, la crisi climatica è purtroppo divenuta a tutti notoria ed ha accelerato il suo corso.

In secondo luogo, ad opera di Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna (insignite del Premio Nobel per la chimica nell’anno 2020) è stata scoperta la cosiddetta “forbice molecolare”, un rivoluzionario metodo di editing del genoma (Crispr/Cas9), che consente di modificare il DNA di piante ed animali in modo preciso e specifico.

In buona sostanza, il ricorso alla tecnica Crispr/Cas9 porta a risultati alquanto analoghi a quanto avviene in natura (ma in tempi molto più brevi, circa 3 anni attualmente), nel momento in cui nel genoma di una pianta si inserisce quello di una specie affine, ottenendo così un fenomeno di cisgenesi e non di trangenesi.

Vista però la definizione molto ampia di OGM adottata nel 2001 dalla legislazione comunitaria, la Corte di Giustizia ha correttamente ritenuto (sentenza del 25 luglio 2018, causa C-528/2016) che sono da considerarsi tali anche gli ibridi di vite ottenuti tramite il ricorso alla tecnica Crispr/Cas9. Di conseguenza, il loro inserimento in natura è soggetto alle medesime cautele che a suo tempo sono state volute per il mais trasgenetico.

Il che conseguentemente implica forti limiti all’uso degli ibridi di vite – ottenuti tramite il ricorso alla tecnica Crispr/Cas9 – per la vinificazione, quand’anche gli Stati membri intendessero inserirli nell’elenco delle uve da vino consentite.

Così infatti ha sancito la Corte:

51   … l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, non può essere interpretato nel senso di escludere dall’ambito di applicazione di tale direttiva organismi ottenuti mediante nuove tecniche o nuovi metodi di mutagenesi, che sono emersi o si sono principalmente sviluppati dopo l’adozione della direttiva in parola. Infatti, un’interpretazione del genere porterebbe a disconoscere l’intenzione del legislatore dell’Unione, riflessa nel considerando 17 di tale direttiva, di escludere dal suo ambito di applicazione solo organismi ottenuti tramite tecniche o metodi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza

52   Tale conclusione è rafforzata dall’obiettivo della direttiva 2001/18 che, come emerge dall’articolo 1 di quest’ultima, mira, conformemente al principio di precauzione, alla tutela della salute umana e dell’ambiente, da un lato, quando si immettono deliberatamente nell’ambiente OGM per uno scopo diverso dall’immissione in commercio all’interno dell’Unione e, dall’altro, quando si immettono in commercio all’interno dell’Unione OGM come prodotti o all’interno di prodotti.

53  Infatti, come previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2001/18 spetta agli Stati membri, nel rispetto del principio di precauzione, provvedere affinché siano adottate tutte le misure atte ad evitare effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente che potrebbero derivare dall’emissione deliberata o dall’immissione in commercio di OGM. Ciò implica in particolare che una siffatta emissione deliberata o immissione sul mercato può avvenire solo al termine di procedure di valutazione dei rischi individuate rispettivamente nella parte B e nella parte C di tale direttiva. Orbene, com’è stato indicato al punto 48 della presente sentenza, i rischi per l’ambiente o la salute umana legati all’impiego di nuove tecniche o nuovi metodi di mutagenesi, ai quali fa riferimento il giudice del rinvio, potrebbero essere simili a quelli risultanti dalla produzione e dalla diffusione di OGM tramite transgenesi. Ne consegue che un’interpretazione della deroga contenuta all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, che escludesse dall’ambito di applicazione di tale direttiva gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi, senza alcuna distinzione, pregiudicherebbe l’obiettivo di tutela perseguito dalla direttiva in parola e violerebbe il principio di precauzione che essa mira ad attuare.

La Corte ha poi precisato che analoghi limiti si pongono per inserire gli ibridi varietali ottenuti con la tecnica Crispr/Cas9 nel “catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole“, di cui alla direttiva CE/53/2002:

“67 Ne consegue che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53, e degli obblighi in materia di tutela della salute e dell’ambiente che tale disposizione impone ai fini dell’ammissione delle varietà nel catalogo comune, le varietà geneticamente modificate ottenute mediante tecniche o metodi di mutagenesi come quelli di cui al procedimento principale, fatta eccezione per le varietà ottenute con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

68  Tenuto conto di tutto quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53 deve essere interpretato nel senso che sono esentate dagli obblighi previsti da tale disposizione le varietà geneticamente modificate ottenute con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza”.

Insomma, in base a detta sentenza,  gli ibridi varietali ottenuti con la tecnica Crispr/Cas9 non vengono equiparati alle varietà geneticamente modificate ottenute con tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente con una lunga tradizione di sicurezza.

Gli ibridi – incroci ottenuti mediante mutagenesi in vitro possono – a determinate condizioni – non essere considerati OGM

Pende attualmente un nuovo ricorso in materia dinanzi alla Corte UE  (causa C-688/2021) – vertente sul regime giuridico degli ibridi ottenuti mediante mutazione casuale in vitro – ove il 27 ottobre 2022 l’Avvocato Generale M. Szpunar ha presentato le sue conclusioni, secondo cui:

“L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, di tale direttiva e alla luce del considerando 17 della stessa, deve essere interpretato nel senso che  la mutagenesi casuale applicata in vitro rientra nell’allegato I B, punto 1, di detta direttiva”.

Per l’Avvocato Generale, quindi, gli ibridi ottenuti mediante mutazione casuale in vitro sarebbero da considerarsi tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmentecon una lunga tradizione di sicurezza:

“64.      Dall’altra, conformemente alla sentenza Confédération paysanne e a., rientrano nell’allegato I B, punto 1, della direttiva 2001/18 gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni, con una lunga tradizione di sicurezza, contrariamente alle tecniche che sono emerse o che si sono principalmente sviluppate successivamente all’adozione di detta direttiva.

65.      Orbene, in particolare dal parere del CS emerge che la mutagenesi casuale, tanto in vivo quanto in vitro, era utilizzata nella selezione di varietà vegetali ben prima del 2001 e il legislatore dell’Unione non poteva ignorarlo all’atto dell’adozione della direttiva 2001/18 (40). Inoltre, posto che i meccanismi e le tipologie di modificazioni genetiche indotte dalla mutagenesi casuale tanto in vivo quanto in vitro coincidono, queste due modalità di applicazione di detta tecnica non presentano alcuna differenza sotto il profilo della loro sicurezza, che ha una lunga tradizione, ai sensi della sentenza Confédération paysanne e a.”

Pronunciandosi su detto caso (C-688/2021), nella sentenza del 7 febbraio 2023 la Corte di Giustizia ha effettuato una limitata apertura in favore delle mutagenesi mediante culture in vitro (che, quando rispecchiamo le caratteristiche indicate dalla Corte, non rappresentano allora un OGM, la cui immissione nell’ambiete è soggetta alle procedure previste dalla relativa direttiva 2001/81/CE), sancendo:

l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della medesima direttiva e alla luce del considerando 17 della stessa, deve essere interpretato nel senso che gli organismi ottenuti mediante l’applicazione di una tecnica o di un metodo di mutagenesi fondati su modalità di modificazione, da parte dell’agente mutageno, del materiale genetico dell’organismo interessato che siano le stesse di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, ma che differiscono da tali seconda tecnica o secondo metodo di mutagenesi per altre caratteristiche, sono, in linea di principio, esclusi dalla deroga di cui alla disposizione in questione, a condizione che sia accertato che dette caratteristiche possono comportare modificazioni del materiale genetico dell’organismo di cui trattasi diverse, per la loro natura o per il ritmo con cui si verificano, da quelle risultanti dall’applicazione della suddetta seconda tecnica o del suddetto secondo metodo di mutagenesi. Tuttavia, gli effetti inerenti alle colture in vitro non giustificano, in quanto tali, che da tale deroga siano esclusi gli organismi ottenuti mediante l’applicazione in vitro di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni in vivo con una lunga tradizione di sicurezza relativa a tali applicazioni.

La futura disciplina dell’Unione Europea sulle varietà vegetali ottenute mediante nuove tecnologie genetiche

Attualmente, in relazione alle nuove tecniche genomiche, è allo studio un nuovo quadro giuridico da parte della Commissione UE, specificamente rivolto per le piante ottenute mediante mutagenesi e cisgenesi mirate e per gli alimenti e i mangimi da esse ottenuti.

 


La regolamentazione degli OGM nella UE


CREA - Consiglio per la Ricerca in Agricoltura


 

Disciplinare sistema certificazione sostenibilità filiera vitivinicola

Disciplinare sistema certificazione sostenibilità filiera vitivinicola: approvato dal MIFAAF mediante il DM 124900 del 16 marzo 2022.


Il Disciplinare sistema certificazione sostenibilità filiera vitivinicola si fonda sul decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (in particolare, il suo art. 224 ter, introdotto dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77), il quale prevede l’istituzione di un sistema unitario di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola.

“1. Al fine di assicurare un livello crescente di qualita’
alimentare e di sostenibilita’ economica, sociale e ambientale dei
processi produttivi nel settore zootecnico, migliorare le condizioni
di benessere e di salute degli animali e ridurre le emissioni
nell’ambiente, e’ istituito il “Sistema di qualita’ nazionale per il
benessere animale”, costituito dall’insieme dei requisiti di salute e
di benessere animale superiori a quelli delle pertinenti norme
europee e nazionali, in conformita’ a regole tecniche relative
all’intero sistema di gestione del processo di allevamento degli
animali destinati alla produzione alimentare, compresa la gestione
delle emissioni nell’ambiente, distinte per specie, orientamento
produttivo e metodo di allevamento. L’adesione al Sistema e’
volontaria e vi accedono tutti gli operatori che si impegnano ad
applicare la relativa disciplina e si sottopongono ai controlli
previsti. Con uno o piu’ decreti del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali e del Ministro della salute, secondo
le rispettive competenze, adottati previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti la disciplina
produttiva, il segno distintivo con cui identificare i prodotti
conformi, le procedure di armonizzazione e di coordinamento dei
sistemi di certificazione e di qualita’ autorizzati alla data di
entrata in vigore della presente disposizione, le misure di vigilanza
e controllo, le modalita’ di utilizzo dei dati disponibili nelle
banche di dati esistenti, nazionali e regionali, operanti nel settore
agricolo e sanitario, nonche’ di tutte le ulteriori informazioni
utili alla qualificazione delle stesse banche di dati, comprese le
modalita’ di alimentazione e integrazione dei sistemi in cui sono
registrati i risultati dei controlli ufficiali, inclusi i
campionamenti e gli esiti di analisi, prove e diagnosi effettuate
dagli istituti zooprofilattici sperimentali, dei sistemi alimentati
dal veterinario aziendale e le garanzie di riservatezza. A tale fine,
senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, con decreto del
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato di
concerto con il Ministro della salute, e’ istituito e regolamentato
un organismo tecnico-scientifico, con il compito di definire il
regime e le modalita’ di gestione del Sistema, incluso il ricorso a
certificazioni rilasciate da organismi accreditati in conformita’ al
regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 9 luglio 2008, con la partecipazione di rappresentanti dell’Ente
unico nazionale per l’accreditamento. Ai componenti del predetto
organismo tecnico-scientifico non spettano compensi, gettoni di
presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.
All’attuazione del presente comma le amministrazioni pubbliche
interessate provvedono nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e
strumentali disponibili a legislazione vigente”.

In attuazione di detti precetti, il MIPAAF ha quindi adottato il DM 124900 del 16 marzo 2022, con cui è stato appunto definito il Disciplinare sistema certificazione sostenibilità filiera vitivinicola, “costituito dall’insieme delle regole produttive adottate nell’ambito dell’intera filiera, a partire dalle pratiche in campo fino a quelle per l’immissione del prodotto sul mercato“, che gli operatori possono liberamente decidere di rispettare, al fine di ottenere la relativa certificazione e così usare il marchio identificativo (“SQNPI“) dei prodotti sostenibili.

Difatti la volontaria adesione al Sistema di certificazione della sostenibilità vitivinicola avviene – da parte di aziende singole o associate – attraverso le modalità di adesione, gestione e controllo già in uso per il Sistema di qualità nazionale della produzione integrata (SQNPI), che trova il suo fondamento nella legge n.4 del 3 febbraio 2011 (art.2, comma 3 e 4).

Quest’ultimo si applica a tutte le aziende del territorio nazionale italiano che utilizzano tecniche di produzione agricola integrata, in forma singola o associata. Esso si pone l’obiettivo di valorizzare ed identificare le produzioni vegetali, ottenute in conformità ai disciplinari regionali di produzione agricola integrata – quali QC, QV, Agriqualità – così aggiungendo valore al prodotto nei confronti della GDO e del consumatore per quanto riguarda sicurezza, qualità e processi di coltivazione rispettosi dell’ambiente e della salute dell’uomo: in una parola, viene valorizzata la Qualità Sostenibile.

Tormando al Disciplinare sistema certificazione sostenibilità filiera vitivinicola, esso costituisce dunque lo standard specifico della filiera vitivinicola nell’ambito del Sistema di qualità nazionale della produzione integrata (SQNPI), le cui generali prescrizioni vengono integrate da taluni impegni aggiuntivi per il settore del vino.

Quanto alla parte agricola,  per la filiera vitivinicola si aggiungono requisiti specifici relativi a :

      • protezione delle superficie naturali/semi naturali e delle specie protette che caratterizzano il territorio;
      • salvaguardia dei diritti dei lavoratori e agli adempimenti di natura contrattualistica;
      • monitoraggio del consumo dell’acqua.

Quanto alla fase di post-raccolta e trasformazione, sempre per la filiera vitivinicola viene anche richisto:

      • monitoraggio e la gestione dei reflui;
      • monitoraggio e la successiva riduzione del peso degli imballaggi impiegati;
      • monitoraggio e la successiva riduzione dei consumi energetici della cantina per litro di vino prodotto;
      • contributo economico allo sviluppo della comunità locale attraverso la promozione di attività e investimenti in servizi di pubblica utilità e/o in infrastrutture non riconducibili alla sua proprietà/gestione.

Per concludere, il DM 124900/2022 riconosce per validi anche  gli attuali  sistemi di certificazione della sostenibilità vitivinicola (esistenti a livello nazionale alla data del decreto ministeriale 23 giugno 2021 n. 288989, quali VIVA ed Equalitas ): seguendo le apposite procedure, chi li utilizza viene quindi autorizzato ad avvalersi del segno distintivo.

Sono poi seguiti nel maggio 2022 alcuni chiarimenti da parte del Ministero.

 


Promozione della sostenibilità nella PAC 2023-2027


Viste le riforme portate dalla PAC 2023-2027, la Commissione UE ha adesso presentato una proposta per la riforma della disciplina in materia di IGP (Indicazioni Geografiche Protette), la quale presenta tra l’altro la caratteristica di  concernere:

      • il vino, le bevande spiritose e gli alimenti
      • i profili di sostenibilità

Proposta revisione disciplina UE su IGP



 

PAC 2023-2027

PAC 2023-2027 (Politica Agricola Comune per gli anni 2023-2027):  adottate le nuove norme.


La riforma PAC 2023-2027 si fonda su tre nuovi regolamenti, che si applicheranno gradatamente:

    • sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (i regolamenti UE/1305/2013 e UE/1307/2013 vengono abrogati dal 1/1/2023 e sostituiti dal regolamento UE/2115/2021)
    • sull’organizzazione comune dei mercati (il regolamento UE/1308/2013 viene modificato dal regolamento UE/2117/2021, le cui norme entrano in vigore dal 7/12/2021, fatte alcune eccezioni)

Per gli anni 2021 e 2022 è in vigore un regolamento transitorio, che colma il divario tra la legislazione attuale e quella nuova.


La nuova PAC post-2020 (2023-2007)


PAC 2023-2027: il contenuto in  estrema sintesi

(focus sul settore vitivinicolo)

 

1) Nuova architettura istituzionale, basata sui Piani strategici nazionali.

A ciascun Stato membro spetterà redigere un Piano strategico nazionale (PSN), basato sull’analisi delle proprie condizioni.

Esso indicherà le misure del primo e del secondo pilastro coerenti con gli obiettivi da raggiungere fissati.

Dovrà però essere approvato dalla Commissione europea entro il 31 dicembre 2021.

Il programma nazionale di sostegno per il settore vitivinicolo (PNS) si inserirà così nel Piano strategico nazionale.

Piano Strategico Nazionale

Sul piano finanziario, le risorse UE ammonteranno a circa 1,1 mld di euro annui, di cui l’Italia sarà il primo beneficiario con 323,88 mln l’annuo, seguita da Francia e Spagna.

Gli Stati membri dovranno assicurare che almeno il 5% dei fondi siano indirizzati ad almeno un intervento volto a raggiungere gli obiettivi in materia di tutela dell’ambiente, adattamento ai cambiamenti climatici, miglioramento della sostenibilità dei sistemi e dei processi produttivi, riduzione dell’impatto ambientale del settore, risparmio ed efficientamento energetico.

Confermate le misure:

    • ristrutturazione e riconversione dei vigneti (RRV),
    • investimenti
    • promozione dei vini nei mercati dei Paesi terzi (fra gli obiettivi viene inserito quello del consolidamento dei mercati, accanto alla loro diversificazione).

 

2) Etichettatura vini: obbligo indicazioni  nutrizionali e degli ingredienti.

La dichiarazione nutrizionale per i vini diventa un’indicazione obbligatoria.

Per quanto concerne l’etichetta, essa viene limitata però all’indicazione del solo valore energetico, espresso utilizzando il simbolo ‘E’ (per l’energia).

Ciò consentirà di limitare sostanzialmente le traduzioni nelle lingue del Paese di vendita del prodotto.

Per contro, la dichiarazione nutrizionale completa e la lista degli ingredienti dovranno essere fornire attraversa la c.d. “e-label“,  purché sull’etichetta compaia un chiaro collegamento al mezzo elettronico impiegato (QR code, Barcode o altro).

Per la “e-label” il CEEV ha creato un proprio servizio, definito U-label    (presentato nel  settembre 2021).

 

3) Sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli

La sua durata viene estesa fino dal 2030 al 2045.

La durata dell’intervallo massimo previsto per il reimpianto di viti si estenderebbe dagli attuali 3 anni a 6 anni.

Riconversione dei diritti di impianto in portafoglio:  dal 1° gennaio 2023 dovrebbe essere a disposizione degli Stati membri una superficie equivalente a quella dei diritti di impianto ancora validi e non convertiti in autorizzazioni al 31 dicembre 2022.

Di conseguenza, gli Stati membri avrebbero modo di riallocare tali superfici entro il 31 dicembre 2025, in aggiunta alla consueta assegnazione annuale dell’1% in più del potenziale viticolo.

Prorogate al 31 dicembre 2022 le autorizzazioni per i nuovi impianti e per i reimpianti in scadenza nel 2020 e nel 2021.

 

4) Gestione dell’offerta

Le Organizzazioni Interprofessionali  – tra cui rientrano i Consorzi di tutela italiani – potranno venire riconosciute dagli Stati membr a livello:

      • nazionale,
      • regionale
      • zona economica

Nuove regole sulla concorrenza tra imprese: a determinate condizioni, le Organizzazioni Interprofessionali proporre accordi sulla condivisione del valore (value sharing) all’interno della filiera produttiva.

Siffatti accordi non dovranno tuttavia avere l’obiettivo di fissare prezzi per il consumatore finale, nè il risultato di eliminare la concorrenza o portare a squilibri nella filiera produttiva.

 

5) Varietà ammesse alla coltivazione di uva da vino

Confermata l’esclusione per le varietà di vite

      • attualmente non ammesse per la vinificazione (Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton and Herbemont),
      • provenienti da Vitis lambrusca.

Diverrà invece lecito vinificare le uve generate da varietà di vite c.d. ibride (anche per i vini IGP e DOP,  a condizione ovviamente che il relativo disciplinare lo permetta).

 

6) Vini dealcolati e vini parzialmente dealcolati

Permessa la loro produzione, ma non diventeranno nuove categorie di prodotti vitivinicoli, rappresentando piuttosto una versione di alcune di quelle già esistenti.

Verrà quindi consentita:

      • per i vini fermi senza indicazione geografica, la de-alcolazione totale (la quale deve condurre ad un prodotto contenente un  titolo alcolometrico inferiore a 0.5% vol.)
      • per i vini DOP e IGP, la de-alcolazione solo parziale (prodotto finale con titolo alcolometrico superiore a 0.5%), ovviamente a condizione che ciò sia previsto dal relativo disciplinare di produzione, che andrà evetnualmente modificato.

 

7) Prodotti vitivinicoli aromatizzati

Viene revisionato anche l’apposito Regolamento UE/251/2014.

La dichiarazione nutrizionale e la lista degli ingredienti sarà soggetta a regole analoghe a quelle per i vini.

Verrà modificata la definizione di Vermouth

Sarà consentito impiegare bevande spiritose per l’aromatizzazione dei prodotti.


MIPAAF - Sintesi sulla Riforma PAC post-2020


Come si è pervenuti all’approvazione.

Durante la riunione del 19 e 20 ottobre 2020, il Consiglio Europeo ha concordato il suo orientamento generale sul pacchetto di riforma PAC 2020 (e cioè la riforma  della politica agricola comune dopo il 2020).

La posizione concordata conteneva alcuni fermi impegni da parte degli Stati membri a favore di una maggiore ambizione in materia di ambiente mediante l’introduzione di strumenti quali i regimi ecologici obbligatori (una novità rispetto alla politica attuale) e la condizionalità rafforzata.

Al tempo stesso la posizione concordata consentiva agli Stati membri di disporre della necessaria flessibilità nelle modalità con cui conseguire gli obiettivi ambientali.

Il Consiglio disponeva così del mandato politico per condurre negoziati con il Parlamento europeo in vista del raggiungimento di un accordo globale.

Nel frattempo, anche il Parlamento Europeo aveva raggiungento una propria posizione in materia, che fra l’altro concerneva:

Nel giugno 2021 Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno così raggiunto un accordo provvisorio sul futuro della PAC per il periodo 2023-2027.

Esso ha poi ricevuto l’approvazione dei ministri dell’agricoltura dell’UE in occasione della sessione del Consiglio “Agricoltura e pesca”, tenutosi  il 28 e 29 giugno 2021.

I ministri hanno infatti accettato l’accordo provvisorio raggiunto con il Parlamento sui tre regolamenti che costituiscono il pacchetto di riforma della PAC.

Il 23 novembre il Parlamento Europeo ha quindi formalmente approvato la riforma, cosa che poi a sua volta  ha fatto il Consiglio il 2 dicembre successivo.

Il 2 dicembre 2021, quindi,  è stato formalmente adottato l’accordo sulla riforma della PAC post-2020, e cioè quella che interesserà il periodo 2023-2027.


Il tutto si inserisce nel nuovo approccio all’agricoltura, promosso dalla Commissione UE nella strategia “from farm to fork“.


MIPAAF - Riforma PAC post-2020


Rese massime ettaro vini senza denominazione

Per i “vini generici” la resa massima per ettaro è limitata a 30 tonnellate, salvo deroghe (rese massime ettaro vini senza denominazione)


Rese massime ettaro vini senza denominazione è stabilita dal Testo Unico Vino (art.8, comma 10 e 10 bis), il quale stabilisce che:

“a decorrere dal 1° gennaio 2021 o, se successiva, dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 10-bis, la resa massima di uva a ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo diverse da quelle rivendicate per produrre vini a DOP e a IGP è pari o inferiore a 30 tonnellate“.

Tale limite (che in precedenza era di ben 50 tonnellate per ettaro) può tuttavia subire deroghe, come sempre sancisce il Testo Unico Vino:

“In deroga al comma 10, con decreto del Ministro delle polìtiche agricole alimentari e forestali, da adottarsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le aree vitate ove è ammessa una resa massima di uva a ettaro fino a 40 tonnellate, tenendo conto dei dati degli ultimi cinque anni come risultanti dalle dichiarazioni di produzione”.

In attuazione, il MIPAAF ha pubblicato il DM 676539 del 23 dicembre 2021, ove vengono individuate – a livello comunale – le aree vitate per le quali è ammessa una resa di uva per ettaro fino a 40 tonnellate.

Entro il 31 gennaio 2022, le Regioni e le Province Autonome possono però richiedere al MIPAAF di includere ulteriori aree vitate, sulla base della verifica che almeno il 25% dei produttori (siti nel Comune per il quale si chiede l’iscrizione)  abbia registrato una resa produttiva superiore alle 30 ton/ha almeno in un’annualità tra il 2015 e il 2019.

Contestualmente, entro il 31 gennaio di ciascun anno, le Regioni e le Province Autonome hanno facoltà di richiedere al Ministero che le  aree vitate del proprio territorio vengano invece escluse da detta deroga.

I nuovi massimali produttivi valgono a decorrere dalla campagna vitivinicola 2022/2023.


Per i vini DOP e IGP, invece, sono i rispettivi disciplinari di produzione a fissare la resa massima di uva per ettaro.


 

Prosek Prosecco

Prosek Prosecco: inizia la battaglia legale in sede UE per difendere la denominazione italiana!


Prosek  Prosecco: il 23/9/2021 la Commissione europea ha pubblicato la notizia (trattasi di un atto dovuto) che la Croazia ha presentato una richiesta di protezione per il termine Prosek, che – secondo le intenzioni di tale paese – dovrebbe divenire una propria menzione tradizionale, legata a quattro proprie denominazioni di origine.

La procedura (di cui ai regolamenti UE 33 e 34 del 2019) prevede che, in seguito alla pubblicazione di tale notizia, si apre un termine di 60 giorni, entro cui gli altri Stati membri della UE (dunque il Governo italiano) ovvero soggetti privati lí residenti o aventi sede (quali il Consorzio di tutela del Prosecco) possono presentare le proprie osservazioni oppure opporsi al riconoscimento.

Successivamente la Commissione deciderà sulle opposizioni in questione: se verranno acconte, la menzione Prosek  non verrrá riconosciuta dalla UE, in caso contrario si, per cui i vini croati potranno utilizzarla.

Avverso tale decisione gli interessati potranno presentare ricorso in sede giurisdizionale dinanzi alla Corte di Giustizia.

Al momento, dunque, nulla è perduto per il Prosecco, l’esistente denominazione di origine italiana, che verrebbe danneggiata dal riconoscimento della menzione tradizionale croata, oggetto della pendente procedura dinanzi alla Commissione UE.

In effetti, la Commissione UE avrebbe potuto adesso respingere la domanda croata solo se il fascicolo non fosse stato completo, ma non avrebbe potuto decidere sul merito della domanda, dovendo attendere la presentazione di eventuali formali opposizioni (trattasi dunque di aspetti procedurali, che l’attuale polemica politica ignora verosimilmente).

Il termine Prosek è quindi inteso come una menzione tradizionale: esso  designa un metodo di produzione per un loro vino dolce da dessert.

Questo il significato della menzione tradizionale croata Prosek, come si legge nella domanda di riconoscimento:

Il «Prošek» è un vino prodotto con uve tecnologicamente sovramature e appassite che devono contenere  almeno 150° Oe (gradi Oechsle) di zucchero. Esso può essere rosso o bianco. Il colore può variare dal giallo scuro con  tonalità di oro vecchio fino a rossastro con sfumature brune. Con la  maturazione il «Prošek» sviluppa tonalità diverse a  causa dell’invecchiamento ossidativo. La fragranza è descritta come un aroma di frutta sovramatura con una lieve nota di  legno e un aroma di leggera ossidazione. Il gusto del «Prošek» è caratterizzato da una pienezza che deriva in gran parte  dall’elevato tenore di zuccheri residui (glucosio e fruttosio) e in misura minore dall’etanolo.

Tale pretesa menzione croata, però, crea sicuramente confusione con l’esistente denominazione italiana “Prosecco” (la similitudine dei termini e le assonanze sono manifeste nella coppia Prosek Prosecco).

La denominazione Prosecco trova peraltro tutela in molti Stati extra europei, proprio per effettosi accordi internazionali conclusi dalla UE per la difesa delle denominazioni di origine europee al di fuori del territorio dell’Unione.

Ma non in Australia, ove si ritiene che costituisca un termine generico. In effetti, l’accordo tra UE e tale Stato non copre il Prosecco.

Difatti, anche l’accordo di libero scambio tra UE ed Australia rischia lo stallo per tale ragione. Per i viticoltori australiani il termine Prosecco rappresenta il nome di varietà d’uva, esistente prima che l’Italia creasse la zona Prosecco DOC nel 2009 e ottenesse quindi lo status di IG.

Pure a Singapore è stato di recente negato che il termine “Prosecco” costituisca una menzione geografica.


Le norme che verosimilmente presiederanno ogni decisione sono gli articoli da 27 a 33 del regolamento della Commissione UE/33/2019.

In particolare, l’art.33 sancisce:

Omonimi

1. La registrazione della menzione per cui è presentata una domanda di protezione, interamente o parzialmente omonima di una menzione tradizionale già protetta ai sensi dell’articolo 113 del regolamento (UE) n. 1308/2013, tiene debitamente conto degli usi locali e tradizionali e dei rischi di confusione.

Una menzione omonima che induca in errore il consumatore circa la natura, la qualità o la vera origine dei prodotti vitivinicoli non è registrata, nemmeno se è esatta.

Una menzione omonima registrata può essere utilizzata esclusivamente se il nome omonimo registrato a posteriori è di fatto sufficientemente differenziato dalla menzione registrata in precedenza, tenuto conto della necessità di garantire un trattamento equo ai produttori interessati e della necessità di evitare di indurre in errore il consumatore.

2. Il paragrafo 1 si applica, mutatis mutandis, alle menzioni tradizionali protette anteriormente al 1o agosto 2009, interamente o parzialmente omonime di una denominazione di origine protetta o di una indicazione geografica protetta ovvero di un nome di varietà di uve da vino o dei suoi sinonimi elencati nell’allegato IV.

 

Merita altresì evidenziare che il precedente art.32 del regolamento UE/33/2019 regola il conflitto tra menzioni tradizionali e marchi commerciali, stabilendo al secondo comma  un principio che pare comunque significativo anche per il caso ora in questione (ove il conflitto è tra la menzione croata Prosek e la DOP italiana Prosecco):

“Un nome non è protetto come menzione tradizionale qualora, a causa della reputazione e della notorietà di un marchio commerciale, la protezione sia suscettibile di indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità, alla natura, alle caratteristiche o alla qualità del prodotto vitivinicolo”.


Per contro, se la Corazia avesse richiesto il riconoscimento del termine Prosek come una propria DOP (cosa però difficile, siccole esso  non è riconducibile ad una località geografica croata), per regolare il conflitto con l’esistente DOP italiana Prosecco si sarebbe applicato l’art.100 del Regolamento UE 1308/2013, che così sancisce:

Omonimi

1.   La registrazione del nome per cui è presentata la domanda, che è omonimo o parzialmente omonimo di un nome già registrato in conformità al presente regolamento, tiene debitamente conto degli usi locali e tradizionali e di rischi di confusione.

Un nome omonimo che induca erroneamente il consumatore a pensare che i prodotti siano originari di un altro territorio non è registrato, benché sia esatto per quanto attiene al territorio, alla regione o al luogo di cui sono effettivamente originari i prodotti.

Un nome omonimo registrato può essere utilizzato esclusivamente in condizioni pratiche tali da assicurare che il nome omonimo registrato successivamente sia sufficientemente differenziato da quello registrato in precedenza, tenuto conto della necessità di garantire un trattamento equo ai produttori interessati e della necessità di evitare l’induzione in errore il consumatore.

2.   Il paragrafo 1 si applica mutatis mutandis se il nome per il quale è presentata la domanda è interamente o parzialmente omonimo di un’indicazione geografica protetta in quanto tale secondo il diritto nazionale degli Stati membri.

3.   Il nome di una varietà di uva da vino, se contiene o è costituito da una denominazione di origine protetta o da un’indicazione geografica protetta, non può essere utilizzato nell’etichettatura dei prodotti agricoli.

Per tener conto delle pratiche esistenti in materia di etichettatura, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 227 intesi a stabilire le eccezioni a tale regola.

4.   La protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti di cui all’articolo 93 del presente regolamento lascia impregiudicate le indicazioni geografiche protette applicabili alle bevande spiritose definite all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Trattasi della stessa norma sulla cui base – in particolare venne applicato il suo terzo comma –  è stato deciso in passato il caso del Tokai friulano (in senso favorevole all’Ungheria, alla quale venne riservata l’omonima indicazione geografica Tokaj, così vietando di etichettare con tale nome il vino italiano prodotto con il vitigno Tokai, sebbene i vini dei due paesi ottenuti da tale uva avessero qualità organolettiche completamente diverse).



Il Prosecco rappresenta sicuramente un fenomeno economico di primaria importanza per il nostro paese, il cui nome solo in tempi relativamente recenti è stato tutelato come denominazione di origine, approfittando della fortuita circostanza che una località friulana (… dove tale produzione non era forse tanto tipica) portava appunto il nome geografico di “Prosecco”.

In precedenza, invece, detto termine rappresentava meramente una menzione della denominazione “Conegliano-Valdobbiadene”, il quale riceveva già una certa limitata tutela per effetto di un apposito accordo internazionale, concluso tra Italia e Francia nell’immediato secondo dopoguerra.

Prova storica di quanto siano importanti i trattati internazionali sulla tutela delle denominazioni di origine.

Dunque, anche il termine italiano Prosecco nasce in realtà come una menzione tradizionale, argomento su cui la Croazia potrebbe appellarsi.

Tuttavia, tale argomento potrebbe essere superato dalla circostanza che, successivamente, il termine Prosecco ha assunto il rango di vera e propria denominazione di origine, avendo così acquisito diritto alla relativa superiore tutela.

Con il riconoscimento della DOC “Prosecco”, la denominazione “Conegliano-Valdobbiadene” è stata contestualmente elevata alla dignità di DOCG.

Infine, a suggellare il valore di tali nostri territori vitivinicoli, è da poco intervento il loro inserimento da parte dell’UNESCO tra i beni costituenti patrimonio dell’umanità, che si affiancano così ai paesaggi di Langhe-Roero e del Monferrato.

Avv. Ermenegildo Mario Appiano

 

Avv. Ermenegildo Mario AppianoAvvocato, patrocinante in Cassazione

Professore a contratto presso l’Istituto Universitario Salesiano “Rebaudengo”, aggregato alla Pontificia Università Salesiana

Dottore di ricerca in Diritto UE

Master in Diritto Cinese

Fondatore nonché Vice-Presidente dell’Unione Giuristi della Vite e del Vino (UGIVI)

Membro del Comitato scientifico del Centro Studi sul Diritto e le Scienze dell’Agricoltura, alimentazione e ambiente (CEDISA)


Ecco una breve panoramica della mia attività scientifica nel campo del diritto vitivinicolo.


DOCENZE

AVV. ERMENEGILDO MARIO APPIANO

Docenza sul diritto vitivinicolo al Master Universitario di II Livello in “DIRITTO DEI MERCATI AGROALIMENTARI” 2020/21, attivato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino.


Docenza suDiritto vitivicolo, quadro generale e focus sulle sulle indicazioni geografiche” al Master di Marketing, Sales and Management delle industrie alimentari presso l’Università di Torino, Dipartimento di Management, anno 2020/2021.


Intervento sul diritto vitivinicolo al corso di aggiornamento in diritto agroalimentare comparato e trasnazionale, Università di Verona, 18 dicembre 2020.


Docenza sui sistemi di tracciabilità nel settore vitivinicolo al master di specializzazione della legislazione vitivinicola, organizzato da Gruppo Servizi Aziendali, Ponsacco (PI), 2021.


Docenza su passaggio generazionale nelle imprese vitivinicole al master di specializzazione della legislazione vitivinicola, organizzato da Gruppo Servizi Aziendali, Ponsacco (PI), 2020.


Docenza sul “Quadro giuridico sulla produzione e commercializzazione del vino” al Master di Marketing, Sales and Management delle industrie alimentari presso l’Università di Torino, Dipartimento di Management, anno 2019/2020.


Lezioni al corso di diritto comparato dei consumi ed alimentare presso la Scuola di Management ed Economia dell’Università di Torino, anno 2017 e 2018.


Docenza al master di specializzazione in diritto vitivinicolo organizzato da Euroconference in collaborazione con UGIVI, anni 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020.


Lezioni sulla legislazione enologica e sugli aspetti giuridici della commercializzazione del vino, nel contesto del Master Universitario in Apprendistato di Alta Formazione (Enologia: dalla vinificazione alla commercializzazione), organizzato dall’Università di Pavia (anno accademico 2015/2016 e 2016/2017)


Intervento (“L’impatto dei TTIP nel settore vitivinicolo”) al corso di diritto comparato dei consumi presso la Scuola di Management ed Economia dell’Università di Torino, anno 2016.


Lezioni sul diritto vitivinicolo comunitario, tenute al Master in diritto alimentare, Padova e Firenze, 2010.


Lezioni a contratto sul diritto vitivinicolo comunitario, tenute al Master di secondo livello in diritto alimentare, Università di Torino, anno accademico 2006/2007.


Partnership con Ascheri Academy



CONFERENZE

AVV. ERMENEGILDO MARIO APPIANO


2021

Gli accordi UE sul commercio del vino e loro inquadramento rispetto al sistema WTO: la disciplina delle pratiche enologiche, anche con riferimento all’azione di OIV, relazione al convegno “Aspetti gius-economici dell’export di vino italiano”, Castello di Grinzane Cavour, 4 luglio 2021.

Il vino naturale, webinar con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Chiedi e del Consorzio Vini d’Abruzzo, 26 febbraio 2021.

Fondamenti di diritto alimentare e vitivinicolo, webinar organizzato da Ascheri Academy, febbraio 2021.


2019

ODR nella distribuzione alimentare, intervento al Laboratorio di diritto commerciale su “I nuovi canali della distribuzione alimentare: e‐commerce, social networks, smart contract”, Torino, 13 marzo 2019.

Tutela e promozione dei vigneti storici ed eroici: il regolamento ministeriale in itinere, Pantelleria, 1 giugno 2019.


2018

Vendere e distribuire vino on-line all’estero: aspetti cruciali e profili di criticità, Quistello (MN), 24 marzo 2018.

Il paesaggio nel diritto internazionale e comunitario, Verona, Vinitaly, 15 aprile 2018.

L’attenuazione delle regole UE in materia di concorrenza applicabili agli accordi conclusi dalle organizzazioni di produttori”, Grinzane Cavour, 21 settembre 2018;

Rapporti tra mediazione e procedure di modesta entità”, intervento nell’incontro di studio “Il procedimento europeo per le controversie di modesta entità”, organizzato dalla Struttura Didattica Territoriale del Distretto della Corte di Appello di Torino, Settore Europeo, Torino, 24 settembre 2018.


2017

Sintesi su novità contenute nel Testo Unico Vino – La salvaguardia di vigneti storici ed aree di pregio paesaggistico, Castello di Grinzane Cavour

Il principio del “ne bis in idem” secondo la Corte di Strasburgo: andrà in crisi l’impianto sanzionatorio anche nel settore vitivinicolo?, Vinitaly, Verona.

“Il diritto alimentare e vitivinicolo: inquadramento generale della materia; le indicazioni geografiche e la qualità dei prodotti“, intervento al convegno “Il diritto alimentare e vitivinicolo tra la responsabilità del produttore e la tutela del consumatore”, Torino, 4 maggio 2017.

La risoluzione delle controversie on-line” scaturenti dalla vendita on-line di vino, Castello di Grinzane Cavour, 22-23 settembre 2017.


2016

Il vino biologico, Vinitaly, Verona.


2008

Il nuovo regolamento CE sulle “bevande spiritose”, Vinitaly, Verona.


2007

L’accordo UE-USA sul commercio del vino, Torino, Salone del Vino.


2003

Le controversie nel settore vitivinicolo. Conciliazione ed arbitrato come alternative alla giustizia ordinaria, convegno organizzato dalla Regione Piemonte, Torino


2001

E-commerce e distribuzione “tradizionale”: possibili conflitti, intervento in convegno organizzato dall’Unione Italiana Giuristi della Vite e del Vino in occasione della fiera ‘Vinitaly, Verona.


1999

I contratti di distribuzione nel settore vitivinicolo: problematiche antitrust, organizzato dall’Unione Italiana Giuristi della Vite e del Vino in occasione della fiera ‘Vinitaly ’99’, Verona.


1998

La libera circolazione di animali e carni nell’Unione Europea, tenutosi nel febbraio presso la Scuola di specializzazione in Diritto e Legislazione Veterinaria, Casalmaggiore (CR).



PUBBLICAZIONI

AVV. ERMENEGILDO MARIO APPIANO


I miei scritti sono spesso nati da confronti e spunti scaturiti in occasione dei convegni promossi dall’Unione Giuristi della Vite e del Vino.


Oenological practices and geographical indications protection in main international EU Agreements“, in corso di pubblicazione su Jus Vini, 1 , 2021.


“Il paesaggio nel diritto internazionale e dell’Unione Europea”, in (a cura di F. Moreschi), Il paesaggio vitivinicolo come patrimonio europeo, aspetti gius-economici, 2019, p.43.


La risoluzione delle controversie nelle vendite on line di vino”, in (a cura di O. Calliano), e-wine, 2018, p.123.


Le riforme del 2013 alla OCM Vino“, in Contratto e Impresa / Europa, 1, 2014, p.451.


Le pratiche enologiche e la tutela delle indicazioni di qualità nell’accordo UE/USA sul commercio del vino ed in altri trattati conclusi dalla Comunità”, in AA.VV., Le indicazioni di qualità degli alimenti – Diritto internazionale e europeo, Milano, 2009, p. 348.


La posizione del consumatore nella nuova OCM Vino”, in Contratto e Impresa / Europa, II, 2009, p. 993.


Il nuovo regolamento CE sulle bevande spiritose” in Contratto e Impresa / Europa, I, 2008, p. 444.


“Le pratiche enologiche e la tutela delle denominazioni d’origine nell’accordo UE/USA sul commercio del vino”, in Contratto e Impresa / Europa, 2007, p. 455.




Le mie competenze di giurista si affiancano a quelle di sommelier (diplomi AIS e ONAV) nonché di assaggiatore di grappe (diploma ANAG), consentendomi un approccio più concreto e diretto alle tematiche del diritto vitivinicolo.


Docenza su altre materie


Scritti su altre materie


Avv. Andrea Ferrari


Avv. Andrea Ferrari

Avvocato, iscritto presso l’Ordine di Asti.


Dopo una breve esperienza presso l’Ufficio del Personale di Ferrero S.p.A., Direzione Operations, compresi che la vita aziendale non mi apparteneva e la mia vera vocazione era la professione forense.

Sin dal periodo di pratica professionale, incentrai i miei studi nell’ambito del diritto civile. Successivamente, appassionato per il comparto agroalimentare e fortemente presente nel territorio, decisi di focalizzare maggiormente la mia attenzione allo studio del diritto agrario.

Non pago della formazione, decisi di implementare le mie conoscenze in materia agraria, per cui frequentai due Master: il primo in diritto agroalimentare ed il secondo in diritto vitivinicolo.

Oggi esercito – con dedizione ed a tempo pieno – la professione forense.

Membro del Comitato scientifico del Centro Studi sul Diritto e le Scienze dell’Agricoltura, alimentazione e ambiente (CEDISA)

Coordinatore per la Regione Piemonte dell’Osservatorio del Diritto Agroalimentare e Vitivinicolo

Membro della Commissione scientifica in materia di diritto agrario alimentare e vitivinicolo, costituita presso il Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Asti (di cui sono promotore e referente).

Consulente della Confederazione Italiana Agricoltori della Provincia di Cuneo, Asti ed Alessandria (dal 2013).

Mediatore e responsabile della sede di Alba dell’Organismo di Mediazione INMEDIAR (dal 2019).


Materie ed ambiti di attività

Diritto Agrario, Alimentare e Vitivinicolo
Modelli organizzativi ex D.lgs 231/01
Proprietà e diritti reali in genere
Successioni e Divisioni
Contrattualistica
Recupero del credito ed Esecuzioni Civili
Responsabilità Civile in genere e Azioni Risarcitorie
Separazioni e Divorzi
Diritto del Consumatore


FORMAZIONE

Corso di Alta Formazione in Legislazione Alimentare –UNIUPO – CAFLA 2018
Master breve in Diritto Vitivinicolo (Euroconference) – Torino
Corso di Diritto Alimentare Comparato – Dipartimento di ESOMAS presso Università di Torino
Master breve in Diritto Agroalimentare (Altalex) – Parma
Istituto di Studi Giuridici di Cuneo – Corso di formazione forense post-universitaria
Università degli Studi di Torino – Facoltà di Giurisprudenza (votazione 110/110)

 


DOCENZE AVV. ANDREA FERRARI

Relatore al Corso di Alta Formazione in Legislazione Alimentare tenutosi presso Università del Piemonte Orientale (UniUPO) coordinato dal Prof. Avv. Vito Rubino – Intervento sul tema della cambiale agraria e pegno rotativo (anno 2020).

Relatore al Seminario Jean Monnet di Diritto Comparato dei Consumi Alimentari, tenutosi dal 04/04/2018 al 16/06/2018 presso l’Università degli Studi di Torino, Dip. di ESOMAS (Coordinatore del Seminario Prof. Avv. Oreste Calliano)

APRO Formazione Professionale ALBA-BAROLO
(docente a contratto di diritto civile e pubblico, educazione civica, legislazione turistica)


CONFERENZE AVV. ANDREA FERRARI

Webinar sul vino naturale, con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Chiedi e del Consorzio Vini d’Abruzzo, 26 febbraio 2021.

Fondamenti di diritto alimentare e vitivinicolo, webinar organizzato da Ascheri Academy, febbraio 2021.

Profili civilistici nel passaggio generazionale delle strutture agricole, relazione al convegno organizzato da UGIVI e tenutosi presso l’Enoteca Regionale Piemontese Cavour del Castello di Grinzane Cavour su: “Il passaggio generazionale nelle aziende vitivinicole: strumenti, rischi e opportunità tra gestione delle struttura agricola, pianificazione successoria e tutela degli assetti proprietari“, 2019.

Testo unico della Vite e del Vino, convegno organizzato dalla Confederazione Italiana Agricoltori di Alba, 2017.


Partnership con Ascheri Academy


Vademecum campagna vendemmiale 2021/2022

Il MIPAAF ha pubblicato il Vademecum campagna vendemmiale 2021/2022.


Il Vademecum campagna vendemmiale 2021/2022 indica i principali adempimenti a carico delle imprese vitivinicole per tale periodo.

 

CONTENUTO

1 LE MISURE PER LA RIDUZIONE STRUTTURALE DELLE RESE DELLE UNITA’ VITATE PER VINI GENERICI

2 DOCUMENTI DI ACCOMPAGNAMENTO E REGISTRI

2.1 Il Registro telematico
2.2 Le comunicazioni telematiche
2.3 Documenti di accompagnamento che scortano il trasporto dei prodotti vitivinicoli.
2.4 Documento MVV elettronico
2.5 Alcuni approfondimenti e chiarimenti
2.6 Documenti e-AD.
2.7 Trasmissione dei documenti di accompagnamento vitivinicoli all’Ufficio ICQRF competente per il luogo di carico.
2.7.1 Trasmissione dei documenti di accompagnamento nel caso di emissione dell’MVV-E 11
2.7.2 Trasmissione e convalida dei documenti di accompagnamento mediante PEC
2.8 Esenzione dalla tenuta del registro telematico per talune tipologie di operatori

3 DICHIARAZIONE DI GIACENZA – DICHIARAZIONE DI VENDEMMIA E PRODUZIONE VINICOLA

3.1 Dichiarazione di giacenza, bilancio annuo e chiusura del registro telematico.
3.2 Dichiarazione di vendemmia e produzione vinicola

4 FERMENTAZIONI – PRATICHE ENOLOGICHE

4.1 Periodo vendemmiale e delle fermentazioni – fermentazioni fuori dal periodo autorizzato (art. 10 della legge n. 238/2016)
4.2 Il quadro normativo europeo di riferimento
4.3 Operazioni di arricchimento
4.4 Mosto concentrato e mosto concentrato rettificato.
4.5 Limiti di alcuni componenti contenuti nei vini, in applicazione dell’articolo 25 della legge 12 dicembre 2016, n. 238
4.6 Divieto dell’uso dei pezzi di legno di quercia nell’elaborazione, nell’affinamento e nell’invecchiamento dei vini DOP italiani.

5 SOTTOPRODOTTI

6 CENTRI D’INTERMEDIAZIONE UVE E SUGLI STABILIMENTI DESTINATI ALLA TRASFORMAZIONE DI UVE DA TAVOLA

7 DETENZIONE DI MOSTI CON TITOLO ALCOLOMETRICO INFERIORE ALL’8% IN VOLUME – PRODUZIONE DI SUCCHI D’UVA

8 REGIME DEGLI STABILIMENTI DOVE SI EFFETTUANO LAVORAZIONI PROMISCUE

9 SOSTANZE ZUCCHERINE

10 NORME SUL VINO “BIOLOGICO

11 NORME SUGLI ALLERGENI

12 ALLEGATO

Vino sostenibile

Vino sostenibile: l’Italia ha già intrapreso una propria strada per stabilirne i criteri di produzione e certificazione.


Al fine di migliorare la sostenibilità delle varie fasi del processo produttivo nel settore vitivinicolo (produzione e certificazione del vino sostenibile), mediante l’art.224-ter della legge del 18 luglio 2020 n°77 (Sostenibilita’ delle produzioni agricole) è stato istituito il sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola, inteso  come l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche definite con uno specifico disciplinare di produzione (quindi si tratta di una certificazione che può applicarsi anche ai vini non a denominazione di origine).

La valutazione dell’apposito disciplinare per il vino sostenibile è damandata ad un sistema di sistema di monitoraggio della sostenibilità delle aziende della filiera vitivinicola italiana.

Compete al MIPAAF (sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) stabilire le norme attuative, compito adempiuto mediante il decreto 23/06/2021 n.288989, il quale dispone sulle seguenti materie:

A) Sistema di certificazione della filiera vitivinicola:

      • Il sistema di certificazione della filiera vitivinicola utilizza le modalità e la procedura del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata

B) Compiti del Comitato della sostenibilità vitivinicola (CosVi):

      • definizione del disciplinare della sostenibilità vitivinicola;
      • definizione del sistema di monitoraggio della sostenibilità della filiera vitivinicola;
      • individuazione degli indicatori necessari alle valutazioni della sostenibilità della filiera vitivinicola;
      • supporto al MIPAAF nella fase di confronto e discussione del partenariato economico e sociale sui contenuti del disciplinare.

C) Composizione del Comitato:

      • coordinato dal Direttore della direzione generale delle politiche internazionali e dell’Unione Europea, il comitato è composto da:
      • due rappresentanti del MIPAAF;
      • quattro rappresentanti delle Regioni e Provincie autonome;
      • due esperti del CREA;
      • un rappresentante di Accredia;
      • a titolo consecutivo, un rappresentante per ciascuno dei sistemi di valutazione della sostenibilità facenti parte del Gruppo di lavoro per la sostenibilità in viticoltura esistenti a livello nazionale alla data di entrata in vigore del decreto.

D) Disciplinare della sostenibilità vitivinicola

      • contiene l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche finalizzate a garantire il rispetto dell’ambiente, la qualità e la sicurezza alimentare, la tutela dei lavoratori e dei cittadini, un adeguato reddito agricolo.
      • è sottoposto a verifica ed eventuale aggiornamento con cadenza almeno annuale. In sede di prima applicazione, il disciplinare fa riferimento alle linee guida di produzione integrata per la filiera vitivinicola.

E) Adesione al Sistema di certificazione della sostenibilità vitivinicola

      • volontaria
      • può avvenire da parte di aziende singole o associate.
      • modalità di adesione: quelle già in uso per il Sistema di qualità nazionale della produzione integrata (SQNPI).

F) Indicatori

      • individuati dal CosVi
      • successivamente approvati con decreto del MIPAAF, sentito il ministero della Transizione Ecologica (istituito in sostituzione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare).

 

Per completare il sistema di certificazione del Vino sostenibile seguiranno altri due provvedimento, costituita da:

    • pubblicazione del disciplinare di produzione per il vino sostenibile (ove verranno indicate le modalità di produzione ed i requisiti del prodotto);
    • individuazione degli indicatori di monitoraggio (necessari per valutare i risultati raggiunti).


Sarà pertanto interessare come il vino sostenibile si rapporterà rispetto al vino biologico.

Trattasi invece di cosa completamente diversa rispetto al controverso tema del vino naturale.



Quanto alla ricerca in materia di sostenibilità e resilienza, si segnala il progetto Uniseco dell’Unione Europea, a cui partecipa per l’Italia il distretto del Chianti.

Uniseco EU Project


Progetto VIVA - Sostenibilità della Vitivinicultura in Italia



Nel contesto della riforma della PAC post-2020, ormai adottata, la Commissione aveva annunciato che la propria azione «consoliderà il quadro legislativo sulle indicazioni geografiche  e, ove opportuno, includerà specifici criteri di sostenibilità» (pag.14 della Cominicazione sulla strategisa “from farm to fork”).

Nel contempo il Parlamento Europeo aveva  elaborato una propria posizione che, per quanto concerne la definizione di DOP e IGP è rappresentatata dal seguente emendamento:

Emendamento 236
Proposta di regolamento
Articolo 1 – punto 10 bis (nuovo)
Regolamento (UE) n. 1308/2013
Articolo 94
10 bis)  l’articolo 94 è sostituito dal seguente:
Articolo 94 Articolo 94
Domande di protezione Domande di protezione
1.  Le domande di protezione di nomi in quanto denominazioni di origine o indicazioni geografiche comprendono un fascicolo tecnico contenente: 1.  Le domande di protezione di nomi in quanto denominazioni di origine o indicazioni geografiche comprendono:
a)  il nome di cui è chiesta la protezione; a)  il nome di cui è chiesta la protezione;
b)  il nome e l’indirizzo del richiedente; b)  il nome e l’indirizzo del richiedente;
c)  un disciplinare di produzione ai sensi del paragrafo 2 e c)  un disciplinare di produzione ai sensi del paragrafo 2 e
d)  un documento unico riepilogativo del disciplinare di produzione di cui al paragrafo 2. d)  un documento unico riepilogativo del disciplinare di produzione di cui al paragrafo 2.
2.  Il disciplinare di produzione permette agli interessati di verificare le condizioni di produzione relative alla denominazione di origine o all’indicazione geografica. Il disciplinare di produzione contiene almeno: 2.  Il disciplinare di produzione permette agli interessati di verificare le condizioni di produzione relative alla denominazione di origine o all’indicazione geografica. Il disciplinare di produzione contiene almeno:
a)  il nome di cui è chiesta la protezione; a)  il nome di cui è chiesta la protezione;
b)  una descrizione del vino o dei vini: b)  una descrizione del vino o dei vini:
i)  per quanto riguarda una denominazione di origine, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e organolettiche; i)  per quanto riguarda una denominazione di origine, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e organolettiche;
ii)  per quanto riguarda una indicazione geografica, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e la valutazione o indicazione delle caratteristiche organolettiche; ii)  per quanto riguarda una indicazione geografica, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e la valutazione o indicazione delle caratteristiche organolettiche;
c)  se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate nell’elaborazione del vino o dei vini nonché le relative restrizioni applicabili a detta elaborazione; c)  se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate nell’elaborazione del vino o dei vini nonché le relative restrizioni applicabili a detta elaborazione;
d)  la delimitazione della zona geografica interessata; d)  la delimitazione della zona geografica interessata;
e)  le rese massime per ettaro; e)  le rese massime per ettaro;
f)  un’indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino o i vini sono ottenuti; f)  un’indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino o i vini sono ottenuti;
g)  gli elementi che evidenziano il legame di cui al paragrafo 1, lettera a), punto i), oppure, secondo i casi, al paragrafo 1, lettera b), punto i) dell’articolo 93; g)  gli elementi che evidenziano i seguenti legami:
i)  per quanto riguarda una denominazione d’origine protetta, il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto e l’ambiente geografico e gli elementi relativi ai fattori naturali e umani di detto ambiente geografico, di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera a), punto i );
ii)  per quanto riguarda un’indicazione geografica protetta, il legame fra una specifica qualità, la reputazione o un’altra caratteristica del prodotto e l’origine geografica di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera b), punto i);
g bis)  se del caso, il suo contributo allo sviluppo sostenibile;
h)  le condizioni applicabili previste dalla legislazione unionale o nazionale oppure, se così previsto dagli Stati membri, da un’organizzazione che gestisce la designazione di origine protetta o l’indicazione geografica protetta, tenendo conto del fatto che tali condizioni devono essere oggettive, non discriminatorie e compatibili con il diritto dell’Unione; h)  le condizioni applicabili previste dalla legislazione unionale o nazionale oppure, se così previsto dagli Stati membri, da un’organizzazione che gestisce la designazione di origine protetta o l’indicazione geografica protetta, tenendo conto del fatto che tali condizioni devono essere oggettive, non discriminatorie e compatibili con il diritto dell’Unione;
i)  il nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare di produzione, nonché le relative attribuzioni. i)  il nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare di produzione, nonché le relative attribuzioni.
3.  La domanda di protezione relativa a una zona geografica situata in un paese terzo contiene, oltre agli elementi di cui ai paragrafi 1 e 2, gli elementi che comprovano che la denominazione è protetta nel suo paese di origine. 3.  La domanda di protezione relativa a una zona geografica situata in un paese terzo contiene, oltre agli elementi di cui ai paragrafi 1 e 2, gli elementi che comprovano che la denominazione è protetta nel suo paese di origine.