Un point c’est tout!

UN POINT C’EST TOUT! – Il lento deperimento dei vigneti e la decandenza dei terroir.


Un point c’est tout è un grido di allarme lanciato dal vivaista francese Lilian Bérillon.

I grandi vigneti stanno correndo il pericolo di ridursi drasticamente, non solo a causa del cambiamento climatico, ma anche per la carenza di un adeguato patrimonio genetico nelle viti piantate nei vigneti stessi, a causa dei metodi industriali (clonazione) con cui esse vengono prodotte.

Ciò si ripercuote sullo stesso terroir: viti siffatte non sono in grado di conferire adeguate qualità ai vini ottenuti con le loro uve, per cui viene meno uno degli elemento essenziali affinchè un terroir possa esprimere le sue potenzialità nei relativi vini.

La perdita di patrimonio genetico nelle viti prodotte tramite clonazione

 

Così viene presentato il documentario/denuncia (realizzato nell’anno 2023 e pubblicato nel febbraio 2024) sul sito del suo autore:

“Dans un monde viticole où, depuis des décennies, la qualité du végétal n’est parfois plus qu’un détail dans l’équation globale, montrer qu’une autre voie est possible relève du parcours du combattant.

Depuis les années 1970 en effet, le monde des pépiniéristes a mis en place un système très productiviste, permettant de proposer des plants bon marchés greffés de manière industrielle.

« Débourser 1€ ou 1,3€ pour un pied de vigne est devenu la norme » rappelle Lilian Bérillon. Pourtant, derrière ces prix très accessibles, se cache une réalité pour le moins préoccupante.

Les plants de vigne clonés fournis, outre leur absence de diversité génétique (et donc leur comportement identique face aux conditions climatiques) s’avèrent généralement plus sensibles aux différentes maladies du bois.

Une partie du vignoble français (la situation est exactement la même chez nos voisins italiens ou espagnols) dépérit ainsi rapidement.

« Les taux de mortalité observés sont très conséquents dès les premières années, notamment sur les sauvignons blancs et les cabernets, parfois de l’ordre de 2% ou 3% par an » explique Lilian.

« Après une vingtaine d’années, les vignerons préfèrent souvent arracher et replanter ».

Or, ce sont aussi les vieilles vignes qui permettent d’exprimer davantage de complexité ainsi qu’une vraie identité dans les vins.

Qu’adviendra-t-il donc demain quand les vignes anciennes, plantées avant les années 1970 et la généralisation du clonage des plants, mourront ?

Et quelle viticulture souhaite-t-on porter aujourd’hui ?

C’est là que le projet de Lilian Bérillon prend tout son sens”.

 

 

Le nuove tecniche genomiche (NGT ovvero le tecniche di evoluzione assistita)

In questo dibattito si inserisce anche la “nuova frontiera”, rappresentata dalla possibilità di utilizzare la cosiddetta «forbice molecolare» ideata da Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna (insignite del Premio Nobel per la chimica nell’anno 2020) nella produzione di nuove varietà vegetali, e quindi anche ibridi di vite.

Si tratta di un rivoluzionario metodo di editing del genoma (definito «Crispr/Cas9»), che consente di modificare il DNA di piante ed animali  in modo preciso e specifico.

Tuttavia, in base all’attuale legislazione dell’Unione Europea, i vegetali ottenuti tramite il metodo «Crispr/Cas9» sono equiparati agli OGM.

Per modificare l’attuale situazione, a livello europeo è attualmente in corso una procedura legislativa: se portata a termine,  le piante (ed i prodotti da loro derivati) NGT – che potrebbero essere presenti anche in natura o venire prodotte mediante tecniche di selezione convenzionali – riceverebbero un trattamento sostanzialmente analogo a quello per le piante convenzionali.

Resta da capire se ciò consentirà o meno di superare i problemi denunciati da Lilian Bérillon.

 

riforma denominazioni origine indicazioni geografiche europa

Il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva la riforma delle norme UE sulla protezione delle indicazioni geografiche per il vino, le bevande spiritose e i prodotti agricoli (riforma denominazioni origine indicazioni geografiche europa)


La riforma (riforma denominazioni origine indicazioni geografiche europa) è ormai alle porte, mancano solo più alcuni passaggi “tecnici” all’adozione del nuovo regolamento dell’Unione Europea in materia.

I criteri ispiratori della riforma denominazioni origine indicazioni geografiche europa

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Due i criteri principali.

Il primo è che i prodotti di qualità rappresentano una delle maggiori risorse di cui dispone l’Unione, economiche e di identità culturale, al punto che essi sono considerati la rappresentazione più forte del «made in the UE», riconoscibile in tutto il mondo e generante crescita.

Vini, bevande spiritose e prodotti agricoli, compresi quelli alimentari, sono elevati al livello di un vero e proprio patrimonio europeo, che va ulteriormente rafforzato e protetto, fermo restando che la sua creazione è avvenuta grazie alle competenze e alla determinazione dei produttori dell’Unione, i quali hanno mantenuto vive le proprie tradizioni e la diversità delle rispettive identità culturali.

Il secondo è che le indicazioni geografiche hanno la potenzialità per svolgere un ruolo importante in termini di sostenibilità, anche nel contesto dell’economia circolare, così da contribuire – nel quadro delle politiche nazionali e regionali – a raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo.

In cosa consiste la disciplina del nuovo regolamento europeo?

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Verranno innanzitutto uniformati gli aspetti procedurali in relazione al riconoscimento di nuove denominazioni di origine ed indicazioni geografiche per vini, alimenti e bevande spiritose nonché alla modificazione dei disciplinari di quelle già esistenti.

Inoltre, il venturo regolamento recherà anche significative innovazioni alla disciplina – parimenti unitaria, ma questo già in passato – sulle organizzazioni professionali ed inter-professionali dei produttori, le quali vedranno in buona sostanza accrescere i loro poteri.

Nuova linfa per l’azione dei consorzi di tutela, cui saranno attribuiti ulteriori poteri “erga omnes”, in relazione alla regolazione dell’offerta di prodotti agricoli DOP e IGP, cui si aggiungono quelli di concorrere al controllo del rispetto dei disciplinari di produzione.

Rafforzati infine gli strumenti per la protezione a livello internazionale di denominazioni ed indicazioni geografiche.

Da un canto, aumentano i poteri delle autorità di controllo per quanto concerne il commercio elettronico.

Dall’altro, migliorano le condizioni per la registrazione di DOP e IGP europee nel sistema WIPO (World Intellectual Property Organization) istituito con l’Accordo di Lisbona, come poi modificato dall’Atto di Ginevra.

A tale sistema, infatti, l’Unione Europea già partecipa da qualche anno (in base ai meccanismi indicati nel regolamento UE/1753/2019), ma sino ad ora in modo poco efficace.  Anche in questo campo, si rafforza l’azione dei consorzi.

Più nel dettaglio: cosa caratterizza la riforma denominazioni origine indicazioni geografiche europa?

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Ad ogni modo, non si avrà un’unica definizione di indicazione geografica.

Continueranno infatti a sussistere – seppure con qualche modificazione – quelle oggi esistenti rispettivamente per:

      • prodotti agricoli ed alimenti (traslate però nel nuovo regolamento, insieme alla disciplina sugli altri relativi termini di qualità, quali le specialità tradizionali tipiche ed i prodotti della montagna, giacché verrà abrogato l’attuale regolamento 1151/2012/UE),
      • vini e liquori (lasciate nel regolamento 1308/2013/UE),
      • bevande spiritose (contenute nel regolamento 787/2019/UE )

Analogamente avverrà per i disciplinari di produzione, la cui importanza viene però fortemente incrementata, giacché essi documentano – nell’interesse dei consumatori – in cosa oggettivamente consiste il valore e la qualità della corrispondente denominazione.

Attenzione: per effetto di precedenti interventi legislativi, adottati in occasione della PAC 2023-2027, i vini aromatizzati sono principalmente soggetti alla disciplina in materia di alimenti.

Fatte salve alcune specifiche regole loro dedicate (portate da quanto sopravvive del regolamento UE/251/2014, principalmente vertenti sulle relative definizioni di prodotto).

Se tale situazione potrebbe essere percepita come una sorta di anomalia, essa dovrebbe comunque venire meno per effetto dell’armonizzazione in via di arrivo.

Poca attenzione alla sostenibilità.

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Quanto alla sostenibilità, nulla cambia con riferimento al ruolo dei disciplinari di produzione rispetto a quanto già introdotto con la riforma della PAC 2023-2027.

Permane infatti a livello di mera facoltà l’indicare come la singola denominazione possa contribuire a concorrere a tale obiettivo.

Sotto questo aspetto, l’attuale riforma manca purtroppo di coraggio.

I prossimi passi.

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Dopo avere concordato a livello politico il testo del futuro regolamento in questione (cosa avvenuta l’11 dicembre 2023, documento AGRI_LA(2023)012101_EN, recante il testo legislativo concordato), il 28 febbraio 2024 il Parlamento Europeo ha formalmente espresso la sua approvazione (documento P9_TA(2024)0101).

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Dovrebbe adesso a breve seguire l’approvazione da parte del Consiglio Europeo.

Fatto ciò, si attenderà solo più la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione.

Il tema sarà oggetto di un apposito incontro di studio a Vinitaly, domenica 14 aprile 2024, con inizio alle ore 13:00 presso la sala Salieri.

Etichettatura vini 2024 webinar

Etichettatura vini 2024 webinar


Contenuto del webinar sui nuovi requisiti per etichettatura vini

 

Come etichettare correttamente i vini, indicando i nuovi dati richiesti dalla legislazione dell’Unione Europea (Webinar etichettatura vini 2024)

Illustriamo la nuova disciplina sull’etichettaura dei vini, per quanto concerne le informazioni su:

Spieghiamo altresì come fornire (è una facoltà per le imprese) dette informazioni mediante supporti elettronici, cui rinviare con un codice ottico (QR Code o altro) correttamente stampato.

 


Fonti normative citate nel webinar

 

Per una approfondimento sulle fonti normative citate nel webina, rimandiamo alle apposite pagine del nostro sito:

 



 

 

 

Etichetta elettronica vini

Etichetta elettronica vini: le nuove indicazioni obbligatorie su ingredienti, valore nutrizionale e smaltimento contenitori.


Il 1 febbraio 2024, ore 18:00, presso Ascheri Academy terremo un webinar su etichetta elettronica vini, e cioè come etichettare correttamente un vino, usando QR Code o altri codici ottici,  in relazione ai nuovi dati obbligatori:

Trattasi di nuovi adempimenti previsti dalle norme europee.

 

Perché altre norme europee?

Da un canto, tutto ciò può sembrare inutile burocrazia.

Dall’altro, però, va ricordato che l’esistenza della legislazione europea è proprio ciò che consente la libera circolazione dei prodotti all’interno della stessa Unione, con vantaggio per tutti.

In altre parole, se tali norme non esistessero, i vini italiani dovrebbero pagare dazi e sottostare ad altre restrizioni al momento di entrare negli altri Stati dell’Unione e viceversa.

Ad esempio, anzichè essere etichettati sulla base di norme comuni (decise di comune accordo tra gli Stati in sede europea), l’etichettura dovrebbe avvenire seguendo quanto previsto dalla legge di ciascuno Stato ove avviene l’importazione (il che equivarebbe a conoscere e poi rispettare il contenuto di 27 legislazioni diverse …., i costi aumenterebbero vertiginosamente!).

Infine, se i produttori possono magari dolersi di tale normativa, i consumatori forse ne traggono vantaggio …

 

Come partecipare?

La partecipazione al webinar è gratuita, previa iscrizione.


 

 

 

denominazioni origine vini inadeguate

Secondo il presidente del Comitato vini DOC (Attilio Scienza), l’attuale disciplina sulle denominazioni di origine è inadeguata.


Denominazioni origine vini inadeguate?

Approccio attuale.

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Le fondamenta di tutto quanto sino ad oggi sostenuto in tema di denominazioni di origine (puntualmente supportato dall’intera disciplina del diritto vitivinicolo europeo ed italiano), è riconducibile all’idea che esse rappresentano una indicazione di qualità dei vini, espressa in termini oggettivi nel loro disciplinare, il quale ne individua la rispettiva tipicità

La critica.

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Invece, a parere di Attilio Scienza, attuale presidente del Comitato vini DOC (questi i punti a nosto parere maggiormente salieti del discorso, il cui riassunto più esteso è reperibile a questo link, da cui è tratto quanto qui riportiamo):

“La grande reputazione nell’antica Grecia del vino della Tracia, conosciuto come il vino di Dioniso non era legata alla vocazione per la viticoltura di quel territorio, peraltro freddo, ma ai commerci di ambra e stagno sicuramente più importanti del vino ed a un popolo di commercianti navigatori, i Focesi, che organizzavano anche la comunicazione di questo vino. … 

… In passato un vino non era famoso per le sue caratteristiche organolettiche interessanti, ma per la possibilità di essere venduto. Non a caso le grandi denominazioni nascono dove ci sono strade e porti, non per la bontà del suolo, del clima o per la capacità del produttore.

Questa è l’ambiguità del terroir di cui siamo ancora vittime – ha proseguito Scienza – nessuna denominazione attuale, né nostra né francese ha questi elementi ...

… Oggi una Doc è mito o realtà ?

Da qui dobbiamo partire per capire cosa significa oggi la vocazione.

La qualità si può fare dappertutto, è diventato un prerequisito. L’eccellenza, che vuol dire “spingere fuori”, è a latere della qualità data dal terroir e si sostanzia nei valori etici ed estetici, nel valore/onestà di chi produce e nella capacità di capirlo da parte di chi consuma.

Questo rappresenta il salto di qualità che dobbiamo dare ai contenuti di un terroir.

Le strategie per tornare ai valori orginari della vocazione del terroir sono l’autenticità, intesa come capacità di interpretare il territorio con un vino, e non è facile per nessuno.

In passato i terroir avevano un solo vino e così dovrebbe tornare ad essere: fare un solo vino e farlo bene. Oggi ci sono doc in cui si fanno 10-20 vini: solo uno è autentico gli altri servono ad allargare l’offerta per coprire tutte le occasioni di consumo. …

 

Qualche considerazione “a caldo”

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Quanto osserva Attilio Scienza rappresenta uno spunto di riflessione tanto  interessante quanto onesto , ma costituisce altresì un inquietante indizio che tutti i discorsi “filosofici” sulla tipicità dei vini e sulla loro qualità legata al territorio, che costituisce la loro denominazione protetta, siano oggi in realtà piuttosto vuoti nella loro sostanza.

Come dice Attilio Scienza, se la qualità “si può fare dappertutto” e se quella “data dal terroir si sostanzia nei valori etici ed estetici”, cosa differenzia allora un vino a denominazione (che rispetta tali criteri) con quello prodotto da una cantina che effettivamente osserva rigorosi parametri ESG (i quali non sono certo quelli attualmente previsti dal disciplinare italiano sulla sostenibilità, specie per quanto concerne gli aspetti sociali e di governance)?

Ancora: è allora più corretto l’approccio giuridico seguito negli Stati Uniti (modificato solo per effetto di un apposito accordo internazionale con l’Unione Europea), secondo cui le denominazioni vanno protette solo quando sia in concreto appurata la conoscenza della loro notorietà in capo ai consumatori?

In altre parole: se i consumatori non sono in grado di capire/percepire la qualità di un territorio, riconducibile ai criteri proposti da Attilio Scienza, che senso ha proteggerla da usurpazioni?

Infine: la protezione per le denominazioni di origine va quindi riconosciuta solo ai territori che effettivamente rispettano rigorosi ciriteri etici, da un canto, e tutelano in modo scrupoloso il territorio, dall’altro?

Se fosse così, quale sorte va allora riservata ai territori ove la biodiversità è stata seriamente pregiudicata?

 

La riforma della disciplina europea su DOP e IGP

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In tale contesto, si inserisce l’attuale riforma delle regole europee in materia di riconoscimento e tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche per i prodotti alimentari, vini (compresi quelli aromatizzati) e le bevande spiritose.

Raggiunto nel dicembre 2023 l’accordo in materia tra le istituzioni europee, il nuovo regolamento verrà emanato il prossimo anno.

 

 

… il dibattito è aperto!

 

Linee Guida Commissione UE Etichettatura vini

Linee Guida Commissione UE etichettatura vini: come etichettare correttamente i dati nutrizionali e gli ingredienti dei vini


Mediante un‘apposita comunicazione, pubblicata a fine novembre 2023, sono state fornite le Linee Guida Commissione UE etichettatura vini.

A cosa servono

Le Linee Guida forniscono alcuni importanti chiarimenti sulle principali questioni relative ai nuovi requisiti previsti dalla legislazione dell’Unione Europea.

Esse  impongono di integrare le etichette esistenti (per le quali restano ferme tutte le previsioni sin’ora esistenti) con le indicaizoni relative ai dati nutirzionali e quelli sugli ingredienti.

Quali sono i vini interessati dai nuovi requisiti.

Tutti i vini prodotti dopo l’8 dicembre 2023.

Su come individuarli, le stesse Linee guida forniscono importanti indicazioni.

Le nuove  indicazioni sono obbligatorie?

Si, rientrano tra quelle che devono obbligatoriamente comparire sulle etichettte, in loro mancanza i prodotti non possono essere commercializzati.

Quale valore hanno le Linee guida?

Rappresentano un’interpretazione autentica della normativa unionale emanata dalla Commissione in materia di etichettatura dei vini (regolamento UE/33/2019).

Le Linee guida trattano l’etichettatura elettronica?

Certamente, è un tema centrale.

Particolare attenzione viene dedicata a:

      • QR Code (come va applicato, quali caratteristiche deve avere,  …) che i produttori hanno facoltà di apporre sull’etichetta per rinviare al supporto elettronico criportante i dati nutrizionali completi e gli ingredienti utilizzati.
      • dati che devono sempre essere presenti sull’etichetta cartacea (valore energetico ed indicazione degli allergeni), anche se viene utilizzato il QR Code.

Linee Guida Commissione UE etichettatura vino

Il MASAF ha emanato una circolare in materia?

Si, la circolare 656765 del 28/11/2023.

Tuttavia le Linee guida emanate dalla Commissione UE :

      • sono molto più dettagliate
      • hanno valore decisamente superiore rispetto a quanto indicato nella circolare ministeriale.

 

Trattano anche l’etichettatura ambientale?

No, la materia è regolata da una direttiva unionale, per cui sono gli Stati membri a disciplinare la materia attuando la direttiva stessa.

Quindi bisgona fare riferimento alla normativa nazionale.



Webinar sui nuovi requisiti per etichettatura vini

 

In questo nostro  webinar,  illustriamo la nuova disciplina sull’etichettaura dei vini, per quanto concerne le informazioni su ingredienti + valori nutrizionali e quelle relative alla raccolta differenziata di contenitori e tappi.

 

 

 


 

 

 

 

QR Code etichetta vini

Etichettatura elettronica dei vini: non basta apporre un semplice QR Code sulla bottiglia (QR Code etichetta vini)!


Il QR Code etichetta vini: sull’etichetta cartacea, deve essere scritto a cosa il QR Code serve, per rinviare in modo adeguato all‘etichettatura elettronica, ove sono contenuti i dati completi relativi alle indicazioni nutrizionali ed agli ingredienti, come obbligatorio per i vini prodotti dopo l’8 dicembre 2023.

Attenzione:  anche se viene utilizzato il QR Code o altro mezzo, per rinviare al supporto elettronico contenente i dati nutrizionali e gli ingredienti, sull’etichetta cartacea vanno comunque sempre indicati:

      • il valore energetico
      • gli allergeni

Come realizzare l’etichettatura elettronica per i vini

 

Le specifiche tecniche, fissate dalle norme dell’Unione Europea, sono attualmente molto modeste, poiché esse (trattando il tema della etichetta indicazioni nutrizionali ingredienti vini, comma 5 dell’art.119 del Reg. UE/1308/2013) si limitano a stabilire che:

a) non devono essere raccolti o tracciati i dati degli utenti (vietati quindi i cookies!!);

b) l’elenco degli ingredienti non figura insieme ad altre informazioni inserite a fini commerciali o di marketing → quindi non è vietato fornire – in modo separato – anche le informazioni commerciali o di marketing

A parte ciò, quindi, NESSUNA previsione normativa su come vada realizzato:

      • il rinvio (esempio: “QR Code”) al mezzo elettronico che fornisce i dati nutrizionali completie l’elenco ingredienti
      • il mezzo elettronico stesso contente detti dati

Perché non è sufficiente apporre un semplice QR Code

 

Tuttavia, applicare un semplice QR Code verosimilmente non basta: sembra corretto ritenere che esso debba essere accompagnato da qualche sintetica indicazione sulla sua finalità.

Esempio: “usami per conoscere gli ingredienti ed i valori nutrizionali“.

Analogo discorso se l’etichettatura elettronica contiene anche le indicazioni ambientali, e cioè quelle per differenziare in modo adeguato i rifiuti (tappo, bottiglia, fermagli, etc..) che vengono in essere una volta consumato il prodotto.

Esempio:usami per sapere come riciclarmi”.

 

QR Code etichetta vini

Ecco un altro esempio, relativo ad un QR Code su una bottiglia di birra, apposto sì per finalità differenti da quelle qui in esame, ma comunque facilmente individuabili grazie a quanto scritto al di sopra (“santè ed alcool“).

 

In altre parole, il consumatore deve capire che il QR Code serve per consentigli di accedere alle informazioni:

      • nutizionali
      • sugli ingredienti.
      • ambientali

 

Ciò nel rispetto dei principi generali sull’etichettatura dei prodotti alimentari (Regolamento UE/1169/2011, art.3, comma 1), secondo cui:

“La fornitura di informazioni sugli alimenti tende a un livello elevato di protezione della salute e degli interessi dei consumatori, fornendo ai consumatori finali le basi per effettuare delle scelte consapevoli e per utilizzare gli alimenti in modo sicuro, nel rispetto in particolare di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, sociali ed etiche”.

Altrimenti il consumatore potrebbe ritenere che il QR code serva semplicemente a chi lavora alla cassa dei negozi per prezzare il prodotto!!

In tal senso vanno proprio le Linee Guida dalla Commissione UE sull’etichettatura nutizionale e su quella degli ingredienti del vino, pubblicate a fine novembre 2023.

Al riguardo, stabiliscono appunto le Linee Guida (punto 38 nel finale):

La presentazione di un codice QR dovrebbe pertanto essere chiara per i consumatori per quanto riguarda il suo contenuto, ossia le informazioni obbligatorie presentate per via elettronica. Termini o simboli generici (come una «i») non sono sufficienti per soddisfare gli obblighi di questa disposizione. Se le informazioni fornite per via elettronica (identificate, ad esempio, da un codice QR) riguardano l’elenco degli ingredienti, è necessario utilizzare un’intestazione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento FIC, come avviene attualmente per le etichette cartacee utilizzate per altri alimenti (ossia contenenti la parola «ingredienti»).
Per i termini utilizzati, il loro regime linguistico è soggetto alle stesse norme delle altre indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 119 del regolamento OCM, vale a dire le norme definite lex specialis all’articolo 121 del regolamento OCM

Linee Guida Commissione UE etichettatura vino


La “pezza” posta dal MASAF

Sembra che molti produttori  abbiano però stampato le proprie etichette in violazione dei principi anzidetti, senza cioè essersi posti il problema della (palese?) carenza di chiarezza dell’informazione così veicolata ai consumatori.

Per cercare di rimediare alla situazione, mediante il DM 0675460 del 7 dicembre 2023 il MASAF ha allora stabilito  (violando il diritto dell’Unione Europea)  che:

“a decorrere dal giorno 8 dicembre 2023 , è consentito etichettare e commercializzare i vini ed i prodotti vitivinicoli aromatizzati con etichette riportanti il simbolo ISO 2760 “I” accanto al QR Code che rimanda alle informazioni relative alla lista degli ingredienti ed alla dichiarazione nutrizionale.

La deroga … è limitata ad un periodo di tre mesi decorrente dall’dicembre 2023, fino allì8 marzo 2024 e solo per vino e prodotti vitivinicoli aromatizzati circolanti sul territorio mazionale

Attenzione dunque: i vini ed i prodotti vitivinicoli aromatizzati destinati alla commercializzazione negli altri Stati membri dell’Unione Europea NON possono essere etichettati come dispone la deroga in questione.

Se ciò avvenisse, ben potrebbero le autorità amministrative degli altri Stati membri:

      • bloccare la circolazione dei prodotti etichettati in modo non conforme alla normativa europea
      • sanzionare i responsabili dell’operazione.

Vi è poi da capire come sia materilmente possibile modificare lecitamente – per il solo mercato italiano –  le etichette  erroneamente già stampate.

Magari scrivendo a mano il termine “I” vicino a QR code con inchiosto indelebile?.

Progetto 2022 riforma DOP

Opinioni su progetto riforma DOP- IGP promossa dalla Commissione UE nel 2022.


Progetto 2022 riforma DOP: appena teminato il round delle trattative per la PAC 2023/2027, che ha modificato la disciplina su DOP e IGP per i vini  in modo molto limitato, la Commissione UE ha presentato un progetto per la loro riforma di molto più ampio respiro.

Trattasi della procedura legislativa 2022/0089(COD), attualmente in corso, che dovrebbe sostanzialmente condurre a riunire in un unico testo regolamentare la disciplina relativa alle denominazioni di origine di vini, alimenti e bevande spiritose.

 

Finalità del progetto 2022 riforma DOP

 

Queste le finalità della riforma:

The proposal for the revision of the GI system consists of a set of rules designed to put in place a coherent system for GIs aimed at assisting producers to better communicate the qualities, characteristics and attributes of their GI products, and at ensuring appropriate consumer information. Moreover, the proposal clarifies and improves the traditional speciality guarantee (TSG) scheme while it makes no changes to the scheme for optional quality terms.


The proposal has the following specific objectives:

(1) improve the enforcement of GI rules to better protect IPR and better protect GIs on the internet, including against bad faith registrations and fraudulent and deceptive practices, and uses in the domain name system, and combat counterfeiting;

(2) to simplify and harmonise the procedures for application for registration streamline and clarify the legal framework of new names and amendments to product specifications. The different technical and procedural rules for geographical indications would be merged, resulting in a single simplified GI registration procedure for EU and third country applicants;

(3) contribute to making the Union food system more sustainable by integrating specific sustainability criteria. As a direct follow-up to the Farm to Table strategy, producers could highlight their actions in the field of social, environmental or economic sustainability in their specifications by setting the corresponding requirements;

(4) empower producers and producer groups to better manage their GI assets and encourage the development of structures and partnerships within the food supply chain. Member States should recognise GI producer groups at their request. Recognised groups would be empowered
to manage, enforce and develop their GI, including access to anti-counterfeiting authorities and customs services in all Member States;

(5) increase correct market perception and consumer awareness of the GI policy and Union symbols to enable consumers to make informed purchasing choices. It is foreseen to make the use of EU symbols or indications on the packaging of products with a geographical indication obligatory in order to increase consumer awareness of this category of products and the related guarantees, and to facilitate the identification of these products on the market, thus facilitating controls;

(6) safeguard the protection of traditional food names to better valorise and preserve traditional products and production methods.


As regards the reduction of administrative burden, the proposal provides for technical assistance in the registration procedure by an existing EU agency and full exploitation of digital tools. The European Union Intellectual Property Office (EUIPO) will provide technical support in the monitoring process to help speed up procedures.


The new domain name information and alert system to be established by EUIPO will provide GI applicants with an additional digital tool as part of the application process to better protect and enforce their GI rights.

 

Tempistica

 

La materia rientra tra quelle dichiarate di interesse prioritario dalla istituzioni comunitarie, per cui la relativa disamina dovrebbe procedere con una certa celerità.

Oltre all’alto suo interesse, il tema presenta conseguente delicatezza.

Opinioni sul progetto 2022 riforma DOP

 

Sembra utile segnalare alcune autorevoli opinioni, espresse di recente in materia.

Distillazione crisi vino 2023

Attivata dal MASAF  la distillazione crisi del vino mediante il DM 0400039 del 28 luglio 2023 (distillazione crisi vino 2023).


Il citato Decreto Ministeriale MASAF del 28 luglio 2023 porta le disposizioni nazionali di attuazione del regolamento delegato (UE) n. 2023/1225 della Commissione, per quanto riguarda la misura della distillazione di crisi per la Campagna 2022/2023.

Secondo la Commissione Europea, ciò si giustifica poiché:

L’attuale situazione economica è caratterizzata da un costo della vita generalmente elevato, che incide sul consumo e sulle vendite di vino, e da un aumento dei costi dei fattori di produzione per la produzione agricola e la trasformazione del vino, che incidono sui prezzi del vino. Tali circostanze minacciano di perturbare notevolmente il mercato vitivinicolo dell’Unione in quanto colpiscono diversi importanti Stati membri produttori, aumentando le scorte di vino disponibili a livelli che rischiano di diventare insostenibili in vista della prossima stagione di vendemmia e produzione e causando difficoltà finanziarie e problemi di liquidità ai produttori di vino.

Quali vini concerne la distillazione di crisi?

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Sono ammessi alla misura i vini rossi o rosati (esclusi quindi i vini bianch),

      • aventi denominazione di origine
      • aventi indicazione geografica
      • senza denominazione di origine o indicazione geografica.

Requisiti per accedere alla distillazione di crisi

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Beneficiari i produttori di vino, in regola con la presentazione delle dichiarazioni vitivinicole.

Il vino da avviare alla distillazione deve essere detenuto alla data del 31 maggio 2023 e risultare dai registri di cantina alla stessa data.

L’alcool, derivante dalla distillazione, è utilizzato esclusivamente per uso industriale, in particolare per la produzione di disinfettanti e di farmaci, o per fini energetici: una triste fine per un vino DOC e per tutta la poesia che esso comporta!

Modalità operative

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Operazioni di distillazione: da eseguirsi entro il 15 ottobre 2023.

Importo dell’aiuto:

      • stabilito dalla Regione interessata, in base a criteri oggettivi e non discriminatori
      • non può essere superiore all’80% del prezzo medio mensile più basso rilevato nella campagna 2022/2023.
      • richiesta dell’aiuto:  entro il 10 agosto 2023 va presentata ad Agea OP, con modalità telematica, allegando il Contratto di distillazione non trasferibile.

Ogni produttore può stipulare al massimo due contratti di distillazione per i volumi di vino giacenti in cantina.

In base al contratto di distillazione, il distillatore deve trasformare il vino in alcool, avente almeno la gradazione di 92°, entro il 15 ottobre 2023.

A garanzia del corretto conferimento del vino da avviare alla distillazione, il produttore dovrà presentare apposita garanzia fidejussoria.

Che senso ha la distillazione crisi vino 2023?

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Forse va fatta una riflessione sincera e profonda, sopratutto se si considera che il problema delle eccedenze è ben più datato dell’aggressione russa all’Ucraina.

La distillazione di crisi del vino era la regola nella seconda metà del secolo scorso, che si sperava di non vedere più per effetto delle profonde trasformazioni apportate alla PAC (Politica Agricola Comune) nell’anno 2008, quando si passò da un sistema di aiuti al reddito degli agricoltori agli quello degli aiuti alla commercializzazione dei prodotti.

Distillare vino (ancor più se DOC) è assurdo per molteplici ragioni.

Sul piano morale, è orrendo vedere distruggere il cibo.

Sul piano politico ed economico, ė inaccettabile usare il denaro dei contribuenti per operazioni la cui finalità è mantenere alto il prezzo dei prodotti che i contribuenti stessi, in qualità consumatori, cercano poi di acquistare (cosa preclusa si poveri, cui resta l’aceto).

Sinceramente, ciò pare ancora più incomprensibile, in un momento storico in cui si lotta contro l’inflazione (alzando i tassi di interesse, con tutto ciò che consegue di negativo), in Europa e nel mondo:  il prezzo del vino rientra nel calcolo dell’inflazione!!!.

 

Distillazione di crisi: un assurdo nell’ottica della sostenibilità.

 

Passiamo ad una critica in ottica “più moderna”.

E’ sostenibile sul piano sociale un vino, il cui prezzo viene artificialmente mantenuto alto?

Sul piano della sostenibilità ambientale, è ridicolo promuovere il vino sostenibile, se il sistema accetta (ed anzi richiede) che venga distrutto quanto in precedenza prodotto, esercitando un impatto sull’ambiente!

Infatti, quanta C02 é stata riversata nell’aria per coltivare l’uva e poi trasformarla nel vino che, per essendo buono, verrà distrutto?

Quanti fitofarmaci sono stati dispersi nelle vigne?

Nel frattempo, la superficie agricola destinata a produrre vino aumenta (seguendo le regole sull’autorizzazione a nuovo impienti vitati – ai sensi degli art. 62 e seguenti del Regolamento UE/1308/2013 – che erano state decise nel momento in cui si pensò fosse teminato il periodo della distillazione di crisi).

Tutto ciò, per cosa?

Ad ogni modo, l’Italia non è sola, poiché anche la Francia affronta la stessa situazione: 200 milioni di euro sono appena stati stanziati per la distillazione di crisi di vino francese.

Però, in questo caso, non vale il detto “mal comune mezzo gaudio”, ma il contrario: il problema ha purtroppo dimensione ancora maggiore.

Nel frattempo, il nostro pieneta non attende più un rinsavimento …

 

distillazione crisi vino 2023

 

Insomma: vogliamo favorire il riscaldamento globale, producendo vino che poi getteremo nella spazzatura (producendo altra CO2 per farlo)?

 

 

 

impianti solari agrivoltaici

Impianti solari agrivoltaici: migliorare la sostenibilità del settore agricolo beneficiando degli incentivi del PNRR.

 

Il settore agricolo è uno dei principali settori produttivi del nostro sistema economico, indispensabile per l’alimentazione, nonché per la gestione e la conservazione del patrimonio naturale.

Purtroppo, però, esso si rende responsabile, in Europa, del dieci per cento delle emissioni di gas serra.

“Italia Domani”, il Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) – presentato dall’Italia nel contesto del programma Next Generation EU – prevede investimenti e un pacchetto di riforme, che si sviluppa intorno a tre assi strategici (digitalizzazione e innovazione, inclusione sociale e transizione ecologica) e mira anche a contrastare questo effetto collaterale.

Il principale obiettivo posto alla base del progetto, infatti, è quello di condurre l’Italia lungo un percorso di cambiamento a livello ecologico e ambientale che possa essere d’ausilio per assottigliare i divari territoriali, generazionali e di genere.

Uno degli strumenti su cui si vuole puntare, in particolare per migliorare l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente, sono gli impianti solari agrivoltaici.

Cosa sono gli impianti solari agrivoltaici

Si tratta di un innovativo utilizzo del terreno che sta prendendo piede negli ultimi anni.

Il fondo, infatti, oltre ad essere sfruttato per la coltivazione di vegetali, viene destinato altresì alla produzione di energia fotovoltaica.

Gli impianti solari agrivoltaici concretizzano infatti un virtuoso trait d’union, che pone in relazione le fonti rinnovabili, la sostenibilità ambientale, la tutela della biodiversità con l’attività agricola, consentendo la convivenza e l’interazione tra la generazione dell’energia a partire dai raggi del sole e le pratiche di coltivazione del fondo.

Le Linee Guida in materia di impianti agrivoltaici – messe a punto dal Ministero della Transizione Ecologica, con il contributo di ENEA – forniscono delle puntuali definizioni.

L’impianto agrivoltaico (o agrovoltaico, o ancora agro-fotovoltaico) è, dunque, un impianto fotovoltaico, che consente di mantenere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione.

Per impianto agrivoltaico avanzato si intende un impianto agrivoltaico che (conformemente a quanto stabilito dall’articolo 65, comma 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, e successive modificazioni), non compromette la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale,  anche eventualmente consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione.

Ciò grazie al montaggio di moduli elevati da terra, i quali possono anche ruotare per “seguire il sole”.

Inoltre, gli impianti solari agrivoltaici devono prevedere la contestuale realizzazione di sistemi atti a monitorarel’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture, la continuità delle attività delle aziende agricole interessate, il recupero della fertilità del suolo, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici”.

Benefici degli impianti solari agrivoltaici

Sono molteplici, tra cui:

    • la maggiore resa dei terreni (in relazione a specifiche colture);
    • il minore consumo di acqua per l’irrigazione, grazie ai moduli fotovoltaici che garantiscono un parziale ombreggiamento;
    • una fonte aggiuntiva di reddito che permette agli agricoltori di fare investimenti nella propria attività e guadagnarne in termini di competitività;
    • la collaborazione tra agronomi, imprese agricole e stakeholder del settore.

Quali colture per gli impianti solari agrivoltaici?

Il PNRR si occupa di questa tecnologia, con l’intenzione di rendere sempre più capillare la presenza di impianti agro-voltaici di medie e grandi dimensioni sul territorio nazionale.

La misura di investimento nello specifico consiste, innanzitutto, nell’implementazione di sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia che possano conciliare lo sfruttamento della luce solare con l’utilizzo dei terreni per fini agricoli, incrementando la sostenibilità ambientale ed economica delle imprese aderenti, anche avvantaggiandosi di bacini idrici presso i quali possono essere installate soluzioni galleggianti.

Mediante le citate  Linee Guida in materia di impianti agrivoltaici, le colture sono state suddivise in cinque categorie, individuate in base a come queste reagiscono alla fisiologica riduzione luminosa, appunto derivante dall’ombreggiamento creato dagli impianti fotovoltaici istallati sul fondo.

    • colture “molto adatte”, quelle sulle quali l’ombreggiatura produce effetti positivi sulle rese quantitative, tra cui possiamo citare spinaci e patate.
    • colture “adatte”, ossia quelle indifferenti all’ombreggiatura moderata, come le carote e i finocchi.
    • “mediamente adatte” vengono menzionate le cipolle e le zucchine.
    • “poco adatte” le barbabietole da zucchero e le barbabietole rosse.
    •  “non adatte” quelle che presentano un’importante necessità di esposizione alla luce, per le quali anche una sua pressoché insignificante diminuzione cagionerebbe una grave flessione della resa (alberi da frutto, del frumento e del mais, ad esempio).

Dove installare gli impianti solari agrivoltaici?

Per quanto concerne, invece, le aree su cui si possono andare a collocare gli impianti in questione, va considerato quanto disposto dall’art.20, comma 1, d. lgs. n. 199/2021, che rimette a livello ministeriale l’identificazione dei principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

Sono considerate aree idonee all’installazione di impianti solari agrivoltaici (ai sensi del successivo comma 8, lett. c), quater di detto d. lgs. 199/2021), “le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, né ricadono nella fascia di rispetto de i beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell’arti colo 136 del medesimo decreto legislativo.  …  la fascia di rispetto è determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di sette chilometri per gli impianti eolici e di un chilometro per gli impianti fotovoltaici”.

Quale procedura per installare gli impianti solari agrivoltaici?

Nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l’adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l’espressione del parere non vincolante, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione”.

Così stabilisce  l’art.22, comma 1, lettera a) di detto d. lgs. 199/2021.

In merito al rilascio dei provvedimenti autorizzatori, il TAR di Lecce (sentenza 1750/2022) ha di rendente sancito:

 

4.2. Non esiste, di per sé, un diritto assoluto e incondizionato all’installazione di impianti volti alla produzione di energia, sia pure “pulita” (o verde: green), nel senso di energia prodotta direttamente dal Sole, (e ciò anche nell’ipotesi in cui si tratti di impianti “agrivoltaici”, con insistenza in aree “agricole”), e non mediante il procedimento (assolutamente impattante sul Pianeta, e nel medio/lungo periodo non più sostenibile) di estrazione del carbon-fossile.

In senso opposto, tuttavia, non esiste neppure un generalizzato divieto – del pari assoluto e incondizionato – all’installazione di impianti siffatti, men che meno in caso di insistenza, in situ, di altri impianti analoghi.

4.3. Per dirla con le parole dell’Arbiter Constitutionis: “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca, e non è possibile individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri; … la tutela deve essere sempre sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro, giacché se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe tiranno nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette” (Corte cost, n. 85/13).

Sotto questo profilo, non si vede come si possa decampare dal vero “fulcro” della questione, vale a dire la non qualificabilità dell’impianto in questione come “fotovoltaico”, ma come agrivoltaico”.

6.1. Quello dell’agrivoltaico è, infatti, un settore di recente attenzione. Esso non è ancora molto diffuso, ma sta assumendo (grazie anche alle spinte provenienti dal legislatore nazionale e sovranazionale; il punto verrà ripreso infra) forma e consistenza sconosciute appena dieci o cinque anni orsono.

6.2. Trattasi di un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, attraverso l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica.

6.3. In particolare, come più volte chiarito da questa Sezione (cfr. sentt. nn. 586/22 e 1267/22), mentre nel caso di impianti fotovoltaici tout court il suolo viene reso impermeabile, viene impedita la crescita della vegetazione, e il terreno agricolo perde quindi tutta la sua potenzialità produttiva, nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola sia al di sotto dei moduli fotovoltaici, e sia tra l’uno e l’altro modulo.

6.4. Per effetto di tale tecnica – sicuramente innovativa, in quanto praticamente assente sino a pochi anni fa – la superficie del terreno resta permeabile, come tale raggiungibile dal sole e dalla pioggia, e dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola.

7. Definiti in tal modo i tratti caratteristici dell’agrivoltaico, e differenziali rispetto al fotovoltaico “puro”, non si comprende che valenza assumano, nel caso in esame, le statistiche offerte dalla Regione nell’atto impugnato, in ordine al numero e consistenza di impianti “fotovoltaici” sparsi sul territorio regionale, nonché su quello in esame. Trattasi, invero, di fenomeni non sovrapponibili tra di loro, per la semplice ed elementare considerazione che:

– nel fotovoltaico, le potenzialità agricole del fondo vengono azzerate, ora e per il futuro (essendo del tutto problematica la ripresa dell’attività agricola, dopo decenni di utilizzazione dei fondi per le esigenze della produzione di energia, sia pure green);

– nell’agrivoltaico, invece, le esigenze della produzione agricola restano intatte, e sono anzi spesso accresciute, in quanto il necessario “ibrido” tra le esigenze della coltivazione e quelle della produzione di energia pulita porta sovente a recuperare, da un punto di vista agronomico, fondi che versano in stato di abbandono.

8. Pertanto, a differenza di quanto adombrato dalla Regione, non di rapporto di genus ad species può parlarsi nel caso in esame, ma di progressiva gemmazione di un istituto “nuovo” (l’agrivoltaico), dalla sua casa madre (il fotovoltaico), con conseguente acquisto di una ragione sociale propria.

9. Pertanto, sarebbe sicuramente rilevante – nell’odierno giudizio – conoscere il numero e la consistenza di impianti agrivoltaici insistenti in ambito regionale, e nell’agro brindisino in particolare.

Senonché, la Regione non ha offerto contributo sul punto, limitandosi ad esporre il numero e la potenza degli impianti fotovoltaici classici, privi di ausilio ai fini in esame, in quanto fondati su una errata qualificazione – da genus ad species – del rapporto tra fotovoltaico e agrivoltaico; rapporto dal quale, per le ragioni prima dette, va operata un’affrancazione.

10. Detto in altri termini: non si comprende come un impianto che combina produzione di energia elettrica e coltivazione agricola (l’agrivolotaico), possa essere assimilato ad un impianto che produce unicamente energia elettrica (il fotovoltaico), ma che non contribuisce tuttavia – neppure in minima parte – alle ordinarie esigenze dell’agricoltura.

All’evidenza, non si tratta di rapporto di genus ad species, ma di fenomeni largamente diversi tra loro, nonostante la loro comune base di partenza (la produzione di energia elettrica da fonte pulita).

E in quanto situazioni non sovrapponibili, non possono essere assimilati quoad aeffectum.

….

11. E che l’agrivoltaico, in questi ultimi anni, abbia acquisito una dignità autonoma, emerge dalla legislazione eurounitaria e nazionale sviluppatasi negli ultimi anni sul tema delle energie rinnovabili.

13.2. Per tali ragioni, non si può sic et simpliciter ricondurre gli impianti agrivoltaici all’ambito del fotovoltaico puro, come invece la Regione pretende di fare, con un semplice e anacronistico rapporto (ripreso anche dalla sentenza di questo TAR n. 1376/22, sulla quale v. infra, punti nn. 27 e ss.) di genus ad species.

13.3. Forse quest’assimilazione poteva essere compiuta alcuni anni orsono.

Fondi del PNRR per impianti solari agrivoltaici

Il PNRR italiano si pone un obiettivo ambizioso: potenziare la competitività del settore agricolo, abbattendo i costi di approvvigionamento energetico, che attualmente si attestano a oltre il venti per cento dei costi variabili delle aziende agricole, apportando, unitamente, sensibili miglioramenti nelle prestazioni climatiche-ambientali.

In termini numerici, l’obiettivo del PNRR è quello di arrivare, a regime, ad una capacità produttiva degli impianti agro-voltaici di 1,04 GW, che produrrebbe circa 1.300 GWh annui, garantendo l’altro obiettivo, che è quello della riduzione delle emissioni di gas serra stimabile in circa 0,8 milioni di tonnellate di CO2.

PNRR - Sviluppo Agrivoltaico


 

impianti solari agrivoltaici

 

(a cura della dott.ssa Gerarda Monaco)